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CAPITOLO SECONDO La valorizzazione digitale

CAPITOLO TERZO

3.2 Diffusione di Internet in Italia, fra digital divide e consumo digitale di cultura

Come accennato nel Paragrafo 1.1 e in parte discusso in due precedenti contributi58, in Italia si riscontrano ancora varie forme di digital divide a causa di un processo di digitalizzazione alquanto rallentato e di una stentata penetrazione della banda larga (delle cui ragioni discuteremo meglio nel

Paragrafo 3.4)59, nonostante vi sia la profonda convinzione che una politica di alfabetizzazione digi- tale, rivolta specialmente alle fasce culturalmente, socialmente ed economicamente più deboli della popolazione, sia diventata la “[…] condizione necessaria alla diffusione dei servizi innovativi e alla

competitività del Paese”60.

La penetrazione di Internet e della banda larga nelle case degli italiani sono considerati, a ra- gione, elementi fondamentali per il superamento del digital divide della nostra nazione rispetto alle altre europee e nel mondo.

A tal proposito, rimangono ancora validissime le considerazioni di M. Castells sul vero signi- ficato del digital divide:

“Il digital divide fondamentale non si misura con il numero di connessioni a Internet, ma con le con- seguenze sia della connessione, sia della mancata connessione. Perché Internet […] non è soltanto una tecnologia. È lo strumento tecnologico e la forma organizzativa che distribuisce il potere informazio- nale, la generazione di sapere e la capacità di connettersi in rete in tutti i campi di attività. […] essere sconnessi o superficialmente connessi a Internet equivale a essere marginalizzati nel sistema globale. Lo sviluppo senza Internet sarebbe come l’industrializzazione senza elettricità nell’era industriale. […] Senza un’economia e un sistema di gestione basati su Internet qualunque paese ha poche possibilità di generare le risorse necessarie a soddisfare i suoi bisogni legati allo sviluppo, su un terreno sostenibile da un punto di vista economico, sociale e ambientale”61.

Stando alle statistiche nazionali ufficiali, la diffusione della banda larga e dell’uso di Inter- net hanno registrato una leggera accelerazione nei bienni 2008-2009 (dal 42% del 2008 al 47,3% nel 2009)62 e 2009-2010 (nel 2010 del 52,4%)63, mentre risulta relativamente più modesto l’incremento nei bienni 2010-2011 (nel 2011 del 54,5%)64 e 2011-2012 (nel 2012 del 55,5%)65.

Questi tassi di crescita, come analizzeremo di seguito, non riescono ad essere tanto rapidi e incisivi da recuperare quel gap tecnologico, infrastrutturale e di alfabetizzazione digitale che ci

57 Symbola - Unioncamere 2013, pp. 114-115.

58 Bonacini 2011b, pp. 20-23 e pp. 28-33 e Bonacini 2012a, pp. 30-43.

59 Per un quadro dei legacci legislativi e, di conseguenza, infrastrutturali nella diffusione della banda larga v. Bona-

cini 2011b, pp. 31-32 e Bonacini 2011d, pp. 8-10. 60 Confindustria 2009, p. 5. 61 Castells 2001, p. 251. 62 Istat 2009, p. 1, fig. 1. 63 Istat 2010, p. 3, fig. 1. 64 Istat 2011b, p. 2, fig. 1. 65 Istat 2012a, p. 1.

consenta di risalire nelle graduatorie delle classifiche ufficiali, migliorando la nostra competitività e il nostro capitale culturale-digitale. Questi dati non stupiscono granché se raffrontati, per l’arco del settennio 2005-2012, alla crescita nell’uso di un personal computer di poco più del 12% (dal 39,9% del 2005 al 52,2% del 201166 e al 52,3% del 201267) e ad un incremento nell’uso di Internet del 20% (dal

31,8% del 2005 al 55,5% del 201168, rimasto invariato nel 2012).

Nel report del Centre for International Competitiveness sul World Knowledge Competitiveness

Index (WKCI) del 2008, si è calcolata la competitività delle 145 regioni più industrializzate del mondo

sulla base di un parametro di riferimento globale, integrato su 19 parametri differenti ed incentrato sulla conoscenza, sulla capacità e sulla sostenibilità dei sistemi economico-sociali di quelle regioni e sulla misura in cui queste conoscenze e capacità si traducano in valore economico69. Da questo stu- dio, e dal confronto con il report precedente (WKCI 2005), è apparso evidente come le macro-regioni italiane non siano affatto ben piazzate rispetto al resto del mondo70.

