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4. Il male della sorveglianza
4.2 La ragione della sorveglianza è la distinzione tra bene e male
La giustificazione comunemente fornita dal governo in difesa della sorveglianza è che questa sia attuata solo ed esclusivamente per il bene della collettività. Greenwald è risoluto nell’affermare che tale argomentazione in difesa si basa sulla premessa sottesa che il mondo sia diviso in due categorie di cittadini, i “buoni” e i “cattivi”; la sorveglianza, ci dicono, si rivolge solo contro i cattivi. Come se fosse possibile un controllo ex ante che sapientemente scremi i destinatari della sorveglianza! Eppure, questa è la prima giustificazione supportata dai governi e talvolta convince le masse, che accolgono l’abuso di potere. Obama intervistato nel 2013 da Jay Leno affermava senza indugio di non aver alcun programma di spionaggio interno, bensì solo alcuni meccanismi per individuare numeri telefonici o e-mail legati ad attentati terroristici134.
È una tattica usata molto spesso dai governi: persuadere il popolo della presenza di un pericolo imminente, per giustificare l’introduzione di una normativa d’emergenza e introdurre un radicale ampliamento del potere che però – ed è un punto fondamentale della dialettica politica – riguarderà solo uno specifico piccolo gruppo di individui. Si comprende allora la ragione dell’impegno profuso dai leader carismatici nell’infondere e alimentare la paura del terrorismo, coadiuvati da poteri diversi: l’industria della sorveglianza e delle armi che col terrore alimentano la propria economia.
134 Fonte: Usa Today, 7 Agosto 2013, articolo reperibile online al link: https://www.usatoday.com/story/theoval/2013/08/06/obama-talk-show-leno- letterman-nixon-clinton-arsenio-hall/2622767/
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L’allarmismo è una tattica amata dalle autorità proprio perché il timore razionalizza in modo del tutto convincente l’allargamento dei poteri e la riduzione dei diritti.135
In questo modo il cittadino accoglierà di buon grado l’ampliamento dei poteri credendo che comunque non lo interesserà direttamente, in nome della sicurezza pubblica, che invece – sicuramente! – lo riguarda in prima persona, ogni giorno. È questo infatti un errore molto comune dell’opinione pubblica, dato dall’omonimia del diritto individuale e del bene collettivo; come mette in luce Barberis136: confondere il valore-principio della sicurezza individuale con quello di sicurezza collettiva, favorire la seconda scambiandola erroneamente per la prima.
È la confusione tra due usi diversi dello stesso termine che spiega il valore sproporzionato attribuito alla sicurezza collettiva: la si scambia con la sicurezza individuale. (Barberis, Non c'è sicurezza senza libertà, 2017)
Questo meccanismo ha la conseguenza non secondaria di far perdere di vista la minaccia alle libertà civili insita nella condotta delle autorità, in quanto molto più astratta, intangibile e ipotetica.
Quando David Miranda, partner di Greenwald che si stava occupando di trasportare dei documenti in possesso di Laura Poitras da Berlino, venne fermato all’aeroporto di Heathrow e illegittimamente detenuto dalle autorità britanniche in nome del Terrorism Act per quasi nove ore, senza garanzie e senza un legale che potesse difenderlo, i funzionari del Regno Unito lo spogliarono di tutti gli effetti personali, impedendogli il contatto telefonico con chiunque; si fecero confessare la password del suo cellulare per controllarlo da cima a fondo, entrarono forzosamente nella sua vita. Miranda avrebbe raccontato poi a Greenwald che pur rimanendo risoluto, aveva paura.
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G. Greenwald, No place to hide, cit., pag. 311
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Davvero, non c’è nulla di più tremendo di sentirsi dire da uno di quei due governi che sei un terrorista. Ti rendi conto che potrebbero farti qualunque cosa.137
È proprio questo il pensiero che a gran parte dei cittadini non verrebbe in mente, il paradosso dell’omonimia di cui sopra. Il potersi effettivamente trovare in prima persona sotto il mirino delle autorità con l’accusa di terrorismo è il momento in cui tutte le garanzie difensive del giusto processo costituzionalmente affermate sono invece abdicate, la sicurezza individuale di una persona in carne ed ossa viene totalmente sacrificata in nome della sicurezza pubblica (nel caso di Miranda, sicurezza nazionale), l’astrazione che per eccellenza istituzionalizza ogni forma di abuso «necessario» contro il male supremo del terrorismo.
