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Storie sulle Geografie tra web e mobile: forme digitali di appartenenza territoriale fra geo-blog, geo-social tagging, tagging emozionale e urban digital storytelling

per la comunicazione culturale mobile

CAPITOLO QUARTO

4.3 Storie sulle Geografie tra web e mobile: forme digitali di appartenenza territoriale fra geo-blog, geo-social tagging, tagging emozionale e urban digital storytelling

Fra le ultime novità nel mondo della comunicazione digitale e delle azioni culturali da compie- re per mezzo di specifici software o digital tool, ci sono i geo-social blog e i geo-social networks che con- sentono, entrambi anche se in forme diverse, il tagging geo-sociale (o geotagging, vale a dire taggare un luogo), forma di tagging grazie alla quale i vantaggi sociali di partecipazione, connessione e inte- razione si trasferiscono nel tessuto geografico della città, creando quella che è stata definita Geogra-

64 Spallazzo - Spagnoli - Trocchianesi 2009, p. 2. 65 Geser 2007, p. 52.

66 Kim et alii 2007, pp. 321-322. 67 Solima 2012, p. 32.

68 http://www.scoop.it/t/qrcode-italy.

69 I contenuti di questo paragrafo sono stati in parte pubblicati in Bonacini 2011b, pp. 197-198; si rimanda a Bona-

phy 2.0 o Neogeography, una forma di geografia informazionale volontariamente creata dagli utenti70.

Come abbiamo evidenziato nel Paragrafo 1.4, nella sua categorizzazione fra software o digital tool specifici per mediare azioni culturali, L. Manovich71 inserisce anche quei software che consentano di

creare e condividere informazione e conoscenza anche attraverso forme di tagging geo-sociale (come dicevamo, azioni di tipo neogeografico come l’aggiunta di luoghi su Google Earth con Google My Maps, sui geo-social network come Foursquare, Facebook places etc., su geo-blog).

La rivoluzione del geo-social tagging è da ricondursi all’introduzione, agli inizi del 2005, dell’applicazione di Google Maps (v. Paragrafo 3.8) chiamata Google My Map, grazie alla quale gli utenti possono personalizzare le mappe delle proprie città, aggiungendo contenuti digitali di vario formato (audio, video, testo, foto)72. Si può scegliere di mantenere private le proprie mappe o di

pubblicarle, ma anche di esportarle su Google Earth.

Si tratta di una forma di crowd-sourcing73 delle esperienze e delle conoscenze di tipo geolocaliz-

zato, poiché My Map

“[…] allows multiple users from across geographical regions to collaborate on a single map, effectively allowing you to harness collective intelligence through crowd-sourcing - many voices contributing to one dataset based on their own localized knowledge and experiences”74.

Sono numerosi i software predisposti per la creazione di mappe personalizzate basate su Goo- gle Maps e sul crowdsourcing geografico: GMap Creator75 e MapTube76, questi ultimi creati dal Centre

70 “[…] free, easy to use, and yet potentially very powerful in terms of its impact on geographical information sci-

ences, social sciences, and its capacity to encourage a new partnership between professionals, lay practitioners, and the wider public” (Hudson-Smith et alii 2009, p. 534).

71 Manovich 2011, p. 11.

72 “The Google My Map (GMM) application allows users to add digital content (text, video, paths, shapes, photos)

to a satellite-imaged map of Earth, creating a personalized and annotated mashup that can be shared online with anyone in the world” (Faber 2009).

