CAPITOLO PRIMO Internet e le nuove tecnologie
1.3 Prosumers e social network, netnografia e information on demand nell’era del Web 2.0 Il web, nel trasformarsi da un media unidirezionale passivo, statico e anonimo (fase Web 1.0)
in una piattaforma software partecipativa, condivisa, fluida e personalizzata (fase Web 2.0)57, come
accennato nell’Introduzione, è stato innovato dalla diffusione della banda larga e dell’hosting a basso costo, dalla presenza di software open source e dall’uso di alcuni social media58, quegli strumenti di
53 http://www.internetworldstats.com/stats7.htm.
54 Uno studio sull’incidenza dell’evoluzione demografica nel settore culturale, e museale nello specifico, è stata
condotta dall’American Association of Museum (AAM), dal Cultural Policy Center NORC e dall’Harris School of Public Policy dell’Università di Chicago, evidenziando una crescita della popolazione di lingua latina, che tendenzialmente si rivela poco interessata alla fruizione culturale (Farrell - Medvedeva 2010).
55 Alcune considerazioni al riguardo sono anche in Bonacini 2011d, pp. 6-7.
56 “[…] during the period that has sometimes been called ‘Web 1.0’, the online experience was often more like the
reading of a book than the sharing of a conversation” (Kozinets 2010a, p. 7).
57 Sul significato di piattaforma a proposito del web di tipo partecipativo, v. Bennato 2011, pp. 43-44.
58 Per social media si devono intendere “[…] an all-encompassing term for online publishing platforms that allow
condivisione sociale e informativa come i wikies59, i blog60, le newsletter61, i feed RSS62, i podcast e i
vodcast63, e i social network64, in grado di contribuire ad una progressiva ricostruzione digitalmente 59 Il wiki è un sito web o un insieme di documenti ipertestuali, caratterizzato da una forma accessibile ed aperta
al contributo cooperativo. L’espressione maggiore di un wiki è, appunto, l’enciclopedia on-line Wikipedia, che consente la creazione e l’aggiornamento delle sue voci ad opera degli utenti (per questo autodefinendosi orgogliosamente libera). Wikipedia, inoltre, è il miglior esempio di common based peer production, intesa come sforzo produttivo collettivo basato su fiducia e reciprocità (http://en.wikipedia.org/wiki/Peer_production); Mari 2004; Harris - Rea 2009, p. 138; Tkacz 2010) o di “[…] autorialità indistintamente collegiale” (Galluzzi 2008, p. XXVII). “By harvesting the small amounts of labor and expertise contributed by a large number of volunteers, social software projects – most famously, Wikipedia – created vast and dynamically updatable pools of knowledge which would be impossible to create in traditional ways (In a less visible way, every time we do a search on the Web and then click on some of the results, we also contribute to a knowl- edge set used by everybody else. In deciding in which sequence to present the results of a particular search, Google’s algorithms take into account which among the results of previous searches for the same words people found most use- ful)” (Manovich 2008, pp. 43-44). “Wikipedia is an online encyclopaedia, collectively written and edited in more than a hundred languages by thousands of anonymous volunteers from all over the world, whose writing is motivated only by Wikipedia’s sacred norm: a neutral point of view. Over the last five years, this effort of non-professional collective knowledge production has produced the largest encyclopaedia ever, larger and almost as accurate as the Encyclopaedia Britannica, and has become the standard reference work for a significant number of users on the Web today. This has been achieved without anyone hierarchically coordinating the effort, without anyone owning the result” (Medak 2008, p. 63). Sull’uso dei wiki in ambito educativo v. Harris - Rea 2009, pp. 139-140. Una serie di importanti contributi su Wikipedia sono offerti dal volume Lovink - Tkacz 2011. Per un quadro sul funzionamento di Wikipedia in chiave sociale e collabo- rativa v. Bennato 2011, pp. 81-93.