Al di là delle ovvie considerazioni sulla perdita nella competitività del nostro paese a livello globale - avvenuta nel giro di qualche anno e ancor prima che si manifestasse in pieno la crisi globale -, preme sottolineare non solo la totale assenza in questa classifica delle regioni del meridione d’Ita- lia (peraltro non presenti nemmeno nel 2005 in una classifica generale riguardante 125 regioni del mondo) ma come questa assenza debba essere per noi bruciante non tanto di fronte all’ingresso di regioni come l’Islanda (new entry rispetto al 2005, in 14a posizione), quanto di fronte all’inserimento di regioni europee considerate, decisamente a torto, tradizionalmente più arretrate di noi e, invece, in piena crescita già da qualche anno: alcune aree dell’Irlanda (84a), l’Estonia (137a), la Lituania (139a) e la Latvia (141a)71.

Nel 2009 i dati forniti dal Global Household Broadband Penetration Rankings per il 2008 veri- ficavano una penetrazione domestica della banda larga piuttosto scarsa: appena più della metà delle case italiane (51%) aveva una connessione Internet su banda larga; questa percentuale ci poneva 27i in classifica mondiale (pari merito con la Lituania), contro percentuali di penetrazione particolar- mente alte, registrate ad esempio, in alcuni paesi orientali (Sud Corea 95%, Singapore 88%, Taiwan e Honk Kong 81%), nord-europei (Olanda 85%, Danimarca 82%, Svizzera 76%, Norvegia 75%, Finlan- dia 69%, Francia 68%) o medio-orientali (Israele 77%)72.

A fine del 2010 la classifica Broadband leadership incentrata non sulla penetrazione ma sulla qua- lità della connessione a banda larga collocava l’Italia al 26° posto sui primi 30 paesi. Inoltre, l’Italia non risulta nemmeno fra i 14 paesi (Corea del Sud, Giappone, Lettonia, Svezia, Bulgaria, Finlandia, Romania, Lituania, Paesi Bassi, Hong Kong, Germania, Portogallo, Danimarca e Islanda) già pronti

66 Istat 2011b, p. 10, prospetto 6. 67 Istat 2012a, p. 8, prospetto 9. 68 Istat 2011b, p. 10, prospetto 6.

69 “The WKCI is an integrated and overall benchmark of the knowledge capacity, capability and sustainability of

each region, and the extent to which this knowledge is translated into economic value, and transferred into the wealth of the citizens of each region. As such, the competitiveness of a region will depend on its ability to anticipate and successfully adapt to internal and external economic and social challenges, by providing new economic opportunities, including higher quality jobs. The 2008 edition of the WKCI compares 145 regions across 19 knowledge economy […]: nine from Europe, eight from North America, and three from Asia Pacific. These new regions were selected on the basis of a survey of a wide range of regions appearing to be become more internationally competitive. […] we have selected those indicators cur- rently available that enable a quantitative comparison of the competitiveness of an economy: these include levels of labour productivity, investment in research and development activities, expenditure on education, levels of employment and economic activity rates, ICT infrastructure density, access to private equity, and employment in ‘knowledgebased’ sec- tors. These so-called knowledge-based sectors primarily concern high-technology manufacturing and knowledge-based services such as telecommunications, IT services, and research and development activities” (WKCI 2008, p. 1).

70 Prima in classifica fra le italiane la Lombardia, 96a, perde ben 12 posizioni rispetto al 2005; l’area dell’Emilia Ro- magna perde ben 15 posizioni collocandosi 117a; l’area del Nord-Est perde altrettante posizioni della Lombardia e si colloca al 119° posto; il Lazio è in 123a posizione, perdendone ben 17 rispetto al 2005; 126a l’area dell’Italia centrale ad esclusione del Lazio perde anch’essa 12 posizioni rispetto alla rilevazione precedente; l’unica che riesce a mantenere salda la propria posizione in classifica, persino risalendo di un posto, è l’area del Nord-Ovest, al 100° posto (WKCI 2008, p. 2, table 2.11).

