6. I principi di economicità e di tempestività.
6.3 Segue: La rilevanza del fattore ambientale.
Con specifico riferimento al fattore sociale, come si è sopra accennato, la Commissione europea ha avviato, ormai da anni, un ragionamento molto semplice con riferimento alla relazione tra tutela ambientale e disciplina dei contratti pubblici. La P.A., che ha intenzione di indirizzare verso finalità ambientalmente virtuose questa fetta di economia – i contratti pubblici impegnano circa il 18%,del PIL comunitario – deve utilizzare lo strumento dell’appalto per la tutela ambientale. Da qui l’attenzione dell’U.E..
Bisogna considerare, come, all’esito dell’analisi delle direttive, rispetto al passato, il fattore ambientale negli appalti pubblici da elemento accessorio sia diventato uno dei fattori strutturali, tale da essere utilizzato nel decidere pubblico in modo accentuato rispetto all’approvvigionamento di beni e servizi. Confrontando le nuove direttive con la normativa221 e la giurisprudenza nazionale, l’aspetto ambientale era già insito
nei requisiti soggettivi, nelle specifiche tecniche dell’appalto, seppur in termini facoltativi, tale per cui non stupisce la sua attenzione da parte del legislatore europeo. Quello che effettivamente rappresenta il segno del cambiamento è la lettura degli articoli sui criteri di aggiudicazione e la loro appendice. Il favor sui criteri di aggiudicazione è verso il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; infatti la direttiva prevede che gli Stati potranno decidere di usare solo questo criterio. Nella descrizione di ciò che è economicamente più vantaggioso, la direttiva allarga il perimetro della considerazione che l’amministrazione fa rispetto al vantaggio economico della sua commessa e allarga forse anche il perimetro
temporale della considerazione che l’amministrazione deve fare rispetto alla convenienza di ciò che si sta acquistando o dotando. L’offerta economicamente più vantaggiosa viene indirizzata verso una valutazione di costo ed efficienza, il rapporto fra qualità e prezzo; questo costo viene qualificato significativamente dal ciclo di vita del prodotto o del servizio222. In realtà, anche il concetto di ciclo di vita del prodotto
non è una novità. Basti vedere come e quanto è lungo l’elenco nell’allegato 13 della direttiva delle metodologie per il calcolo del costo del ciclo di vita del prodotto o servizio. Il salto di qualità probabilmente sta proprio qui, perché fino ad oggi l’aspetto degli appalti verdi è stato vissuto come un argomento di nicchia, di assolutamente eventuale, di alto tecnicismo che non hanno giovato all’implementazione di questa disciplina. La direttiva chiarisce, inoltre, il concetto di costo della vita e prevede che può prescindere dalla connessione dell’oggetto dell’appalto, cioè deve essere possibile nell’individuare il criterio del costo del ciclo di vita e dell’oggetto dell’appalto una stretta connessione, ma nello spiegare quando c’è la connessione si chiarisce che essa può aversi in momenti successivi all’appalto (ad esempio, la fase di dismissione di questi beni).
Tali costi vengono distinti in costi sostenuti dalla P.A. aggiudicatrice (costi dell’utilizzo per esempio privilegiando fonti naturali, costi di manutenzione e costi relativi a fine vita del prodotto) o dagli utenti. Dall’altro lato vengono evidenziati i costi indivisibili, non addossabili ad un soggetto determinato (es. l’inquinamento dove l’esternabilità è negativa ed incide su tutta la comunità). L’incidenza del fattore ambientale nell’evidenza pubblica allarga l’orizzonte temporale della valutazione dei costi: la P.A. deve valutare l’offerta economicamente più vantaggiosa, tenendo conto
che questo vantaggio deve sussistere fino a quando non si ha la dismissione del bene. Sarà compito, poi, della capacità della P.A. nel valutare ciò (si pensi al costo del fine vita che cambia da territorio a territorio), senza farsi fossilizzare dal tecnicismo. Questo aspetto del fattore ambientale spinge verso l’innovazione (si immagini la creazione di computer con materiali riciclabili). Fino ad oggi gli appalti verdi223 si
caratterizzavano per la finalità ambientale, nella direttiva il fattore ambientale diventa uno degli elementi della scelta discrezionale della P.A., quindi si supera il concetto degli appalti verdi e si cerca di utilizzare tale fattore in modo oggettivo al pari di tutti gli altri indicati per valutare l’offerta.
