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I vari aspetti formativi della natura poliedrica del gioco

Nel documento QUANDO IL GIOCO DIVENTA APPRENDIMENTO (pagine 132-151)

L’ APPROCCIO P EDAGOGICO

4. I vari aspetti formativi della natura poliedrica del gioco

Spesso ai nostri occhi adulti le azioni di gioco infantile appaiono sconclusionate; invece, come abbiamo più volte rilevato, i bambini accumulano attraverso il procedere dell’esperienza una serie infinita di dati, elaborano il pensiero e una loro graduale autonomia.

Esistono differenti forme di gioco che verranno analizzate in questo capitolo, le quali sono ricorrenti e universali, propongono una traccia connessa alle fasi dello sviluppo infantile, con la consapevolezza che esse non sono tra loro separabili in modo preciso, ma interconnesse.

Infatti, per esempio, due bambini che stanno costruendo nell’angolo del salotto un “treno” con delle sedie, stanno facendo un gioco simbolico, ma agiscono contemporaneamente anche usando una serie di abilità funzionali e prassiche, mettono in pratica specifiche conoscenze dei materiali e forme di gioco anche motorio. Si vogliono delineare valenze, implicazioni, modalità espressive delle diverse forme di gioco, affinché l’adulto, cogliendo il senso del linguaggio ludico sappia rispondere in “codice” e cogliere la portata educativa di ogni differente pratica ludica.22

Si era già accennato, nel capitolo precedente, al laboratorio come luogo in cui il bambino possa mettere in pratica il suo sapere ed esperire nuove situazioni, sarà quindi opportuno pensare ad adeguati percorsi laboratoriali, che uniscano teoria e pratica, ed allestire degli spazi didattici, veri e propri luoghi di “ricerca e esplorazione”.

Il gioco, quale elemento liberatorio, poiché momento espressivo, spontaneo e creativo, diventa facilmente meta educativa. Una pedagogia della ludicità interessa tanto il singolo quanto la collettività. L’impiego del tempo, lavorativo e libero, e l’occupazione dello spazio coinvolgono la società nella creazione delle relazioni interpersonali, nell’osservazione della libertà, nell’esplicitazione di

22 P. Manuzzi, Pedagogia del gioco e dell’animazione. Riflessioni teoriche e tracce operative, op. cit., cap. IV

interessi relativi all’affermazione della personalità. Educazione e gioco non possono fare a meno di intersecarsi in continuazione negli spazi e nel tempo loro predisposti, ma non solo in essi.

4.1 Logica interna, esterna e il-logica del giocatore23

La formazione del gioco si muove entro tre dimensioni: motoria, affettiva, mentale, le quali coincidono con gli aspetti dell’educazione motoria, morale e della didattica. La pratica ludica, secondo Staccioli, oltre a collocarsi entro queste tre prospettive, è caratterizzata da una logica sia interna che esterna.

Un atto motorio mette in gioco l’affettività e le fantasie del soggetto che gioca, tocca piani coscienti e non. Il corpo che gioca si trova all’incrocio fra le tre strade sopra indicate e, nello stesso tempo, utilizza una forma originale ed unica di comunicazione. L’azione del gioco ha una sua significatività comunicativa ed un suo specifico linguaggio: il corpo parla anche per mezzo del movimento e della non verbalità, comunica e metacomunica.

Esistono, poi, diversi aspetti implicati nell’atto ludico; in questa prospettiva gli elementi essenziali di un gioco sono:

• I ruoli

• Lo spazio

• Il tempo

• Modo di usare gli oggetti

• Le relazioni che si instaurano tra i giocatori.

Questi elementi, definiti anche come “gli universali ludici”, composti fra loro determinano l’intelaiatura di un gioco, la sua struttura, la quale a sua volta ne determina la logica interna.

23 Sull’argomento vedi, G. Staccioli, Il gioco e il giocare, op. cit, e Culture in gioco, Carocci, Roma, 2004

Tali articolazioni si sviluppano nelle fondamentali direzioni delle condotte motorie ludiche: la dimensione cognitiva (intelligenza psicomotoria e sociomotoria), la dimensione sociale e relazionale (la comunicazione motoria), la dimensione affettiva, la dimensione espressiva (la creatività motoria), la dimensione decisionale (la decisione motoria).

In altre parole, i giochi comportano delle regole, le quali hanno caratteristiche che inducono un certo comportamento nei giocatori.

Le regole sono portatrici di comportamenti relazionali e psicologici, determinano i ruoli, gli spazi e tempi dell’attività ludica. La logica interna rappresenta i tratti pertinenti di un’azione motoria e delle conseguenze che essi provocano nel corso di essa.

