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INTRODUZ IONE

3.6 Il potenziale economico (inespresso) di Cultura e Internet in Italia

La ricchezza del patrimonio artistico-culturale nazionale, rispetto ai principali competitor eu- ropei, è data dai numeri: l’Italia possiede il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale con oltre 4.739 musei, inclusi monumenti, siti e parchi archeologici213 e il più alto numero di siti Unesco, ben 49214. Con il recente inserimento dell’Etna, i siti UNESCO in Sicilia sono diventati 6 (1997: Area Archeologica di Agrigento e Villa Romana del Casale di Piazza Armerina; 2000: Isole Eolie; 2002: Le città tardo barocche della Val di Noto; 2005: Siracusa e le necropoli rupestri di Pantalica; 2013: Monte Etna).

Le opportunità che potrebbero derivare dal settore culturale e artistico sono indicate come fon- te primaria di generazione di valore economico per il settore delle creative and cultural industries e per l’intera economia, ma dalle ricerche emerge chiaramente come questo potenziale culturale ed econo- mico sia fortemente inespresso, non consentendo all’Italia di averne un adeguato ritorno in termini di P.I.L., di occupazione e di quelle esternalità positive che scaturirebbero all’indotto e dall’indotto, se solo si volesse “[…] ampliare la visuale all’intera filiera della cultura, ovvero a quell’insieme di atti- vità collegate al settore in senso stretto che consentono di valutarne gli effetti moltiplicativi sull’eco- nomia in termini di attività economiche, di occupazione e di valore aggiunto prodotto”215.

Si tratterebbe, come recentemente sostenuto da L. Battaglia e M.R. Santagostino, di

“[…] una doppia sfida da cogliere: da una parte vi è la responsabilità di custodire, tutelare, promuovere e valorizzare le testimonianze di un passato di immenso valore, una ‘eredità’ da cui apprendere e di cui la più ampia fascia di popolazione deve poter godere, secondo il concetto di ‘heritage’; dall’altra vi è la necessità di far diventare questo settore un asset economico a tutti gli effetti, integrato in una logica di marketing territoriale”216

.

Come si evidenzia nettamente dal report di COMPENDIUM sull’Italia (Figura 28), il nostro pa- ese nel quadriennio 2007-2011, complice la crisi economica, anziché puntare sul patrimonio culturale come unica risorsa per la ripresa economica, ha tagliato le risorse finanziarie per ogni settore, con una media di spesa del -40% (€ 41.502 milioni del 2007 contro € 24.883 del 2011) e, scendendo nello specifi- co, con una drammatica ri-

duzione dei finanziamenti al settore culturale e agli eventi artistici del - 58,2% (da € 3.066 milioni del 2007 a € 1.282 del 2011)217, destinando, cioè al settore solo lo 0,19% dell’intero bilancio statale (persino meno di quanto si facesse nel dopoguerra, quando alla cultura si destinava lo 0,8%)218, senza peraltro che ciò abbia mai comportato veementi proteste a livello della cittadinanza comune.

213Secondo il Rapporto Beni Culturali 2011 di FareAmbiente, nel numero di 4.739 musei e istituzioni similari sono

inclusi: 399 Istituti statali, 198 Musei statali, 201 Monumenti e aree archeologiche, 4340 Istituti dipendenti da altri soggetti pubblici e privati, 802 monumenti, 129 siti archeologici e 3.409 Musei (il 45% gestito dai Comuni).

214http://www.unesco.it/cni/index.php/siti-italiani. 215Symbola - Unioncamere 2013, p. 11.

216Battaglia - Santagostino 2010, p. 3. 217Compendium 2011, p. 13, table 1.

218Dati dal Rapporto Federculture 2012 in Grossi 2012. V. anche considerazioni al riguardo in Scuderi - Trimarchi

2013, p. 18.                                                                                  

In questo panorama, dunque, la cultura e l’arte e tutto l’indotto che ruota intorno ad esse è in una sofferenza divenuta quasi cronica nel nostro paese219; questo accade per una erronea, se non spesso inesistente, politica di gestione del patrimonio secondo una corretta ottica di investimenti per la tutela e valorizzazione220, cui consegue una non adeguata offerta culturale221.