223 Il primo documento Comunitario che espressamente riconosce la possibilità di conciliare la tutela
del libero mercato con una politica ambientale e sociale è il Libro verde sugli appalti pubblici del 1996 (Comunicazione della Commissione, 27 novembre 1996, COM(96) 583, Libro Verde. Gli appalti pubblici nell'Unione Europea. Spunti di riflessione per il futuro). Tale documento sottolinea la rilevanza del settore degli appalti pubblici, anche in considerazione della sua grande dimensione, al fine del perseguimento degli obiettivi della tutela dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. Il Trattato di Amsterdam e l'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Ma, il vero momento di svolta deve essere considerato il Trattato di Amsterdam del 1997 che ha sancito il principio di integrazione che comporta l'obbligo per gli organismi comunitari di ponderare e bilanciare gli interessi ambientali integrandoli all'interno di tutte le altre politiche da perseguire. Il principio fu recepito dall'art. 6 del Trattato CE ove era detto che "le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'art. 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile". Peraltro, tra le politiche dell'art. 3 del Trattato CE rientrava la creazione di un "mercato interno caratterizzato dall'eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone e dei servizi". Oggi, la norma che recepisce il principio di integrazione è traslocata all'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) che afferma che "le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile". La tutela dell'ambiente assume, dunque, un carattere sempre più trasversale che orienta il perseguimento di tutte le altre politiche comunitarie ed è in esse integrata. Il principio di integrazione comporta l'obbligo per gli organismi comunitari di ponderare e bilanciare gli interessi ambientali all'interno di tutte le altre politiche; inoltre, in caso di conflitto con altri e differenti interessi, anche gli interessi ambientali dovranno essere convenientemente bilanciati. Così, F. Lombardo e A. Farì,
Appalti verdi: i criteri ambientali nel diritto comunitario degli appalti pubblici, in professioni- imprese.ilsole24ore.it
7. Conclusione.
Nel paragrafo secondo del presente capitolo ci si è chiesti se le nuove direttive producano qualche effetto nel nostro ordinamento.
Si sono analizzati i principi che informano la procedura dell’evidenza pubblica, principi guida delle ultime novità legislative224, e si è giunti ad affermare, come in
alcune parti, queste ultime hanno in parte già dato attuazione a quanto previsto, soprattutto, nella direttiva Appalti 2014/24/UE.
Si pensi all’art. 39 d.l. n. 90/2014 che amplia il soccorso istruttorio; agli artt. 37 e ss. d. lsg. n. 33/2013, agli artt. 79 e 79-bis del d. lgs. 163/2006, il primo modificato e il secondo aggiunto dal d.lgs. n. 53/2010, che prevedono particolari obblighi di pubblicità/trasparenza in materia di appalti; all’art. 2, comma 1-bis, del d. lgs. 163/2006 – comma aggiunto dal d.l. n. 201/2011 e s.m. – che prevede la suddivisione in lotti degli appalti al fine di favorire le P.M.I.; alle centrali di committenza disciplinate dal d.l. n. 66/2014 e al fattore ambientale, art. 2, comma 2, del d.lgs. 163/2006, quale criterio di valutazione delle offerte presentate per le stazioni appaltanti. Tutto ciò induce a ritenere che si ha nel nostro ordinamento giuridico una “mediata” precettività della direttiva Appalti (alcuni aspetti, come si è cercato di evidenziare, sono estensibili anche alla direttiva Utilities 2014/25/UE). “Mediata”, appunto, perchè in parte già attuata dal nostro legislatore con le ultime novità legislative.
224 Le novità legislative rispettano l’obbligo di leale collaborazione ex art. 10 TCE, in quanto non sono
Si può, inoltre, affermare che, se è vero che le nuovissime direttive non sono self
execunting, nelle parti dettagliate e puntuali, in quanto manca il requisito della non
attuazione, e quindi non hanno un effetto diretto, tanto che dovranno essere attuate entro l’aprile del 2016 e che, prima di tale data, rimangono in vigore le direttive del 2004, esse verosimilmente producono qualche effetto giuridico.
In particolare, sarebbero fonte di ispirazione per i giudici e quindi possono essere richiamate quale ulteriore supporto delle loro decisioni. Infatti, volendo applicare quanto espresso dalla Corte di Giustizia – nella sentenza Mangold225 – in materia di
appalti, si otterrebbe che il rispetto della concorrenza, quale principio generale del diritto comunitario, non dipende dalla scadenza del termine concesso agli Stati membri per la trasposizione della direttiva, ma è opera del giudice nazionale assicurare la tutela giuridica che il diritto comunitario attribuisce ai singoli, garantendone la piena efficacia e, eventualmente, disapplicare le leggi nazionali confliggenti226.