Conoscere i tratti distintivi della logica interna vuol dire saper miscelarne gli ingredienti giusti per adattarli alle diverse situazioni.

Cercare di scoprire la logica interna di un gioco ci consente di comprendere meglio i possibili effetti che questo produrrà. Ad esempio, si prenda in esame la dimensione relazionale di un gioco. Ve ne sono alcuni che richiedono situazioni di coppia o di gruppo, oppure “uno contro tutti”. Da un punto di vista relazionale le opportunità sono tante, e troveremo la stessa ricchezza di varianti anche nell’analisi di altri elementi (regole, spazi, tempi, dinamica dei ruoli). A causa della vastità delle combinazioni è fondamentale conoscere la logica interna, per proporre e offrire molteplici occasioni di novità.

La logica esterna, invece, è legata al mondo personale del giocatore. Il gioco è esperienza di vita e come tale è un atto complesso, che riguarda anche elementi della persona, un atto che tocca profonde corde dell’essere, che emozionano, mettono in contatto con immagini e fantasie, aspirazioni e paure. Esso rappresenta una strada per relazionarsi con alcuni strati di sé. Quindi, l’attività ludica del bambino si esercita anche attraverso comportamenti e atti motori che nascondono messaggi latenti. Anche la cultura rientra nella logica

esterna, in quanto un gioco rimanda a comportamenti, attese e convinzioni che sono condivise da un certo numero di persone e acquista prestigio o meno in rapporto ai valori che caratterizzano una determinata cultura.

Così, quando qualcuno inizia un gioco si trova a gestire sia la logica interna (desunta dalle regole), sia quella esterna (valore etico, politico, cognitivo che la cultura gli attribuisce). Ma c’è anche una terza logica (o il-logica) che attraversa ogni attività ludica. Ogni partecipante ha specifiche necessità personali (affettive, transizionali, motorie, di affermazione, di fuga…) e queste vanno ad influenzare il “gioco giocato” (come si usa dire: “è il giocatore che determina il gioco”). Così ci si ritrova di fronte alle variabili legate alle persone le quali fan sì che il momento ludico non sia mai lo stesso. La persona che gioca vive in un tempo infinito e, oltre che con questo tempo, può cercare di mantenere il contatto con gli altri, con il contesto, con se stesso. Può cercare, o essere aiutato a cercare, tale contatto. I bambini non sempre hanno coscienza di ciò che avviene, di ciò che è avvenuto, per questo è importante riprendere in mano ciò che è accaduto durante un’attività di questo genere. Un bambino che ha giocato ha vissuto azioni ed emozioni. Le prime è facile descriverle, mentre le seconde un po’ meno perché richiamano la soggettività della realtà. Aiutare i fanciulli a “sporgersi” verso la dimensione emozionale può essere una nuova avventura ludica.

Entrambe le logiche rappresentano le due grandi direttrici attraverso le quali è possibile accedere alla dimensione del ludico, sia nelle sue forme più semplici (i giochi dei bambini) sia nelle sue forme più complesse (gli sport di una società). Questa strada di analisi ci aiuta a comprendere somiglianze e differenze tra un’attività ludica e un’altra, fra uno specifico gioco e un altro, consentendoci a volte scoperte interessanti, a volte inattese che arricchiscono l’orizzonte della pratica didattica.

Scopriamo anche la duttilità della pratica ludica che favorisce gli apprendimenti, l’educazione sia attraverso la sua natura poliedrica e propedeutica, sia attraverso il suo inserimento nella didattica.

4.2 Forme di gioco

Tra le varie forme del gioco, ve ne sono alcune che seguono lo sviluppo umano e soddisfano differenti bisogni.

P. Manuzzi24, rifacendosi a studi in ambito psicomotorio, intende fornire un quadro sull’evoluzione educativa dei giochi e come si differenziano in base alla crescita.