71 “At the bottom of the index the progress of the newly included Baltic regions – Latvia, Lithuania and Estonia –

will be interesting to follow, given the rapid increase in knowledge investments in these countries following the end of the Soviet era, and EU enlargement” (WKCI 2008, p. 9).

per le quelle future applicazioni Internet che dovrebbero rapidamente diffondersi nei prossimi anni (come la web TV ad alta definizione o i servizi video ad alta qualità)73.

Parlando dell’Italia, il report europeo COMPENDIUM (v. Paragrafo 2.1) lamentava per il 2010:

“The extension of broadband should presently become a key priority on the government’s agenda, which calls for substantial investment in the next few years to cope with overcoming Italy’s digital divide. In fact, at the end of 2010, only 49% of the Italian territory has access to broadband, against a European average of 61%, whereas only 59% of Italian families have access to Internet, against 70% of European families (Eurostat data)”74.

D’altronde, ancora ad ottobre del 2010 la copertura della rete superava di poco il 51%, rivelan- dosi inferiore alla maggior parte dei paesi industrializzati o in via di sviluppo (quali India, Russia, Brasile, etc.), come denunciavano numerose classifiche ufficiali internazionali, quali ad es. i dati pub- blicati da Eurostat per il 2008 (collocata in bassa classifica, insieme a paesi come Portogallo, Grecia, Bulgaria, Romania, l’Italia registrava un uso regolare di Internet al di sotto del 40% della popolazio- ne, un uso privato dell’e-commerce con percentuali inferiori al 15% ed una percentuale oscillante fra il 10% ed il 20% della popolazione che non ancora non aveva mai usato Internet75) o quelli presenti

sul portale europeo COMPENDIUM per il 2008-201076.

Come dimostrava, ancora una volta, una classifica mondiale redatta dalla Miniwatts Marke- ting Group comprendente i 58 paesi al top nella penetrazione di Internet, con una percentuale ferma al 51,7% l’Italia era desolantemente collocata in 56a posizione. Nell’aggiornamento della classifica (Figura 15), ristretta ai primi 50 paesi con percentuali superiori al 65%, l’Italia risulta definitivamente esclusa77.

L’indagine commissionata dal presidente francese N. Sarkozy al McKinsey Global Institute, in occasione del primo e-G8 svoltosi a Parigi il 24 e 25 maggio 2011, sulla vitalità di Internet e del suo ruolo come strumento di crescita economica e culturale78, ha ribadito la posizione da ultima in classifica dell’Italia rispetto agli altri paesi del G8 (Stati Uniti, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia, Canada e Russia) e a Cina, Brasile, Corea del Sud, India e Svezia, rivelandone il carattere di una vera e propria anomalia nel panorama dello sviluppo digitale dei paesi industrializzati. Analizzando il peso economico del web in termini di P.I.L. ed il contributo al P.I.L. globale dei paesi in analisi, l’Ita- lia dimostra una produttività economica legata alla rete decisamente bassa e inferiore alla media, pesando per l’1.6%79.

Nel Web Index, pubblicato a settembre 2012 (v. Paragrafo 1.1), l’Italia, posizionata 23a (su un totale in analisi di 61 stati nel mondo), è definita “[…] the lowest ranking Western European country in the overall Index, ranking outside of the top 20 nations”80, mentre nei primi dieci posti si colloca- no 6 paesi europei (Svezia al primo, il Regno Unito al terzo, Finlandia al quinto, Svizzera al sesto, Norvegia al nono e Irlanda al decimo). Sono collocati meglio di noi Portogallo e Spagna (rispettiva- mente 17o e 18°), ma anche Cile (19o) e Messico (22o). Scorporando i dati confluiti nel Web Index (le macrosezioni considerate sono Impact, Readiness e The web), si può scoprire come l’Italia, ad esempio, sia 38a con una incidenza medio bassa sulla sua economia81.

A seguito del Report McKinsey (v. Paragrafo 2.1) si è stabilito di indagare questo debacle digitale italiano per comprenderne le ragioni. Nel nostro paese, infatti, nonostante siano universalmente riconosciuti il valore della banda larga e quello correlato della diffusione di Internet in termini eco-

73 http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/12/05/news/qualit_della_banda_larga_italia_solo_ventiseiesima-

9860601/.

