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L’apporto della direttiva

I diritti, l’assistenza e la protezione delle vittime di reato nella direttiva 2012/29/UE

2.8 La giustizia riparativa

2.8.1 L’apporto della direttiva

In base all’assunto sopracitato per cui un reato è anche una violazione dei diritti individuali delle vittime, la direttiva 2012/29/UE si occupa espressamente della tutela della vittima nell'ambito della giustizia riparativa, intesa come “qualsiasi procedimento che permette alla

vittima e all'autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l'aiuto di un terzo imparziale”220

. Bisogna in primo luogo premettere che il carattere di complementarità della giustizia riparativa rispetto alla giustizia punitiva, postulato dalla direttiva

217 Parisi F., Il diritto penale tra neutralità istituzionale e umanizzazione

comunitaria, Diritto penale contemporaneo, 26 ottobre 2012, pag. 9.

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Paoletti S., Giustizia riparativa: uno strumento per la tutela sostanziale della

vittima, Cassazione Penale, 2017, fasc. 4, pag. 1733.

219 Ciavola A., Il contributo della giustizia consensuale e riparativa all'efficienza dei

modelli di giurisdizione, Giappichelli, 2010, pag. 243.

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2012/29/UE, si staglia sullo sfondo221. Si specifica del resto nel considerando n. 46 direttiva 2012/29/UE che “nell'affidare un caso

ai servizi di giustizia riparativa e nello svolgere un processo di questo genere, è opportuno tenere conto di fattori come la natura e la gravità del reato, il livello del trauma causato, la violazione ripetuta dell'integrità fisica, sessuale o psicologica della vittima, gli squilibri di potere, l'età, la maturità o la capacità intellettiva della vittima, che potrebbero limitarne o ridurne la facoltà di prendere decisioni consapevoli o che potrebbero pregiudicare l'esito positivo del procedimento seguito”. Per quanto riguarda i reati per i quali si rende

usufruibile il paradigma riparativo, la direttiva lascia massima discrezionalità agli Stati membri, dal momento che il criterio di proporzione costi-benefici potrebbe indurre ad escludere la suddetta risposta “riparativa”, dispendiosa dal punto di vista delle risorse da impegnare ed impegnativa per le parti per il loro coinvolgimento personale e psicologico. Non sono neppure specificamente individuati da parte della direttiva specifici strumenti di giustizia riparativa, ma si richiama, in via esemplificativa, la mediazione vittima-autore del reato, il dialogo esteso ai gruppi parentali e i consigli commisurativi, preoccupandosi essenzialmente delle garanzie da offrire alla vittima all'interno dei percorsi di giustizia riparativa. La valutazione di non fissare il perimetro concettuale delle disposizioni in materia sembra condivisibile, dal momento che il paradigma della giustizia riparativa si presta a diverse chiavi di interpretazione e di applicazione pratica in base al momento in cui è chiamata ad operare. Si è sottolineato invero che “diverse sono, infatti, le modalità applicative che potranno

adottarsi a seconda che la giustizia riparativa sia utilizzata quale ipotesi di diversion – che dunque precedono, o scorrono in parallelo, (al)la vicenda penale – o viceversa quale modalità di probation,

221 Palazzo F., Giustizia riparativa e giustizia punitiva, in Mannozzi G. e Lodigiani

G.A. (a cura di), Giustizia riparativa. Ricostruire legami, ricostruire persone, Il Mulino, 2015, pag. 75.

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utilizzabile allorquando si è ormai pervenuti alla fase dell'esecuzione”222

. La direttiva non rende obbligatoria l'istituzione dei servizi in discorso , pur impegnando gli Stati membri a facilitare

“il rinvio dei casi, se opportuno, ai servizi di giustizia riparativa, anche stabilendo procedure o orientamenti relativi alle condizioni di tale rinvio”223. L’obiettivo principale dell'art. 12 direttiva 2012/29/UE,

che disciplina la materia, è quello di assicurare che, laddove i servizi in questione siano forniti, vengano predisposte misure “per evitare la

vittimizzazione secondaria e ripetuta, l'intimidazione e le ritorsioni”224

. Sul punto, peraltro, l'art. 10 par. 2 decisione quadro 2001/220/GAI si limitava a prevedere la garanzia, da parte degli Stati membri, che eventuali accordi raggiunti tra vittima e reo in sede di mediazione penale venissero presi in considerazione. In merito alle disposizioni necessarie per evitare la vittimizzazione secondaria esse devono, innanzitutto, prevedere che i suddetti servizi siano utilizzati solamente se sono nell'interesse della vittima, in base ad eventuali considerazioni di sicurezza, e se basati su un consenso libero, informato e revocabile in qualsiasi momento225. A tale scopo, prima di acconsentire alla partecipazione al procedimento di giustizia riparativa, la vittima deve ricevere “informazioni complete e obiettive in merito al

procedimento stesso e al potenziale esito, così come informazioni sulle modalità di controllo dell'esecuzione di un eventuale accordo”.226 Potrebbe notarsi, al riguardo, come il disposto prenda in considerazione esclusivamente l'interesse della vittima e le eventuali esigenze di sicurezza, pretermettendo l'interesse dell'imputato o del condannato al proposito227. Non vengono individuati inoltre i parametri