Non soltanto l’Italia non riesce a divincolarsi dallo stretto confronto con gli altri paesi europei, specialmente Regno Unito, Germania, Francia e Spagna ma, secondo il rapporto Confcultura per il 2008 confermato dal Dossier del Touring Club e dall’Istat222, sono scesi il numero delle prenotazioni alberghiere e quello dei visitatori di musei e siti d’interesse artistico. Questo dato preoccupante, che il TCI riscontrava per i primi quattro mesi del 2009, è stato ben presto confermato dall’Istat, ricon- ducendolo non tanto ad una crisi delle strutture quanto ad un calo di settore ormai generalizzato, iniziato nel 2007, acuitosi nel 2008”223 e ancora in pieno corso nel 2009.

L’indagine Multiscopo dell’Istat, riferita all’anno 2010 e pubblicata a febbraio 2011 su Viaggi

e vacanze, che ha riguardato il tema Viaggi e vacanze in Italia e all’estero224, ha confermato la dinamica, evidenziatasi nel triennio 2008-2010, della diminuzione del numero dei viaggi da parte degli italia- ni (in particolare delle vacanze brevi, che hanno registrato nel 2010 un consistente - 18,7% rispetto all’anno precedente, pesantemente incidendo sulla percentuale generale delle vacanze, che registra un calo superiore all’11%)225. A febbraio 2013 l’Istat ha pubblicato la nuova indagine multiscopo sul tema, riferita al 2012, nella quale il trend ha continuato a mantenersi negativo (- 5,7% rispetto al 2011)226.

Secondo la proiezione della dimensione economica relativa a lungo termine (2050) dei paesi G7 ed E7, presentata dallo studio di Confcultura per il 2008, l’Italia rischia di rimanere un fanalino di coda227, non riuscendo a produrre un adeguato fatturato, né in termini di incidenza sul P.I.L., né in termini di valore aggiunto, dai settori aggregati turismo, cultura e creatività228.

È proprio la capacità di produrre fatturato a costituire l’aspetto di maggiore criticità, posizio- nandosi molto al di sotto della media europea. Come a dire che, al di là delle maggiori o minori ri- sorse storico-artistiche, conta in primis la capacità di metterle a sistema, di promuoverle con efficacia e di imparare a venderle, non nel senso di una venale monetizzazione ma di una corretta gestione manageriale229.

219“For several years, the yearly budget law has heralded bad news for the public financing of culture. However

‘blood and tears’ for the cultural sector was never brought about as much as by Law 220/2010 on Urgent measures for fi- nancial stabilisation and economic competitiveness. On top of a series of constraining measures for cultural policy making, drastic cuts have been made to the MiBAC’s budget. If the peak of 2 490 million EUR in real expenditure reached in 2000 had been progressively downgraded to 1 710 million EUR (budget figures) for 2010, for 2011 the budget was only 1 425 million EUR, thus threatening the ministry’s own survival. […] which finally led to Leg. Decree 34/2011, supplementing the MiBAC budget with an additional 236 million EUR […]. This funding was sourced by means of an unpopular sudden increase in oil taxes” (Compendium 2011, p. 18).

220Silvestrelli 2010, pp. 262-263.

221“[…] molte offerte culturali non si riesce a venderle perché esse sono ancora allostato di risorse, più che di prodot-

ti (quindi risorse non ancora organizzate) e, soprattutto, non sono adeguatamente inserite in pacchetti turistici e collocate in qualche catalogo. […] va sottolineata una carenza d’imprenditorialità privata e non di attenzione del pubblico, una scar- sità d’imprenditori disposti o interessati a inserire elementi e prodotti culturali all’interno di prodotti turistici più ampi, in modo da ampliare la domanda di alcune beni di merito” (Pencarelli 2011, p. 41).

222Annuario Statistico Italiano 2010, p. 203. 223Dossier Musei 2009, p. 4.

224Istat 2011a.

225Istat 2011a, pp. 1-2, tav. 1. 226Istat 2013, p. 1, figura 1. 227Confcultura 2009, p. 3.

