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Sorveglianza e Diritt

2. Sorveglianza legittima: il rapporto tra diritto e potere

2.2 Ermeneutica del potere

Il potere senza diritto è cieco, ma il diritto senza potere è vuoto188.

Occorre evidenziare gli stretti rapporti vigenti tra Diritto e Potere, in quanto entrambi costitutivi, come Bobbio scrive nel saggio sulla Legittimità, di «due facce della stessa medaglia»189.

Con questa immagine metaforica si vuol intendere che non possono esistere norme senza presupporre che vi siano individui incaricati di detenere e esercitare regolarmente un potere, se ci poniamo nell’ottica positivista. Se ci poniamo invece dal punto di vista della teoria politica tradizionale, non può esserci un potere statale senza che esistano norme a regolarne la titolarità e l’esercizio.

Al fine di meglio comprendere il rapporto di interdipendenza reciproca tra sommo potere e norma fondamentale, Bobbio decide di affrontare l'analisi di uno dei problemi maggiori con cui si scontra la teoria kelseniana della norma fondamentale: la sua stessa giustificazione. Ma prima di sviscerare questa problematica è necessario preventivamente compiere un passo indietro per fare qualche cenno alla dottrina pura di Kelsen, allo scopo di individuare la natura della norma fondamentale.

Nell’opera postuma sulla teoria generale delle norme Kelsen dichiara in maniera puntuale quali sono le quattro funzioni principali nella norma giuridica: comandare, permettere, autorizzare, derogare. Con autorizzare (Ermächtigung) si indica

188 Ivi, pag. 173 189

N. Bobbio, Sul principio di legittimità. Studi per una teoria generale del

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la funzione di attribuire il potere di porre e applicare norme190. Essenzialmente si tratta del «diritto soggettivo in senso tecnico» che nella seconda edizione della Reine Rechtslehre viene denominato finalmente potere giuridico e definito come «capacità di creare ed applicare norme giuridiche»191. Questa appare come la funzione fondamentale del diritto perché genera la sua propria autoproduzione in stretto collegamento con la teoria delle fonti di produzione del diritto.

Il potere nasce da norme che producono poteri. Le norme a loro volta nascono da poteri che producono norme, più specificamente dall’esercizio di un potere giuridico che a sua volta è stato autorizzato a emanare delle norme. In questa costruzione a scala gerarchica si riscontra la struttura stessa dell'ordinamento giuridico, che a detta di Bobbio, può essere parimenti considerata, a seconda della prospettiva da cui ci si pone: quale scala costituita da una successione di norme se la si guarda dal basso verso l'alto, ovvero quale scala costituita da una successione di poteri se la si osserva dall'alto verso il basso192.

Per Kelsen il diritto è un insieme di norme poste in una struttura di carattere sistematico, paragonabile a una piramide, che regola la sua propria autoproduzione. Le norme, caratterizzate per la loro forma, sono ordinate in una scala di gradi gerarchici in cui ciascuna norma è valida e legittima solo se conforme alla norma di grado superiore che la prevede. Ad ogni grado gerarchico appartengono norme aventi lo stesso valore giuridico e risalendo la scala esse diventano sempre meno numerose, i loro processi di formazione al contrario divengono più complessi man mano che si sale sulla piramide.

190 N. Bobbio, Diritto e potere, cit., pagg. 133-134 191 Ivi, pag. 129

192

N. Bobbio, Sul principio di legittimità, Studi per una teoria generale del diritto, op. cit., pagg. 65 e ss.

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Ci interessa evidenziare come la regola della validità di una norma risponda in questo schema alla necessità che essa sia stata prodotta in conformità a quanto prescritto da una norma ulteriore e di grado superiore. Quindi se una norma è stata prodotta dall'organo a ciò abilitato e - secondo la procedura corretta - prescritta da una norma superiore appartenente a quel dato ordinamento giuridico, essa è da considerarsi valida (Bobbio, Studi per una teoria generale del diritto, 2012).

In conclusione, per verificare la validità di una norma ci si deve riferire alla norma che le è immediatamente superiore; ma questo rinvio costante verso l'alto alla ricerca di un fondamento di validità della norma si arresta quando si giunge al vertice della struttura gerarchica: la Grundnorm, ossia la norma fondamentale kelseniana, per la quale non vale il solito principio in quanto non vi è nessuna norma che le è superiore e che possa così giustificarla.

La Grundnorm è infatti diversa dalle norme giuridiche inferiori perchè queste sono poste da una norma superiore; invece la norma fondamentale non è posta, bensì è presupposta come valida. È un presupposto della conoscenza giuridica e al contempo il principio di unità del sistema giuridico, perché tutte le norme la cui validità può essere ricondotta in maniera diretta o indiretta a una medesima norma fondamentale fanno parte del medesimo ordinamento giuridico. Ne consegue che la Grundnorm costituisce il fondamento ultimo di validità del sistema giuridico nel suo complesso.

Il positivismo giuridico di Kelsen è estremo. Il diritto è prodotto dall’uomo, non esiste in alcun modo in natura. Ed è proprio questa positività dell’ordinamento giuridico a costituire il fondamento di validità delle norme, del tutto estraneo al diritto naturale che invece è originato da Dio, o dalla Natura, o dalla Ragione. Da questa distinzione ne consegue una ulteriore: la dicotomia che Kelsen traccia tra sistemi normativi statici, fondati sul diritto naturale, e sistemi normativi dinamici, fondati sul diritto positivo e caratterizzati dal principio di autoregolazione della produzione giuridica.

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Il diritto positivo sarebbe infatti un insieme di norme prodotte da atti di volontà tra le quali anche le norme per regolare l’espressione di atti di volontà sono prodotte da altrettanti atti di volontà, ossia dalle autorizzazioni: norme che attribuiscono il potere giuridico di produrre e applicare norme.

È degno di breve nota che la funzione del potere giuridico nella prima produzione kelseniana (Reine Rechtslehre, prima edizione) fosse stata individuata nel diritto soggettivo in senso tecnico quale effetto di un’autorizzazione (non veniva ancora mai utilizzato il termine Rechtsmacht – potere giuridico) con cui l’ordinamento giuridico include tra le condizioni della conseguenza dell’illecito una manifestazione di volontà da parte di chi è leso nei suoi interessi193. Manifestazione di volontà che si estrinseca sia in una azione processuale privata (diritto soggettivo in senso tecnico, privato) che avrebbe permesso la partecipazione del singolo alla produzione di una norma individuale stabilita dal giudice, sia nell’esercizio dei diritti politici e elettorali che avrebbe poi permesso la partecipazione delle collettività ad una norma generale emanata dall’organo parlamentare dopo l’elezione dei sui membri. Ciò dimostra che per Kelsen anche i diritti politici come il diritto di voto sono diritti soggettivi pubblici in senso tecnico perché permettono la partecipazione alla formazione delle leggi.

Il positivismo di Kelsen lo porta alla riduzione dello Stato a diritto: una reductio ad unum che vede il potere dello Stato ridotto a ordinamento giuridico in quanto è un potere autorizzato, ossia regolato normativamente. Ogni potere viene ridotto a potere giuridico, niente altro che la definizione dell’ordinamento giuridico quale puro «nesso di produzione».

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