60 Il blog, contemporaneamente “[…] mezzo di comunicazione che mezzo di relazione sociale” (Bennato 2011, p.
XI), è una sorta di diario in rete, da cui è nato, successivamente, il microblog: “While blogs were useful for one to write down some reflective thoughts, microblogging allows for a person to quickly broadcast what he thinks in a short sentence burst. Microblogging is a form of asynchronous communication that has gained popularity to broadcast ideas, thoughts and even as a marketing tool for companies where these short messages are archived on a microblogging site similar to how blogs are archived. What distinguishes these microblogs from blogs are the amount of words able to be published, typically under 500 characters thus requiring the users to be concise with their postings” (Lee et alii 2011, p. 3). Per un quadro sull’evoluzione del blog in chiave sociologica v. Bennato 2011, pp. 72-81. Per un’analisi del ruolo dei blog a livello comunicazionale ed economico e della cosiddetta blogosphera v. le considerazioni di Cowen 2008, pp. 265-266. Per un uso dei blog in ambito educativo v. Harris - Rea 2009, p. 140 e come piattaforme di long life learning nell’educazione scolastica e post scolastica v. Dunlap - Lowenthal 2011, pp. 296-297.
61 La newsletter è una sorta di ‘notiziario’ che un gestore invia alla rete dei propri iscritti, previo consenso; la raccolta
degli indirizzi e-mail permette di creare un network di utenza fidelizzata da poter contattare liberamente ed in ogni occa- sione, creando una sorta di attrattiva ‘psicologica’ (Simon 2010, p. 74).
62 Il feed web è un’unità d’informazioni formattata in modo da rendere interoperabile ed interscambiabile il suo con-
tenuto fra diverse applicazioni o piattaforme. Un feed è usato per fornire contenuti aggiornati di frequente e, solitamente, contiene il sommario dei contenuti di una fonte, in formato testuale; all’aggiornamento della fonte, si aggiorna automati- camente anche il feed. I distributori del contenuto rendono disponibile il feed e consentono agli utenti di iscriversi. I feeds sono accessibili simultaneamente grazie ad un aggregatore Internet, sorta di apposito ‘lettore’. Si basano sul sistema Rss (Really Simple Syndication), grazie al quale le informazioni o gli aggiornamenti sulle ultime notizie pubblicate da un sito arrivano in tempo reale sul proprio computer o su qualsiasi altro dispositivo portatile di nuova generazione. A differenza della newsletter, per la quale occorre fornire il proprio indirizzo mail per ricevere informazioni, nel caso dei feed Rss basta caricare o scaricare un feed sull’aggregatore, operazione che consente di essere svolta in modo del tutto anonimo. Chi ha un blog, inoltre, può diffondere in maniera semplice e immediata i feeds Rss ricevuti. Tra gli aggregatori, molti sono gratis e disponibili secondo i differenti sistemi operativi (per Windows ci sono ad esempio Feedreader e Sharpreader, per FireFox e ThunderBird c’è il plug-in Sage, per Mozilla il plug-in URss, Straw è invece l’aggregatore per Linux) (http://it.wikipedia. org/wiki/Feed; www.repubblica.it/servizi/Rss/index.html).
63 “A podcast is a digital media file, usually digital audio or video that is freely available for download from the
Internet using software that can handle RSS feeds […]. The file can then be played on a personal computer or mobile device at the listener’s convenience. The digital media file may be audio, audio enhanced with graphics (quite often with slides from a PPT presentation), or full video. Youtube is currently the most popular site to post and see podcasts. There are three kinds of podcasts. An audio podcast is usually an MP3 file and is the most common type of podcast. Enhanced podcasts can have images to go along with the audio. They can also have chapter markers, making it easier to skip to different por- tions of an episode. Enhanced podcasts may be an AAC file and not supported by all devices. Video podcasts (VodCasts) are movies, complete with sound. Video podcasts can be in a variety of formats, but MPEG-4 is the most popular. As with many Web 2.0 technologies compatibility can be a challenge, but software such as DoubleTwist (2009) works on these is- sues. One of the reasons for the popularity of podcasts is that they can be played using laptop computers, iPods, PDAs, mobile phones, MP3 players, or other portable devices” (Harris - Rea 2009, p. 138). Sul loro utilizzo in ambito educativo v. Harris - Rea 2009, p. 140.
