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La dimensione urbana nelle indagini sulla Qualità della Vita

3.1 Qualità dell’abitare urbano

3.1.2 La dimensione urbana nelle indagini sulla Qualità della Vita

Un ulteriore aspetto da chiarire relativamente alle indagini sulla QdV è la definizione della dimensione territoriale del campo di indagine, con particolare riferimento alle politiche di welfare e più recentemente di sostenibilità. La scala regionale, ma ancor di più quella metropolitana e urbana, sono le dimensioni maggiormente indagate dagli istituti nazionali e sovranazionali, per la diretta corrispondenza con le politiche che ne conseguono e di cui queste indagini supportano gli obiettivi strategici. Di contro, gli indicatori mobilitati nell’analisi di tali contesti, con particolare riferimento a quelli urbani, tengono di rado conto delle condizioni fisiche dell’ambiente costruito, con un conseguente indebolimento nell’attendibilità del dato, per quanto talvolta costruito anche sulla base di indicatori soggettivi. Con specifico riferimento alle indagini sulla QdV si è ritenuto quindi necessario, in luce della moltitudine di dati e indagini in questo campo, determinare chiaramente a quali fonti si farà riferimento attraverso uno sguardo ravvicinato, tenendo inoltre in considerazione talune ricerche condotte da istituti non governativi che raccolgono, interpretano e comunicano il loro lavoro in collaborazione con quotidiani e periodici. Vengono pertanto presi in considerazione gli studi e gli indicatori di ISTAT e Sole24Ore nello specifico della scala nazionale, regionale e comunale italiana, mentre per operare un confronto su scala internazionale, ci si riferisce alle indagini di Eurostat, Eurofound e dell’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development).

Fig. 29 · Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile promossi delle Nazioni Unite.

È bene ricordare che la maggior parte di queste indagini, per questioni di calcolo, trasferibilità, comparazione e comunicabilità del dato, si avvalgono di dati sempre quantificabili, che per loro natura possono tralasciare degli aspetti qualificanti l’esperienza di vita. Questi sono invece individuati in termini di opportunità, quantificando ad esempio il numero di servizi presenti sul territorio e la risposta della popolazione in termini di numeri di accesso e percezione. Questo vizio di forma non è ovviabile a tutte le scale di indagine, che inevitabilmente perderanno di specificità e dettaglio man mano che ci si allontanerà dal contesto urbano. D’altra parte esistono indagini che facendo riferimento alle più recenti indicazioni fornite dalle Nazioni Unite in termini di sviluppo sostenibile, riducono parzialmente tale aberrazione.

Agenda 2030: Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, Nazioni Unite

Un primo approfondimento merita di essere riservato agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs). L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è stato sottoscritto nel settembre 2015 dai 193 paesi membri dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Al suo interno sono contenuti i 17 Obiettivi che a loro volta individuano 169 traguardi da raggiungere entro 2030, elaborati sulla scorta dei precedenti Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) e volti a completare ciò che questi non sono riusciti a realizzare. I SDGs sono definiti come “una serie completa e lungimirante di Obiettivi e traguardi universali, trasformativi e incentrati sulle persone” e ribadiscono inoltre quanto contenuto nella precedente Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici.

Gli obiettivi sono stati formulati per stimolare interventi strategici per il miglioramento delle condizioni di vita su scala globale e locale, per l’umanità e per il pianeta, nell’arco dei 15 anni di influenza dell’Agenda. Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership sono i principi che guidano il programma e il Vertice per lo Sviluppo Sostenibile. Essi mirano a realizzare pienamente i diritti umani di tutti e a raggiungere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione di tutte le donne e le ragazze. Essi sono interconnessi e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: la dimensione economica, sociale ed ambientale.”

Con uno sguardo particolarmente attento ai paesi sottosviluppati, in via di sviluppo o in stato di vulnerabilità bellica o post-bellica, l’Agenda esplicita la necessità di affrontare le sfide che ancora gravano sui pesi a medio-reddito. La povertà in ogni sua forma, un’educazione di qualità, la promozione della salute fisica e psichica, una crescita economica sostenibile e un lavoro senza disparità di reddito, la produzione e il consumo di beni e servizi, le contingenze legate ai flussi migratori, il cambiamento climatico e il consumo di risorse non rinnovabili, la perdita di biodiversità e la salvaguardia degli ecosistemi, lo sviluppo e la gestione urbana, l’inclusione e la comprensione interculturale come “etica di cittadinanza globale”. Quelli individuati dai SDGs sono temi assolutamente trasversali e universali che possono essere efficacemente affrontati nelle diverse possibilità dei paesi, le cui differenze economiche e politiche individuano un framework all’interno del quale ricercare strumenti e soluzioni.

