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Nella didattica: alcuni esempi di gioco

Nel documento QUANDO IL GIOCO DIVENTA APPRENDIMENTO (pagine 190-200)

I L GIOCO ENTRA NELLA SCUOLA

5. Nella didattica: alcuni esempi di gioco

5.1 Le relazioni nei giochi41

Quando i bambini si impegnano in un gioco di gruppo, avviano relazioni interpersonali di diverso tipo. Nello schema seguente sono evidenziate le relazioni che si possono instaurare durante i giochi. Le otto strutture relazionali sono:

41 Cfr G. Staccioli, Culture in gioco, op. cit. p. 50

- duello disimmetrico tra individui: si ha quando i due giocatori si sfidano, ma compiono azioni diverse (correre/scappare;

cercare/nascondersi…)

- duello dissimetrico tra gruppi: due squadre di giocatori si confrontano compiendo azioni ludiche dissimili (ad esempio, un gruppo scappa, l’altro acchiappa)

- situazione paradossale: è quella nel quale un giocatore può essere , nello stesso momento, alleato e avversario di un altro giocatore (come quando si gioca a “Quattro cantoni”42)

- ciascuno per sé: si ha quando ogni partecipante gioca per conto proprio (in parallelo agli altri, in loro presenza).

- uno contro tutti: un giocatore si deve confrontare con tutti gli altri (ad esempio, quando sta nel cerchio dei giocatori e deve indovinare qualcosa che tutti gli altri conoscono)

- duello simmetrico tra gruppi: vi sono due squadre di giocatori che si confrontano compiendo azioni ludiche simili (come in una partita a pallone)

- duello simmetrico tra individui: si ha quando due giocatori si sfidano (alla lotta, alla corsa…) compiendo (tutti e due, ma ciascuno per proprio conto) operazioni simili (svolgono uno stesso ruolo di gioco). Ogni giocatore cerca di vincere sull’altro.

- Cooperazione: sono quelli nei quali tutti i partecipanti devono mettersi d’accordo e collaborare per ottenere la finalità previste dalle regole del gioco.

Riporto, come esempio, alcuni giochi linguistici (tratti da Staccioli, Signorini43) appartenenti a tre diverse categorie di struttura relazionale: cooperazione, ciascuno per sé, paradossale.

42 Per una descrizione del gioco vedi A. Di Pietro, Giochi e giocattoli di una volta, op.

cit. p.84

43 G. Staccioli, S. Signorini, Ludi linguistici, proposte di giochi con le parole, Il capitello, Torino, 1996.

5.1.1 Il gioco dei Limerik44

Nome: queste filastrocche si chiamano Limerik, come una città irlandese che sorge alla foce del fiume Shannon.

Provenienza: i limerik più famosi sono quelli di Edward Lear (A book of Nonsense), pubblicati a Londra nel 1846 e tradotti in italiano a cura di Carlo Izzo.

In Italia i limerik sono stati ripresi da Gianni Rodari:

[…]

Un signore di nome Filiberto Amava assistere al caffè concerto E al dolce suono di tazze e cucchiaini Mangiava trombe, tromboni e clarini Quel musicofilo del signor Filiberto.

Interessanti esempi propone anche Ersilia Zamponi ne I draghi locopei45:

Una giovane matita amava molto la vita

e un giorno trovò un’apertura per cominciare un avventura

con un compasso in cerca di matita.

Struttura: Gioco di cooperazione Materiali necessari: carta e penna

Numero di giocatori: una decina suddivisi in due o più gruppi Competenze linguistiche: sintattiche, compositive

Tempo: da mezz’ora ad un’ora

44 Questo e i seguenti giochi sono stati riportati da G. Staccioli, Culture in gioco, op.

cit. pp. 50 ss.

45 E. Zamponi, I draghi locopei, Einaudi, Torino, 1986

Meccanismo del gioco: ogni gruppo deve comporre una filastrocca su un soggetto a piacere, anche senza un filo logico. Tale filastrocca deve essere formata da cinque versi, ciascuno dei quali deve rispettare una certa regola. Solitamente il primo verso introduce il protagonista, il secondo una sua caratteristica o un predicato, il terzo e il quarto sviluppano il predicato, il quinto conclude con una frase un po’

stravagante o senza senso. Il primo verso fa rima con il secondo, il terzo con il quarto e il quinto chiude con la stessa parola finale del primo verso. Al termine del tempo stabilito si leggono le realizzazione dei vari gruppi. Esempi costruiti in classe:

Un papà di nome Antonio fece la pizza al pinzimonio di spegnere il forno si scordò e la pizza si bruciò

a quel patatone di papà Antonio.