64 “A social network could be defined as a web-based service that allow its users to: 1. construct a public or semi-
partecipata della vita sociale65. Significative, al riguardo, le parole del sociologo dei media digitali
D. Bennato:
“Oggi, se si volesse dare una definizione in grado di comprendere la componente trasmissiva e quella simbolica della comunicazione internet contemporanea, si potrebbe usare il termine socialcasting. […]. Con il termine socialcasting intendiamo la modalità di trasmissione caratterisitca del web sociale e par- tecipativo, il cui processo distributivo fa riferimento ad una community di persone che decidono in completa autonomia di aumentare la circolazione di un contenuto grazie alle opportunità di condivisio- ne rese possibili dalle nuove piattaforme tecnologiche. […] questa particolare modalità di trasmissione della comunicazione ha una componente tecnologica, rappresentata dalle piattaforme del web parteci- pativo (blog, social network, videosharing) che ha incorporato in sé le dinamiche della condivisione, ma ha anche una forte componente culturale e simbolica, dato che il flusso dei contenuti avviene grazie alla collaborazione delle persone che fruiscono dei contenuti stessi”66.
La celebre tag cloud del Web 2.0 (letteralmente nuvola di etichette) è stata forse il mezzo grafico più idoneo a rappresentare il significato e l’idea stessa del web collaborativo 2.0 (v. Figura 4): nella nuvola, sorta di metafora concettuale-semantica di tipo grafico-visiva, le etichette hanno posizione, grandezza e colore differenti a seconda dell’importanza rivestita da quelle parole chiave associate al concetto centrale di Web 2.067.
(Figura 4: la tag cloud del Web 2.068)
and traverse their list of connections and those made by others within the system. 4. share and deliver content in various formats: text, audio, and video” (Mora-Soto et alii 2009, p. 4260). Un’analisi puntuale sulla componente relazionale dei social networks è fornita da Bennato 2011, pp. 93-122. Sul rapporto fra social networks e netnografia v. Bonacini 2011b, pp. 23-28.
65 “[…] these new platforms also enable new, efficient ways of social and political engagement and quick, ad-hoc re-
actions to important current issues that are neglected or sporadically covered by the mainstream media. Such participatory platforms present powerful networked spaces for the (progressive) reconstruction of social life in which social, political and cultural (i.e. non-market) motivations prevail over market-based ones” (Uzelac 2008, pp. 17-18).
66 Bennato 2011, p. 6.
67 Il sistema della tag cloud è una sorta di riepilogo sincronico (perché contemporaneo) e dinamico (perché sog-
getto a variazioni) di tipo visivo (perché rappresentato graficamente): le tag hanno dimensioni maggiori perché è più alto il numero delle loro occorenze e la maggiore grandezza serve proprio ad evidenziare questa loro importanza; meno im- portanti sono le altre tag, in una sorta di scala di grandezza, più ridotte saranno le loro dimensioni. “La rappresentazione grafica delle tag più usate, in un grafico che simboleggia il web collaborativo e viene chiamato tag cloud comunica in un batter d’occhio le aree di interesse, quelle ‘hot’: le tag più condivise e ricorrenti sono visualizzate con un carattere molto più grosso ed evidente” (Guerzoni - Mininno 2008, p. 161). Sulla comunicazione attraverso clouds v. Manovich 2008, pp. 202-208.
L’inizio della natura condivisa del web si data ben prima del 2004 e della definitiva presa di coscienza del suo cambiamento: il primi wiki venne scritto tra il 1994 e il 1995, il primo weblog nel 199769.
T. O’Reilly, cui si deve la popolarità della definizione Web 2.0, ha specificato come si tratti di “[…] a set of economic, social, and technology trends that collectively form the basis for the next generation of the Internet - a more mature, distinctive medium characterized by user participation, openness, and network effects”70.
Non appare dissimile la definizione di A. M. Kaplan e M. Haenlein: “[…] a platform whereby content and applications are no longer created and published by individuals, but instead are conti- nously modified by all users in a participatory and collaborative fashion”71.
La vera rivoluzione del Web 2.0, come anticipato nell’Introduzione, sta proprio nel ruolo dell’utente che ha acquisito consapevolezza, competenza tecnica e capacità d’interazione con questa piattaforma; da questa consapevolezza e capacità dipendono, ormai, lo sviluppo sociale ed econo- mico della moderna società dell’informazione72. Essa si è trasfigurata da una società di consumo di
massa in una società di produzione culturale di massa73 in cui da un lato gli stessi contenuti prodotti
dagli utenti sono diventati talmente abbondanti da far parlare di una “[…] cornucopia of online consumer data”74, dall’altro la produzione culturale assume aspetti di collaborazione massiva (il cui
modello emblematico è Wikipedia)75, tipici della digital culture76 e di un modello economico che, a
ragione, Y. Benkler definisce networked information economy77.