74 Compendium 2011, p. 34.

75 Eurostat Regional Yearbook 2009, pp. 93-99 e tavole corrispondenti.

76 www.culturalpolicies.net/web/statistics-participation.php?aid=111&cid=74&lid=en.

77 http://www.internetworldstats.com/top25.htm. Ultima in classifica l’Ungheria, con una percentuale di penetra-

zione fra la popolazione del 65,3%.

78 www.eg8forum.com/en; McKinsey 2011. 79 McKinsey 2011, p. 15, exibit 4.

80 http://thewebindex.org/2012/09/2012-Web-Index-Snapshot.pdf. 81 http://thewebindex.org/visualisations/.

nomici e occupazionali, sembra piuttosto esserci (come si approfondirà meglio nel Paragrafo 3.4) una volontà precisa di ritardare uno sviluppo che potrebbe, invece, dare respiro all’economia nazionale (l’1.6% sul P.I.L. contribuisce in realtà al 18% della sua crescita)82 e all’impiego83, lasciandoci indietro non solo rispetto agli altri paesi sviluppati ma, in generale, rispetto al resto del mondo. Questo ri- tardo, che rischia di compromettere l’intera economia nazionale, risulta evidente dall’indagine con- dotta dall’International Telecommunication Union nel report National e-Strategies for Develpoment,

Global Status and Perspectives84, dell’aprile del 2010, sullo stato delle strategie digitali nazionali nel

mondo, ripreso dall’economista F. Sacco (Figura 16).

L’istituzione dell’Agenda Digitale

Italiana (ADI), a marzo del 2012, e quella

dell’Agenzia per l’Italia Digitale, a giugno 2012, ha costituito il punto di arrivo di un lungo e tortuoso processo decisionale e po- litico (v. Paragrafo 3.4), di cui si dovrebbe cominciare a vedere i primi frutti col 2014.

Nel giro di una decina d’anni (v. Fi-

gura 1785), l’utenza nazionale è passata da circa 6 milioni del dicembre 2000 (su un totale di poco più di 60 milioni di abitanti, cioè un italiano su dieci circa) ad una cifra compresa fra i 23 e i 24 milioni.

Un’importante ricerca sulle modalità di fruizione della cultura e dell’intratteni- mento e sui comportamenti, sociali ed eco- nomici, dei nostri digital consumers è stata condotta per il triennio 2007-2009 dall’Os- servatorio Permanente Contenuti Digita- li86, costituito dalle principali associazioni rappresentanti le aziende che producono e gestiscono contenuti digitali (Aidro, AIE, UniVideo, FiMi) e Cinecittà Luce, sotto l’egida di Confindustria Cultura Italia. Nel confronto fra il 2007 e il 2009, l’indagine ha evidenziato un generale restringimento del gap del digital divide: è diminuita la per- centuale di italiani al di sopra dei 14 anni ancora distanti da Internet (dal 52% del 2007 al 45% del 2009: in particolare l’avvi- cinamento alla rete soprattutto di uomini in età adulta87 attesta da un lato un restrin-

82 http://archidata.typepad.com/chez_asa/2011/03/agenda-digitale.html.

83 Secondo i calcoli di F. Sacco: “È dimostrato che ogni 10 per cento di aumento di penetrazione della banda larga,

la ricchezza di un paese in termini di Pil cresce dell’1 per cento. E ogni mille nuovi utenti di banda larga si creano 80 nuovi posti di lavoro” (www.repubblica.it/cronaca/2011/09/22/news/internet_sprecata-22040398/index.html?ref=search). “[...] in the mature countries we studied, the Internet accounted for 10 percent of GDP growth over the past 15 years. And its in- fluence is expanding. Over the past five years, the Internet’s contribution to GDP growth in these countries doubled to 21 percent. If we look at all 13 countries in our analysis, the Internet contributed to 7 percent of growth over the past 15 years and 11 percent over the past five.” (McKinsey 2011, p. 2).

84 http://www.itu.int/ITU-D/cyb/estrat/estrat2010.html.