73 Nello specifico, il crowdsourcing è un neologismo (da crowd, folla, e outsourcing, esternalizzare parte delle proprie

attività) per definire “[…] un modello di business nel quale un’azienda o un’istituzione richiede lo sviluppo di un pro- getto, di un servizio o di un prodotto ad un insieme distribuito di persone non già organizzate in una comunità virtuale. Questo processo avviene attraverso degli strumenti web o comunque dei portali su internet” (http://it.wikipedia.org/wiki/ Crowdsourcing). “Il nome crowdsourcing denota tutte le forme di produzione di contenuti da parte del pubblico: è il tenta- tivo di etichettare il fenomeno sociale della pubblicazione gratuita, non integrata in redazioni professionali, del volume di miliardi di pagine in cui si materializza il sapere sociale. Gran parte di questa produzione è composta di repliche di altro materiale già disponibile: si può andare dalla variazione ‘originale’ compiuta dalle numerose forme delle fan art sui temi dei brand narrativi, fino alle operazioni di copia&incolla, di taggatura, di social bookmarking, e persino la semplice history dei clic, in cui l’impegno dell’attore è ridotto al minimo. Ognuna di queste azioni tuttavia viene registrata dai motori di ricerca e collabora a raccontare per ciascun file censito nell’archivio una storia di percorsi, di preferenze, di relazioni - determinan- do il suo grado di rilevanza” (Bottazzini 2011, p. 2). “[…] this is called crowdsourcing when it is applied to the creation of content, which is then accessible and sharable as a web-based service. In one sense, enabling users to generate their own content is not a new idea, for it forms the basis of much group psychology and problem solving. What is new is the notion that this kind of group dynamics is uncoordinated and voluntary. In many contexts, the data simply accumulate and until interaction occurs between users, the only value added is because of the extent to which the data represent some phenom- ena of interest. The law of large numbers dominates in this instance. Where interaction begins to take place between users and where new derivative data come from these interactions and social networks emerge, then the value added depends on the wisdom of the crowd, albeit engineered in countless ways by the designers and managers of the web-based services involved (Hudson-Smith et alii 2009, p. 525).

74 Faber 2009.

75 Per effettuare il download: www.uclb-elicensing.com/gis_software/gmap_creator.html. “To facilitate the creation

of maps from user-sourced data, we have constructed a means of converting any vector-based map into a raster map, which can be overlaid on Google Maps. We call this software GMapCreator3 and what it essentially does is to take a vector file that is composed of boundaries and attributes tagged to polylines or polygons (as well as point data), first converting these data into the map projection used by Google Maps and then rasterizing the data as set of preconfigured tiles that can be overlaid on the Google Maps base. […] GMapCreator creates a Google Map layer of the output and generates a web page into which the Google Map and its layer are inserted” (Hudson-Smith et alii 2009, p. 528).

76 www.maptube.org/home.aspx. “MapTube [...] is designed as an environment where users can create maps, view

them, and engage in simple manipulation using the timehonored method of map overlay. In fact, GMapCreator is now part of MapTube in that those who use the software to create their own maps are exhorted to share their maps through the MapTube site” (Hudson-Smith et alii 2009, p. 530). “MapTube also has the capability for much more effective crowdsourc-

for Advanced Spatial Analysis (CASA) dell’University College di Londra77. Esistono anche progetti

geografici open source, aperti e collaborativi, come OpenStreetMap (Figura 69)78 e Wikimapia (Figura

70)79, wiki geografico basato su Google Maps collegato con le pagine di Wikipedia.

(Figura 69: da Bonacini 2013b, p. 226, fig. 1)

(Figura 70: da Bonacini 2013b, p. 226, fig. 2)

ing and, indeed, crowdcasting. The way this works is as follows. Using broadcast media such as TV or radio, people are invited to log onto a web site, respond to a series of questions, and specify their location using a postcode. The data are then uploaded to MapTube, which converts it every 30 min, say, to a form where it can be displayed as a map” (Hudson- Smith et alii 2009, p. 533).

77 www.casa.ucl.ac.uk. 78 www.openstreetmap.org. 79 http://wikimapia.org.

Sulla falsariga di Google My Map, il Museum of London a novembre del 2006 ha lanciato il progetto Map my London80, oggi non più attivo, un website nel quale i londinesi potevano inserire i

loro “[…] memorable London moments onto a large interactive digital map”, come indicava il motto sul portale non più esistente81. Allo stesso modo funzionano alcuni geo-social blog di tipo georefe-

renziato (come nei casi, di cui discuteremo subito, della Mappa Emozionale dei Luoghi della Memoria

Antifascista a Torino, di Performing Roma e Urban Experience a Roma e di StoriesOnGeographies, tre

geoblog realizzati fra il 2006 e il 2008 dalla Performing Media Lab della Acmos, leader nel settore, e il geoblog Percorsi Emotivi a Bologna, realizzato nel 2008 da Studio Massimo Paganini).