228Confcultura 2009, pp. 6-9. Per un’analisi sugli standard di classificazione esistenti e sui problemi riguardanti

la raccolta e il raggruppamento dei dati del settore culturale v. Guccio - Mazza - Mignosa 2007. I dati sono stati discussi precedentemente in Bonacini 2011a, pp. 42-46.

229“Si riscontrano ancora molte inefficienze nelle attività di commercializzazione dei beni culturali, derivanti non sol-

tanto da una carenza di pensiero sistemico tra i soggetti e le imprese coinvolte, ma anche dalla scarsa comprensione delle potenzialità del prodotto culturale e dall’errata convinzione che questo possa vendersi da sé” (Silvestrelli 2011, p. 263).

Stando alle più recenti ricerche condotte dal World Travel & Tourism Council230, se da un lato

l’impatto economico dei settori viaggi e turismo ha rivelato una consistente perdita nel 2012 rispetto al 2011 e rispetto alla media europea e mondiale, le proiezioni a lungo termine stimate per l’Italia per il decennio 2012-2022 si rivelano decisamente basse e inferiori a quelle stimate per l’Europa e il resto del mondo:

(Figura 29: da WTTC 2012, p. 11) 230WTTC Italy 2012.                                                                                                                                                                                                                                   

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Investire in cultura per far crescere di un punto percentuale il P.I.L. italiano, creando nel con- tempo un milione di nuovi posti di lavoro (+ 5%), se solo l’Italia riuscisse ad adeguare i suoi standard di efficienza nel settore del turismo culturale a quelli attuali (e decisamente concorrenziali) della Spagna: queste sarebbero secondo gli analisti le potenzialità ancora inespresse dell’economia cultu- rale del nostro Paese. Investendo sul settore culturale sarebbe possibile, infatti, avviare un processo virtuoso in grado di coinvolgere anche altri settori correlati ad esso in modo sinergico e in grado di costituire quella che si definisce, appunto, filiera della cultura: infrastrutture, turismo, artigianato, industria, agricoltura e altri servizi (Figure 30 e 31).

(Figura 30: da Bain & Company 2009, p. 14)

(Figura 31: da Symbola - Unioncamere 2013, p. 14)

Non dissimile il quadro recentemente proposto dalla Fondazione Industria e Cultura: rispetto ad un fatturato di € 36 miliardi, con una incidenza sul P.I.L. del 2,6% (contro il 3,4% della Francia e il 3,8% del Regno Unito) e il 2% di impiegati nel settore (470.000 addetti), il potenziale inespresso del settore culturale e creativo potrebbe portare al raddoppiamento sia in termini di fatturato che di addetti231.

231 I dati sono presenti nel rapporto, a cura di G. Neri, intitolato Valore economico del patrimonio artistico e culturale, analisi

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Quanto sia fondamentale, oggi, comprendere e valutare la cultura in termini di peso economi- co e sociale quantificandone il valore, è dimostrato da un’indagine promossa dal Centro Studi della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, realizzata dai ricercatori della Fondazione Fitzcarraldo Onlus e pubblicata a novembre 2011232.

La ricerca è stata incentrata sul valore di tre eventi culturali svoltisi nel 2010 a Cuneo e nella sua provincia (la mostra temporanea su Morandi - L’essenza del paesaggio ad Alba; il festival Scrittorin-

Città a Cuneo e l’attività del centro culturale Filatoio Rosso a Caraglio) e ha cercato di quantificarne il

peso in termini di impatto culturale, economico e sociale diretto e indiretto, attraverso una indagine quantitativa (numero di visitatori, numero pernottamenti, spese per pernottamenti, shopping, risto- razione, spese e ricavi) e qualitativa sul pubblico (identità, provenienza, formazione, motivazione, modalità di visita, canali di conoscenza dell’evento, etc.) e sui soggetti coinvolti (in particolare vo- lontari e gruppi scolastici).

