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1.3 ANALISI DELL’OFFERTA NEL MERCATO SPORTIVO

1.3.2 LE COMPONENTI DELL’OFFERTA SPORTIVA

1.3.2.2 DILETTANTISMO E PROFESSIONISMO

Lo sport è caratterizzato da due valenze distinte fra loro, l’una di tipo “associativa” e l’altra di tipo “profit” e professionale. Ogni disciplina sportiva ha al suo interno una sorta di so- vrapposizione fra la dimensione dilettantistica e quella professionistica: entrambi i filoni so- no presenti all’interno di una Federazione, ovvero un organismo specifico affiliato al Coni volto a presidiare l’attività di una disciplina. Ogni federazione cura gli interessi di tutte le società sportive associate, tenendo in considerazione anche il mondo dei dilettanti che è un importante fonte per i futuri campioni olimpici.

Fino alla metà degli anni Sessanta l’ordinamento sportivo era organizzato prevalentemente nell’ambito di associazioni private con finalità sportive e sociali, come la diffusione e la promozione dello sport. L’associazione sportiva aveva quindi come caratteristica principale il perseguimento di uno “scopo di natura ideale e non economica” e si inseriva all’interno di un contesto sociale nel quale non erano rilevanti gli aspetti economici. Fino a quel momen- to, quindi, le società sportive erano organizzate e gestite nell’ambito dell’associazionismo e del dilettantismo, ovvero utilizzando prevalentemente le risorse umane disponibili a prestare la propria attività gratuitamente.

Il rapido e costante aumento di interessi economici collegati allo sport e la conseguente ne- cessità di dare una maggiore trasparenza ai bilanci dei club ha portato all’emanazione della Legge n. 81/8110. Tale normativa disciplina innanzitutto il professionismo sportivo dispo- nendo che “possono stipulare contratti con atleti professionisti solo società sportive costitui- te nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata” (Legge n.81/81). Di fatto, si impone la trasformazione della società sportiva in impresa, ma allo stesso tempo si impedisce di remunerare i soci azionisti obbligando al reinvestimento interno degli utili. Con la Legge n.81/81 la finalità del club è quindi rimasta di tipo no profit e quindi il management ha continuato ad anteporre il risultato sportivo a quello aziendale.

Successivamente, con l’approvazione della Legge n.586/9611 sono state apportate importanti modifiche alla normativa precedente. A distanza di 15 anni, le società sportive professioni- stiche hanno la possibilità di svolgere attività connesse e collaterali a quella principale, di avere fine di lucro e di distribuire utili agli azionisti: dal 1996 viene sancito il passaggio del- lo sport professionistico ad una concezione “business oriented”. Come principale conse- guenza diretta dell’introduzione della Legge 586/96, la società sportiva dal momento in cui acquisisce lo scopo di lucro ha la necessità di remunerare il capitale investito.

Le strategie pertanto, divengono complesse e sono volte non solo ad ottenere risultati agoni- stici positivi, ma anche a fronteggiare i costi di gestione e “mantenere” l’equilibrio econo- mico-finanziario nel medio e lungo periodo.

Ciò significa per il club sportivo l’assunzione di una struttura di tipo aziendale, sviluppando le diverse aree strategiche d’affari della società e agendo sui processi che generano valore. A differenza di quanto avviene nel mondo dell’associazionismo e del dilettantismo, la ge-

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Legge 23 marzo 1981, n.81.

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Legge 18 novembre 1996, n.586 che converte in Legge i Decreti Legislativi nn.415 e 486 del 23 luglio e del 20 set- tembre 1996.

stione strategica della società sportiva è principalmente volta alla soddisfazione degli obiet- tivi specifici di quest’ultima, che possono andare dalla promozione del proprio brand, alla soddisfazione dei bisogni di un particolare target della domanda (per esempio i tifosi della squadra) verso cui realizzare una politica di fidelizzazione che vede aumentare le entrate della società.

Tale introduzione legislativa ha profondamente modificato e stravolto le prerogative dello sport, inteso come attività sociale e culturale, il cui fine risiede nell’educazione e nella dif- fusione di valori universali. Così facendo invece l’unico valore universale che rimane tale nello sport è il profitto.

