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Il diritto all’informazione: le novità introdotte dall’art 90 bis

Le ricadute sull’ordinamento italiano della normativa dell’Unione a tutela delle vittime d

3.8 Il diritto all’informazione: le novità introdotte dall’art 90 bis

Il d.lgs. 212/2015 introduce importanti novità in tema di informazione, dimostrando di allinearsi con la politica comunitaria di implementazione delle garanzie di “primo livello”302: non è del resto possibile alcun tipo di “inclusione” della vittima se quest’ultima non viene messa nelle condizioni di capire le tutele riservate dall’ordinamento. L’art. 1, comma 1, lettera b del d.lgs. in esame inserisce due nuovi articoli nel codice di rito che disciplinano il diritto all’informazione della persona offesa: in primo luogo viene aggiunto l’articolo 90 bis rubricato “informazioni alla persona offesa”. La norma, attuando le disposizioni della direttiva 2012/29/UE, è

301 Guerra M., Relazione dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, n.

III/02/2016, op.cit., pag. 5.

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finalizzata a mettere la persona offesa nelle condizioni di comprendere ed essere compresa, fin dal primo contatto con l’autorità procedente. L’articolo comprende una serie di informazioni tecnico-giuridiche da comunicare in una lingua comprensibile, utili ad orientare la persona offesa durante lo svolgimento delle indagini e nell’eventuale fase processuale. In particolare, tali informazioni riguardano: le modalità di presentazione degli atti di denuncia o querela, il ruolo che assume nel corso delle indagini e del processo, il diritto ad avere conoscenza della data, del luogo del processo e della imputazione e, ove costituita parte civile, il diritto a ricevere notifica della sentenza, anche per estratto (lett. a); la facoltà di ricevere comunicazione dello stato del procedimento e delle iscrizioni di cui all’articolo 335, commi 1 e 2, c.p.p. (lett. b); la facoltà di essere avvisata della richiesta di archiviazione (lett. c); la facoltà di avvalersi della consulenza legale e del patrocinio a spese dello Stato (lett. d); le modalità di esercizio del diritto all’interpretazione e alla traduzione di atti del procedimento (lett. e); le eventuali misure di protezione che possono essere disposte in suo favore (lett. f); i diritti riconosciuti dalla legge nel caso in cui risieda in uno Stato membro dell’Unione Europea diverso da quello in cui è stato commesso il reato (lett. g); le modalità di contestazione di eventuali violazioni dei propri diritti (lett.h); le autorità cui rivolgersi per ottenere informazioni sul procedimento (lett. i); le modalità di rimborso delle spese sostenute in relazione alla partecipazione al procedimento penale (lett. l); la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni derivanti da reato (lett. m); la possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all’articolo 152 c.p. o attraverso la mediazione, prevista dagli articoli 464-bis e seguenti c.p.p. e relative disposizioni di attuazione (articoli 4 e 5 della legge 22 aprile 2014, n. 67) (lett. n); le facoltà spettanti nei procedimenti in cui l’imputato formula richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova o in quelli in cui è applicabile la causa di esclusione

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della punibilità per particolare tenuità del fatto (lett. o); le strutture sanitarie presenti sul territorio, le case famiglia, i centri antiviolenza e le case rifugio (lett. p). E’ intuibile che l’ampiezza di tale comunicazione è volta a rendere pienamente noti, alla persona offesa, i diritti e le facoltà che la legge le riconosce. 303 La norma tuttavia riporta alcune delle disposizioni già presenti nel codice di rito: l’art. 101, comma 2, infatti, a seguito della modifica del 2013, già predisponeva che “al momento dell'acquisizione della notizia di reato

il pubblico ministero e la polizia giudiziaria informano la persona offesa dal reato di tale facoltà (di nominare un difensore). La persona offesa è altresì informata della possibilità dell'accesso al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni”. In merito ancora alle forme di

protezione e sostegno, l’ordinamento prevedeva l’obbligatoria comunicazione, all’atto della denuncia, di alcune categorie di reati: l’attenzione del legislatore si concentrava particolarmente sulle persone offese, ritenute particolarmente vulnerabili, dei delitti di maltrattamenti in famiglia, tratta di persone, sfruttamento sessuale di minori, violenza sessuale, atti sessuale con minorenne, corruzione di minorenne e atti persecutori, stabilendo, all’art. 11 del d.l. n. 11 del 2009, che “le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni

pubbliche (...) hanno l'obbligo di fornire alla vittima stessa tutte le informazioni relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio e, in particolare, nella zona di residenza della vittima. Le forze dell'ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche provvedono a mettere in contatto la vittima con i centri antiviolenza, qualora ne faccia espressamente richiesta”. Conseguentemente, il nuovo art. 90 bis si

può considerare norma generale, da una parte foriera di nuovi obblighi

303

Guerra M., Relazione dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, n. III/02/2016, op.cit., pag. 8.

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informativi e dall’altra ricognitiva di quelli già esistenti, che controbilancia in sostanza la comunicazione indicata nell’art. 369 bis c.p.p. della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge alla persona sottoposta alle indagini. La maggior parte dei diritti e delle facoltà che costituiscono oggetto di avviso ai sensi dell’art. 90-bis erano già assicurati dal codice di rito304, per altri indicati dalla direttiva 2012/29/UE, si è invece reso necessario un intervento sul codice processuale: così è stato con riferimento al diritto all’interprete ed al traduttore ed al diritto di informazione, su richiesta, della scarcerazione o evasione dell’imputato, del condannato o dell’internato. Muovendo verso un analisi più specifica, una particolare attenzione viene riservata al momento della denuncia di un reato (lett. a), dal momento che, tale informazione, rappresenta “un antefatto immancabile per l’intera

impalcatura del regime partecipativo da assicurare all’offeso”.305

La disposizione prevista alla lett. a suscita tuttavia qualche perplessità dal momento in cui, allineandosi con l’idea secondo cui le garanzie offerte alla persona offesa trovino la loro naturale sede nella fase delle indagini preliminari, riconosce solo al danneggiato il diritto a conoscere la decisione. Come è stato precedentemente sottolineato, la direttiva 2012/29/UE, sul punto, è più garantista, prescrivendosi la

304 Così, infatti, il diritto a presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento

e di indicare elementi di prova (con esclusione del giudizio di cassazione) (art. 90); di richiedere ed ottenere la comunicazione delle iscrizioni contenute nel registro delle notizie di reato (art. 335); di ricevere l'informazione di garanzia (art. 369); di nominare un difensore e accedere al patrocinio a spese dello Stato (art. 101); di essere informata della revoca o sostituzione delle misure cautelari (e della relativa richiesta) (art. 299); di richiedere al pubblico ministero di promuovere l'incidente probatorio e prendere visione dei relativi atti (artt. 390 e 401); di assistere agli atti garantiti del pubblico ministero e ricevere l'avviso del loro deposito (artt. 360 e 366); di interloquire sulla proroga del termine di durata delle indagini (art. 406); di intervenire in merito alla richiesta del P.M. di archiviazione (art. 409); di richiedere al Procuratore generale l'avocazione delle indagini (art. 413); di essere citata per l'udienza preliminare (art. 419); di essere informata del rinvio a giudizio immediato (art. 456) e del giudizio abbreviato (art. 438); di sollecitare il pubblico ministero affinché proponga impugnazione agli effetti penali (art. 572).

305 Relazione tecnica allegata allo Schema di decreto legislativo recante attuazione

della direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (204).

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comunicazione alla vittima di ogni pronuncia sulla colpevolezza o che metta comunque fine al procedimento. Il provvedimento va comunicato per intero, provvisto di motivi, o attraverso un breve riassunto. Tale diritto all’informazione può incontrare un limite solamente qualora la divulgazione possa pregiudicare il corretto svolgimento del procedimento o arrecare danno ad un’indagine o ad un procedimento in corso o ad una persona, ovvero metta a rischio la loro sicurezza (art. 6). Un altro aspetto evidenziabile è che l’art. 90 bis prevede che vengano fornite informazioni all’offeso anche nelle fasi procedimentali successive alla querela (lett. b, lett. i e lett. h). Per quanto riguarda poi l’informazione sul diritto di difesa (lett. d), e sull’assistenza linguistica (lett. e), bisogna evidenziare come l’intervento ad adiuvandum del difensore di fiducia e dell’interprete/traduttore, viene concepito con come speculare rispetto a quello previsto per l’imputato, essendo entrambi volti a predisporre accanto al proprio assistito un professionista che sappia “parlare la

