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Segue: Il favor partecipationis e la par condicio.

3. I principi dell’evidenza pubblica.

3.1 Segue: Il favor partecipationis e la par condicio.

La procedura di evidenza pubblica, come già accennato, è caratterizzata dalla previsione di scandagliate fasi finalizzate a garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa. Già nella legge di contabilità si imponeva un maggior rigore formalistico rispetto all’attività ordinaria della P.A. per permettere alla stazione appaltante di scegliere il miglior contraente, traducendosi nel rispetto del principio di concorsualità110 nella scelta del contraente. Tale principio è volto, dunque, a

garantire il favor partecipationis, in forza del quale l’amministrazione, non potendo scegliere arbitrariamente il suo contraente, deve permettere ai potenziali offerenti di poter partecipare alla gara111. Successivamente il procedimento di gara ha fatto

proprio il principio di parità di trattamento, divenendo più garantista nei confronti dei partecipanti. Il principio di par condicio viene inteso come espressione del principio di imparzialità e come eguaglianza sostanziale dei concorrenti. Infatti, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia, esso impone che nessun concorrente possa avere un trattamento differenziato, ma devono essere a tutti applicate le medesime regole del gioco, predisposte preventivamente nel bando di gara in modo chiaro ed univoco112.

110 Il principio di concorsualità era disciplinato nell’art. 3, r.d. n. 2440/1993 che stabiliva: i “contratti

dai quali derivi un’entrata per lo Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti…” e il secondo comma prevedeva che “i contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato debbono essere preceduti da gare…”.

111 M. ALBERTI, op. cit., 297, dove afferma che il significato della messa in concorrenza era

totalmente diverso rispetto a quello che sarebbe proprio delle norme del diritto comunitario poi recepite dagli Stati membri.

Il principio del favor partecipationis113, invece, è servente all’amministrazione nel

momento di scelta dell’offerta, in quanto le permette di selezionare tra il maggior numero possibile di offerte quella che risulti comparativamente migliore per la realizzazione dell’oggetto di gara114. Entrambi i principi tutelano gli interessi del

mercato.

Si afferma115 che nel nostro sistema giuridico (nazionale) il principio della par condicio (equal treatment) dell’uguaglianza degli operatori economici ha carattere

assoluto, perché espressione del principio costituzionale di imparzialità, e che il principio di favor partecipationis sia ad esso sussidiario116. Si ha, dunque, che nel

caso di antinomia fra i due principi, quello della massima partecipazione è cedevole rispetto a quello della parità di trattamento. Infatti, nel caso in cui vi siano delle deroghe alle regole sulla partecipazione che possano avvantaggiare un concorrente rispetto ad altro, prevale la par condicio117.

La gara è la sede naturale dove questo bilanciamento ha luogo, e dove tutti gli altri principi dell’evidenza pubblica (pubblicità, trasparenza, proporzionalità, economicità, ecc…) debbono ad esso riferirsi. E’ attraverso i principi di pubblicità e di trasparenza che si favorisce l’apertura al mercato (favor partecipationis) e si permette ai partecipanti di accedere alla documentazione della gara (par condicio) o

113 Cfr. C.d.S., sez. V, 5 luglio 2011, n. 4029, secondo cui “il principio del favor partecipationis, volto

a favorire la più ampia partecipazione alle gare pubbliche, ha di norma carattere recessivo rispetto al principio della par condicio”, in giustizia-amministrativa.it

114 C. CACCIAVILLANI, Dichiarazione negli appalti pubblici: profili generali e problematici, 2008,

www.giustamm.it, laddove rileva che il favor partecipationis garantisce anche una maggiore competizione tra gli operatori e quindi il mercato, che è valore di rilievo comunitario, espresso nei principi (comunitari) della libera circolazione delle merci e dei capitali, della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi.

115 S. S. SCOCA, op. ult. cit., 306.

116 P. PATRITO, Sulla dichiarazione ex art. 38 D.lgs. 163/2006 fatta “collettivamente ed

impersonalmente”, commento, in Urbanistica e app., 2014, 921 e ss..

a sua volta, con le regole relative alla forma o al procedimento che si garantisce l’imparzialità, limitando l’arbitrarietà dell’amministrazione, soprattutto nel momento dell’esame delle offerte118.

