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3. Panoptismo nella Letteratura 1 Distopìa

3.3 Il Grande Fratello

Se Huxley è stato il primo a immaginare un futuro distopico siffatto, il successo più grande lo ha riscosso George Orwell con il suo celebre romanzo “1984”. La data di cui si compone il titolo

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altro non è che l’inverso dei caratteri finali dell’anno in cui il romanzo, poi pubblicato nell’anno successivo, veniva scritto. Si legge di un’ulteriore distopia ambientata a Londra, capitale dell’Oceania, una delle tre potenze totalitarie in cui è stato suddiviso il globo dopo la guerra nucleare. Il romanzo distopico si presenta, poco dopo la conclusione della reale seconda guerra mondiale, come un’aperta critica al regime stalinista. Soprattutto occorre mettere in luce la capacità quasi profetica di Orwell nell’avere tratteggiato una società sovracontrollata dal Grande Fratello, l’occhio che tutto segue attraverso i “teleschermi” posizionati in ogni punto della città, privato o pubblico. Attraverso queste video-camere il controllo diviene totale, perché il potere contestualmente diffonde la sua propaganda con trasmissioni in uscita e sorveglia la collettività ricevendo in entrata immagini dei cittadini anche all’interno dei confini privati, «il teleschermo riceveva e trasmetteva simultaneamente (…) naturalmente non vi era nessun modo per sapere esattamente in quale determinato momento vi si stava guardando»38. Il potere è diviso tra diversi enti, i Ministeri, con competenze specializzate. Nella sua analisi l’autore di certo assume consapevolezza della centralizzazione dell’informazione in aumento; esiste addirittura un Ministero della Verità, il Miniver, che si occupa della propaganda di partito, creando o distruggendo informazioni, modificando libri o giornali del passato con lo scopo di sostenere le posizioni del governo attuale; e la Psicopolizia, o polizia del pensiero, che vigila sulla popolazione assicurandosi che nessuno commetta psicoreati, ossia qualsiasi forma di insubordinazione al partito, persino la non obbedienza inconscia. Perfino la lingua è stata modificata nella Neolingua, un linguaggio depurato per limitare la libertà di manifestazione del pensiero che non sia in accordo con l’ideologia di Partito (Orwell, 1950).

Nell’immaginario collettivo “orwelliano” è ormai divenuto attributo di una realtà futura, tremenda ma possibile, oppressiva

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George Orwell, 1984, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1950; 1° ed. originale Nineteen Eighty-Four, Secker & Warburg, 1949

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e portatrice di claustrofobia nei confronti di spazi angusti che però non hanno pareti materiali. Si tratta di una romanzesca finzione, ma dall’ambientazione emergono importanti elementi che si riveleranno caratteri ricorsivi nell’evoluzione della sorveglianza moderna. Sicuramente si riscontrano temi evidenti, quali il potere di controllo sociale della tecnologia, legato alla scomparsa della riservatezza e la tendenza a rendere ogni aspetto della vita sociale sempre più trasparente. Ma emergono dalla lettura anche tratti peculiari cui l’autore ha fatto particolare attenzione. Si è detto del crescente accentramento delle informazioni da parte dello stato-nazione. È però una centralizzazione attiva, che non si limita alla raccolta delle informazioni, ma che agisce sulle stesse. I dati rilevati vengono categorizzati e da questa frammentazione e nuova disposizione nascono nuove, sintetiche categorie di dati. Il Miniver si occupa inoltre di cancellarli, secondo il desiderio del Partito: è una malleabilità dei dati che mette in crisi quella fiducia weberiana nella scia elettronica di informazioni che lasciamo ad ogni passo, soprattutto se oggi si tiene conto che la tecnologia non è uno strumento proprio solo dei gruppi sociali dominanti. Quest’ultimo specifico timore, della possibilità di gestione inedita dell’informazione portava infatti le autorità americane negli anni ’70 a vietare la creazione di una banca dati nazionale, per allontanare il rischio di un Grande Fratello (Lyon, L'occhio elettronico, 1997).