Soprattutto nel caso della mostra temporanea su Morandi (promossa dalla Fondazione Ferrero insieme alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e alla Regione Piemonte e attiva per tre mesi dal 16 ottobre 2010 al 16 gennaio 2011 per un totale di 76 giorni di apertura), i numeri in termini di ricchezza generata sul territorio si sono rivelati impressionanti, in considerazione anche della gra- tuità dell’evento (il cui budget complessivo è stato stimato intorno ai € 600.000 e il costo del lavoro volontario valutato intorno ai € 127.000)233: più di 61.000 visite (con una media di oltre 800 visitatori

al giorno, 40.000 dei quali non provenienti dalla provincia di Cuneo e, di questi, oltre 18.000, arrivati con lo scopo precipuo di visitare la mostra), quasi 5.000 notti nelle aziende ricettive della zona, con un impatto diretto derivante dalle spese dei turisti e degli escursionisti appositamente giunti per la mostra attestato a € 1.000.000 (di cui € 340.000 per pernottamenti, € 600.000 per ristorazione, € 82.000 euro per shopping) e uno diretto di tutti i visitatori della mostra in generale (quelli venuti apposi- tamente e quelli casuali) attestato intorno a € 3.500.000 euro (di cui € 1.950.000 per pernottamenti, €. 1.350.000 per ristorazione, € 200.000 per shopping)234.

Tra i margini di miglioramento gli analisti indicano l’incremento dell’uso dei social networks per il battage pubblicitario rispetto ai canali mediativi tradizionali (tv e giornali), soprattutto per consentire l’avvicinamento a eventi culturali simili (per fasce culturalmente medio-alte) da parte di fasce di utenza più giovani e non strettamente scolastiche235.

Il rapporto fra spese (effettive e volontarie) e ricavi si attesta intorno a 1:5, numeri non dissimi- li da quelli registrati nel 2006, ad esempio, per il Progetto Torino capitale culturale, che hanno rivelato ricadute economiche permanenti dell’80%, per cui, a fronte di investimenti per € 320 milioni, il flusso economico generato è stato pari a 1,72 miliardi di euro l’anno. L’effetto leva degli investimenti in cultura produce una media di almeno 5 euro per ogni euro investito236.

Gli investimenti nel settore culturale, inoltre, dovrebbero tenere in considerazione anche il peso che il turismo propriamente culturale sta acquisendo negli ultimi anni.

Una ricerca condotta sul turismo culturale nell’ambito del progetto Florens 2010 ha evidenziato come più di un italiano su tre (34%) nell’individuare una parola in associazione con il concetto di vacanza ideale, abbia indicato città d’arte; questa ricerca, fra l’altro, ha verificato come, all’interno del campione di intervistati, età e associazione cultura = vacanza ideale siano fattori direttamente pro- porzionali: all’aumentare della prima aumenta anche la seconda mentre, ad esempio, all’aumentare della prima diminuisce l’associazione cultura = località di divertimento237.

La percentuale di associazione cultura = città d’arte si rivela particolarmente alta rispetto ad altri paesi: in Spagna la percentuale è del 25%, negli Usa e nel Regno Unito è del 20%, in Francia del 14%

e benchmark (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-04/cultura-aumenta-064054.shtml?uuid=Ab7lrjIF).

Al riguardo v. considerazioni di Scuderi - Trimarchi 2013.

232Aliprandi et Alii 2011. 233Aliprandi et Alii 2011, p. 67. 234Aliprandi et Alii 2011, p. 13 e pp. 31-33. 235Aliprandi et Alii 2011, pp. 25-26 e p. 34. 236Varricchio 2009, p. 6. 237Florens 2010, p. 144, figg. 10-11.

e in Germania dell’8,5%238. Il significato di questi risultati è indicativo della differente percezione del concetto di cultura fra le varie nazioni; pertanto

“[…] la scelta di puntare sul turismo culturale richiede una attenta valutazione delle ‘reali’ aspettative culturali dei potenziali turisti. Le scelte turistiche vincenti si connotano sempre più come pacchetti dove è possibile unire differenti aspetti ed esperienze. […] puntare solamente sulle città d’arte e sui luoghi ricchi di storia e cultura per attirare i turisti stranieri potrebbe non essere, in assoluto, la scelta vincente. Comporre un’offerta turistica in grado di far leva su differenti aspetti del territorio, come la tranquillità, le tradizioni enogastronomiche ecc. potrebbe consentire di cogliere maggiori opportunità”239.

