• Non ci sono risultati.

La risposta del primo costituzionalismo moderno

Sorveglianza e Diritt

1. Quale diritto per la sorveglianza?

1.4 La risposta del primo costituzionalismo moderno

I tradizionali spazi pubblici vengono sempre più soppiantati da spazi di aggregazione del pubblico prodotti da privati (anche se spesso sussidiati con contributi pubblici), di proprietà e gestiti da privati, ossia da spazi destinati ai consumi [...]. L'accesso ad essi è basato sulla capacità di spesa [...]. Domina l'esclusività, che assicura gli elevati livelli di controllo necessari a impedire che irregolarità, eventi imprevedibili e inefficienze interferiscano con l'ordinato fluire dei commerci 172. (Flusty, 1994)

La corrente di pensiero che ritiene debba essere lo Stato a garantire ai cittadini l’esercizio dei diritti individuali e allo stesso tempo porli, mediante l’ordinamento giuridico, nella condizione di non poterli violare si affaccia in Europa mediante i Due trattati sul Governo173.

Anche nella concezione lockiana il fine del governo è la conservazione degli interessi dei sudditi, ma la sicurezza che preme raggiungere non si manifesta più come la concepiva Hobbes: ha del tutto cambiato carattere e dimensioni, si è arricchita di contenuti ma è divenuta anche più esclusiva per quanto riguarda i destinatari, non abbraccia proprio tutti.

L’origine di questa differenza si deve ricercare nella diversa rappresentazione dello stato di natura per i due filosofi.

In Locke esistono diritti determinati di cui gli individui sono titolari già allo stato di natura. Il diritto di natura stesso prevede il diritto alla vita, alla libertà, ai beni: quello che con termine onnicomprensivo Locke indica come property (Locke, 1690).

Lo stato di natura ha una legge di natura che lo governa, e che obbliga ciascun uomo. E la ragione, che è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purché vogliano consultarla, che sono tutti

172 S. Flusty, Building Paranoia, Los Angeles Public Library, 1994; consultabile

online in lingua originale al link: http://architectureofwar.artun.ee/wp- content/uploads/Steven_Flusty_-_Building_Paranoia1.pdf ;

cito in Z. Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, 2007, pag. 25

173

J. Locke, Two Treatises of Government, 1690, consultabile online in lingua originale al link: http://www.yorku.ca/comninel/courses/3025pdf/Locke.pdf

125

uguali e indipendenti, e perciò nessuno deve recare danno ad un altro nella vita, salute, libertà o proprietà174.

Locke non solo dichiara l’esistenza dei tre diritti naturali racchiusi e ordinati nella proprietà, ma include nell’ordine naturale anche il relativo sistema sanzionatorio necessario, basato sul meccanismo dell’autogoverno o esecuzione della legge naturale su base individuale (Belloni, 2009).

In questo senso, «è come se ci fosse più guerra – e più guerra reale – nello stato di natura lockiano rispetto a quello delineato da Hobbes»175. Si intende che la paura percepita nello stato di natura di Hobbes si fonda su un’aggressione da parte dell’altro che è presupposta, per evitare la quale, ci si stringe in un patto che costruisca la sicurezza di uno stato sociale con i suoi conseguenti diritti – e questo costituisce un atteggiamento preventivo che annienti il pericolo. Semplificando: in Hobbes la guerra è concretamente assente.

In Locke invece, questi diritti (vita, libertà, beni) esistono già allo stato naturale, non derivano dal potere difensivo ceduto a un leviatano. Allo stesso modo anche lo stato di guerra è interno allo stato di natura, anzi ne è una degenerazione: se un uomo aggredisce o semplicemente arreca offesa a uno dei diritti di proprietà lockiani (o beni civili176 come li chiama nel saggio Lettera sulla Tolleranza) che esistono già allo stato di natura, si ha la guerra nello stato di natura. Allora l’individuo che subisca un’offesa ha tutta la libertà di punire chi viola quell’ordine razionale di cui tutti sono partecipi (purché vogliano consultare la ragione) prima ancora dell’instaurazione di una società, in esecuzione della legge naturale.

174 J. Locke, Secondo trattato sul governo, par. 6; in Grande Antologia Filosofica,

Marzorati, Milano, 1968, vol. XIII, pagg. 611-612

175 I. Belloni, Metamorfosi della Sicurezza, in Dimensioni della sicurezza, op. cit.,

pagg. 81 e ss.

176 La definizione lockiana di Beni civili si può rintracciare in Lettera sulla

Tolleranza: «Lo Stato mi sembra la società degli uomini costituita soltanto per

conservare e accrescere i loro beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l’integrità del corpo e la sua immunità dal dolore, e il possesso delle cose esterne, come la terra, il denaro, le suppellettili ecc.»

126

E infatti la legge di natura, come tutte le altre leggi che riguardano gli uomini in questo mondo, sarebbe inutile, se non ci fosse nessuno che nello stato di natura avesse il potere di eseguirla, e perciò di salvaguardare l'innocente e di reprimere gli offensori177.