Il gioco si suddivide in:

gioco tonico-fusionale: sono forme di gioco che liberano tensioni e rilassano (dondolii, oscillazioni…) e si basano sul movimento muscolare. Il bambino a contato con il corpo materno, prevalentemente, ne studia le variazioni toniche, diventando primo mezzo di comunicazione. Questa è un’esperienza primaria, che getta le basi fondanti della sensibilità corporea individuale e dell’affettività;

Gioco senso-motorio: rappresenta un investimento diretto del corpo verso l’azione. Fondano l’identità corporea personale;

gioco protosimbolico e simbolico: il primo si manifesta in quella serie infinta di giochi che i bambini non si stancano mai di ripetere (nascondersi/riapparire, togliere/accumulare, costruire/distruggere). Il secondo, che conosciamo bene grazie al

contributo di Piaget, è quello del “far finta che…”, che si basa su un processo di significazione indiretta, in funzione del quale una cosa sta al posto di un’altra che non è presente, è un suo sostituto simbolico. Grazie a questo i bambini vengono introdotti al pensiero

24 P. Manuzzi, Pedagogia del gioco e dell’animazione. Riflessioni teoriche e tracce operative, op. cit Ibidem

analogico: difatti, questo tipo di gioco comporta la capacità di far paragoni e di pensare per metafore e ha una funzione formativa per lo sviluppo emotivo, in quanto permette la fuoriuscita di istinti di aggressività;

dal gioco rappresentativo alla narrazione: s intende quell’insieme di attività, in cui le potenzialità motorie e prassiche si alleano con le facoltà ideative, del pensiero, sia analogico che logico, procedendo dalle forme più concrete a quelle più astratte. I bambini, anziché compiere un’azione direttamente, la rappresentano, ricorrono a codici quali la scrittura, il disegno, la drammatizzazione, eccetera. Il gioco narrativo, invece, rappresenta un’evoluzione del gioco simbolico, in cui prevalgono l’uso del linguaggio e l’ideazione rispetto all’azione.

È interessante a questo proposito individuare quali siano i legami che favoriscono lo sviluppo del linguaggio e del pensiero narrativo attraverso la pratica ludica.

Inoltre, esiste una connessione tra le diverse pratiche ludiche e le educazioni previste nel curricolo della scuola primaria e, come vedremo in seguito , esistono due differenti aspetti della connessione tra gioco e discipline:

- musica, arte, attività motoria, eccetera sono forme di gioco; infatti, così come sosteneva Huizinga, ogni cosa è nata da esso, e sviluppano determinate capacità o sensibilità;

- musica, arte, attività motoria, eccetera possono essere trasmesse attraverso il gioco, in quanto questo favorisce un apprendimento significativo che si traduce nell’azione.

Discipline e attività ludica non solo trasmettono il sapere, ma educano gli uomini alla sensibilità e al rispetto (di sé e degli altri), per vivere la vita in modo dignitoso.

4.3 Il gioco come linguaggio (Ed. linguistica)

L’acquisizione del linguaggio è in realtà un aspetto del gioco e attraverso di questo di può insegnarne/apprendere la lingua. I bambini giocano con suoni e parole, prima imitando ciò che odono, e poi cambiandoli di posto e smistandoli per adattarli in schemi, fino a quando non riusciranno a comporre delle frasi. Nei primi stadi del gioco di linguaggio, il dire delle parole sarà pura imitazione: soltanto poco per volta il significato associato alle parole sarà evidente.

Giocare con la lingua significa sia produrre testi e sperimentare differenti modalità comunicative ed espressive, sia utilizzare e trasformare giochi esistenti, innovandoli, cercando di mantenere una stretta relazione con le strutture linguistiche e con la letteratura in generale.

La lingua nasce per gioco, ma esistono giochi linguistici che possiedono tipologie diverse, con strutture relazionali differenti, i quali si riferiscono a modelli ludici dissimili, che sviluppano aspetti diversi del linguaggio. Questo non significa che l’apprendimento della lingua si debba identificare unicamente con il gioco, ma piuttosto che certi giochi possono essere utili per arricchire competenze linguistiche precise.

Sappiamo bene che il linguaggio, strumento del pensiero, presenta un’intrinseca qualità narrativa e nel gioco questa è presente nella misura in cui l’azione ne rappresenta la sua messa in pratica.

La funzione di alcuni giochi è quella di sviluppare nel bambino la capacità di costruire significati e Bruner ci ricorda che il pensiero narrativo ha la funzione di dare senso al mondo. Se il gioco infantile presenta una intrinseca qualità narrativa, una pedagogia sulla ludicità partirà da tale attitudine e creerà mondi e racconti sui mondi, esperienze, trasmettendo l’interesse e il gusto di giocare con le parole e le storie, con le rime, le filastrocche, le fiabe, le narrazioni, i nonsense. Inoltre, sarà opportuno incoraggiare i bambini a

raccontare o raccontarsi, in quanto la narrazione è la via per “mettere in forma” l’esperienza. Questa è una delle forme più importanti e significative della nostra immaginazione e della nostra cultura. I fanciulli, diventando attori attivi di narrazioni, potranno agirle attraverso giochi di movimento (mimo, drammatizzazione, teatro, giochi di fantasia) e esprimerle in linguaggio costruendo un itinerario educativo, che restituirà alla parola quel valore di liberazione di cui parlava Gianni Rodari nella Grammatica della fantasia.