222 Stati Generali dell'Esecuzione Penale, Tavolo 13 - Giustizia riparativa,

mediazione e tutela delle vittime, Relazione, 2016, pag. 16 https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_19_1_13.page

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Art. 12 par. 2 direttiva 2012/29/UE

224 Considerando n. 46 e art. 12 par. 1 direttiva 2012/29/UE 225 Art. 12, par. 1, lett. a), direttiva 2012/29/UE

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Art. 12, par. 1, lett. b), direttiva 2012/29/UE

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in base ai quali stabilire quando i meccanismi in discorso possono reputarsi soddisfare gli interessi della vittima. Altro requisito contemplato dall'art. 12 par. 1 lett. c) direttiva 2012/29/UE si sostanzia nel riconoscimento dei “fatti essenziali del caso” e dunque, sostanzialmente, nell'assunzione di responsabilità del proprio atto da parte dell'autore del reato. Una tale condizione, qualora si riferisca all’imputato, può porsi in tensione con il principio della presunzione di non colpevolezza e, pertanto, necessita di cautele con riferimento all'utilizzabilità delle dichiarazioni rese all'interno del procedimento penale, in caso di mancato raggiungimento di un accordo tra le parti. Gli accordi devono altresì essere raggiunti volontariamente e tenuti in considerazione in ogni procedimento penale ulteriore228. Viene, inoltre, stabilito che le discussioni non pubbliche aventi luogo nell'ambito dei procedimenti di giustizia riparativa debbono essere riservate e non debbono venire successivamente divulgate, salvo che le parti si accordino diversamente o se lo richiede il diritto nazionale per preminenti motivi di ordine pubblico229: basta pensare ad esempio, alle ipotesi di minacce o violenze effettuate in tali contesti che, secondo il diritto nazionale, si ritiene necessario segnalare nell'interesse generale. In ultimo luogo, essenziale al fine di una corretta applicazione delle disposizioni contenute nella direttiva sembra essere la formazione degli operatori della giustizia, alla quale è dedicato l'art. 25 direttiva 2012/29/UE, che prevede, in primis, l'obbligatorietà della formazione sia generale che specializzata per i funzionari pubblici suscettibili di entrare in contatto con la vittima (agenti di polizia e personale giudiziario). Tale formazione deve essere di livello appropriato al tipo di contatto che i suddetti funzionari intrattengono con le vittime, deve sensibilizzare le autorità pubbliche alle esigenze delle vittime e dare loro gli strumenti per trattarle in modo imparziale, rispettoso e

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Art. 12, par. 1, lett. d), direttiva 2012/29/UE

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professionale230. La suddetta formazione dovrebbe essere obbligatoria anche per i giudici, i pubblici ministeri e gli avvocati (art. 25 par. 2 e 3 direttiva 2012/29/UE). Analoga adeguata formazione deve, inoltre, essere contemplata per gli operatori dei servizi di assistenza alle vittime e dei servizi di giustizia riparativa (art. 25 par. 4 direttiva 2012/29/UE). In particolare, sembrerebbe opportuno prevedere, al proposito, percorsi di formazione specifica in materia di giustizia riparativa e di mediazione penale, nonché l'inserimento degli operatori che si occuperanno di tali paradigmi in un albo apposito. La valorizzazione dei diritti delle vittime di reato presuppone del resto anche una consapevolezza culturale per poter essere efficacemente attuata, come testimonia l'art. 26 par. 3 direttiva 2012/29/UE, che richiede agli Stati membri di adottare azioni adeguate a sensibilizzare circa i diritti previsti dalla direttiva. Tali azioni, che “possono

includere campagne di informazione e sensibilizzazione e programmi di ricerca e di istruzione, se del caso in cooperazione con le pertinenti organizzazioni della società civile e con altri soggetti interessati”, si

rivelano vieppiù importanti nel campo della giustizia riparativa che,

“come tutte le grandi idee del mondo e della storia del diritto, presuppone un radicamento profondo nella cultura per passare dallo stadio di costruzione concettuale a quello di linfa vitale fecondatrice e innovativa dell'universo giuspenalistico” 231

. In quest'ottica, imprescindibile appare l'opera di informazione rivolta alla collettività circa i benefici che percorsi volti alla riparazione e alla riconciliazione possono offrire, anche in termini di prevenzione generale e di contenimento dei tassi di recidiva.232

230 Art. 25 par. 1 direttiva 2012/29/UE

231 Palazzo F., Giustizia riparativa e giustizia punitiva, op.cit., pag. 77. 232

Sechi P., Vittime di reato e processo penale: il contesto sovranazionale, op.cit., pag. 1250.

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