La presunta distinzione tra “buoni e cattivi” funge da premessa alle giustificazioni assunte dal governo per le sue mosse esecrabili in tema di sicurezza. Il problema principale è nella definizione di “cattivi”, la cui qualificazione nel merito spetta totalmente all’autorità, all’algoritmo che regola il funzionamento del sistema di sorveglianza. È qui che Greenwald opera il secondo passaggio di quella semplice equazione. Se per le agenzie governative “essere cattivi” comprende non solo la preparazione di un attentato terroristico o altre azioni giuridicamente illegali, ma abbraccia anche qualsiasi forma di contestazione o divergenza, l’atteggiamento dell’autorità è principalmente quello di equiparare il dissenso all’atto illecito.
Una posizione del genere è confermata dall’avvenuto scandalo che ha ad oggetto il programma COINTELPRO (Counter Intelligence Program) che una banda di attivisti negli anni settanta smaschera facendo irruzione nella sede dell’FBI. I federali riescono a impedire al New York Times la pubblicazione dei documenti sottratti ai loro uffici, ma la notizia viene poi comunque consegnata dal Washington Post all’opinione
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pubblica138. Il programma perseguitava gruppi politici individui considerati pericolosi solo perché “colpevoli” di esercitare il diritto di parola e di riunione pacifica, i diritti civili e politici che dovrebbero essere tutelati dal Primo emendamento. Sovente venivano inviati agenti in incognito per infiltrarsi all’interno dei gruppi e istigarli al compimento di atti illegali, allo scopo di creare una notizia di reato ad hoc che legittimasse l’intervento dell’FBI. L’accaduto, insieme al malcontento esploso in seguito allo scandalo Watergate, porta nel 1975 alla creazione della Commissione Church, presieduta dall’omonimo Senatore democratico Frank Church e incaricata di supervisionare le operazioni della CIA e dell’FBI. Dai resoconti finali dell’attività della Commissione risultano esserci stati durante la seconda metà del Novecento: milioni di telegrammi privati intercettati dalla NSA, circa trecentomila individui schedati dalla CIA e circa undicimila indagati dall’agenzia delle entrate americana per motivazioni politiche anziché fiscali139. Ad aggravare l’insidiosità di queste operazioni c’è la frequenza con cui il controllo delle agenzie non si arresta a uno sguardo attento ma silente nei confronti dei target, bensì si evolve nella cd. «neutralizzazione» degli obiettivi: una serie di manovre atte a individuare i punti deboli degli individui, i loro segreti scottanti, la vita sessuale delle persone, per poi volgere tali informazioni al ricatto. Ci si riferisce alle honey trap (G. Greenwald, 2013), una tattica datata ma longeva, ancora attuale, per cui si attira l’obiettivo in una circostanza compromettente che ha a che fare con la sua sessualità, che sia un sito online, un incontro a sfondo erotico
138 Fonte: Washington Post, 7 gennaio 2014, articolo reperibile online al link:
https://www.washingtonpost.com/world/national-security/band-of-activists- who-burglarized-fbi-office-in-1971-come-forward/2014/01/07/898d9e0c-77b4- 11e3-8963-b4b654bcc9b2_story.html?utm_term=.7ccfb3a41ecb
139 Betty Medsger, The Burglary: The Discovery of J. Edgar Hoover’s Secret FBI,
Alfred A. Knopf, New York, 2014, pag. 160; citato in G. Greenwald, No place to hide, cit., pag. 278
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online o in un luogo fisico per incontrare una «faccia amica», per poi registrarne il comportamento e così screditare l’obiettivo140.
Episodi di questa natura non sono relegati agli anni settanta. Anche durante gli anni della presidenza Bush, come rivelano i documenti dell’ACLU rilasciati nel 2006141, esisteva un’attenta sorveglianza del Pentagono sugli americani contrari alla guerra in Iraq, compresi quaccheri e gruppi di studenti. I documenti mostrano che il Pentagono stava controllando i manifestanti non violenti raccogliendo informazioni e conservandole in un database militare riservato all’antiterrorismo.
Semplicemente non vi è alcun motivo per cui le forze armate statunitensi debbano monitorare le attività pacifiche dei cittadini americani che si oppongono alle politiche di guerra degli Stati Uniti. Quando le informazioni sull'attività di protesta non violenta rientrano in un database militare antiterrorismo, tutti gli americani dovrebbero preoccuparsi per la supremazia incontrollata di cui questa amministrazione si è impadronita in nome della lotta al terrorismo.142
Nessuna di queste attività di controllo ha ad oggetto un pericolo concreto di attentato terroristico, ma solo movimenti politici minoritari o di opposizione, contestatori pacifisti contro la guerra in Vietnam, organizzazioni socialiste o comuniste, movimenti nazionalisti neri e via discorrendo, «cattivi» perché sostenitori di idee politiche contrarie a quelle dell’esecutivo.
