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Discontinuità e rapporti di fatto.

Questo panorama letterario dimostra che le forme e i temi dell’ucronia erano già ampiamente diffusi prima del 1940, in una varietà e quantità di fenomeni e di filoni narrativi anteriori alla science-fiction nordamericana degli anni Venti-Trenta. Vero è, come ha affermato Winthrop.Young, che le opere di Geoffroy e di Renouvier non hanno stabilito quella «common awareness of boundaries, regularities and influences that

subsequently give rise to a tradition»114. Napoléon apocryphe, ad esempio, fu

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William Heinemann, 1895. Il racconto è ambientato nell’anno 802.701, un futuro talmente remoto da porsi decisamente al di fuori da qualsiasi “storicità” foss’anche proiettiva, nel mondo post-umano degli Eloi e dei Morlocks.

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Parigi, Denoel, 1958 (1° ed. 1943). Si trova qui la classica espressione del cosiddetto “paradosso del nonno”, un classico enigma logico legato alla possibilità fisica di viaggiare a ritroso nel tempo. Una trattazione teorico-letteraria del tema si trova in Peter Nicholls, The Science in Science Fiction, specie nel capitolo "Time Travel and Other Universes" (Knopf, 1983); cfr. anche Renato Giovannoli, La scienza della fantascienza (Bompiani, 2001). E’ evidente che queste speculazioni scientifico-filosofiche distraggono l’attenzione dalle concrete possibilità della storia.

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In Collier’s magazine, giugno 1952. Il racconto di Bradbury ispirò molto probabilmente il titolo della conferenza tenuta da Edward Lorenz nel 1972 alla American Association for the Advancement of Science in 1972, “Does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?”, all’origine dell’oggi nota espressione “butterfly effect”. E’ l’immagine divulgativa dell’applicazione della teoria del caos allo studio dei fenomeni climatici, già illustrata da Lorenz nell’articolo "Deterministic Nonperiodic Flow" (in Journal of the Atmospheric Sciences, marzo 1963, pp. 130–141). Nella cultura popolare l’”effetto farfalla” è stato spesso tradotto anche come “effetto domino”, e ha ispirato una quantità di racconti centrati sulla sproporzione abnorme tra cause e conseguenze di qualunque genere.

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ristampato nel 1896 con una prefazione di Jules Richard, che definiva il libro «da tempo

introvabile»115, e dopo allora solo nel 1983 (Tallandier); Uchronie fu riedito nel 1901 e

in seguito solo nel 1988116. La tempistica di queste riedizioni fa pensare che a indurle

fu il successo delle ucronie di Dick, Roberts, Amis e altri, e l’attenzione critica sugli “antenati” posta da Versins, Van Herp, Suvin, Angenot. Ciò non significa che non vi fu

alcun rapporto diretto tra gli autori delle prime ucronie o quasi-ucronie. Risulta ad

esempio che nel 1842 il giovane Edward Everett Hale recensì sul “Boston Miscellany of Literature and Fashion” Napoléon apocryphe, notizia che potrebbe piegare l’ispirazione

del suo Hands Off117. L’idea delle realtà parallele potrebbe d’altronde essere venuta a

Hale attraverso P.’s Correspondance del suo conterraneo e quasi coetaneo Nathaniel Hawthorne. George Chesney dichiarò quale ispirazione di The Battle of Dorking i romanzi storici del duo Erckmann e Chatrian, da cui sembra avere attinto la voce narrante del reduce; ma questi romanzi piuttosto tradizionali rientravano in una vivace produzione letteraria come quella francese della prima metà Ottocento, che comprendeva anche storie segrete e guerre future, una miscela di realismo storico e straniamento fantastico che è anche alla base di Napoléon apocryphe. A Dorking potrebbe a sua volta essersi ispirato Edmund Lawrence per It May Happen Yet, una vera e propria ucronia. In Seconde vie de Napoleon, 1821-1830, Louis Millanvoy cita esplicitamente Uchronie; e l’invenzione narrativa di Renouvier, la lettera esortativa che produce la divergenza, è pressoché identica a quella immaginata da André Maurois nel suo brano di If It Happened Otherwise, con il ministro Turgot al posto del generale Avidio Cassio e Luigi XVI al posto di Marco Aurelio. Dell’influenza esercitata dagli scritti controfattuali di Toynbee sui racconti di Sprague de Camp si è già riferito.

Più che supporre rapporti diretti di influenza, importa però rimarcare le analogie di fatto tra questi testi, e quindi il diffondersi degli ingredienti dell’ucronia nella letteratura del secondo Ottocento e del primo Novecento al di fuori e anteriormente al “ghetto” della fantascienza. Lo stesso Winthrop-Young ha riconosciuto che gli «isolated precursories» Geoffroy e Renouvier «were able to develop and elaborate on their own some of the very evolutionary features and thresholds that came to characterize the early evolution

of Alternate History in the American Golden Age ghetto»118, ma ha posto questo

rapporto di fatto entro una discontinuità storica. Anche i primi critici dell’ucronia, da Versins a Carrère, si sono alquanto meravigliati che testi innovativi come quelli di Geoffroy e di Renouvier non abbiano “fatto tendenza” all’epoca. Le invenzioni narrative di Napoléon apocryphe, per esempio, si ritrovano pressoché tutte nei testi di If

It Had Happened Otherwise. Non si ha notizia che gli autori della raccolta del 1931

conoscessero il romanzo di Louis Geoffroy, ma è possibile che essi si siano ispirati ad altri tra i molti testi già apparsi che contenevano “elementi ucronici”.