Includendo mappe di Google Maps su cui sono visibili i post pubblicati e condivisi da altri utenti (messaggi, news, commenti, emozioni, informazioni pubblicitarie), si crea così quello è stato definito un real social tagging82, ovvero una rete di etichette di vario contenuto dislocate digitalmente

su un territorio realmente e emozionalmente vissuto dai suoi cittadini. Si tratta di una nuova forma d’interazione fra società, territorio e tecnologia, che è stata suggestivamente descritta come una for- ma di urban digital story telling83 che consente di creare un digital territory, ovvero un territorio in gra-

do di conservare memoria digitale di sé84.

Il progetto della Mappa Emozionale dei

Luoghi della Memoria Antifascista a Torino

(Figura 71)85, geoblog messo in atto in occa- sione delle Universiadi Invernali del 2006 al Museo Diffuso della Resistenza, della De- portazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà della città di Torino, costituisce un notevole esempio misto di fruizione cultu- rale sul territorio tramite QR code e di geo- social tagging:

“Il geoblog e l’utilizzo dei matrix code […] sono una scelta che ha trovato riscon- tri molto positivi nelle giovani genera- zioni, abituate a dialogare con questi tipi di linguaggi. Per noi si trattava di capire come fare arrivare a coloro che non han- no legami diretti con quel periodo storico, il senso e la memoria di quello che è stata la Resistenza, l’Olocausto, la guerra... Ci sembra importante che questi messaggi arrivino a loro, perché agli occhi di chi non li ha vissuti sono anni che possono sembrare lontani come il Rinascimento, e invece quello di cui abbiamo tutti biso- gno è di un dialogo attivo e partecipato con le nuove generazioni che, a loro vol- ta, avranno il compito e la responsabilità sociale di farsi vettori depositari di quella memoria”86.

80 www.mylondonmap.com.

81 www.culture24.org.uk/sector+info/art41646.

82 Il “[…] social tagging è uno dei fenomeni più interessanti del web 2.0, per intendere una dimensione informativa

che va oltre la dinamica partecipativa”; con l’accezione real si ottiene un neologismo che “[…] nasce per definire la di- mensione territoriale senza contrapporla a quella virtuale” (www.forumpa.it/archivio/4000/4700/4700/4700/infante-veloci. html).

83 Levialdi Ghiron et alii 2009, p. 378.

84 “[…] there is no forgetting, no memory loss in ‘Digital Territory’” (van Kranenburg 2008, p. 30). 85 http://acmos.net/memoria/.

86 http://saperi.forumpa.it/story/33712/il-museo-diffuso-di-torino-tra-memoria-e-futuro.

Una serie di punti di interes- se sparsi per la città sono, infatti, fruibili sia attraverso il sito web del museo (Figura 72)87, che fornisce una mappa interattiva con schede localizzate dei punti (MappaTo), sia attraverso i QR code appositamen- te predisposti nei punti, rendendo così contestuale all’esperienza di visita l’esperienza di una fruizione digitale localizzata tramite la de- codifica interattiva dei dati. In en- trambi i casi, sia in modalità remota che mobile, è possibile anche l’inse- rimento di messaggi, commenti o emozioni suscitate da quei luoghi, che vengono automaticamente ri- connessi al geoblog della Mappa

Emozionale88. I commenti inseriti dagli utenti remoti e dai visitatori sono condivisi con quelli successivi, ottenendo una forma di real social tagging nella quale si è creata una rete di tag dislocate su un territorio realmente ed emozionalmente vis- suto dai suoi cittadini.

Ci sono pochi altri esempi di geoblog in Italia.

Performing Roma (Figura 73)89 e Urban Experience (Figura 74)90 sono

due geoblog utili per rintracciare eventi o informazioni sulla città di Roma, grazie ai quali visualizzare tutti i post pubblicati dagli utenti registrati su una mappa di Google Maps; nei post possono essere in- seriti commenti e contenuti multi- mediali:

“Sulle geografie dei luoghi, for- malizzate nelle mappe, si po- tranno così inserire i diari scrit- ti e audiovisivi rilevati dallo sguardo soggettivo di chi vorrà giocare questo particolare gioco di comunicazione che svilup- pa un rapporto inedito tra rete e territorio. Si scrive il proprio diario, le proprie storie, sulle geografie. È questa una delle

87 http://www.museodiffusotorino.it/default.aspx. 88 Per la definizione di geoblog v. Paragrafo 1.4, nota 178. 89 http://www.geoblog.it/performingroma/.

90 http://www.geoblog.it/.