A differenza del diritto nazionale, la giurisprudenza comunitaria assegna al principio del favor partecipationis “valore primario” di tutela e, dunque, tendenzialmente non recessivo anche di fronte ad altri e rilevanti interessi meritevoli di protezione”119, in

quanto espressivo dei principi del Trattato, quali libertà di stabilimento e di prestazione di servizi (artt. 49 e 56 TFUE)120. E’ diverso, dunque, il rapporto tra favor partecipationis e par condicio rispetto al diritto nazionale; addirittura si

potrebbe affermare che entrambi costituiscano la faccia della stessa medaglia, nel senso che tutti gli operatori economici devono essere messi nelle stesse condizioni per poter partecipare alla gara e ciascuno di loro può provare che la causa di esclusione non la si può applicare, rendendo effettivo, così, il principio della parità di trattamento e garantendo quello di massima partecipazione121.

118 Cfr. M. D’ALBERTI, op. cit., 297 e ss.; C. CACCIAVILLANI, op. cit.

119 P. CHIRULLI, I soggetti ammessi alle procedure di affidamento, in C. FRANCHINI, op. cit., 413, che

richiama la sentenza della Corte di Giust. CE, 19 maggio 2009, in causa C-538/07, in Urbanistica e

app., 2009, 1063, con nota di F. LEGGIADRO: L’impresa controllante e l’impresa controllata possono

partecipare alla stessa gara, essendo incompatibile con il diritto comunitario il divieto assoluto di partecipazione alla medesima gara delle imprese in situazioni di controllo (art. 34, comma 2, D.lgs. 163/2006), senza dare ai concorrenti la possibilità di dimostrare che il loro rapporto non ha influito sul loro rispettivo comportamento di gara, in quanto si tratta di disposizione che persegue gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione: tale divieto, infatti, ridurrebbe notevolmente la concorrenza a livello comunitario.

120 C. di Giust. CE, 23 dicembre 2009, in causa C-376/08, Serratoni, in Foro amm., CdS, 2009, 2781. 121 E’ da ricordare che la concezione sostanzialistica dell’evidenza pubblica (realizzazione di un

mercato unico effettivo e della libera concorrenza, a livello europeo, delle imprese) ha fatto breccia anche nel legislatore nazionale che, introducendo nell’art. 46, D. lgs. 163/2006, il comma 1-bis, ha stabilito il principio di tassatività delle clausole di esclusione, stabilendo che il bando può prevedere, a pena di esclusione, solamente quelle clausole che rispondano ad un effettivo interesse sostanziale: la certezza del contenuto delle offerte, la segretezza delle offerte o la loro sicura imputabilità. Si richiama, a tal proposito, la sentenza Ad. Plenaria, C.d.S., 25 febbraio 2014, n. 9, nella quale si afferma che “il legislatore ha (…) inteso effettuare direttamente il bilanciamento tra l’interesse alla massima partecipazione alle gare di appalto ed alla semplificazione, da un lato, e quello di speditezza dell’azione amministrativa ed alla parità di trattamento, dall’altro, mettendo l’accento sui primi a scapito dei secondi”.

In applicazione di tali principi e, del principio di proporzionalità, la giurisprudenza, prima, e il legislatore nazionale e comunitario, dopo, hanno elaborato l’istituto del soccorso istruttorio.

Quest’ultimo, anche se la sua definizione è abbastanza recente, è un istituto coerente con i principi generali dell’ordinamento, formalmente introdotto dall’articolo 27 della direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971 e, dopo vari passaggi intermedi, approdato praticamente immutato all’articolo 46, comma 1, del Codice dei contratti. L’istituto in questione è di carattere generale, in quanto disciplinato nell’ambito della disciplina del procedimento amministrativo dall’art. 6, comma 1, lett. b), della legge n. 241/1990 – in base al quale il responsabile del procedimento è tenuto a chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete, sollecitando il privato a porre rimedio ad eventuali dimenticanze o errori – ed è richiamato all’art. 46, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, per le specifiche procedure di affidamento degli appalti di lavori, servizi e forniture122.

In quest’ultimo settore il soccorso istruttorio costituisce lo strumento per realizzare la massima partecipazione alla gara e la parità di trattamento dei partecipanti.