L’Agenda 2030 e i SDGs hanno di fatto influenzato la formulazione delle più recenti indagini sullo sviluppo sostenibile. Di fatto la stessa Agenda individua nei suoi scopi generali quello di “rafforzare la raccolta dei dati e lo sviluppo delle capacità negli stati membri, al fine di sviluppare standard nazionali e globali laddove ancora non esistono” impegnandosi a “risolvere questa lacuna […] in modo da poter meglio misurare i progressi compiuti, in particolare per quegli obiettivi […] dei quali non si hanno chiari traguardi in termini numerici.” Ancora, gli stati sono incoraggiati a tenere conto di tali obiettivi a sostegno dei propri processi decisionali, riconoscendo una eterogeneità di possibili approcci, visioni, modelli e strumenti disponibili. Allo stesso tempo le Nazioni Unite forniscono un framework di indicatori globali e di suggerimenti metodologici che possano essere utilizzati per monitorare e misurare i progressi contenuti nell’ambito delle indicazioni dei SDGs. Questo si riflette in modo chiaro nell’opera di progressiva revisione e ampliamento del set degli indicatori demandati alla misurazione del benessere e della qualità della vita. Da un lato nello stimolo a sovrapporre o articolare in modi relativamente inediti alcuni dati, come la disaggregazione per genere ed etnia dei dati sull’occupazione e le condizioni salariali, l’istruzione e l’accesso ai servizi, che possono supportare se non sollevare la discussione sulla parità e l’emancipazione del sesso femminile. D’altra parte, assistiamo a un ampliamento dell’indagine verso ambiti tematici poco battuti nel campo della QdV, come il miglioramento delle condizioni urbane, un tema che viene affrontato sia in maniera specifica che trasversale. Indirettamente, questo si

riflette nell’incidenza di decessi per incidenti stradali, sul piano delle energie rinnovabili e quindi della mobilità, dei rifiuti, del turismo, dell’inquinamento, dell’inclusione sociale. In maniera specifica, l’Obiettivo 11. Rendere le città e gli

insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili riassume e dettaglia

cosa dell’ambiente urbano sia necessario indagare.

Sul piano del monitoraggio dei risultati ottenuti nell’ambito dei SDGs, a livello sovranazionale e nazionale vengono redatti dei report che individuano le principali azioni svolte a supporto dell’Agenda 2030, qui riportati in merito agli indicatori adottati da Eurostat e Istat. Appare inoltre fondamentale ricercare le relazioni dirette e indirette con tali obiettivi di sostenibilità all’interno delle indagini statistiche in primo luogo perché individuano una trasversale definizione di qualità della vita, nonché la più recente e per questo al centro del dibattito contemporaneo; secondariamente perché questi entrano nella programmazione economica degli stati che aderiscono all’Agenda 2030. Sembra auspicabile che questo possa avvenire anche nel merito delle politiche urbane, come introdotto dall’undicesimo obiettivo.

Quality of Life Survey, Eurostat

Gli indicatori individuati da Eurostat per l’indagine condotta sugli stati membri dell’Unione Europea si collocano all’interno di 8+1 dimensioni concernenti le “capacità funzionali a cui il cittadino dovrebbe avere accesso per perseguire la sua propria idea di benessere, in accordo con i suoi valori e le sue proprità34”. Il set di indicatori è inoltre pensato per promuovere la discussione critica piuttosto che fornire una “completa ed esaustiva presentazione di tutti i dati statistici35”. All’interno di tali macro-indicatori ritroviamo una serie di sub-indicatori che toccano trasversalmente la condizione più o meno territoriale o urbana del paese indagato. Vediamo ad esempio come all’interno della prima area di indagine rispetto alle condizioni di vita materiale ricada inevitabilmente la condizione abitativa (Housing condition) in termini di tasso di sovraffollamento, sotto- occupazione e delle condizioni fisiche del patrimonio abitativo e residenziale, un elemento che viene associato alla riduzione o incremento del benessere fisico e