115

Jules Richard « Préface » a L. Geoffroy, Napoléon apocryphe, 1812-1832 : Histoire de la conquete du monde et de la monarchie universelle, Parigi, La Librairie illustrée, 1896 , pp.I-XX.

116 L’edizione Fayard (1988) è una delle molte oggi in commercio; quella Alcan (1901) fu realizzata

quando Renouvier era ancora in vita.

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E.E. Hale, “The Apocryphal Napoléon”, in The Boston Miscellany of Literature and Fashion, I (1842); p.231. La citazione viene da Piergiorgio Nicolazzini (op cit, p.XIII) e rappresenta una tra le più interessanti attestazioni di continuità diretta tra le ucronie del XIX secolo: Purtroppo non è risultato possibile consultare l’articolo per verificarne il contenuto.

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Origini dell’ucronia: il contributo alla critica.

Esaminare in dettaglio le ucronie delle origini significa innanzitutto colmare una lacuna nella critica. Dopo i commenti di Pierre Versins, Jacques Van Herp ed Emmanel Carrère pochi, e tantomeno gli studiosi di lingua inglese, hanno esaminato in dettaglio

Napoléon apocryphe e Uchronie, preferendo concentrarsi su opere di autori del

dopoguerra come Ward Moore, Philip Dick, Harry Harrison, Michael Moorcock. I rapporti tra i testi di Geoffroy e di Renouvier e i fenomeni storici, culturali e letterari dell’epoca sono stati solo marginalmente indagati, con il risultato che i “precursori” sono stati citati quasi come se fossero avulsi da qualsiasi contesto. E’ vero che una parte della critica ha messo in rapporto l’utopia “futuristica” di L’an 2440 all’ucronia nella

storia di Napoléon apocryphe, ma questo è soltanto uno tra i legami che è possibile

scorgere,e inoltre è stato spesso risolto in termini riduzionistici, sottovalutando la differenza di principio tra le due forme nonché gli ambigui effetti di senso dell’opera di Geoffroy. Anche chi, come Marc Angenot, ha interpretato quest’ultima come una satira e quindi una variante dei pamphlet antinapoleonici in voga nei primi decenni dell’Ottocento, ha schiacciato il romanzo su una soltanto delle sue dimensioni, e inoltre non ha debitamente indagato i mezzi della rappresentazione e i suoi effetti di realismo o di plausibilità. Quanto a Uchronie, la sua inclassificabilità rispetto ai generi letterari e saggistici ha portato a una paradossale trascuratezza critica, ridotta il più delle volte a riassumere la sinossi della storia alternativa e/o la posizione di Renouvier contro il cristianesimo e il determinismo. Il fatto è che questo, come il testo di Louis Geoffroy, sono in primo luogo organismi narrativo-speculativi che andrebbero indagati a partire dagli strumenti della narratologia, e poi estesi a considerazioni sui rapporti contestuali compresa l’esperienza collettiva di determinati processi storici

Queste considerazioni suggeriscono la necessità di aprire il discorso a una pluralità di fattori. Tra questi vi è anche la varietà di forme che il principio dell’ucronia può assumere e che ha assunto di fatto in molte altre opere letterarie del tardo Ottocento e del primo Novecento, come del resto in quella che convenzionalmente si chiama storia controfattuale. Mentre una definizione logica dello statuto di realtà dei mondi finzionali è di scarsa utilità critica, se non per distinguere l’ucronia da narrazioni più e meno simili, un approccio ai testi che muova dalla considerazione dell’attività ermeneutica richiesta al lettore permette di evidenziare questa continuità nonché di comprendere in che modo, nei fatti, l’ucronia si possa distinguere da altri generi narrativi. Dai singoli contenuti, identificati dal lettore secondo il criterio della verità e quindi attraverso l’enciclopedia storica, si risale ai temi esplicitamente posti dai testi o che è possibile ricavare nella lettura. Mettendo i testi a confronto si osserva poi non solo una certa ricorrenza tematica, ma altresì una coerenza di strategie comunicative e in senso lato retoriche, peraltro riconducibili alla psicologia controfattuale.