lingua del processo e tradurla”306

. Allo stesso modo la vittima deve essere messa a conoscenza del diritto di accedere al patrocinio a spese dello Stato, nell’ottica dell’abbattimento di ogni ostacolo per l’accesso alla giustizia per l’offeso. Con un occhio poi di riguardo al procedimento di archiviazione spicca la facoltà della vittima di essere avvisata (ex art. 90 bis c.p.p., lett. c): tale novità si rendeva necessaria e per le indicazioni sovranazionali307 e per le spinte dottrinarie che suggerivano da tempo una modifica della disciplina308. È noto il vizio d’origine che sussisteva nel meccanismo previsto dall’art. 408 c.p.p.: l’avviso di archiviazione doveva essere effettuato solo qualora la

306

Bubola F.A., La direttiva 2013/48/UE sul diritto al difensore e a comunicare con

terzi e autorità consolari in caso di privazione della libertà personale, Diritto penale

contemporaneo, 29 novembre 2013, pag. 1 ss.

307 Ex art. 6 Dir. 2012/29/UE la vittima ha diritto di conoscere la decisione di non

esercitare l’azione penale o di non proseguire le indagini, qualsiasi sia l’organo titolare di tale potere, conoscenza indispensabile per poter impugnare l’archiviazione o il non luogo a procedere

308 Del Tufo V., Linee di politica criminale europea e internazionale a protezione

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persona offesa ne facesse richiesta, tuttavia mancava una disposizione generale che obbligasse l’autorità ad informare la vittima di questo diritto, andando così a compromettere l’effettività della previsione. Nel 2013 e nel 2015, con due interventi differenti, si è tentato di superare questa impasse, prevedendosi una notifica comunque necessaria, ma limitatamente a casi ben precisi309. La soluzione è stata in definitiva fornita dal d.lgs. in esame, che ha introdotto una sorta di informativa preventiva, soddisfacente per le vittime e che non va ad appesantire il sistema delle notifiche. La rilevabile assenza poi di un apparato sanzionatorio effettivo è stata colmata con la recentissima l. 103/2017 (legge Orlando), che ha introdotto il nuovo art. 410 bis, rubricato

“Nullità del decreto di archiviazione”, offrendosi alla persona offesa

la possibilità di sporgere un reclamo al tribunale monocratico, all’esito del quale, se il reclamo è fondato, il giudice “annulla il provvedimento oggetto di reclamo e ordina la restituzione degli atti al giudice che ha emesso il provvedimento. Sempre in merito ai diritti informativi, il

d.lgs. in esame contiene una serie di avvisi connessi all’esito del procedimento (lett. l e m): un’informazione che sia tempestiva circa il diritto alla compensazione delle spese sostenute e del danno subito, può indubbiamente influenzare la decisione dell’offeso di affrontare un procedimento penale, evitando, come spesso accade, che i costi del

processo disincentivino le sue aspettative di giustizia.310 Pur essendo

encomiabile sul piano degli intenti, questo intervento può risultare pressoché inutile dal punto di vista pratico: anche se si informa la vittima del suo diritto alla compensazione, non essendoci strumenti per adempiere all’obbligazione restitutoria, l’avviso datole non comporta un risultato concreto. Nel nostro ordinamento manca, infatti, un fondo di solidarietà statale a favore delle vittime, cui accedere, nei casi di

309

Ci si riferisce alla legge n. 119 del 2013 che ha introdotto il nuovo comma 3 bis dell’art. 408 c.p.p., poi rimaneggiata dal d.lgs. 28 del 2015.

310 Chiavario M., La parte dei privati: alla radice (e al di là) di un sistema di

garanzie, in Chiavario M. (a cura di), Procedure penali d’Europa, Cedam, 2001, pag.