(classe I)

Un signore di Forlì Fece in piazza la pipì.

Una guardia lo notò Ed in prigione lo portò.

Oh povero signore di Forlì (classe III)

Possibili variazioni:

Il gioco delle rime

I giocatori si passano un oggetto. Chi lo offre dice una frase, chi lo riceve deve completare la rima. Esempio: “Cosa metti dentro al foglio?” “metto quello che ci voglio”.

5.1.2 Né si né no46

Struttura: Ognuno per sé Materiali necessari: nessuno Numero dei giocatori: una decina

Competenze linguistiche: lessicali, mnemoniche

46 Cfr. G. Staccioli, Culture in Gioco, op. cit. p.52

Tempo: venti minuti

Meccanismo del gioco: i giocatori sono in cerchio, seduti. Uno di loro è al centro e pone delle domande ad un qualsiasi compagno. Le risposte alle domande non devono contenere né la parola “sì” né la parola “no”. Chi sbaglia va al centro.

Possibili variazioni:

Scopriparole

Ciascuno dei giocatori scrive sei parole su sei foglietti. Dispone i foglietti sul tavolo davanti a sé e, al suo turno e a rotazione, pone una domanda ad un avversario. Scopo del gioco è far pronunciare a chi risponde la parola proibita. Quando il giocatore che dà le risposte pronuncia una parola proibita, quello che ha posto la domanda volta il foglietto che contiene quella parola. Vince chi riesce a scoprire tutti e sei i foglietti.

5.1.3 La borsa delle lettere47

Struttura: gioco paradossale

Materiali necessari: cartoncini e pennarelli Numero dei giocatori: una ventina

Competenze linguistiche: foniche, sillabiche, ortografiche Tempo: mezz’ora

Meccanismo del gioco: si preparano dei cartoncini 10 x 10 cm corrispondenti al numero dei giocatori. Su ciascuna carte va scritta una lettera dell’alfabeto, ripetendo più volte quelle che permettono le maggiori possibilità combinatorie (a, o, r, m, l…). il gioco richiede un’organizzazione spaziale costituita da una zona ampia (la Borsa, dove si contrattano le lettere), da un tavolo posto ad una certa distanza (il Vocabolario, dove si controllano le parole formate) e da un

47 Cfr “ivi” p. 53

secondo posto di controllo (il Lasciapassare dove si contrassegnano le lettere). I giocatori devono poter circolare nelle tre zone in modo da non intralciarsi. Ognuno riceve dal capogioco una lettera. Una volta ricevuta la propria lettera, i giocatori si disporranno liberamente, ben distanziandosi l’uno dall’altro, nello spazio a disposizione. Il capogioco indica il numero delle lettere che dovrà costituire la parola da formare. All’inizio proporrà una parola di quattro lettere e aumenterà il numero nelle richieste successive. Al via, i giocatori-lettere dovranno cercarsi, offrendo la propria lettera o cercando la lettera che ritengono utile a formare la parole della lunghezza indicata. Quando avranno completata la parola si prenderanno per mano e si dirigeranno insieme dal Vocabolario, dove verrà controllato se la parola esiste e se non è già stata proposta/formata da un altro gruppo. Il ruolo di Vocabolario è tenuto da una persona che convalida e scrive su un foglio tutte le parole trovate e giudicate giuste.

Ottenuto il consenso del Vocabolario, ci si dirige verso un altro controllore, che segnerà sul retro di ciascun cartoncino una crocetta, a indicare che il componente del gruppo è riuscito a costruire una parola giusta.

A questo punto il giocatore è pronto a riprendere il gioco e a offrire di nuovo la propria lettera alla Borsa in modo da formare una nuova parole dalla lunghezza indicata dal capogioco. Dopo un certo tempo il capogioco grida “Alt!” e le contrattazioni terminano. I giocatori si siedono e viene controllato e commentato il risultato ottenuto da ognuno.

Possibili variazioni:

Borsa delle sillabe

Invece di una lettera, su ciascun cartoncino può essere scritta una sillaba.

Borsa lunga

Vince chi, nel tempo, concordato, ha formato la parola più lunga.

5.2 I giochi linguistici48

La lingua può essere manipolata dai ragazzi come se si trattasse di un oggetto con cui giocare, un giocattolo.

Proprio perché oggetto ludico con cui entrare in rapporto a livello attivo, operativo, la lingua può diventare fonte di stimolo e curiosità e, lungi dai ricordi dell’astratta e distante grammatica tradizionale, può essere piacevole terreno di scoperta, a livello intuitivo, di quei fenomeni che soltanto in un secondo tempo saranno elevati ad uno stadio di concettualizzazione. Un giocattolo può essere smontato in vari pezzi e poi rimontato, così come anche una parola può essere

“spezzata”, ridotta in tanti elementi, e poi ricostruita in mille modi diversi.