140 G. Greenwald, R. Gallagher, R. Grim, Top-Secret Document Reveals NSA
Spied on Porn Habits as Part of Plan to Discredit ‘Radicalizers’, Huffington Post,
26 Novembre 2013; articolo reperibile online al link: https://www.huffingtonpost.com/2013/11/26/nsa-porn- muslims_n_4346128.html
141 ACLU, Documents Shed New Light on Pentagon Surveillance of Peace
Activists, American Civil Liberties Union News Release, 12 Ottobre, 2006.
Documento reperibile online al link: https://www.aclu.org/news/documents- shed-new-light-pentagon-surveillance-peace-activists
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4.3 Nel mirino: l’opinione
Un governo vedrà istintivamente come un male qualunque contestazione gli venga rivolta.143
L’opinione di Greenwald è certamente estrema, ma purtroppo supportata da troppi esempi concreti. Lui stesso si è visto equiparato nella sua attività giornalistica a un terrorista, a causa del supporto attivo, considerato perciò concorso nel reato, concesso a Snowden per la diffusione dei documenti sulla NSA. Le accuse nei suoi confronti si intensificano, declassandolo addirittura da giornalista a co-cospiratore, accusato da altri compiacenti giornalisti “patriottici”, di aver violato il Codice di procedura penale alla sezione 798: è reato la pubblicazione di informazioni segrete che rivelino intelligence su comunicazioni o crittografia governative144. Un’accusa questa tanto minacciata dalle autorità alla quale però nessun procuratore diede poi seguito effettivo.
Questo atteggiamento dei governi statunitense e britannico, sommato alla condotta servile dei timidi giornalisti dell’establishment, lo induce a formulare la terza parte della sua equazione: qualsiasi minaccia agli interessi del potere verrà identificata come terrorismo.
I principali “rei d’opinione” del monitoraggio dell’NSA sono infatti: i radicalizer, portatori di idee controcorrente che possano esercitare sui concittadini un influsso «radicalizzante»145, tutta la rete di persone che sostengono WikiLeaks, oltre ovviamente a Julian Assange suo fondatore, e chiunque rientri nella vaga definizione di hacktivista, ossia individuo che sappia usare strumenti online per promuovere idee politiche, a prescindere
143 G. Greenwald, No place to hide, cit., pag. 279
144 Marc A. Thiessen, Yes, Publishing NSA Secrets Is a Crime, Washington Post,
June 17, 2013; articolo reperibile online al link:
https://www.washingtonpost.com/opinions/marc-thiessen-glenn-greenwald- committed-a-crime/2013/06/17/ab38a9ee-d759-11e2-a9f2-
42ee3912ae0e_story.html?utm_term=.f88542306dce
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Greenwald, Gallagher, Grim: Top-Secret Document Reveals NSA Spied on
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dallo sfruttamento di capacità di programmazione per minare il funzionamento di internet, partecipanti ad Anonymous compresi. Anonymous non è un gruppo strutturato ma un’idea che spinge gli attivisti a intraprendere azioni collettive per esprimere l’insoddisfazione politica. Questi attivisti si esprimono in un movimento sociale globale a base ampia che compie azioni di disobbedienza digitale, «nulla che assomigli neppure lontanamente al terrorismo»146.
Monitorare gli attivisti equivale perciò a sottoporre a controllo invasivo un semplice cittadino per aver espresso una convinzione politica, a soffocare un legittimo dissenso che dovrebbe essere garantito dal Primo emendamento. E se i dissenzienti emergono, levano le loro voci contro quelle che reputano ingiustizie, gli verrà attribuita una personalità disturbata, espediente di vecchia data al quale il governo statunitense come i media istituzionali schierati dalla sua parte non cessano di ricorrere147.
Per gli zelanti paladini dello status quo invece, tutto ciò non costituisce nient’altro che «un patto che invita alla passività, all’obbedienza e al conformismo»148, all’unica condotta cioè che garantisce pace e distanza dalle persecuzioni o «neutralizzazioni» delle Agenzie di sorveglianza.