Un simile approccio potrebbe applicarsi all’esame delle ucronie più recenti. Studiosi come Gavriel Rosenfeld le hanno considerate alla luce di macrofenomeni socioculturali

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e non solo letterari degli ultimi decenni, tra cui i processi di normalizzazione della memoria storica (nel caso delle ucronie sul tema del nazismo), ma quasi nessuno ha indagato a fondo i testi letterari in rapporto e attraverso la mole di ricerche sui

counterfactuals sviluppata nel frattempo. Queste ricerche, tra le altre cose, suggeriscono

l’intima relazione che sembra esistere tra storia controfattuale/ucronia e crisi dei modelli di previsione. Le ucronie delle origini hanno tra gli altri meriti quello di mostrare chiaramente questo rapporto tra la narrazione e lo stato del sapere, rappresentando per via metafinzionale la propria genesi, ricezione e rapporto generale con la realtà. Leggendole attentamente, si scopre che dietro le posizioni assertive degli autori infratestuali trapela un senso di incertezza o di scetticismo verso i (veri) processi storici e i modelli di previsione e di spiegazione dell’accadere. Non altrettanto chiari sono questi elementi in molte ucronie recenti, che eliminano dalla rappresentazione le figure dell’autore e del lettore e che esibiscono spesso una posizione di indifferenza rispetto alle alternative immaginate. Ciò non significa che questi racconti si esauriscano in un gioco intellettuale basato sulla simulazione di scenari storici virtuali: l’operazione critica di Rosenfeld, a prescindere dalla condivisibilità delle conclusioni, consiste appunto nel leggere “a contropelo” i testi facendo ipotesi sui loro concreti effetti sociali. Per quanto spesso ingadata, probabilmente l’ucronia come fenomeno letterario contemporaneo ha ancora molto da rivelare, se si estendono gli strumenti d’indagine ad altri campi disciplinari.

5. I temi dell’ucronia.

Le figure testuali dell’autore e del lettore corrispondono grossomodo ai due poli dell’intenzione, o della soggettività, e dell’interpretazione, che coinvolge il concetto di plausibilità. E’ una semplificazione necessaria a introdurre due aspetti essenziali dell’ucronia, già rilevati da Pierre Versins: che da un lato ha evidenziato come l’operazione dell’ucronia possa leggersi come sfogo di impulsi demiurgici, dall’altro si è interrogato sulle condizioni e sul tasso di credibilità o di realismo dei racconti ucronici. Prima di introdurre separatamente queste due problematiche, conviene sintetizzare i temi più ricorrenti nelle ucronie delle origini e non soltanto, temi trasversali ai due poli cosiddetti “soggettivo” e “oggettivo”. Non si parla ovviamente del soggetto dei racconti, ma di categorie più astratte e generali definibili appunto come temi. Talvolta essi sono posti esplicitamente dai testi, in forma di riflessioni sul significato degli avvenimenti; altrove restano impliciti, ed evincerli spetta all’attività interpretativa con tutti i rischi di arbitrarietà che questa contiene.

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Il giudizio storico.

Le ucronie delle origini esprimono chiaramente un giudizio storico sugli eventi del passato. Trattandosi di costruzioni metafinzionali, non è detto che questo giudizio rifletta quello degli autori empirici, e tuttavia è di per sé inequivoco. Ma in realtà un giudizio si ricava da quasi tutte le ucronie, attraverso il confronto tra la realtà nota al lettore e la realtà alternativa: un rapporto che a volte sembra di equivalenza, ma che più spesso è di tipo migliorativo o peggiorativo secondo parametri alquanto diffusi. Se l’entusiasmo nel narratore di Napoléon apocryphe per la monarchia universale può essere interpretato satiricamente, i suoi commenti al «coupable roman» che racconta la storia vera (dal punto di vista dei lettori) esprimono una critica alla condotta di Napoleone in Russia, e al tempo stesso definiscono i fatti implausibili, cioè incongruenti con la statura del personaggio. C’è poi il giudizio dello pseudo-autore che si esprime nella premessa, passionale ancor prima che ideologico: «si Napoléon Bonaparte, par malheur, été brisé à Moscou […] au lieu de conquerir le monde [… ] ne serait-ce pas

une chose à tirer des larmes des yeux?»119. Il giudizio è chiarissimo in Uchronie, e

condiviso da tutti gli autori infratestuali: quella di padre Antapire è una «utopia nella storia», contrapposta alla storia dell’Occidente cristiano fatta di assolutismo e ingiustizia. Per fare un confronto con opere più recenti, in Contro-passato prossimo Guido Morselli esprime – sempre in una cornice metafinzionale, attraverso la figura dello Scrittore – l’idea che la vittoria degli imperi centrali nella prima guerra mondiale avrebbe giovato all’Europa, permettendo di creare anzitempo una federazione di stati. Le ipotesi controfattuali di Erodoto, Livio, Pignotti, D’Israeli contengono anch’esse un giudizio esplicito, presentato come conclusione “oggettiva” di un’analisi rigorosa ma a volte accompagnato da un giudizio di valore che a certi ideali o interessi. Questo incontro induce a sospettare che i ragionamenti controfattuali siano, o possano essere, strumenti retorici di propaganda, a cui la fiction può sovrapporre una dimensione di

pathos e un realismo figurativo di forte impatto: del resto George Chesney concepì The Battle of Dorking proprio a questo scopo.