Linguaggio, narrazione e gioco sono intrecciati, si stimolano a vicenda e creano nuovi percorsi didattici che favoriscono la fantasia e la creatività, nonché la costruzione del significato delle parole e dell’esperienza.

4.4 Il gioco come rischio, esplorazione, ordine

La pratica ludica, attraverso tutte le sue varie sfumature, favorisce lo sviluppo cognitivo, relazionale, emotivo, fino a toccare ogni aspetto della personalità umana. Ma in che modo agisce?

Rischio, esplorazione e ordine credo rappresentino la struttura portante dell’azione ludica.

Il rischio viene inteso secondo due diverse concezioni: il rischio vissuto dagli educatori, che percepiscono il gioco in riferimento al tema del distacco. Vi sono dei giochi che non permettono all’educatore di agire il suo controllo (come il nascondino). Ma vi è anche il rischio vissuto dal bambino, che deve imparare a gestire determinate situazioni, di gruppo o solitarie, strategiche rispetto allo scopo del gioco e simili.

Spesso ciò che preoccupa genitori e insegnanti è il rischio che il bambino si faccia male. Via via che il minore acquista mobilità ed aumentano le sue capacità manipolatorie, egli saggia la propria forza colpendo e martellando, arrampicandosi, correndo e saltando. Queste

attività possono includere dei rischi, ma la nostra iperprotettività non deve togliergli la fiducia nelle proprie capacità, le quali, se non vengono esperite, possono far sì che il fanciullo diventi maldestro o incline agli incidenti. Ciò potrà accadere a causa dell’incapacità di saper coordinare mente e corpo. Un’efficace coordinazione può svilupparsi solo in seguito a numerose esperienze di reazione a vari stimoli, fino a quando queste non diventano istintive e istantanee. Ad un bambino, perciò, bisognerebbe dare numerose possibilità di scoprire le proprie capacità fisiche nell’arrampicarsi e nel mantenere l’equilibrio, nello strisciare e nel correre, in modo da lisciargli imparare non soltanto come controllare queste capacità ed usarle efficacemente, ma anche come porre in relazione il proprio spazio corporeo con lo spazio e le distanze che trova nel suo ambiente. In tal modo egli impara come valutare fiduciosamente la realtà. In primo luogo, quindi, l’essenza del gioco è quella di collaudare qualcosa ed è in parte improvvisazione. Mediante un processo di tentativi ed errori, il bambino scopre così che certe parole o certe azioni producono risultati soddisfacenti, ed altre invece no. Ripetendo suoni e movimenti finisce per instaurare degli schemi di comportamento, a parlare e a muoversi in ogni contesto della vita quotidiana.

Esplorando il mondo attorno a sé egli impara a far fronte alle proprie paure, all’ansietà e a tutti i problemi che inevitabilmente gli si presentano. Attraverso l’attività ludica, impara a conoscere le cose del mondo, a catalogarle e a dar loro significato. Diventa, così, processo di scoperta, esplorazione del corpo, della mente, dei sentimenti. Una volta esplorato ciò che sta intorno, il passo successivo è quello di riordinare le conoscenze, che si presentano come una massa caotica di espressioni.

In certa misura l’ordine rappresenta un modo per creare una sorta di prevedibilità degli eventi (da qui la necessità di attuare i giochi di ripetizione). Se facciamo una data cosa, il risultato sarà questo e quest’altro. Impariamo che ponendo un dito sulla fiamma, ci

scottiamo. Questo è un fatto certo e prevedibile: succederà sempre così, ma impariamo anche a dare forma e significato alle nostre azioni, le quali possono produrre risultati prevedibili o meno. Il primo tipo di azione che riflette il senso dell’ordine è dato dalla ricerca del ritmo. Battendo i piedi il bambino può creare un rumore prevedibile e in seguito passerà alla scoperta dei suoi ritmi corporei, quali il battito cardiaco, il respiro e così via. Esistono dei giochi che permettono la conoscenza del proprio corpo ed educano all’orecchio musicale. Corpo e musica si associano, in quanto è proprio il ritmo fisiologico la prima forma di musica che il bambino apprende, fin dalla vita intrauterina.