85 http://web.mclink.it/MC8216/mercante/merca88.htm#heading01. 86 http://www.osservatoriocontenutidigitali.it/home.aspx.

87 Demòpolis 2009. L’avvicinamento in età adulta, come verificato dall’Istat, si evidenzia più forte nella fascia ma-

schile under 35: “In linea con gli anni precedenti, si riscontrano forti differenze di genere sia nell’uso del personal compu-

(Figura 16: da Sacco 2011, slide 3)

gimento del generational digital divide ma contemporaneamente il permanere del gender digital divide) e la percentuale di utenti light (cioè poco inclini ad un costante utilizzo di Internet, dal 25% del 2007 al 21% del 2009).

Se ne deduce, quindi, un aumento dei cosiddetti digital immigrants che sono stati costretti a una conversione al digitale, senza diventare fanatici della tecnologia (technofan). Sono, invece, au- mentati gli utenti heavy (coloro i quali utilizzano in maniera costante Internet, passati dal 23% del 2007 al 34% del 2009), anagraficamente compresi in una fascia di età fino a 44 anni e con un livello di istruzione e di reddito tendenzialmente medio-alto (dirigenti, impiegati quadro e studenti); alla fa- scia light appartengono individui con età fino a 54 anni e livello di istruzione e reddito medio-basso (operai, commercianti, impiegati); alla fascia dei non utenti appartengono le classi socio-economiche più basse (pensionati e casalinghe) e concentrate nelle regioni del meridione.

Anche l’Istat, il nostro Istituto di Statistica Nazionale, a partire dal 2009, ha iniziato ad atten- zionare il fenomeno della penetrazione delle nuove tecnologie nel nostro paese, dedicando delle specifiche indagini Multiscopo agli Aspetti della vita quotidiana che riguardano anche il tema Cittadini

e nuove tecnologie. Queste indagini, mirate ad evidenziare la penetrazione di Internet e l’uso delle

nuove tecnologie nella popolazione, se da un lato consentono di percepire statisticamente la tenden- za nazionale ad un uso sempre più diffuso della rete (soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo dei social media88) dall’altro, purtroppo, proprio nel confronto diretto con il panorama europeo fanno

risaltare la nostra cronica lentezza: pur crescendo, cresciamo troppo lentamente rispetto ad altri che, invece, procedono celeri.

Per il 2009, per quanto riguarda l’accesso a Internet nelle famiglie con almeno un componente di età compresa fra i 16 e i 64 anni, l’Italia evidenziava una penetrazione ancora troppo scadente (collocandosi al 21° posto con un tasso di penetrazione del 53% contro una media europea del 65%) e una scarsa disponibilità nella connessione a banda larga (collocandosi al 22° posto con un tasso di penetrazione del 39% contro una media europea del 56%)89, rispetto ai paesi UE 25.

A partire dall’indagine Multiscopo dell’anno seguente, il panorama generale di riferimento è stato allargato ai paesi UE 27, ma la situazione non si è rivelata affatto migliorata. Nel 2010 si re- gistrava un incremento del + 6% nell’accesso casalingo a Internet (con un tasso di penetrazione del 59%, contro una media europea del 70%, posizionandosi al 22° posto) e del + 10% nella disponibilità di una connessione a banda larga rimanendo, tuttavia, saldamente nelle ultime posizioni (24° posto con un tasso di penetrazione del 49% contro una media europea del 61%)90.