Sulla medesima linea si collocano i dati ricavati da Eurostat per il 2009: l’attrattività culturale è la principale motivazione per i viaggiatori europei nella scelta di una vacanza, motivazione che è se- conda solo alla disponibilità di spesa; inoltre, dovendo ridurre al massimo la propria willingness to pay (su una percentuale del 62% che si troverebbe costretto a ridurre la spesa), in vacanza si rinunzia piuttosto a ristoranti (23%) e shopping (17%) piuttosto che alle attività culturali (9%)240.

Indicativo il dato sulla percezione di cultura da parte della popolazione europea secondo l’in-

dagine effettuata da Eurostat (per il 2007), affidata al criterio delle associazioni mentali: la parola cultura viene associata alle arti visuali e performative dal 39% degli intervistati, come evidente dal prospetto qui riportato in Figura 32.

238Florens 2010, p. 146, fig. 13.

239Florens 2010, p. 180: “[…] ad esempio, poiché gli inglesi associano l’enogastronomia alla cultura in modo più che

doppio rispetto a quello italiano, mentre dichiarano di preferire le città d’arte come meta per la vacanza ideale, in misura inferiore al 40% circa, unendo in un pacchetto turistico entrambe le offerte è possibile estrarre il massimo delle potenzialità dall’intero settore culturale che assume connotati, perimetri e caratteristiche differenti tra i vari Paesi”.

240Eurostat Cultural Statistics Pocketbook 2011, p. 163 e p. 193, figure 8.31.

Secondo i dati Istat per il 2010, le mete turistiche scelte effettivamente dagli italiani si attestano sul 17,1% per le città d’arte e sul 10% per giri turistici, mantenendosi piuttosto stabili queste mete fra le scelte vacanziere.

(Figura 33 da Istat 2011a, p. 12, graf. 2)

Tra le varie opzioni strategiche di rilancio, vengono individuate in modo primario da un lato lo sviluppo della fruizione museale, attraverso tutte le potenzialità offerte dal mercato del merchan- dising museale e da una migliore gestione degli orari di apertura e dall’allargamento dei servizi collegati, dall’altro l’applicazione di nuove tecnologie a supporto della cultura lungo tutta la catena economica del valore241, se solo si fosse in grado di superare quella “[…] reazione istintiva di diffi- denza di fronte ai tentativi di evidenziare gli aspetti economici e di possibile organizzazione a carat- tere imprenditoriale delle attività collegate”242 alla cultura.

Certo, se considerassimo in che modo l’Italia ha percepito le indicazioni dell’UE e formulato la sua strategia creativa, concentrando tutto il proprio potenziale creativo sull’industria del gusto e sul commissionamento, da parte dell’Ufficio Studi del MiBAC, del Libro Bianco della Creatività (un sur- vey di tipo estensivo sulle industrie creative italiane, commissionato dal Ministro Francesco Rutelli nel 2007 - con un enorme ritardo rispetto agli altri paesi europei nel campo di questo specifico settore economico-produttivo - ed edito, nel 2009 con dati del 2004, dall’economista culturale Walter Santa- gata, che pur completava il suo lavoro con significative proposte d’azione e raccomandazioni per i decisori pubblici a vario livello)243, forse dovremmo ammettere che siamo ancora un po’ lontani da una vera valorizzazione economica del nostro immenso patrimonio, così come da un pieno sviluppo e da una piena applicazione nel settore culturale delle nuove tecnologie,e ci troveremmo costretti ad accettare le parole - a mio parere un poco ironiche - che lo studio Kea 2009 ha utilizzato confrontando la nostra con le strategie creative degli altri paesi europei:

“The ‘White Book on Creativity’ aims at developing an Italian model to foster creative industries in the country. Italian creativity is reflected in a model which prioritises quality of life and community wellbe- ing. Italy has included ‘the industry of taste’ (industria del gusto) which is primarily based on individual aesthetic preferences in relation to areas such as fashion, gastronomy and the agro-food industry”244

.