34. Fonte Eurostat: http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Quality_of_life_indicators 35. Ibid.

psicologico. I macro-indicatori maggiormente densi di dati riferibili all’abitare urbano sono certamente quelli relativi al tempo libero e alle attività sociali, alla sicurezza economica e fisica e all’ambiente naturale e di vita, all’interno dei quali si tiene conto della percentuale di popolazione in grado di partecipare a eventi sportivi o culturali, della percezione del crimine con particolare attenzione all’ambiente urbanizzato e nondimeno alla qualità dell’aria e alla percezione dell’inquinamento acustico. Appaiono inoltre interessanti, anche se non direttamente riferibili all’ambiente urbano o alla sua qualità, i dati relativi alla percentuale di popolazione che svolge regolarmente attività fisica o aerobica.

Trattandosi di un’indagine su base europea, i risultati sono pertanto utili alla comparazione sulla base delle medie nazionali, con le dovute discrepanze in termini di eterogeneità territoriale. Allo stesso tempo appare rilevante sottolineare come sia stato integrato, all’interno della qualità della vita, un sub-indicatore che si riferisce all’ambiente urbanizzato, non genericamente alla città. D’altra parte non sorprende che questo avvenga all’interno del macro-indicatore Sicurezza economica e fisica, con il sub-indicatore

6.10 Percezione di crimine, violenza e vandalismo nell’area di residenza per tasso di urbanizzazione (Share of the population who percieved there was crime, violence or vandalism in the area where they live, by degree of urbanisation) lasciando intendere che le contemporanee questioni urbane

stiano progressivamente diventando motivo di interesse e monitoraggio da parte delle indagini sulla QdV.

Sustainable Development in the European Union (2017), Eurostat

Il Report redatto da Eurostat per monitorare statisticamente il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ratificati con l’Agenda 2030 e si riferiscono inoltre alle politiche già avviate dall’UE all’interno della precedente strategia per l’Europa 2020, che di fatto ha facilitato, almeno per gli stati membri europei, l’adozione dei SDGs.

La Commissione Europea è infatti dotata di un set di indicatori utili a monitorare lo sviluppo sostenibile già a partire dal 2001 e in seguito riviste

Fig. 30 · OECD Framework for measuring well-being and progress. Fonte: http://www.oecd.org/statistics/measuring-well-being-and-progress.htm

in funzione delle strategie formulate e adottate. Per rispondere alle esigenze di monitoraggio dei SDGs Eurostat si avvale di 100 indicatori quantitativi, 41 dei quali multi-criterio. La maggior parte di questi indicatori era già stato adottato nel monitoraggio delle policies europee di lungo termine, per le scadenze di Europa 2020 e per altre politiche o iniziative della stessa UE. Gli indicatori sono stati inoltre formulati con l’intento di non far emergere come eccezionalmente importante uno o più target individuati dai SDGs, tanto da portare a escludere dall’indagine quelle tematiche e quegli obiettivi chiaramente riferibili ai paesi in via di sviluppo. La metodologia adottata nel calcolo del progresso si riferisce a ogni singolo report preso in analisi: per la pubblicazione del 2017, viene considerato l’indicatore nel suo cambiamento in direzione avversa o contraria all’obiettivo di riferimento, così come alla velocità di spostamento. Questo significa che non viene analizzato un preciso momento, cristallizzato nel tempo, ma l’andamento dei fenomeni.

Better Life Index e Regional Well-Being, OECD

Il Better Life Index appare interessante in primo luogo per la possibilità di comparare il grado di benessere nei vari paesi. L’indice viene scorporato in temi, considerati dell’OECD come essenziali nella valutazione delle condizioni materiali e della QdV delle popolazioni. Lo scopo è manifestatamente quello di “coinvolgere i cittadini nel dibattito e dare loro i mezzi per essere più informati e partecipi rispetto alle decisioni che influiscono sulla vita di tutti noi36”. Gli undici temi o macro-indicatori sono quindi Abitazione, Occupazione. Istruzione, Impegno civile, Soddisfazione, Equilibrio lavoro-vita, Reddito, Relazioni sociali, Ambiente, Salute, Sicurezza. Ogni tema si scompone a sua volta attraverso ulteriori sub-indicatori specifici (da uno a quattro per ciascuno) ed è previsto che nelle future indagini siano considerati anche indicatori in grado di misurare la sostenibilità di tale benessere nel corso del tempo. L’indagine si riferisce ai 34 paesi membri dell’OECD e non viene formulata una vera e propria classifica circa i risultati emersi. “Al contrario” si legge nella descrizione dell’indice “il Better Life Index è stato formulato in modo da lasciare all’utente la possibilità di definire il contributo degli 11 criteri al benessere”.

