Sorveglianza e Diritt
4. Irradiazione dell’ordinamento giuridico
4.1 Principi: interpretazione
Nella cultura giuridica moderna con il termine «principi» ci si riferisce alle norme considerate più importanti, tanto che la dizione «diritti fondamentali» indica diritti fondati su, o ricavati da, principi e in primo luogo principi costituzionali213.
La positivizzazione di una pluralità di principi negli ordinamenti giuridici moderni dalla metà del Novecento e il loro inserimento in tutti i documenti costituzionali ha portato i giuristi a una più attenta riflessione circa il significato, i contenuti e l’estensione dei principi nello stato costituzionale, con una particolare attenzione per i loro rapporti con gli altri tipi di norme.
Nonostante non sembri ormai pensabile individuare una definizione univoca che renda possibile distinguere senza difficoltà principi e regole, il dibattito teorico sull’argomento si scinde in due direzioni principali: chi individua una «distinzione
212 R. Bin, Bilanciamento degli interessi e teoria della costituzione, Giappichelli,
Torino, 1992, pag. 48
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forte» tra i due tipi di norme e chi invece, come G. Pino stesso214, riconosce solo una «distinzione debole».
Non che le teorie della «distinzione debole» siano meno capaci di individuare le differenze tra principi e regole, bensì semplicemente qualificano i diversi tipi di norme sulla base di una distinzione di tipo graduale, in cui è possibile individuare anche posizioni intermedie.
I sostenitori della «distinzione forte» 215 proclamano quali elementi necessari e sufficienti a distinguere e individuare i principi determinate caratteristiche peculiari:
- la particolare importanza fondativa di tali valori per
l’ordinamento, la loro capacità di caratterizzarlo per l’adesione a tali valori o ideali,
- l’elevato grado di genericità unita all’indeterminatezza degli
effetti-conseguenza che quella norma è idonea a produrre,
- la chiarezza con cui si afferma un valore, al contrario delle
regole in cui i valori costituiscono il substrato opaco e nascosto che ha portato alla formazione di quella norma di realizzazione specifica216,
- la natura di «precetti di ottimizzazione» che proclamano valori
da massimizzare senza stabilire le specifiche modalità di realizzazione, perché queste verranno adeguate alle concrete possibilità circostanziali e normative,
- la “ponderabilità” dei principi, in chiara contrapposizione con la
la “sussumibilità” delle regole, che si applicano in quanto ragioni perentorie per l’azione, non si “pesano”,
- la conseguente “defettibilità” dei principi, che emerge nel caso
di necessaria ponderazione con altre ragioni valutative, in evidente contrapposizione con l’applicazione (o la non applicazione) categorica delle regole.
214 Ivi, pag. 54
215 Tra gli esponenti maggiori: G. Zagrebelsky, Il diritto mite, cap VI; R.
Dworkin, Taking rights seriously; R. Alexy, Teoria dei diritti fondamentali; M. Atienza, J. Ruiz Manero, Tre approcci ai principi del diritto.
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Sono tutte queste caratteristiche che, per i sostenitori della distinzione debole217, sono proprie anche delle regole, ma presenti per queste in misura minore rispetto ai principi.
La caratteristica determinante dei principi è che sono norme «a prescrizione generica», «mandati di ottimizzazione» che proclamano un valore ma sono suscettibili di essere applicati in modi diversi. Tale indeterminatezza si manifesta soprattutto nelle conseguenze218, cioè negli effetti che quella norma è idonea a produrre.
Chi invece individua la genericità del principio nella sua fattispecie (campo di applicazione) 219 si imbatterebbe in conclusioni radicali come ad esempio un’interpretazione dell’art. 575 c.p. (reato di omicidio) quale principio-divieto di omicidio, perché la lettera dell’articolo non specifica le modalità con cui cagionare la morte di un uomo.
Accantonando questa posizione possiamo affermare, in linea con quanto sostenuto da Pino, che ciò che differenzia norme e principi è la loro distanza dagli estremi: specificità e genericità. Dobbiamo immaginare una linea retta alle cui estremità indichiamo il livello massimo (principio) e il livello minimo (regola) di genericità di una norma.
Tanto più specifici e precisamente determinati sono gli effetti dettati da una norma, tanto più essa sarà qualificabile quale regola. Al contrario, al crescere della genericità e indeterminatezza delle conseguenze che la norma attribuisce alla fattispecie cui si riferisce, tanto più tale norma deve essere considerata un principio. Tra le due estremità ovviamente vi sono
217 Tra gli esponenti maggiori: M. Jori, A. Pintore, Manuale di teoria generale del
diritto, p.259, H.L.A. Hart, Postscript
218 G. Pino, in Diritti e Interpretazione, op. cit., pag.55, assume che la norma sia
scomponibile in fattispecie (campo di applicazione della norma) e conseguenza (effetti che produrrà la norma).
219
M. Atienza, J. Ruiz Manero, Tre approcci ai principi del diritto, in «Analisi e
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ipotesi intermedie, proprio perché genericità e indeterminatezza sono proprietà graduali220.
Si è detto che i principi sono ponderabili, ossia funzionano secondo la logica del peso, dell’importanza attribuita a quel principio. Cercando di essere più precisi si potrebbe dire che il peso di una norma (in generale, sia di un principio che di una regola) consiste nell’influenza che essa esercita in sede di interpretazione e applicazione del diritto221. In questo senso il peso dovrebbe essere massimo se la norma è applicata senza ombra di dubbio, essere minimo se la norma è ignorata, essere graduale se deve essere valutato in base al contributo specifico che fornisce la norma nell’indirizzare l’interpretazione di altre norme o le decisioni. Ma una divisione netta di questo tipo secondo Pino non è idonea a fondare una distinzione significativa tra regole e principi, anzi, si manifesta la solita mera differenziazione di grado tra principi e regole: le regole sono semplicemente più protette nella loro applicazione contro le considerazioni che spingerebbero verso un risultato diverso rispetto a quello prescritto dalla regola stessa (in quanto “opache” nel valore), i principi invece, espliciti nel valore, sono più defettibili e più soggetti a eccezioni rispetto alle regole perché suscettibili di essere ponderati con altri (principi che enunciano) valori. Appare evidente allora come le circostanze influiscano fortemente sull’applicazione di un principio, che può essere “vinto”, reso defettibile, dal concorso di principi più importanti; ma può anche essere sconfitto da una regola se le circostanze concrete portano ad evidenziare ottime ragioni per non disapplicare la regola222. In un certo senso che riguarda la logica applicativa delle norme, sembrerebbe che per Pino principi e regole si possano ponderare tra loro.
220 Ad esempio, una regola non del tutto determinata in quanto contiene delle
conseguenze individuate tramite clausole elastiche.
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Definizione di G. Pino, in Diritti e Interpretazione, op. cit., pag. 56
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