È tuttavia necessario evidenziare che anche l’obbedienza all’autorità istituzionale, oltre che il dissenso, implica una scelta morale o ideologica di fondo, per quanto silente essa appaia. Si tende a dare molto più peso alle motivazioni dei dissidenti in quanto voci fuori dal coro, ma in realtà anche l’ossequioso silenzio di fronte alla perpetrazione di gravi ingiustizie è sintomo di una inerzia morale che, pur nella sua natura omissiva, appare eticamente condannabile, in misura tanto maggiore quanto sia deprecabile l’ingiustizia che si omette di condannare.
146 M. Schone, R. Esposito, M. Cole, G. Greenwald, War on Anonymous: British
Spies Attacked Hackers, Snowden Docs Show, NBC, 4 Febbraio 2014.
147 Imponenti sono stati gli attacchi contro ogni gola profonda che abbia ormai
fatto storia: Daniel Ellsberg per i Pentagon Papers, Julian Assange e Chelsea (allora Bradley) Manning per WikiLeaks; tutti venivano attaccati sul piano personale dalla stampa e additati come individui dalla personalità squilibrata.
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Il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America recita:
Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti149.
E in effetti nessuna legge che limita espressamente la libertà di parola è stata emanata. Ciononostante, equiparare ad atti potenzialmente terroristici tutti i liberi pensatori, i promulgatori di idee e i fautori del dissenso che tendano ad aggregarsi per dare voce alle proprie contestazioni ha la conseguenza concreta di condannare ogni libero opinionista alla pari di un terrorista. Basterà allora irrigidire la normativa antiterroristica per appianare ogni opinione controcorrente, radicale o meno che sia. Occorre quindi ricordare che la vera unità di misura della libertà di una nazione sono le modalità con cui tratta i suoi dissidenti o i gruppi di emarginati.
Si è detto che i governi esasperano la necessità di una imponente sicurezza collettiva in difesa dal mostro del terrorismo. E il terrorismo è proprio l’unica argomentazione politica in difesa della sorveglianza di massa. Ormai celebre è l’affermazione del senatore Pat Roberts nel 2006, che traduce perfettamente il senso di quell’allarmismo capace di razionalizzare un abuso del potere a detrimento dei diritti civili.
Sono un convinto sostenitore del Primo emendamento, del Quarto e delle libertà civili. Ma non si hanno libertà civili da morti150.
Tuttavia, un paese che antepone l’incolumità fisica sopra tutti gli altri valori, in favore dello stato di sorveglianza, danneggia la
149 Costituzione degli Stati Uniti di America, National Constitution Center, link:
https://constitutioncenter.org/interactive- constitution/amendments/amendment-i
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Osservazione del senatore Pat Roberts durante la seduta del Senato per la conferma di Michael Hayden in qualità di direttore della CIA, 18 maggio 2006.
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società anche in assenza di un abuso del controllo: esso sacrifica la libertà politica della nazione, il suo stesso futuro, perché le esclude la possibilità stessa di evolversi, di sfidare il potere e l’ortodossia, cambiare per il meglio.
Si comprende allora perché mai nella storia alcuna nazione abbia coscientemente deciso di abdicare ad ogni sua libertà in cambio della sicurezza assoluta: forse se permettessimo irruzioni continue delle forze dell’ordine nei nostri spazi privati non vi sarebbero più crimini, forse se ci accordassimo per una videosorveglianza continua e diffusa, fuori o dentro le abitazioni, non vi sarebbero più furti o irruente violazioni di domicilio, eppure, limitando i poteri di polizia e tutte quelle azioni preventive, accettiamo consapevolmente il rischio della criminalità. La ragione di tale cosciente esposizione al pericolo è proprio la consapevolezza che la sicurezza assoluta è una chimera, non è mai stata la priorità sociale, poiché il proprio spazio personale, la libertà di ogni uomo, è troppo importante per ogni aspetto della sua esistenza.
L’ultimo passaggio dell’equazione di Greenwald riguarda l’importanza di essere consapevoli di tali limiti del potere.
La sanità di una democrazia necessiterebbe prima di tutto la consapevolezza dei governati: deve cioè essere possibile per loro sapere esattamente cosa viene compiuto in nome della loro difesa dai governanti, il che è condizione necessaria per la responsabilità e il consenso della cittadinanza nei confronti di chi esercita il potere. La formula da perseguire detta la trasparenza per chi riveste cariche pubbliche, la privacy per tutti gli altri.
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