È particolarmente interessante il risultato relativo alla mappa interattiva degli utenti, chiamati a registrare sul sito di Better Life Index gli indicatori che meglio rappresentano nella loro opinione “i criteri costitutivi di una vita felice”. Soddisfazione generale e Salute sono gli indicatori più ricorrenti, specialmente in Europa, ai quali si aggiungono l’Istruzione come indicatore maggiormente rilevante nei paesi in via di sviluppo e in particolar modo in America Latina, e il Reddito, con particolare riferimento alle risposte provenienti dai paesi Africani, Medio-Orientali e Orientali; in contro tendenza gli utenti Australiani, che ritengono l’equilibrio lavoro-vita un elemento imprescindibile per il loro benessere.

Analogamente a quanto già detto per il Better Life Index, anche il Regional Well-

being si struttura in 11 ambiti tematici, indagati per le 395 regioni dell’OECD e si

contraddistingue non solo per il carattere interattivo in termini di consultazione, quanto anche per la possibilità di comparare i risultati. Gli undici temi individuati sono quindi Accesso ai servizi, Impegno civile, Istruzione, Occupazione, Relazioni sociali, Ambiente, Reddito, Salute, Sicurezza, Abitazione e Soddisfazione. Per ognuno di questi temi viene indicato da uno a due sub-indicatori, ai quali viene assegnato un punteggio da 1 a 10. Anche in questo caso, i risultati dei singoli temi e sub-indicatori non vengono aggregati per elaborare un dato composito sul benessere della regione, mentre invece vengono presentate e commentate le singole voci.

Per quanto dinamici nelle modalità di divulgazione dei contenuti e di interazione con gli utenti, le indagini condotte da OECD risultano meno specifiche se paragonate al Quality of Life Survey di Eurostat, il ché potrebbe essere imputabile alla necessità di rintracciare dei piani sui quali fosse possibile comparare regioni geograficamente, economicamente e culturalmente molto lontane, pertanto non sarebbe possibile auspicare, nella costruzione di tali indicatori, una diretta riferibilità alla dimensione territoriale o urbana dei paesi indagati. Allo stesso tempo rimane interessante la possibilità di mettere a confronto realtà regionali tanto distanti, prima di operare in maniera autonoma i dovuti approfondimenti, che inevitabilmente potrebbero smentire parzialmente, se non completamente, gli esiti di risultati costruiti su un numero tanto limitato di indicatori.

Il Benessere Equo e Sostenibile in Italia (BES), Istat

Il Rapporto BES, avviato nella sua prima edizione nel 2012, “offre un quadro informativo integrato e ragionato dei fenomeni sociali, economici e ambientali che hanno interessato l’Italia” entrando dal 2017 a far parte degli strumenti di programmazione e valutazione della politica economica nazionale del Governo Italiano e portando gli indicatori di benessere all’interno del processo decisionale della cosa pubblica. La legge del bilancio dello Stato (legge n. 163/2016) ha infatti introdotto un riferimento agli indicatori di benessere equo e sostenibile nei documenti di programmazione economica e di bilancio, che saranno inoltre inclusi all’interno dell’esercizio di simulazione di impatto delle politiche37.

Uno degli aspetti di maggiore interesse nell’analisi di questo rapporto è il ruolo di monitoraggio che questo riveste circa gli obiettivi di prosperità e sostenibilità previsti dell’Agenda 2030con i quali il sistema BES mostra notevoli analogie, sebbene con le dovute singolarità relative ai diversi livelli di applicazione. I macro-indicatori individuati da BES sono quindi: Salute, Istruzione e formazione, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Benessere economico, Relazioni sociali. Politica e istituzioni, Sicurezza, Benessere soggettivo, Paesaggio e patrimonio culturale, Ambiente, Innovazione, ricerca e creatività, Qualità dei servizi, questi ultimi quattro oggetto recentemente di importanti revisioni e aggiornamenti in termini di modello interpretativo e indicatori. In particolare, il dominio Paesaggio e patrimonio culturale si costruisce sulla base di un set di indicatori oggettivi e soggettivi: i primi riguardano il paesaggio geografico, i secondi si riferiscono al paesaggio sensibile come “oggetto di esperienza individuale e di attenzione sociale”. Questo distinguo è un primo passo verso la definizione di un indicatore socio-spaziale che si riferisce agli aspetti della relazione con il benessere: da una parte individuando quelli relativi all’attuazione dell’art.9 della Costituzione Italiana in merito alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, alla salvaguardia dei beni comuni, la sostenibilità ambientale e alle opportunità di sviluppo locale e creazione di servizi ecosistemici che ne conseguono. Dall’altra, sul piano degli aspetti soggettivi, i temi della salvaguardia ambientale e della protezione del paesaggio sono declinati all’interno della sfera esistenziale,