(Figura 72: da Bonacini 2013b, p. 231, fig. 8)

(Figura 73: da Bonacini 2013b, p. 232, fig. 9)

opportunità che ci offre il geo- blogging: non solo quella di fare blog ma quella di integrarlo con le immagini del territorio visto sia dal basso delle azioni nel ter- ritorio sia dall’alto, dai satelliti, dallo ‘sguardo dal di fuori’”91.

Percorsi Emotivi (Figure 75- 76)92 è il geoblog di Bologna, frutto dello studio del gruppo di ricer- ca del Laboratorio Mappe Urba- ne presso la Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna. Nato dalla volontà di analizzare quali- tativamente la percezione che della città di Bologna hanno i suoi stessi abitanti, Percorsi Emotivi è diven- tato un vero e proprio ‘invito al racconto’, un contenitore di emo- zioni che gli utenti hanno provato per le strade bolognesi:

“[…] un’analisi delle percezio- ni, dei vissuti, delle emozioni, che i vari e molti luoghi di una città suscitano in chi li percorre. Un’analisi qualitativa dunque, senza un reale valore statistico, che però avrebbe offerto il pre- gio di raccogliere molte delle tantissime sfumature inerenti alle percezioni di cittadini di varia estrazione e provenienza, senza misurazioni attraverso percentuali, numeri e scale, ma attraverso l’ordinamento attor- no a categorie semantiche in grado di organizzare la tipolo- gia di percezioni. Un processo cioè simile alla lettura di una mappa, in cui ritroviamo i punti cardinali, che ci guidano e orga-

nizzano la lettura, ma dove non c’è un altro principio organizzatore dei contenuti, se non la pura e sem- plice messa in scala di un dato territorio”93.

Sulla scorta dell’esperienza del geoblog emozionale di Torino e all’interno di un progetto eCul-

ture (eContent Award Italy 2007), la Performing Media Lab ha realizzato un grande museo diffuso

europeo digitale della memoria antifascista e dell’olocausto in Europa intitolato StoriesOnGeogra-

phies. An European participatory geoblog of memory (Figura 77)94, progetto di memoria sociale europea in grado di conservarsi nel tempo con le nuove tecnologie. Il geoblog è aperto alla partecipazione collettiva e distingue i contenuti inseriti in tre macrocategorie: Museums Entries, Associations Entries

91 http://www.geoblog.it/wp/, sotto la voce ‘Progetto’. 92 http://percorsi-emotivi.com/.

93 http://www.studiomassimopaganini.it/web/geoblog-percorsi-emotivi/#more-636. 94 http://storiesongeographies.eu/.

(Figura 75: da Bonacini 2013b, p. 233, fig. 11)

e Users Entries. Ogni voce inserita sulla mappa dell’Europa può essere com- mentata dagli altri utenti.

Un altro esempio di digital story telling in cui storie e ricordi sono aggan- ciati ai luoghi tramite la tecnologia di- gitale, è il progetto [[[Murmur]]] (Figu-

ra 78)95, iniziato a Toronto nel 2003 con

la collaborazione del CFC Media Lab ed allargatosi negli anni ad altre città del Canada, dell’Irlanda, della Scozia, dell’Australia, degli Usa e del Brasile. [[[Murmur]]] è un progetto-documen- tario basato sullo storytelling localizza- to: un mormorio digitale in cui si rac- conta la storia di un luogo - non quella ufficiale ma quella non scritta nei libri di storia, piccoli episodi di vita della gente che in quei luoghi ha vissuto96 -

indicato da un segnale visivo collocato nelle strade delle città, rappresentato da un orecchio verde (il murmur listening

spot) - che l’utente è invitato ad ascol-

tare con proprio cellulare telefonando al numero indicato o a visualizzare sul sito web di [[[Murmur]]] (dove i mur-

mur listening spots sono indicati da spot

di colore rosso)97.

Simile il progetto di Google inti- tolato noilaquila.it, di cui abbiamo più diffusamente parlato nel Paragrafo 3.8 che consente una ricostruzione virtuale del centro storico de L’Aquila, distrutta dal terremoto del 2009, attraverso im-

magini o video degli scorci della città, corredati dai ricordi digitali dei suoi cittadini (Figure 45-47).

L’idea di realizzare una forma di social tagging museale è stata messa in atto dal LUA dell’Uni- versità La Sapienza di Roma che ha ideato Artsonomy, sorta di grande blog-database nel quale far

95 http://murmur.info/.