Nello specifico, nella fase di utenza 2.0 il consumatore culturale si è trasformato in un prosumer ovvero un consumatore che partecipa all’aspetto produttivo78 (la commistione tra production e con-
69 Harris - Rea 2009, p. 137.
70 http://radar.oreilly.com/archives/2005/10/web_20_compact_definition.html.. 71 Kaplan - Haenlein 2010, pp. 59-60.
72 “In the current information age, the capacity of society to effectively position itself as a consumer and producer of
knowledge is crucial to its social and economic development. Today, the co-relation between knowledge and development appears to be well established. Increasingly frequently, social, economic, and political progress are linked with the ability of countries to make informed decisions and knowledge-based choices” (Oğuz - Kajberg 2010, p. 5).
73 Manovich 2008, pp. 223-226. 74 Kozinets 2010b, p. 2.
75 V. infra nota n. 59.“[…] with thousands of volunteer contributors from around the world developing and editing
its articles, and its non-commercial nature, both in funding (relying on donations) and output, Wikipedia is constantly referred to as the exemplar par excellence of mass collaboration […]. In short, if there is a model for open projects outside of the world of software, it is Wikipedia” (Tkacz 2010, p. 41).
76 “Digital culture seems to be a product of bottom-up and top-down processes simultaneously […] is described as a
participatory culture where users do not only consume information but also contribute in a variety of ways” (Uzelac 2008, p. 14 e p. 17).
77 In questo modello di economia, basato su un’ampia diversità e pluralità d’informazioni e prospettive, la produ-
zione e la condivisione tra pari hanno un ruolo significativo. L’aspetto più importante di questa economia è dato dalle pos- sibilità di inversione nel processo di controllo dell’economia dell’informazione industriale e di inversione delle tendenze di concentrazione e di commercializzazione (Benkler 2006, p. 32). Benkler propone che una delle maggiori implicazioni di una networked information economy sia il passaggio da quella che definisce una mass-mediated public sphere, ovvero una sfera pubblica caratterizzata da una cultura mass-mediatica, ad una networked public sphere, ovvero una sfera pubblica in rete e connessa, nella quale un numero decisamente maggiore di individui è messo nelle condizioni di esprimere e comunicare il proprio punto di vista ad un numero decisamente maggiore di altri individui: “[…] in a way that cannot be controlled by media owners and is not as easily corruptible by money as were the mass media” (Benkler 2006, p. 11). “This results from the fact that the practical capacities of individuals have been improved in the digital network environment. People can either contribute their criticisms and concerns to ongoing debates, produce and publish information they produced them- selves on their blogs and websites or they can contribute to large-scale peer production projects, and to a large extent all this happens outside of the market sphere” (Uzelac 2008, p. 16). Si tratta, a ben vedere, di una trasformazione economica della cultura “[…] from a production model, based on scarcity and control over cultural goods, into a production model, based on abundance and access to cultural goods” (Medak 2008, p. 60).
78 “Prosumer is a portmanteau formed by contracting either the word producer or professional with the word
consumer. The term has taken on multiple conflicting meanings: the business sector sees the prosumer (professional-con- sumer) as a market segment, whereas economists see the prosumer (producer-consumer) as having greater independence from the mainstream economy” (Medak 2008, p. 59, nota 1). “[…] espressione nata […] per indicare che i consumatori dell’era postindustriale non sono più semplici consumatori passivi, ma diventano veri e propri ‘consumatori consapevoli’ o consumATTORI/spettAUTORI” (Granelli 2008, p. 31).
sumption è definita prosumption79 o, per evidenziarne l’aspetto continuato nel tempo, produsage80).
