Le ricadute sull’ordinamento italiano della normativa dell’Unione a tutela delle vittime d
3.4 Le valutazioni compiute dall’Esecutivo al momento
dell’adozione dello schema di decreto legislativo
Prima di passare all’analisi contenutistica del decreto è opportuno, per comprendere quali profili sono stati maggiormente valorizzati e quali no, osservare l’iter che ha portato al d.lgs. in esame. I principi fissati dalla direttiva dovevano essere obbligatoriamente recepiti entro la fine dell’anno 2015. L’Esecutivo, in base alla l. 96/2013, legge delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione Europea, nel predisporre lo schema di decreto legislativo, ha ritenuto che il tessuto normativo e culturale italiano già possedesse i principi fondamentali imposti dalla direttiva 2012/29/UE. Il governo, tuttavia, considerava al tempo stesso necessari taluni interventi per garantire una piena concordanza con le previsioni comunitarie. Specificamente: in caso di dubbio sulla minore o maggiore età della vittima, la disposizione dovrà prevedere una presunzione di minore età (art. 90, comma 2 bis, c.p.p.); la facoltà di esercitare i diritti della persona offesa deceduta anche per il convivente legato da relazione affettiva, pur in assenza di matrimonio (art. 90, comma 3, c.p.p.); l’introduzione dell’art. 90-bis c.p.p., comprendente l’elenco di informazioni da fornire alla persona offesa fin dal primo contatto con l’autorità giudiziaria; la comunicazione alla vittima dell’eventuale scarcerazione o evasione dell’autore del reato (art. 90-ter c.p.p.); i casi di nomina dell’interprete a tutela dei diritti della persona offesa (art. 143- bis c.p.p.). Il testo dell’Esecutivo disponeva inoltre l’estensione delle modalità protette di incidente probatorio, di cui all'art. 398 c.p.p., alle vittime vulnerabili, a prescindere dalla loro età e dal reato per cui si procede. Una disposizione con identica portata normativa era prevista anche per la fase dibattimentale, purtuttavia con un rilevante elemento di novità: una nozione di particolare vulnerabilità che, qualora venisse soddisfatta, autorizzava il giudice a procedere all’esame testimoniale
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della vittima, con le modalità di cui all’art. 498 c.p.p. Lo schema di decreto prevedeva, in ultimo luogo, altri casi di nomina dell’interprete per la vittima alloglotta che dovesse sporgere un atto di denuncia- querela (art. 107-ter disp. att. c.p.p.) e l’obbligo per le autorità italiane di inoltrare agli omologhi uffici degli altri paesi dell’Unione denunce per fatti commessi all’estero, provenienti da soggetti residenti o domiciliati in Italia (art. 108-bis disp. att. c.p.p.).287
3.4.1 Il parere reso dalla Commissione Giustizia della Camera dei
Deputati
In prossimità del termine di recepimento, il dibattito fuori e dentro le aule del Parlamento si è fatto sempre più intenso: l’auspicio all’alba dell’attuazione era che il legislatore impugnasse “la spada”, mirando al riconoscimento e all’implementazione di quei diritti che, se garantiti alla vittima, non comportino un automatico svuotamento di garanzie per l’imputato, allineandosi così al modello costituzionale di pesi e contrappesi. Al contempo tuttavia, invocando lo “scudo” del garantismo, si invitava ad un’importazione meditata ed equilibrata, che prestasse maggiore prudenza agli aspetti che incidono sul diritto al contraddittorio e sugli altri principi supremi del processo penale288. Il Parlamento, dal canto suo, coinvolto nell’elaborazione del decreto attraverso l’espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti, ha ritenuto che l’attuazione della direttiva 2012/29/UE rappresentasse un’occasione per razionalizzare il quadro confusionario di disposizioni previste per la tutela delle vittime, in particolare quelle deboli. La II Commissione della Camera dei Deputati ha espresso un parere favorevole con osservazioni sullo schema di decreto proposto
287
Ferranti D., Strumenti di tutela processuale per la vittima del reato. Sguardo di
insieme sulle recenti innovazioni alla luce dell’attuazione della direttiva 2012/29/UE, Diritto penale contemporaneo, 2016.