1.3.2.3 NO PROFIT

Per fortuna, a lato di settori inflazionati dal business, si mantengono in vita ancora soggetti che invece offrono lo sport con intenti prevalentemente sociali ed educativi: vediamo ora in che modo e se la mia affermazione è del tutto fondata…

Lo sport italiano è sicuramente nato e cresciuto grazie a una fitta rete di associazioni e so- cietà sportive sostenute dal lavoro volontario e dalla passione di migliaia di persone. At- tualmente il settore non profit costituisce la parte preponderante dell’offerta sportiva: il 73% circa dell’offerta complessiva italiana è rappresentato da organizzazioni non profit12.

Nonostante nel corso degli ultimi anni lo sport competitivo si sia lasciato trasportare dalle innovazioni tecnologiche e da alcuni mutamenti sociali che gli hanno fatto perdere parte dei tratti caratteristici originari, la domanda di pratica sportiva non agonistica è comunque carat- terizzata da una certa vitalità.

Lo sviluppo della pratica sportiva indirizzata a tutti è frutto dell’azione storica delle associa- zioni sportive che si basano sui valori di convivialità.

Il concetto base su cui si fondano le associazioni sportive è sostanzialmente quello che “c’è spazio per tutti” e all’interno di queste strutture coesistono la promozione sia di attività sportive e motorie consolidate, come lo sport agonistico delle Federazioni, sia le attività svolte a livello amatoriale. Favorendo la partecipazione e il coinvolgimento i protagonisti (ovvero i soci), l’associazione offre la possibilità a tutti i soci-praticanti non solo di proget- tare programmi di attività sportiva personalizzati, ma anche occuparsi della organizzazione ricoprendo diversi ruoli.

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Alla base dei valori portanti dell’associazionismo e più in generale del mondo sportivo non profit, si pongono la centralità del socio e delle persone che di volta in volta sono coinvolte nelle attività e nella loro programmazione.

Le società non profit devono sostenere adempimenti fiscali che spesso si rivelano pesanti poiché nella maggior parte dei casi vivono con risorse economiche limitate. In alcuni casi il settore può fare affidamento per la propria gestione economica-finanziaria su alcuni contri- buti a fondo perduto stanziati da enti pubblici (Stato, Regioni, Province e Comuni) che rap- presentano sicuramente una fonte economica di non poco rilievo, anche se purtroppo si trat- ta di erogazioni saltuarie.

Venendo meno le risorse provenienti dal Coni, le piccole società e associazioni continuano a contare prevalentemente sulle proprie capacità. Le persone che volontariamente prestano la loro attività all’interno dell’organizzazione sportiva contribuiscono da un lato al conteni- mento dei costi di gestione e dall’altro alla promozione dell’attività nei confronti di nuovi potenziali soci.

L’offerta di sport non profit è spesso in perfetta sincronia con la domanda stessa di sport. La maggior parte delle persone che usufruiscono delle attività offerte dalle associazioni sporti- ve in qualità di atleti (e perciò domandano sport), sono allo stesso tempo fattori produttivi dell’offerta poiché prestano la loro opera nello svolgimento e nella gestione dei servizi of- ferti dall’associazione. Le persone che praticano sport sono dunque a loro volta coinvolte nell’organizzazione e nella gestione delle attività, e il forte radicamento locale è un carattere essenziale dell’associazione stessa. Proprio per questo spesso per fronteggiare l’esigenza di reperimento fondi, le piccole società organizzano eventi con lo scopo di attrarre un pubblico ampio, anche se a carattere prevalentemente locale. Le persone che dedicano il loro tempo alla riuscita di queste iniziative sono anche coloro che durante la settimana frequentano l’associazione per fare sport e quindi contribuiscono all’esistenza dell’organizzazione spor- tiva.

Un altro aspetto da non dimenticare che è in continuo incremento nelle palestre, anche di più piccola dimensione, è l’utilizzo di sponsorizzazioni.

Mentre in passato le realtà locali di minor peso, facevano esclusivo riferimento all’attività dei soci e all’organizzazione di eventi, per reperire fonti finanziarie; attualmente capita spesso di vedere riportato sulle loro divise il marchio di un impresa sponsor. Ciò significa

che purtroppo il fenomeno business si sta propagando anche nel settore cosiddetto, a mio avviso, ormai in modo inappropriato, non profit.

Questo dimostra come ormai lo sport per sopravvivere deve necessariamente ricorrere al supporto esterno di qualche finanziatore disposto a portare avanti la causa di quella realtà. Unico mio auspicio è che in tale contesto la sponsorizzazione sia spinta più da ragioni “sa- ne” e non esclusivamente per scopi economici impliciti.