225 Cit. nel par. 2 del presente capitolo.
226 A tal proposito risultano interessanti alcuni passaggi della sentenza:
p.75) Il principio di non discriminazione in ragione dell’età deve pertanto essere considerato un principio generale del diritto comunitario. Quando una normativa nazionale rientra nella sfera di applicazione di quest’ultimo, come è il caso dell’art. 14, n. 3, del TzBfG, modificato dalla legge del 2002, in quanto misura di attuazione della direttiva 1999/70 (cfr., a questo proposito, i punti 51 e 64 della presente sentenza), la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari alla valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità della detta normativa con tale principio (cfr., in questo senso, sentenza 12 dicembre 2002, causa C 442/00,
Rodríguez Caballero, Racc. pag. I 11915, punti 30 32); p.76) Di conseguenza, il rispetto del principio
generale della parità di trattamento, in particolare in ragione dell’età, non dipende, come tale, dalla scadenza del termine concesso agli Stati membri per trasporre una direttiva intesa a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sull’età, in particolare per quanto riguarda l’organizzazione degli opportuni strumenti di ricorso, l’onere della prova, la protezione contro le ritorsioni, il dialogo sociale, le azioni positive e altre misure specifiche di attuazione di una siffatta direttiva; p.77) Ciò considerato, è compito del giudice nazionale, adito con una controversia che mette in discussione il principio di non discriminazione in ragione dell’età, assicurare, nell’ambito della sua competenza, la tutela giuridica che il diritto comunitario attribuisce ai singoli, garantendone la piena efficacia e disapplicando le disposizioni eventualmente configgenti della legge nazionale (v., in questo senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc., pag. 629, punto 21, e 5 marzo 1998, causa C 347/96, Solred, Racc. pag. I 937, punto 30); p.78) Considerato tutto quanto sopra, la seconda e la terza questione vanno risolte dichiarando che il diritto comunitario e, in particolare, l’art. 6, n. 1,
Esse, di riflesso, sarebbero anche fonte di orientamento per le pubbliche amministrazioni che diverrebbero più flessibili nell’esercizio della loro attività di affidamento delle commesse pubbliche, al fine di evitare eventuali controversie giudiziarie. Ciò, comunque, non esime quest’ultime nell’adottare atti conformi al diritto comunitario.
La conclusione è, allora, che le tre direttive, pur se non hanno carattere di immeditata precettività, neanche nelle parti dettagliate e puntuali, esplicano comunque alcuni limitati effetti: la “mediata” precettività con le ultime novità legislative227 e l’obbligo
di interpretazione conforme al loro risultato da parte del giudice e dell’amministrazione.
della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale quale quella controversa nella causa principale, la quale autorizza, senza restrizioni, salvo che esista uno stretto collegamento con un precedente contratto di lavoro a tempo indeterminato stipulato con lo stesso datore di lavoro, la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato qualora il lavoratore abbia raggiunto l’età di 52 anni. È compito del giudice nazionale assicurare la piena efficacia del principio generale di non discriminazione in ragione dell’età disapplicando ogni contraria disposizione di legge nazionale, anche quando il termine di trasposizione della detta direttiva non è ancora scaduto. In
curia.europa.eu. Cfr. L. CAPPUCCIO, Corte di Giustizia: la non discriminazione in base al sesso e
l’efficacia orizzontale delle direttive, in Quaderni costituzionali, fasc. 1, 2011, 165.
Capitolo Quarto
L’immediata applicabilità dell’art. 12 direttiva Appalti.
SOMMARIO: 1. L’in house e i suoi requisiti – 1.1 Segue: Il controllo
analogo – 1.2 Segue: L’elemento funzionale – 2. L’in house: modello generale alternativo alla gara o modello eccezionale? – 3. La tipizzazione normativa dell’in
house – 4. L’immediata applicabilità dell’art. 12 della direttiva sugli appalti pubblici
– 2014/24/UE – 5. Il criterio della prevalenza come specificato nella direttiva appalti. 5.1 Il calcolo del criterio quantitativo della prevalenza – 6. Conclusioni.