96 “It’s history from the ground up, told by the voices that are often overlooked when the stories of cities are old.

We know about the skyscrapers, sports stadiums and landmarks, but [murmur] looks for the intimate, neighbourhood- level voices that tell the day-to-day stories that make up a city. The smallest, greyest or most nondescript building can be transformed by the stories that live in it. Once heard, these stories can change the way people think about that place and the city at large. […] By engaging with [murmur], people develop a new intimacy with places, and ‘history’ acquires a multitude of new voices. The physical experience of hearing a story in its actual setting - of hearing the walls talk - brings uncommon knowledge to common space, and brings people closer to the real histories that make up their world” (http:// murmurtoronto.ca/about.php).

97 “This is a ‘location-based mobile phone documentary project’ which places various marked ‘murmur listening

spots’ around a city where people can call a number and get the history, texture and experiences of the place where they are standing from the people who have lived or worked or played there. This is history and narrative ‘from the ground up’ and not the official history of the place. It is based on and narrated by people often overlooked in the official histories. With a 3G phone or a laptop you can also listen to the stories remotely by going to the web site and clicking on the red dots on the city maps. This is turning spaces into places: giving them stories and narratives that you are probably unaware of and through the ‘threadlike, wiry, stringy and capillary’ networks of both the city and mobile telephony, invest that place with a culture of its own” (Mercer 2011a, p. 37).

(Figura 77: da Bonacini 2013b, p. 239, fig. 20)

confluire i tag emozionali-esperienziali che un visitatore può scrivere di fronte ad un’opera d’arte o ad un manufatto durante la visita nelle sale di un museo. Il sistema, che funziona con la decodi- fica dei QR code, rimanda ad un sito web dedicato ad Artsonomy sul quale è richiesto all’utente, partendo dall’ID dell’oggetto, di lasciare un commento. Il sito, predisposto per la raccolta di questi tag (una tag-cloud, ovvero una nuvola di tag), una volta accettato il tag aggiuntosi, è in grado di far visualizzare all’utente la tag più significativa correlata a quella opera d’arte98.

Anche i geo-social network (come Foursquare, Gowalla e Facebook Places99) costituiscono un

nuovo modo di vivere il network, basato sulla geolocalizzazione via GPS, una via di mezzo fra socia- lità virtuale e socialità reale in versione mobile100. Questi social network sono in grado di individuare

(previo consenso da parte dell’utente) la localizzazione dei propri conoscenti e quella di attività commerciali nelle vicinanze (geolocalizzazione commerciale che sta alla base del proximity marke-

ting) e, attraverso il tagging, di condividere contenuti su singole piattaforme. Il tagging di elementi

geografici consente di descrivere elementi culturali e di identificare fisicamente quanto pubblicato sul web nello spazio geografico: in questo modo, servizi di tipo geografico come la georeferenziazio- ne sono utilizzati per dinamiche di tipo sociale nella propria città. Si creano così delle nuove mappe digitali, sincronizzate, dinamiche e fluide, vere e proprie real-time living maps, nelle quali lo scambio delle informazioni socio-locazionali è accelerato e realizzato in tempo reale; queste mappe posso- no essere intese come “[…] a contemporary merger between a classical digital territory map and a dynamic localized flows representation producing a new kind of visual information where places, people, activities, and time are mixed together”101.

Le forme di tagging geo-sociale e le folksonomie costituiscono i maggiori strumenti di evolu- zione dal Web 2.0 di tipo partecipativo al Web 3.0 di tipo semantico e contribuiscono, insieme alle altre piattaforme digitali in genere, ad accrescere quatitativamente la presenza sul web delle infor- mazioni culturali da tempo già percentualmente prevalenti su qualsiasi altra tipologia informativa. Le informazioni di tipo culturale, secondo la valutazione di P. A. Valentino,

“[…] sono dense di segni, simboli, significati, esperienze e conoscenze e la loro accumulazione fa accrescere il valore semantico delle raccolte di informazioni e, di conseguenza, il loro stesso valore economico”102.

Le ICT hanno consentito che si realizzasse ciò che M. Castells auspicava nel 1991:

“[…] local societies […] must preserve their identities, and build upon their historical roots, regardless of their economic and functional dependence on the space of flows. The symbolic marking of places, the

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