37. Fonte: Istat – 12 indicatori di benessere equo e sostenibile entrano nel ciclo delle politiche economiche, 12 settembre 2017 disponibile al ink: https://www.istat.it/it/archivio/203437

della percezione visiva, dei valori estetici e dell’attenzione sociale. Come indice composito, il BES consente una comparazione incrociata tra la media nazionale, le aree geografiche (Nord, Centro, Mezzogiorno) e le regioni, indicando inoltre l’andamento del dato.

Le indagini multiscopo di Istat

L’Istituto Nazionale di Statistica elabora periodicamente diverse indagini sociali rilevando i cambiamenti nelle abitudini dei cittadini italiani e la loro soddisfazione per le proprie condizioni di vita, ampliando il ragionamento allo stato delle città e delle loro periferie. Su base annuale viene redatta, a partire dal 1993, l’Indagine Multiscopo sulle Famiglie Italiane: Aspetti della Vita Quotidiana, relativamente alla percezione e alla “soddisfazione del funzionamento dei servizi di pubblica utilità che dovrebbero contribuire al miglioramento della qualità della vita. Scuola, lavoro, vita familiare e di relazione, abitazione e zona in cui si vive, tempo libero, partecipazione politica e sociale, salute, stili di vita sono i temi indagati” e rientra nel Programma Statistico Nazionale tra le rilevazioni necessarie al paese. L’indagine, che interessa le circa 25.000 famiglie scelte a campione, si svolge attraverso un questionario (online o cartaceo) all’interno del quale è possibile auto-definire il proprio grado di soddisfazione o la frequenza di utilizzo per le voci indicate. Complessivamente, è sugli stessi filoni tematici che si confronta anche l’indagine sulla soddisfazione dei cittadini per le proprie condizioni di vita, considerata nel complesso, in relazione ai rapporti con famiglia e amici, salute, tempo libero, lavoro e situazione economica, organizzati in funzione delle condizioni professionali, dei titoli di studio e delle classi di età.

Come si legge nel Dossier relativo alle informazioni provenienti dalle indagini campionarie di Istat nell’ambito della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e stato di degrado delle città e delle loro periferie (Roma, 24 gennaio 2017) “in ambito statistico e in particolare per quanto attiene la misurazione dei fenomeni socio-economici, la possibilità di avere informazioni tempestive e di qualità è spesso ottenuta a scapito del dettaglio territoriale”. Allo stesso tempo “le stesse indagini campionarie consentono in molti casi di trarre alcune considerazioni generali e aggregate sulle differenze che intercorrono tra centro e periferia”. Il documento si concentra sulle 14 città metropolitane e in

Fig. 31 · Distribuzione dei risultati dell’indagine sulla Qualità della Vita condotta dal Sole24Ore per l’anno 2016 e relativi macro-indicatori. Fonte: https://www.ilsole24ore.com/speciali/qvita_2016_dati/infografiche.shtml

particolare sul comune capoluogo, analizzato a partire da un set di indicatori la cui lettura complessiva restituisce una mappa dei territori all’interno dei quali si possono distinguere i principali disequilibri sociali, economici e ambientali. Nei più recenti aggiornamenti delle indagini, vengono introdotti alcuni nuovi indicatori tra cui quello di “vulnerabilità sociale e materiale” costruito sulla sintesi di sette indicatori ognuno dei quali tiene conto di un particolare aspetto a cui la popolazione potrebbe trovarsi esposta in particolari condizioni di incertezza, sia sociale che economica. Sul piano delle ricadute territoriali o urbane, questa indagine è inevitabilmente la più interessante, sia per la natura del dato in analisi sia per la possibilità di geolocalizzarlo, per quanto sommariamente.