Uno dei giochi più semplici che si possono proporre già in prima elementare è quello dell’anagramma.49 Semplice, ma molto importante, perché mette il bambino a contatto con i due livelli in cui è organizzata la lingua: il piano dei fonemi, cioè dei suoni, unità minime di per sé prive di significato, e il piano delle unità superiori, fornite di significato e frutto delle combinazioni delle unità minime.

Si possono proporre diverse parole da scomporre e riutilizzare le parole ottenute per creare una storia o una filastrocca stimolando la capacità creativa del bambino.

Vi sono molte strategie utili a sollecitare la creatività dei bambini, capaci di mettere in moto quel “meccanismo di associazione originale”

che sta alla base del processo creativo.

Nel gioco delle libere associazioni l’insegnante pronuncia una parola ed i bambini continuano, uno dopo l’altro, dicendone un’altra in catena: può darsi che le associazioni siano abbastanza stereotipate, ma ne può venir fuori anche qualcosa di insolito e divertente:

sigaretta, fumo, legno, camino, nave, mare. Le parole poi, possono

48 Cfr S. Loiero, Giocare, riflettere, creare, Giunti Lisciani editori, Teramo 1994

49 Cfr “ivi” p 20 ss.

servire come punto di partenza per l’ideazione di un testo: una grande sigaretta accesa affonda nel mare…i pesci avevano affisso il cartello

“vietato fumare”.

C’è poi, l’associazione di parole, il binomio fantastico: sono due parole che provocano “scintille”. È noto l’esempio di Rodari50: cane, armadio.

Si collegano le due parole con una preposizione articolata: il cane con l’armadio, l’armadio del cane, il cane sull’armadio, eccetera. Ognuna di queste relazioni dà vita ad una situazione: una cane passa per la strada con un armadio sulla groppa, eccetera.

Gianni Rodari propone una vasta gamma di giochi linguistici che si possono proporre in classe senza alcun timore.

5.3 I laboratori ludici51

L’allestimento di laboratori che sostengono le varie forme di gioco sono un elemento da considerare, in quanto predispongono un ambiente specifico atto ad ampliare esperienze multiple.

Si tratta di spazi caratterizzati dall’uso di specifici linguaggi (iconici, grafici, corporei) e di materiali, strumenti e modalità di lavoro differenziate (gioco libero, strutturato, semistrutturato, di piccolo/grande gruppo). In essi l’adulto ha soprattutto la funzione di animatore: propone, sviluppa tematiche emergenti, stimola, crea un clima di sperimentazione.

Proviamo a pensare ad un tavolo di un qualsiasi laboratorio per attività manuali o espressive come da apparecchiare, e ad un ambiente dove giocare, organizzato per accogliere un ospite a noi caro. La scuola è una “casa educativa” dove il bambino è ospite nel senso più letterale del termine. Così come lo è anche l’insegnante. Le

50 G. Rodari, La grammatica della fantasia, op. cit.

51 A. Di Pietro (a cura di), Giochi e giocattoli di una volta, Carocci, Roma, 2007, p.

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ore scolastiche e le aule dovrebbero essere pensate come un laboratorio, senza operare nette distinzioni fra momenti dedicati alla didattica e momenti dedicati al fare e al giocare, senza distinguere momenti importanti da momenti di svago.

Così come un laboratorio di scienze non si sviluppa solamente nell’ambito delle scienze, un “laboratorio ludico” non si realizza solo nella sfera del divertimento, della manualità e del movimento.

Proporre un laboratorio ludico a scuola è un invito a nozze per i bambini, a tal punto che molto spesso la loro gioia nel vivere questi momenti speciali (ma, dovrebbero essere normali) li porta ad emozioni nuove e inconsuete rispetto a quelle abituali, in una situazione non sempre facile da autogestire. Queste emozioni, a volte anche esuberanti, si evidenziano in momenti che consideriamo di

“confusione”. Rendere quotidiana la pratica del laboratorio aiuta ad apprendere qualcosa di trasversale del vivere a scuola, quello di “fare insieme”, e in tal senso la “con-fusione” può essere compresa come un processo relazionale fondamentale di cui tenere conto nella programmazione di un laboratorio. Quando scegliamo un’attività da proporre possiamo prevedere i punti di “con-fusione” , anticipandoli o considerandoli come fasi per prendere coscienza di quanto avviene.