241“Il contributo della cultura al benessere sociale […] si esprime […] anche nell’orientare la società verso nuovi

modelli di uso del tempo e delle risorse. […] la cultura costituisce una risorsa collettiva che contribuisce ad alimentare la creatività, a stimolare l’innovazione e ad accrescere la qualità del capitale umano. Di queste fondamentali esternalità bene- ficiano molti settori dell’economia, in particolare quelli a più elevata intensità di conoscenza sui quali sempre più si basa la competitività delle economie moderne. […] la cultura è in grado di mobilitare risorse e competenze presenti nel territorio, rafforzando la creatività e le capacità di innovazione della popolazione e favorendo così l’evoluzione dei sistemi economici locali verso un posizionamento competitivo sostenibile in un’economia aperta” (Dalla Torre 2009).

242Florens 2010, p. 28.

243Libro Bianco 2009; Bodo - Bodo 2010, p. I-20. 244Kea 2009, p. 173.

Alla luce di questi dati, sono significativi i numeri presentati per il Florens 2010 da The Euro- pean House - Ambrosetti: “100 Euro di incremento di PIL nel settore culturale generano un aumento di 249 Euro di PIL nel sistema economico, di cui 62 Euro nella sola industria manifatturiera”245. A questo punto, conclude The European House - Ambrosetti, risulta

“[…] evidente che possibili tagli alla Cultura nel nostro Paese non solo danneggiano il patrimonio ar- tistico e culturale, indeboliscono la crescita sociale e riducono la possibilità per cittadini e turisti di usufruire di prodotti e servizi di valore, ma si ripercuotono negativamente anche sulla crescita dell’in- tera economia: a titolo esemplificativo, applicando i moltiplicatori sopra esposti, una riduzione di 500 milioni di Euro del PIL del settore culturale, imputabile ad esempio ad un taglio dei finanziamenti, si tradurrebbe nella mancata di attivazione di 1,2 miliardi di Euro di PIL nazionale, di cui oltre 300 milioni di Euro nel solo comparto manifatturiero”246

.

Di recente pubblicazione - a dimostrazione dell’interesse che anche in Italia suscitano le pro- blematiche inerenti il trinomio cultura-economia-creatività - il lavoro condotto fra il 2008 ed il 2010 sul tema Economia della cultura e giovani (all’interno del progetto Italia Creativa a sostegno e promozio- ne della giovane creatività italiana) dal Gruppo Artisti Italiani (GAI) con la collaborazione dell’Anci e il sostegno del Ministero della Gioventù e, successivamente, dall’Associazione per l’Economia della Cultura e Federculture.

Il progetto ha messo in risalto, attraverso una mappatura delle iniziative creative favorite dalle città associate al GAI,

“[…] il quadro di una realtà locale multiforme, tradizionalmente motivata e impegnata - malgrado le poche risorse disponibili – nelle politiche giovanili attive della produzione artistica e culturale. Queste città hanno anticipato di anni e in molti casi sostituito l’intervento dello Stato o delle Regioni, appog- giandosi reciprocamente in un reticolo di iniziative e di sinergie”

.

Si è evidenziata, infatti, la fruttuosità della condivisione e del lavoro sinergico realizzato at- traverso reti di “[…] iniziative, attivita, strumenti, collegamenti e idee, risorse logistiche, umane e finanziarie“247, specialmente nel caso di realtà cittadine medie e piccole e per quelle realtà che abbiano una soglia almeno media di risorse (logistiche, umane e finanziarie); escludendo quasi del tutto da questo quadro, dunque, le città del sud del paese248, nonostante alcuni segnali ed iniziative facciano intendere una maggiore presa di coscienza dell’importanza della creatività giovanile249. Il lavoro si rivela particolarmente efficace, fra l’altro, per l’individuazione dei profili socioeconomici di quelle realtà urbane, analizzate sia attraverso specifici indicatori sull’offerta e sulla domanda di cultura, e per l’applicazione degli indicatori di creatività formulati dalla Kea nel 2009 alle città ita- liane, nel tentativo di individuare tutte le misure necessarie a “[…] suscitarla, accoglierla, favorirla

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