Nel tempo la prassi e la giurisprudenza123 hanno elaborato vari modi per la sua

applicazione, estendendone o restringendone la portata, sull’interpretazione che

122 R. GIOVAGNOLI, Contratti pubblici – dovere di soccorso e tassatività delle clausole di esclusione,

in Temi di diritto civile, penale e amministrativo, Milano, 2013, 581 e ss.

123 Con. Stato, sez. V, 18 febbario 2013, n. 974; sez., V, 5 dicembre 2012, n. 6248; sez. V, 25 giugno

2007, n. 3645; sez. VI, 23 marzo 2007; sez. V, 20 maggio 2002, n. 2717; richiamate da R. GIOVAGNOLI, in rivista Magistra, 2014, 176 e ss. Si riportano alcuni principi espressi dalle su

richiamate sentenze e riprese nella sentenza del 25 febbraio 2014, n. 9, dall’Adunanza Plenaria: a) il soccorso istruttorio, laddove la norma prevede “…invitano, se necessario…), individua un modus

procedendi dell’amministrazione volto a superare inutili formalismi in nome del principio del favor partecipationis e della semplificazione, sia pure all’interno di rigorosi limiti che saranno appresso

veniva data agli atti mancanti (in genere non suscettibili di soccorso) e agli atti incompleti o equivoci e, all’interno di questi ultimi, venivano distinti quelli suscettibili di chiarimenti o quelli escludenti, e sulla prevalenza tra il principio della

par condicio e l’opposto principio del favor partecipationis.

In questo scenario la scelta dell’amministrazione di inserire delle clausole escludenti nel bando che si riferissero ad un determinato adempimento formale o documentale era fortemente discrezionale e consentiva alla stessa di escludere il concorrente sulla procedimento, sancito dall’art. 3, l. 7 agosto 1990, n. 241 che impone all’amministrazione di squarciare il velo della mera forma per assodare l’esistenza delle effettive condizioni di osservanza delle prescrizioni imposte dalla legge o dal bando di gara; c) l’esegesi rigorosa delle disposizioni riguardanti il “potere di soccorso”, avuto riguardo ai valori in gioco, nasce dalla fondata preoccupazione che l’allargamento del suo ambito applicativo alteri la par condicio, violi il canone di imparzialità e di buon andamento dell’azione amministrativa, incida sul divieto di disapplicazione della lex specialis contenuta nel bando, eluda la natura decadenziale dei termini cui è soggetta la procedura; d) l’esegesi rigorosa del “soccorso istruttorio” trova piena giustificazione anche in considerazione del principio generale dell’autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ciascuno di essi sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione; e) per meglio definire il perimetro del “soccorso istruttorio” è necessario distinguere tra i concetti di “regolarizzazione documentale” ed “integrazione documentale”: la linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del “potere di soccorso”; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi; f) giusta il tenore testuale dell’incipit del comma 1 in esame (..), il “soccorso istruttorio” consente di completare dichiarazioni o documenti già presentati (ma, giova ribadirlo, non di introdurre documenti nuovi), solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione dell’impresa; esso non può essere mai utilizzato per supplire a carenze dell’offerta sicché non può essere consentita al concorrente negligente la possibilità di completare l’offerta successivamente al termine finale stabilito dal bando, salva la rettifica di errori materiali o refusi; g) il “soccorso istruttorio” ricomprende la possibilità di chiedere chiarimenti, purché il possesso del requisito sia comunque individuabile dagli atti depositati e occorra soltanto una delucidazione ovvero un aggiornamento; in tal caso non si sta discutendo della esistenza del requisito ma soltanto di una (consentita) precisazione che non innova e non altera la par condicio e la legalità della gara, avendo ad oggetto un fatto meramente integrativo, da un punto di vista formale, di una situazione sostanzialmente già verificatasi e acquisita; h) il “soccorso istruttorio”, infine, si sostanzia anche nella interpretazione di clausole ambigue onde favorire la massima partecipazione alle gare e, conseguentemente, nella possibilità di consentire, unicamente per questo limitato caso e nel rispetto della par condicio, la successiva integrazione documentale; siffatta attività di interpretazione, a fronte di clausole ambigue appare necessaria specie se sollecitata da appositi quesiti dei candidati; la relativa risposta, ovviamente, deve essere comunicata a tutti i partecipanti alla gara (c.d. ruling contrattuale). Questi principi, come rilevato subito dopo nel testo, vanno rivisti alla luce dell’art. 39 d.l. n. 90/2014.