Più articolata delle precedenti si rivela l’analisi del 2011 [nella quale l’Istat, adeguando il range delle indagini alla crescita anagrafica della popolazione, ha attenzionato la percentuale di famiglie con almeno un componente di età compresa fra i 16 e i 74 anni e, adeguandosi all’evoluzione e al moltiplicarsi delle nuove tecnologie per accedere alla rete, ha analizzato anche le modalità di connessione, tradizionali (via cavo) e mobile (tramite smartphone via GPRS, tecnologie 3G, Wi-Fi; tramite computer portatili via chiavetta USB o card e via Wi-Fi)]. Leggermente migliorate, ma non abbastanza, appaiono la penetrazione casalinga nell’accesso ad Internet (collocandosi al 22° posto con un tasso di penetrazione, in crescita del + 3% rispetto al 2010, del 62% contro una media europea del 73%) e la disponibilità di una connessione a banda larga (collocandosi al 24° posto con un tasso di penetrazione del 52%, anche qui con una modesta crescita del + 3%, contro una media europea del 68%)91. Con un tasso di penetrazione del 62% equivalente a quello della Lituania, in contrasto con “[…] paesi come Olanda, Lussemburgo, Svezia e Danimarca che hanno raggiunto livelli prossimi alla saturazione”92), l’Istat continua a registrare performance modeste anche rispetto ad altri paesi europei con un ritardo simile nei livelli di diffusione della rete. La crescita, in termini di accesso ad ter sia in quello di Internet. Dichiarano, infatti, di utilizzare il personal computer il 56,5 per cento degli uomini a fronte del 45,8 per cento delle donne. Inoltre usano Internet il 54,6 per cento degli uomini a fronte del 43,6 per cento delle donne. Va rilevato comunque che fino a 34 anni le differenze di genere sono piuttosto contenute o inesistenti, mentre si accentuano a partire dai 35 anni, dove si riscontra una netta prevalenza maschile” (Annuario Statistico Italiano 2010, p. 211).

88 Quanto dimostrato dalla ricerca Trendstream nel report GlobalWebIndex 2011 (GWI 2011). 89 Istat 2009, p. 5, figg. 2-3. Al riguardo v. Bonacini 2012a, pp. 32-33, fig. 1.

90 Istat 2010, p. 7, figg. 2-3. 91 Istat 2011b, pp. 7-9, figg. 2-3. 92 Istat 2012b, p. 6.

Internet da casa anche con la banda larga, si rivela decisamente contenuta a confronto col 2010 in genere e nel confronto diretto con gli altri paesi europei agli ultimi posti della graduatoria. In gene- rale, a farci buona compagnia nelle ultime posizioni in classifica sono i paesi più arretrati dell’area europea, fra i quali Romania e Bulgaria.

(Figura 18: da Istat 2012b, p. 7, figg. 2-3)

L’Istat, in queste indagini Multiscopo, ha indagato anche le varie forme di digital divide che caratterizzano il nostro paese, soprattutto a livello di gap digitale sia generazionale (fra la fascia demograficamente appartenente ai digital natives e quella dei digital immigrants) che socio-econo- mico.

Già nel 2009 si era iniziato a registrare un restringimento nella forbice di quel gap; il maggiore contributo a questo restringimento veniva individuato nell’incremento dell’utilizzo della rete come medium per la comunicazione. Nonostante questa propensione tecnologica, come rivelano i dati Eu- rostat (ulteriormente confermati da quelli statistici nazionali) gli italiani hanno utilizzato Internet in modo piuttosto tradizionale: rispetto a una media europea del 57%, nel 2008 solo il 46% degli italiani

                                                                                                                                                                                                                   

connessi ha usato la rete per forme di comunicazione avanzata, ad esclusione delle e-mail: instant messaging, posting messaging, reading blogs, creating blogs, telephoning93.

Scendendo nello specifico, i dati Istat relativi agli anni 2008 e 2009 a confronto hanno eviden- ziato un livello decisamente alto di utilizzo tradizionale, con l’e-mailing quasi all’80% ma, anche, un progressivo aumento di Internet come medium di informazione ed apprendimento: in aumento ri- sultavano l’utilizzo della rete a scopo di apprendimento (+ 11%: da 58,3% del 2008 al 69,4% del 2009), per informazioni su servizi relativi a viaggi e soggiorni (+ 5%: raggiungendo la cifra ragguardevole del 48,3% rispetto al 43,2%), nella lettura di giornali, news e riviste (+ 8,3%: da 38,4% al 46,7%) e in genere come mezzo alternativo alla radio e, soprattutto, alla TV (+ 8%: dal 21,4% al 29,5%)94.

I dati statistici hanno rivelavato un incremento sostanziale soprattutto nell’uso di servizi di messaging (via chat, newsgroup, forum, passando dal 22,3% del 2008 al 34,6% del 2009) e di instant messaging (dal 21,3% del 2008 al 27,9 per il 2009) anche nelle fasce di adulti comprese fra i 35 e i 44 anni, ma non tali da ridurre sensibilmente le distanze generazionali95.

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