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Del Vecchio F., La nuova fisionomia della vittima del reato dopo l’adeguamento
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dal Governo: si riteneva opportuno, da parte della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, che l’intervento contenesse la descrizione degli indici da cui desumere lo stato di vulnerabilità della vittima che, come sappiamo, in base al testo comunitario, non è collegato rigidamente ad un determinato catalogo di reati ovvero alla condizione soggettiva della vittima. Esigenze sistematiche ed esperienze pregresse hanno fatto sì che la Commissione suggerisse l’estensione degli strumenti processuali di tutela anche ai testimoni deboli: non a caso il parere reso dalla Commissione si apre con un invito all’Esecutivo di valutare i criteri di apprezzamento caso per caso della vulnerabilità e da tale situazione far conseguire le misure rafforzate di tutela della vittima (o del testimone), tra cui quella di non avere contatti visivi con l’autore del fatto e quella di essere ascoltata il minor numero di volte possibile, con l'ausilio di esperti di psicologia e, laddove possibile, fuori dai luoghi tradizionali dell’amministrazione della giustizia e senza domande dirette dell'imputato o dei suoi difensori289. Nei lavori della Commissione si è inoltre evidenziato che la direttiva “si propone la duplice finalità di individuare modalità di
protezione per la vittima da interferenze esterne, in primo luogo provenienti dall'autore, e di individuare modalità di tutela che consentano alla persona offesa vulnerabile di partecipare al processo senza per questo dover patire le conseguenze negative che possono derivare dalla sua testimonianza”290. In merito ai criteri per la
valutazione della debolezza, sono stati suggeriti prendendo le mosse dalla direttiva europea sulla tratta di esseri umani e dall'art. 1 del decreto di recepimento n. 24/2014: a) dalle condizioni soggettive (quali età, disabilità o patologie); b) dal tipo di delitto patito (con specifico riferimento ai crimini violenti, ovvero a matrici terroristiche,
289 Legislatura 17ª - 2ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 245 del
15/10/2015,in
http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=17&id =941144
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di criminalità organizzata o ancora alla tratta di esseri umani, al razzismo ovvero alla discriminazione); c) dalle relazioni domestiche o famigliari intercorrenti tra autore e vittima; d) dal danno patito. Assunte queste premesse, la Commissione, in tema di accertamento della vulnerabilità, ha suggerito al Governo due soluzioni alternative: la prima, più radicale, che prevedeva il potere del pubblico ministero di emettere un decreto di vulnerabilità, sempre revocabile, da cui far conseguire un affiancamento da parte di un esperto in psicologia nella fase delle audizioni della polizia giudiziaria e del pubblico ministero, l’accesso all’incidente probatorio atipico, la possibilità di essere sottoposti agli esami, sia nella fase dell’incidente probatorio, sia in dibattimento, nelle forme protette. In alternativa si disponevano i criteri per l’apprezzamento della vulnerabilità, previsti dallo schema di decreto solamente in relazione all’art. 498 c.p.p., traducendoli in una norma autonoma, da cui far conseguire le prerogative processuali succitate. La Commissione Giustizia sottolineava come in ogni caso si rendesse necessario armonizzare con la nuova fisionomia dell’incidente probatorio atipico la previsione di cui all’art. 190 bis c.p.p., comma 1 bis, che limita la ripetibilità dibattimentale di esami testimoniali già assunti nelle forme dell’incidente probatorio. La ratio dell’incremento delle possibilità di accedere alla formazione anticipata della prova è invero quella, come in parte sopra anticipato, di sottoporre al minor numero di audizioni il soggetto debole, salvaguardandolo così da domande insinuanti tipiche della tenzone processuale, nella convinzione che questo portasse ad un’audizione più attendibile e genuina. La Commissione Giustizia riteneva inoltre opportuno inserire, a tutela di vittime e testimoni vulnerabili, l’obbligatorietà di video riprendere tutte le loro audizioni: la consultazione del video, visibile in ogni momento, consente una valutazione del linguaggio del corpo ed un’eventuale stato di disagio, non percepibili attraverso gli strumenti della verbalizzazione o
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attraverso la fono registrazione. Sul punto si argomentava invero così:
“l'obbligo di registrazione delle audizioni investigative avrebbe uno straordinario effetto sulla semplificazione e velocizzazione dei procedimenti. Si tratta di una misura coerente anche con le indicazioni della giurisprudenza della Corte di legittimità che assegna un valore inquinante alle domande suggestive (che possono essere poste anche all'inizio della progressione dichiarativa, ovvero durante le audizioni investigative, senza che la correttezza dell'esame sia controllabile). La misura si manifesta opportuna anche in relazione al fatto che le difese spesso (legittimamente) basano le loro strategie difensive proprio sul dubbio circa l'eteroinduzione dei contenuti accusatori in fase investigativa. Fase a volte oscura, che la videoregistrazione renderebbe finalmente fruibile a garanzia dell'accusato e della parte lesa”291
. Tra le misure suggerite si esprimeva inoltre la necessità di prevedere un’estensione dell’obbligo di notificazione alla persona offesa o al suo difensore dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari nonché si auspicava la predisposizione in ogni tribunale di un apposito ufficio per le vittime di reato, adibito, sotto la guida di un magistrato preposto, a fornire ausilio e informazioni alle persone offese, servizio, peraltro, già operante presso taluni tribunali. 292
291 Ibidem.
292 Ferranti D., Strumenti di tutela processuale per la vittima del reato. Sguardo di
insieme sulle recenti innovazioni alla luce dell’attuazione della direttiva 2012/29/UE, op.cit., pag. 16.
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