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LA FIGURA DELLA DONNA NELLA PRATICA DEL PUGILATO

Occupazione tv del rugby per emittente 2004/

REGIO)E SOCIETA’ TESSERATI SOCIETA’ TESSERAT

3.4.3.6 LA FIGURA DELLA DONNA NELLA PRATICA DEL PUGILATO

Frequentemente quando si parla di sport da combattimento, si associa una prerogativa ses- suale maschile, per la violenza e le doti fisiche ritenute esclusivamente maschili che si esal- tano durante la pratica.

Sicuramente il ragionamento, privo di fondamento e risultato di anni di discriminazione ses- suale che ha interessato anche il mondo sportivo, ha impedito la pratica e chiuso le porte al- le donne che avevano il desiderio e le doti per affrontare questo tipo di esperienza.

Abbiamo, per fortuna, avuto modo di osservare come questi tabù siano stati progressiva- mente superati e di come la donna stia raggiungendo un livello di parità molto più elevato rispetto al passato. Ad esempio, rimanendo all’interno degli sport da combattimento, la scherma ha dimostrato come ormai sia paritaria e usuale la pratica di tale sport da parte delle donne, allo stesso modo possiamo riscontrare altri esempi di integrazione sessuale, come il judo, il karate ecc.

Per il pugilato il discorso sull’integrazione sessuale è stato però più complesso e difficile, perché oltre a fattori discriminatori, di natura mentale, sono rimasti in vigore fino al 2000 ostacoli di natura giuridica che non prevedevano alcuna regolamentazione della pratica femminile di questo sport.

Il primo passo verso l’integrazione femminile, si è avuto agli inizi del 2000, quando la FPI ha introdotto la pratica della Fit-boxe, che ha avvicinato molte donne alla pratica del pugila-

to. Le donne iniziano da questo momento a sentirsi meno discriminate e cominciano a fare il pugilato non solo a scopo amatoriale, ma anche agonistico, disputando incontri in altre fe- derazioni che contemplavano la liceità della figura della boxeuses e non solo quella del bo- xeur.

L’abbandono del territorio italiano per poter disputare incontri era una scelta obbligata fino a pochi anni orsono, causa la regolamentazione esclusiva del settore maschile che impediva la pratica per le donne.

In realtà la Federazione Pugilistica, testimone delle tendenze in atto a livello mondiale, ave- va introdotto già nel 1996 la Sezione femminile, individuando un regolamento, che però non aveva avuto attuazione. Il principale intento delle norme riscontrabili al suo interno mirava- no e mirano tutt’ora a garantire l’incolumità delle praticanti e a rendere i match meno sfian- canti, specie per le categorie minori.

Questo ritardo nella disciplina del Settore femminile, si è ripercosso notevolmente

sull’ampiezza del movimento stesso, del quale purtroppo non si dispongono di dati ufficiali sulle dimensioni, che approssimativamente si attestano (per il periodo di censimento del 2001) attorno alle 100 unità.

Il dato oggettivo invece proveniente dal resto delle federazioni europee, parlava di un mo- vimento (registrato nello stesso anno) di portata ben maggiore, nel quale spiccano alcune nazioni del Nord Europa: si rileva in particolare un’adesione di 1200 ragazze in Russia, 1000 in Finlandia, 400 in Svezia.

Il 2001 è stato l’anno in cui si è disputato il primo Campionato Europeo femminile, dando così testimonianza ufficiale della nascita di un sistema pugilistico di portata internazionale. In pochi anni il movimento delle donne pugili è cresciuto ovunque e anche in Italia ha dato cenni di miglioramenti, anche se è evidente ancora una netta sproporzione con il sesso ma- schile.

Un dato importante che risulta da un articolo de “Il Corriere della Sera”25, che descrive la situazione della boxe femminile in Lombardia alla fine del 2007; è che a fronte di una forte differenza tra i praticanti maschi e le praticanti femmine (30 femmine su 484 tesserati), si assiste ad un netto incremento della presenza delle donne nei ruoli di gestione dell’attività pugilistica. Si parla ad esempio di 13 donne presidenti di società, che tradotto significa più di 1 su 5. Il cambiamento in atto è evidente e fotografa una situazione che grazie alla pre-

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senza manageriale delle donne, in un prossimo futuro sarà progressivamente sempre più sensibile alla questione femminile.

La donna infatti sarà la protagonista di questo sport i cui pregiudizi dovranno cadere sotto i colpi delle stesse praticanti, che dimostreranno, come per altro stanno già facendo (ricor- diamo per esempio le campionesse Maria Scarelli, Carmela Riccardo e Marianna Di Pietro) di essere tanto grintose e determinate sul ring, quanto affascinanti e femminili fuori.

A mio avviso questa pari opportunità, sarà un punto di forza su cui fare leva per rivitalizzare l’immagine della boxe in Italia, dando vita a un vantaggio in termini di plusvalori culturali necessari per scrollarsi di dosso l’idea di sport maschile violento e privo di eleganza.

Il mio pensiero non è isolato e anzi è ben radicato anche negli stessi membri federali, che da qualche anno a questa parte stanno impostando delle politiche dirette proprio al cambiamen- to dell’immagine del pugilato, facendo leva sulla femminilità e eleganza di alcune sue cam- pionesse.

Come risulta infatti dalla sezione della comunicazione federale, c’è un servizio, pubblicato sul mensile “Donna in forma” della rivista “Donna Moderna”(che non a caso riporta in co- pertina l’attrice Hilary Swank protagonista del film “Million Dollar Baby”), dedicato pro- prio alle campionesse di boxe italiane, raffigurate mentre indossano sul ring abiti da sposa. Le sette campionesse fotografate (Patrizia Pile, Marzia Davide, Valentina Gioia, Gelsomina Morano, Carmela Chiacchio, Manuela Mercenaro, Giacoma Cordio), sfoggiano bellissimi abiti da sposa e creano questo forte impatto con il ring sul quale si mettono in posa e soprat- tutto con i guantoni che coprono le loro mani. Il titolo poi lascia pochi spazi alla fantasia per capire l’intento comunicativo: “Anche vestite da sposa mettiamo K.O.”, sottolineando come il pugilato non vada affatto a intaccare il fascino e la femminilità delle sue praticanti.

L’articolo continua nel sottotitolo, evidenziando questo concetto: “La boxe è uno sport poco femminile?Sette stelle del pugilato italiano ci dimostrano il contrario. Con

un’interpretazione grintosa e ironica degli abiti più belli per il sì…”.

Si può quindi osservare come a sette anni di distanza dall’introduzione del pugilato femmi- nile26, grossi passi in avanti a livello federale sono stati compiuti, e il settore marketing con- sapevole dell’importanza della donna per la ripresa del pugilato in Italia, sta spendendo forti risorse in questa direzione.

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Come vedremo tra poco, il gentil sesso, che è stato per anni “emarginato” e non considerato dai praticanti e dirigenti pugili italiani, è diventato il punto di partenza su cui gettare le fon- damenta per una nuova immagine della noble art, non più solo maschile.