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insolvenza del reo. La falla nel sistema, segnalata prima in dottrina311,

non è passata, come succitato312, inosservata alla Corte di

Lussemburgo. Sempre con riguardo agli esiti del processo, ma su un piano alternativo, si muovono le lettere n ed o dell’articolo 90 bis: diversi sono gli scopi che tali disposizioni, in tema di giustizia riparativa, si pongono. Si vuole, da una parte favorire l’incontro tra vittima e reo, occasione per ottenere una riparazione morale, dall’altra promuovere la reintegrazione e la riabilitazione del colpevole, in vista di epiloghi più costruttivi e meno repressivi della giustizia penale. In conclusione l’art. 90 bis alla lettera p prevede, come visto, una serie di disposizioni che condensano il tema dell’assistenza alla vittima, tema tanto caro al legislatore europeo, quanto secondario nel nostro ordinamento. La situazione attuale non è, invero, delle più rosee: l’accessibilità ai servizi di assistenza è vincolata alla denuncia della vittima e gli obblighi informativi vengono spesso disattesi creandosi così innumerevoli episodi di vittimizzazione secondaria. È assente, poi, una procedura omogenea di accoglienza e non è costante l’accompagnamento alla vittima. Sussistono del resto numerosi altri problemi quali: la reperibilità degli operatori, l’organizzazione capillare su tutto il territorio e la necessità di creare numeri unici,

sempre attivi e raggiungibili.313 Analizzando infine il tutto da un punto

di vista pratico, la polizia giudiziaria e il pubblico ministero forniranno tutte le informazioni succitate in un unico atto, scritto in una lingua

comprensibile all’interessato. Tuttavia, per far sì che si garantisca

l’effettività della previsione codicistica sarà importante che gli operatori che entrano in contatto con le vittime nelle varie fasi

311 Di Napoli E., La controversia portata applicativa della direttiva 2004/80/CE in

tema di indennizzo delle vittime di reato, La Nuova Giurisprudenza Civile

Commentata, 2014, pag. 553 ss.

312

Al riguardo vedi paragrafo 3.2 del presente elaborato.

313 Todaro G., Il sistema italiano di tutela della vittima del reato: analisi e

prospettive, in Luparia L. (a cura di), Lo statuto europeo delle vittime di reato. Modelli di tutela tra diritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, Cedam, 2015,

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processuali siano adeguatamente formati, così da poter offrire un servizio di effettiva assistenza e informazione alle singole persone offese, in modo tale che possano essere messe nella condizione di essere realmente coscienti delle conseguenze della propria denuncia e di prendere decisioni consapevoli circa la loro partecipazione al procedimento. La direttiva 2012/29/UE pone del resto una particolare attenzione non solo alla formazione degli operatori che entrano in contatto con le vittime, ma raccomanda al tempo stesso lo sviluppo di

“punti unici di accesso” o “sportelli unici” dedicati ai bisogni delle

vittime, nonché invita gli Stati membri a sostenere analoghi servizi di assistenza privati (artt. 8 e 25 e considerando 61, 62, 63). È evidenziabile come attualmente non esistano uffici o strutture di sostegno all’iniziativa legale della persona offesa istituzionalizzate. Per tale motivazione, come succitato, in sede di esame parlamentare la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, nell’esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo, ha evidenziato l’opportunità di introdurre disposizioni volte a prevedere la costituzione, all’interno di ogni tribunale, di un apposito ufficio per le vittime di reato, al cui funzionamento preporre un magistrato, con la facoltà di avvalersi della collaborazione dei servizi sociali e delle associazioni in favore delle vittime. Tale osservazione, tuttavia, non è stata accolta dal Governo in considerazione della non sostenibilità nell’immediatezza degli oneri economici conseguenti alla istituzione di un nuovo “sportello delle vittime” che presuppone necessariamente una sinergia tra diverse amministrazioni. Alla luce di quanto è emerso, essendo questa una panoramica sul d.lgs. 212/2015, è lecito dubitare che il suo intervento in materia di diritto all’informazione possa fornire un reale contributo al rafforzamento del supporto alle vittime di reato.314

314

Del Vecchio F., La nuova fisionomia della vittima del reato dopo l’adeguamento

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