Questa tendenza era apparsa quale necessaria evoluzione verso nuove forme di intendere il ruolo del museo già nel lontano 1972, in occasione della Conferenza dell’ICOM tenutasi a Santiago del Cile. La Risoluzione della Tavola rotonda sul ruolo e lo sviluppo dei musei nel mondo contemporaneo (nota più semplicemente come Dichiarazione di Santiago) stabiliva con chiarezza fattezze e prospetti- ve del nuovo museo, attraverso tre postulati basilari:
“Il primo punto della dichiarazione afferma il rifiuto di concezioni elitarie ed esclusiviste della cul- tura, come della sua gerarchizzazione artificiosa in forme alte e basse d’espressione, postulando una concezione olistica e diffusa del patrimonio culturale. Il secondo e il terzo punto sottolineano invece l’urgenza di trasformare il museo-vetrina maggioritario, dominato da relazioni di potere asimmetriche e da progetti rappresentativi egemonici, in un attore territoriale attivo ed integrale in grado non solo di conservare ed esibire il patrimonio diffuso, ma anche e soprattutto di produrre cultura e capitale sociale attraverso la sua tutela e la sua valorizzazione partecipate”81.
Individuando nella tutela e valorizzazione partecipata - e quindi condivisa con altri sogget- ti - la chiave per convertire i musei in nuovi produttori di cultura e di capitale sociale, ciò di cui si sentiva la necessità era l’apertura a un ruolo attivo e creativo del visitatore a fianco delle istituzioni museali: “A more recent development in interaction design for museums and exhibitions is that of designing for visitor participation and direct involvement in shaping, and even creating, the content and message of exhibits”82.
Hanno concorso a questa rivoluzione del ruolo dell’utenza - che A. Bollo definisce genetica83 -
alcuni fattori, combinati fra loro e strettamente legati dal file rouge della digitalizzazione:
abbassamento dei costi dei dispositivi elettronici (fotocamere digitali, telefonia mobile, lap- •
tops, etc.) che sono diventate tecnologie digitali di massa;
miglioramento qualitativo dei dispositivi e della resa dei loro prodotti digitali (qualità dei •
video, delle foto etc.);
allargamento della fascia di utenza collegata ad Internet; •
crescita esponenziale della connettività ed ubiquità della rete, grazie anche alla diffusione •
di dispositivi di comunicazione e connessione mobile;
diffusione di software open access di editing, di elaborazione grafica di rendering tridi- •
mensionale (questi ultimi accessibili a tutti e più facili da utilizzare dei tradizionali pro- grammi CAD) che ha permesso lo svilupparsi di processi di elaborazione digitale degli oggetti di tipo sempre più bottom-up, in grado di produrre, con un effetto moltiplicatore, dei fac-simili digitali manipolabili e smaterializzati degli oggetti;
emergere di nuove e diffuse piattaforme di informazione e condivisione sociale (social me- •
79 Nel 2007 si è calcolato che l’utenza in grado di produrre e condividere contenuti propri sui maggiori social o sha-
ring networks corrispondeva ad un 0,5-1,5% (Manovich 2008, p. 224); l’aumento esponenziale delle tecnologie mobili e dei media sociali e geo-sociali ha contribuito a trasformare qualunque utente-consumatore in un potenziale utente-prosumer. Sulle più recenti statistiche al riguardo v. Istat 2012b, p. 15, prospetto 7 e considerazioni al Paragrafo 3.2. Sulla figura del prosumer e la letteratura al riguardo v. Consoli - Musso 2008, pp. 319-320.
80 “In collaborative communities the creation of shared content takes place in a networked, participatory environ-
ment which breaks down the boundaries between producers and consumers and instead enables all participants to be us- ers as well as producers of information and knowledge - frequently in a hybrid role of produser where usage is necessarily also productive. Produsers engage not in a traditional form of content production, but are instead involved in produsage - the collaborative and continuous building and extending of existing content in pursuit of further improvement. Partici- pants in such activities are not producers in a conventional, industrial sense, as that term implies a distinction between producers and consumers which no longer exists; the artifacts of their work are not products existing as discrete, complete packages; and their activities are not a form of production because they proceed based on a set of preconditions and prin- ciples that are markedly at odds with the conventional industrial model” (Bruns 2008, p. 21).
81 Cancellotti 2011, pp. 100-101. 82 Ciolfi et alii 2008, p. 355.
83 “The new digital culture poses to cultural heritage institutions a challenging question: are museums ready for this
new kind of visitor, which will be ‘genetically modified’ as he is continuously exposed to new models of social sharing, decision making and artistic products manipulation?” (Bollo 2011, p. 34).
dia network) e lo svilupparsi e diffondersi di software open access di interazione ed interscambio, in molti casi diventati software di massa84.
L’utente è divenuto, quindi, elemento centrale di un nuovo sistema cui egli partecipa con la