L’analisi di questi tre aspetti, rischio, esplorazione, ordine, aprono l’attività ludica ad ogni tipo di disciplina. Tutti gli aspetti che hanno a che fare con la formazione umana sono innegabilmente uniti tra loro.

Attraverso la consapevolezza motoria si acquisiscono anche nozioni musicali, il ritmo, l’armonia ed l’equilibrio, attraverso la drammatizzazione si narra una fiaba e si alimenta la qualità narrativa per dar senso alla realtà e all’esperienza. Insomma “le vie dell’educazione sono infinite”, sta nella buona volontà dell’educatore trovare il modo in cui verranno percorse. Questo viaggio ci porterà a conoscere noi stessi e a raccogliere i frutti del nostro percorso individuale.

4.5 Il gioco musicale (Ed. musicale)

In un capitolo del film della Walt Disney, Tarzan, le scimmie giocherellando con gli strumenti dell’accampamento finiscono con il creare della vera e propria “musica”. Abbiamo visto come, attraverso la conoscenza del proprio corpo e l’acquisizione del ritmo, sia facile creare dei momenti musicali. È affascinante vedere come quasi dal nulla scaturiscano cose sublimi come la danza, la musica, l’armonia vivente in tutte le azioni umane.

Come ogni pratica culturale, anche la musica nasce dal gioco, dal rituale magico e primitivo, mezzo per comunicare con gli dei.

Il gioco musicale, a sua volta, ha una sua specifica potenzialità educativa, può diventare un mezzo esprimente sentimenti e idee da comunicare agli altri (così come la pittura o la scrittura). La musica può essere un’esperienza privata o pubblica, goduta da un singolo o condivisa con altre persone. Essa, così come il gioco, ci porta “fuori”

da noi stessi, offrendoci un’evasione in un mondo di suoni e ritmi. Ci aiuta a esplorare e scoprire nuove sonorità, oltre a quelle della voce umana.

Tutti i bambini hanno bisogno di musica come esperienza personale di “evasione, recupero, consolazione”. Attraverso i giochi musicali si sviluppano il corpo (la danza), il linguaggio (le canzoni), le relazioni con gli altri (la musica nel gruppo, i cori, le orchestre). I bambini eseguono fanno musica in gruppo, devono ascoltarsi tra loro e ascoltare se stessi, in una unione armonica di suoni, ognuno dei quali ha la sua importanza e tutti ci si muove sinergicamente insieme. Nella musica nessuno rimane indietro, tutti contribuiscono alla vita della melodia, a seconda delle proprie capacità.

Nel gioco musicale, noi gettiamo le basi di esperienze musicali che, come tutte le forme di gioco, appartengono all’eredità culturale umana e sono parte integrante della vita sociale.

Dovunque vi siano degli essere umani, vi sono ritmi e melodie, perché ritmo e melodia sono fondamentali per la vita stessa.

In questo contesto si segnala l’esistenza di un gioco musicale, sviluppatosi in Italia e tutt’ora in evoluzione, il quale richiamami i principi del gioco, del corpo e della musicalità. 25

25 Il metodo Ritmia, che si sta diffondendo in tutta Italia, è presente anche nell’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’ideatrice del metodo conduce il laboratorio di Musica uno, previsto all’interno del corso di Fondamenti della comunicazione musicale, della Prof.ssa Rosa Cafiero.

Il “metodo Ritmia” è un metodo innovativo di approccio alla musica attraverso il gioco, che prevede l’integrazione fra stimolazione musicale, movimento del corpo ed espressione grafico-pittorica intesa come prima forma di notazione musicale non convenzionale.

Accompagnati da particolari strumenti musicali, dai suoni della voce e del respiro, i bambini vivono la spontaneità del movimento creativo oltre all’esecuzione di particolari posizioni. Movimenti e posture permettono di enfatizzare le sensazioni indotte dalla stimolazione sonora e dai silenzi, facilitando l’apprendimento di parametri musicali di base. Oltre a precise nozioni di musica i piccoli imparano anche ad ascoltare e ad ascoltarsi servendosi della musica come mezzo di espressione e di comunicazione, coltivando la concentrazione, l’autocontrollo, la capacità di creare, socializzare, rilassarsi. 26

Questo metodo combina gioco, musica, narrazione, drammatizzazione in un’armonia che favorisce lo sviluppo di potenzialità artistiche, grazie ad una propedeutica musicale condotta in forma ludica.

4.6 Il gioco e il corpo (Ed. motoria)

Abbiamo già avuto modo di parlare, in più sedi, del legame che

Abbiamo già avuto modo di parlare, in più sedi, del legame che

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