Emblematica è la figura del ladro, nel descrivere la quale Locke esprime la sua idea di esecuzione individuale della legge naturale. Se un degenerato, ossia un ladro, attenta alla proprietà dei beni di un uomo, egli stesso deve supporre che dopo di quelli vorrà prendersi con la forza anche la sua libertà o la sua vita. L’uomo (termine posto in contrapposizione forte con thief – ladro) è allora legittimato a muovergli guerra precauzionale, a ucciderlo…

(…) per la stessa ragione per cui può uccidere un lupo o un leone, poiché costoro non si sottomettono ai vincoli della comune legge di ragione e non avendo altra regola che quella della forza e della violenza, possono essere trattati come bestie da preda, queste creature pericolose e nocive che non mancheranno di distruggerlo qualora egli cada in loro potere 178.

Il ladro, come qualunque individuo trasgressore che attenti ai beni, libertà o vita umana, e quindi si dimostri irrazionale poiché deliberatamente ignora la legge di natura, è disumanizzato, degenerato ed etichettato come pericoloso per il genere umano. È altresì assimilato allo straniero che commette una violazione al di fuori del proprio paese perché, non potendo rientrare nella competenza delle leggi locali (in quanto straniero, appunto) dovrà essere giudicato e punito secondo l’unica legge comune che non soffre di confini, la legge di natura.

Nonostante l’affermazione di siffatti diritti naturali originari, Locke riconosce anche che il loro godimento, allo stato di natura,

177 J. Locke, Secondo trattato sul governo, cit., par. 7

178 Il passo originale recita: «and one may destroy a man who makes war upon

him, or has discovered an enmity to his being, for the same reason that he may kill a wolf or a lion, because they are not under the ties of the common law of reason, have no other rule but that of force and violence, and so may be treated as a beast of prey, those dan- gerous and noxious creatures that will be sure to destroy him whenever he falls into their power.» J. Locke, Two Treatises of

127

è very unsafe, very insecure 179 , costantemente esposto all’usurpazione degli altri. Quella dell’uomo nello stato di natura è una condizione certamente libera, in cui già è titolare dei diritti alla vita, alla libertà e ai beni che Locke chiama in generale proprietà, ma è anche «piena di paure e continui pericoli»180. Sarebbe proprio questa condizione di insicurezza circa la reale fruibilità di tali diritti a spingere gli uomini a riunirsi, ad accordarsi. Lo scopo è unirsi con gli altri uomini per convivere,

«in maniera in maniera comoda, sicura e pacifica, nel godimento sicuro delle loro proprietà e con una maggiore sicurezza contro chiunque non faccia parte di quella comunità Questo può essere fatto da un numero qualsiasi di uomini, perché non reca danno alla libertà degli altri, che sono lasciati come se fossero nello stato di libertà proprio dello stato di natura»181.

In questo modo Locke postula che non necessariamente tutti verranno a coesistere in questa nuova comunità sociale e politica. Potrebbe sembrare una società esclusiva la cui elitaria appartenenza è subordinata alla titolarità effettiva di vita, libertà e proprietà, beni sociali o properties che lo stesso Locke dichiara con forza non sia facile conquistarsi nella lotta per difendersi dagli altri o diversi che non rispettano l’ordine naturale e precostituito.

Prestando attenzione alle differenze tra lo stato di natura di Hobbes e quello di Locke, si staglia così chiaramente all’occhio dello studioso una metamorfosi della paura che si rispecchia in una metamorfosi della sicurezza per infine implicare una metamorfosi dei soggetti implicati nella nascita dell’ordine sociale182.

I timori degli uomini nei due diversi generi di stato di natura hanno densità e consistenze diverse. La prima paura hobbesiana sembra più un esercizio logico, una condizione presociale

179 J. Locke, Two Treatises of Government, op. cit., Chapter IX, Of the Ends of

Political Society and Government, par. 123

180 J. Locke, Secondo trattato sul governo, cit., par. 123 181

Ivi, par. 95

182

128

presupposta che, al pari di una premessa necessaria come postulato spiega il perché di determinate scelte del genere umano. La seconda, lockiana, ha una concretezza e specificità tali da poter essere una chiave di lettura cui ricondurre fenomeni reali, atteggiamenti umani. È la paura del Diverso, di colui cioè che chiude gli occhi alla ragione e non ha rispetto per quell’ordine di cui la legge naturale ha dettato i principi183.

Diverse gradazioni di paura determinano differenti forme di sicurezza da ricercare: in Hobbes si ricerca un ordine dato dalla sicurezza - incolumità, prima del tutto assente; in Locke uscendo dallo stato di natura si vuole fondare la sicurezza di un ordine che preesiste ma che deve essere assicurato, perché ha i caratteri dei diritti originari propri della legge naturale, ma che è di dubbia stabilità.

Infine, anche i soggetti coinvolti sono diversi a seconda della concezione cui discendono: per Hobbes tutti utilitaristicamente aderiscono al patto sociale con il Leviatano, per Locke invece, nonostante gli uomini siano tutti uguali e indipendenti, niente esclude che solo alcuni possano decidere (o semplicemente possano permettersi di) difendere l’individuale proprietà.

183

129

2. Sorveglianza legittima: il rapporto tra diritto e