Organizzare e programmare a scuola un laboratorio ludico deve fare capo ad una serie di “contrappesi”. Con “laboratorio scolastico” a volte vogliamo riferirci ad uno spazio appositamente dedicato allo svolgimento di un’attività al di fuori delle consuetudini, altre volte ci riferiamo ad una metodologia attiva che prende spunto dal “fare per riflettere”, altre volte ad uno spazio creativo ed espressivo sia per i bambini che per gli insegnanti.

Il laboratorio è, per vari motivi, una modalità educativa, un fare, un atteggiamento, un modo di relazionarsi che si affina con l’esperienza.

Esso è lo spazio-tempo dove si sviluppa il proprio “stile di fare”. In questo senso non ci dovrebbe essere una distinzione tra laboratorio e lezione in classe.

È bello pensare uno “stile di fare” come un qualcosa in continua trasformazione, come una propensione a superare il settorialismo disciplinare fondato sull’insegnamento delle materie, come un’intenzionalità a programmare apprendimenti prendendo spunto dalla quotidiana vita scolastica, come un approccio che mira allo sviluppo globale della persona.

Evidenziamo a questo punto, alcuni “ingredienti” per attuare, nella pratica educativa, un “laboratorio” del gioco e del giocattolo. Gli ingredienti non fanno la ricetta, ma sono necessari per offrire su un vassoio un’alchimia di sapori che non posso prescindere da un tocco personale. Gli “ingredienti” per organizzare un laboratorio ludico sono cinque, coincidenti con i cinque sensi.52

L’ambiente con…tatto: “star bene” significa dare spazio al piacere. E lo spazio del piacere inizia dal contesto circostante. L’ambiente è ciò che crea “con-tatto” fra noi e l’altro.

Nasce così un laboratorio del gioco e del giocattolo, determinato proprio dall’organizzazione dell’ambiente. Stare in uno spazio poco curato svia l’attenzione verso cose che appaiono più in evidenza perché fuori posto (dare significato alla disposizione di materiali o delle sedie significa concentrarsi su elementi essenziali all’attività), predisporre quanto necessita per lo svolgimento del laboratorio crea stupore. Esso si concretizza in un’organizzazione dell’ambiente fisico e simbolico, sul piano dello spazio, del tempo, delle relazioni privilegiate. Aver cura del luogo dove giocare, o costruire giocattoli, garantisce al bambino il sentimento di stare in una condizione protetta, pensata apposta per lui, dove mettere in gioco le proprie conoscenze verso nuovi apprendimenti. Per quanto riguarda un laboratorio di “giochi in movimento”, risulta, poi, indispensabile uno spazio sufficientemente ampio, ma è anche vero che è possibile

52 Cfr “ivi” p. 115 ss

adattare il gioco all’ambiente o che, viceversa, l’ambiente stimola certi giochi anziché altri.

L’accoglienza: con gusto. Accogliere un bambino significa accogliere la sua storia di vita, le sue attese, i suoi progetti, le sue ipotesi, i suoi perché. La “pre-occupazione” di accogliere ciò che viene dalla curiosità dei bambini ci porta a riflettere sulle dinamiche di gruppo e sulla valorizzazione delle personali attitudini e intelligenze, ci porta a costruire percorsi educativi basati sulla vita reale, sul quotidiano e sui bisogni dei partecipanti. Il principio a cui si ispira questo atteggiamento si basa sulla fiducia e sul rispetto nei confronti dell’altro, oltre che di se stesso.

Le sfumature accoglienti possono essere almeno tre:

- una relativa alla programmazione, cioè prepararsi le “carte da giocare”;

- la seconda appartiene alle relazioni. Un gioco o un’attività manuale possono essere calibrati su diversi livelli socioaffettivi (si possono proporre giochi con diverse strutture relazionali).

- accogliere anche le proprie sensazioni, i propri pensieri e le personali reazioni. Sapersi mettere in discussione è difficile, almeno quanto cercare di recuperare e accogliere, in modo delicato, le situazioni imprevedibili e gli effetti dei nostri errori.

L’andamento: con udito. Si può paragonare l’atto e il modo di procedere al movimento di un brano musicale. Per far sì che una serie di incontri possa acquisire un ritmo organico e rassicurante si può programmare un “andamento” di riferimento. Attraverso momenti ritualizzati, infatti, si possono creare alcune condizioni che permettono al partecipante di cogliere la scansione dei tempi del laboratorio e di elaborare le proprie richieste.

Come prima cosa si creerà il clima che comunica il significato profondo di ciò che si sta facendo. È importante, infatti, ricordarsi che il valore apprenditivo dell’attività ludica non è sempre riconosciuto.

Nel documento QUANDO IL GIOCO DIVENTA APPRENDIMENTO (pagine 190-200)