Un altro elemento ricorrente nella storia di Orwell e nella nostra storia è l’impercettibilità del controllo: la sorveglianza è potenzialmente continua, nel senso che i teleschermi sono sempre pronti ad ascoltare voci ed attività tutt’intorno a loro ma gli astanti non sapranno mai quando effettivamente il dispositivo stia registrando o meno. È un meccanismo che punta a intaccare la psiche del singolo, che non potendo essere consapevole del momento preciso in cui viene ascoltato, non ha altra scelta che adeguarsi alle direttive del Partito, parlare e agire come il Partito si aspetta che faccia, fintantoché inevitabilmente anche il suo pensiero si adeguerà. È quindi un congegno ideato al fine di far

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leva sull’incertezza, una gabbia invisibile che non suggerisce mai quando ci si può lasciar andare alla pura libertà di pensiero, lasciando intravedere solo l’ombra di uno sguardo che tutto vede. Nella prospettiva di Lyon la lettura delle distopiche pagine orwelliane fa emergere aspetti notevoli per il giurista: suggerisce quale sia il vero piano di rilevanza dell’esigenza di tutela della privacy e nondimeno individua un percorso d’analisi sociologica particolarmente apprezzabile. Spesso ricollegata al tema della trasparenza della condotta, la privacy agli occhi di Orwell avrebbe maggiore considerazione, in quanto da collegarsi con il bene giuridico della dignità umana. Il bene giuridico primario, messo in pericolo da queste onniscienti tecnologie, non sarebbe la riservatezza in sé, quale riserbo sulla propria sfera d’intimità, bensì la dignità di ogni individuo, concetto tanto onnicomprensivo quanto inafferrabile, tanto che Orwell ne descrive la perdita tramite un’astuzia letteraria. Nella scena del tradimento dell’amica Julia da parte del protagonista Winston Smith, quando egli decide di «interporre il corpo di un altro essere umano tra sé e i topi», egli abdica alla propria dignità, che dovrebbe essere invece fine e valore in sé, per il riconoscimento della quale unico e sufficiente titolo necessario è la partecipazione dell’individuo alla comune umanità.

Mostrando a Winston Smith il contenuto della stanza 101, O’Brien pronuncia tale sentenza:

La cosa peggiore del mondo varia da individuo a individuo. Può essere venir seppelliti vivi, essere arsi, o affogati, o impalati, o un'infinità di altre morti. Ci sono casi in cui è una cosa assai più modesta, nemmeno fatale, a volte. 39

L’antagonista si riferisce a ratti terrificanti per il protagonista, ma forse si può supporre che Orwell si stesse riferendo piuttosto alla perdita della propria dignità, che non è subordinata più ad alcuna violenza fisica, ma che assume forma diversa per ciascun essere umano.

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Mirabile è la valutazione di Lyon sulla violenza che subisce il protagonista, perché sintetizza i nodi più fragili del problema: «da quel momento la sua stessa identità si fonde con quella del Grande Fratello. La sua stessa personalità viene messa in forse. Se la riduciamo alla mera preoccupazione per la privacy, perdiamo il senso della minaccia della sorveglianza elettronica» 40 , lo smarrimento di sé.

Molte dinamiche nella modernità sono diverse dalla visione descritta da Orwell. Tra i fenomeni sociali strumentalizzati per la conservazione dell’ordine sociale protagonista è il consumismo. I sistemi di controllo tradizionali restano relegati alla sorveglianza delle fasce di popolazione escluse dai mezzi di consumo all’interno delle società capitalistiche moderne, mentre il consumatore vive in una nuova realtà inclusiva, subisce una sorta di influenza sociale invisibile, quelle forze velate che sagomano il nostro modo di agire.

Affiora dunque tra le pagine di Lyon un nuovo criterio per indagare il controllo sociale sulla linea del tempo: tener conto della trasformazione delle forme di controllo da coercitive, caratterizzate da metodi separanti o violenti, a suggestive ossia contraddistinte da metodi non violenti che puntano a delineare condotte comportamentali auspicabili. Nell’ analisi dei mezzi di sorveglianza si deve perciò considerare sempre la distinzione tra le tendenze autoritarie esplicite e il controllo più subdolo, meno ingombrante perché disincarnato, liquido.

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David Lyon, L’occhio Elettronico, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1997, p.91

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4. Postpanottismo: dalla società disciplinare alla