base della carenza documentale riscontrata, senza alcuna verifica sostanziale della forma documentale omessa o carente. Questa prassi fu fortemente criticata da una parte della giurisprudenza amministrativa124 che, invece, privilegiava il dato

124 Cfr C.d.S., sez. VI, ord. 17 maggio 2013, n. 2681, nella quale si afferma al p. 14: “A questo

orientamento se ne contrappone un altro (diffusosi soprattutto nella giurisprudenza di primo grado) che valorizza invece il potere di regolarizzazione come strumento di correzione dell’eccessivo rigore delle forme. Da qui la tendenza a privilegiare, proprio attraverso l’invito alla regolarizzazione, il dato sostanziale su quello meramente formale in tutti in casi in cui non sia in discussione la sussistenza dei requisiti di partecipazione e la capacità tecnica ed economica dell’impresa.

Si ammette, pertanto, che la mera previsione inserita nella lex specialis secondo cui un determinato documento o una determinata dichiarazione è richiesta a pena di esclusione non varrebbe di per sé ad esonerare la stazione appaltante dall’onere del soccorso istruttorio, almeno in tutti i casi in cui i vizi di ordine formale che inficiano la dichiarazione del concorrente non siano tali da pregiudicare, sotto il profilo sostanziale, il conseguimento del risultato verso il quale l’azione amministrativa è diretta. In quest’ottica, si è affermato ad esempio che la verifica della regolarità della documentazione rispetto alle previsioni del bando non deve essere condotta con lo spirito della “caccia all’errore”, ma tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento e del divieto di aggravamento degli oneri burocratici e applicando i principi espressi dall’ordinamento volti a ridurre il peso degli oneri formali gravanti sui cittadini e sulle imprese ed a riconoscere giuridico rilievo all’inosservanza di regole procedurali o formali solo in quanto questa impedisce il conseguimento del risultato verso cui l’azione amministrativa è diretta, atteso che la gara deve guardare alla qualità della dichiarazione piuttosto che all’esclusiva correttezza della sua esternazione.

Tale orientamento giunge così alla conclusione che, anche quando la sanzione dell’esclusione sia espressamente prevista dal bando per l’inosservanza di determinate previsioni, l’Amministrazione, prima di applicarla, dovrebbe, comunque, procedere ad una richiesta di regolarizzazione documentale, privilegiando l’interesse pubblico alla più ampia partecipazione dei concorrenti, in tutti i casi in cui i motivi di ordine formale non alterino la parità di condizioni tra gli stessi concorrenti e la carenza formale non impedisca il raggiungimento del risultato avuto di mira”.

Continua al p. 15: “Il Collegio ritiene condivisibile questo secondo orientamento, il quale, per quanto allo stato minoritario, ha, dalla sua parte, l’innegabile pregio di evitare quell’eccessivo formalismo che a volte caratterizza il contenzioso in materia di contratti pubblici, con giudizi divenuti il campo di una “vera e propria caccia all’errore”, in cui carenze puramente documentali (persino, appunto, la mancanza di una fotocopia) mettono a rischio investimenti importanti, creano profonda incertezza tra gli operatori e conducono alla stipula di contratti con corrispettivi di importo superiore, rispetto a quanto conseguirebbe dall’applicazione del principio del soccorso istruttorio.

Proprio il caso della ‘mancanza di una fotocopia’ potrebbe essere risolto secondo il comune buon senso, nel senso che essa possa comunque essere esibita, con una regola che – per la sua prevedibilità, l’estrema facilità di applicazione ed il suo carattere generale – per definizione non lederebbe la par condicio tra le imprese e, anzi, consentirebbe di creare un clima complessivamente più sereno, nel quale solo le questioni ‘serie e significative’ potrebbero dar luogo ad un vero contenzioso.

L’orientamento in esame, inoltre, appare più in linea con la spiccata tendenza volta al ridimensionamento del vizio formale nei rapporti tra Amministrazione e cittadino.

Per quanto riguarda il vizio formale (o procedimentale) in cui talvolta incorre l’Amministrazione, vanno richiamati, ad esempio, la categoria di elaborazione giurisprudenziale della irregolarità del provvedimento amministrativo (che consente di escludere dall’area dell’illegittimità quelle fattispecie nelle quali lo scostamento tra l’atto e il suo formale paradigma normativo risulti “minimale” e, quindi, nella sostanza irrilevante); il principio della sanatoria dei vizi formali o procedimentali per raggiungimento delle scopo (che impedisce di attribuire conseguenze invalidanti all’omissione formale ogni volta che lo scopo cui la forma è preordinata sia stato comunque raggiunto); più di recente, la esplicitazione del principio dell’irrilevanza del vizio formale non influente sul contenuto dispositivo del provvedimento di cui all’art. 21-octies, comma 2, legge n. 241 del 1990.

sostanziale rispetto a quello formale. Su questa scia il nostro legislatore nel luglio 2011, con la legge n. 106 di conversione del decreto‐ legge n. 70, introduce il comma 1‐ bis all’art. 46 che, almeno nei primi tempi, sconvolse l’intero sistema125.

Seguirono varie interpretazioni, fino a quando l’Adunanza Plenaria 25 febbraio 2014, n. 9, si pronuncia sul principio di tassatività delle clausole di esclusione, evidenziando la ratio dell’introduzione del comma 1-bis. In particolare, essa ha affermato che si tratta di istituto volto a dare applicazione ai principio della par

condicio e del favor partecipationis, anche se, laddove afferma che: “se legge di gara non recepisce (o rinvia) (al)le disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento attuativo o di altre leggi statali, che prevedono adempimenti doverosi a pena di esclusione esplicitamente, la portata imperativa delle norme che prevedono tali adempimenti conduce, ai sensi dell’art. 1339 c.c., alla etero integrazione del bando e successivamente, in caso di violazione dell’obbligo, all’esclusione del concorrente”126, sembrerebbe limitare la partecipazione di quelle imprese che non

abbiano una piena conoscenza di tutte le disposizioni della materia che prevedano particolari adempimenti, sacrificando, così, la certezza del diritto.

Il sistema, quindi, conosce una pluralità di istituti volti ad evitare che il vizio formale in cui incorre l’Amministrazione possa tradursi automaticamente nella illegittimità del provvedimento adottato. Sarebbe allora contraddittorio e sperequato ritenere, al contrario, che l’eventuale carenza formale o documentale in cui dovesse incorrere il privato nei suoi rapporti con l’Amministrazione determini per ciò solo, senza alcuna possibilità di regolarizzazione, l’effetto di rendere l’atto che ne sia affetto inidoneo a produrre gli effetti voluti (soprattutto quando si tratti della mancanza di una fotocopia)”.

125 Recita il comma 1-bis dell’art. 46: «1-bis La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti

in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle.».

Da ultimo, il legislatore, “anticipando” la direttiva appalti – art. 56, par. 3 – e superando l’orientamento della citata Adunanza Plenaria, è intervenuto con l’art. 39 d.l. n. 90/2014, convertito in legge, l. n. 114/2014, introducendo un nuovo comma: il comma 2-bis all’art. 38 del codice dei contratti pubblici.

In particolare, esso introduce una sanzione pecuniaria per la mancanza, l’incompletezza e ogni altra regolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive ed obbliga la stazione appaltante ad assegnare al concorrente un termine non superiore a dieci giorni per la produzione o l’integrazione delle dichiarazioni carenti ed impone l’esclusione nel solo caso di inosservanza di tale ultimo adempimento.

La disposizione, poi, distingue, con un “lessico infelice e foriero di incertezze

interpretative ed applicative (e, quindi, anche di contenzioso)” 127, le irregolarità non

essenziali o la mancanza o l’incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, per le quali non è prevista alcuna necessità di regolarizzazione e, a fortiori, l’applicabilità della sanzione dell’esclusione.

Si tratta di una disposizione che, a prescindere dalle prevedibili difficoltà esegetiche sottese alla qualificazione come essenziali o meno delle irregolarità delle dichiarazioni sostitutive in questione, risulta finalizzata proprio a superare le incertezze interpretative e applicative del combinato disposto degli artt. 38 e 46 d.lgs. 163/2006, mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio – che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive – e la configurazione dell’esclusione dalla procedura come