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Le strategie della rappresentazione.

Le controparti ucroniche sono quindi un veicolo di verosimiglianza, percepita sulla base di aspetti che hanno a che fare più con l’immaginario che con possibilità storiche concrete. Si tratta cioè di un adeguamento non alla realtà storica in sé, ma piuttosto alle sue rappresentazioni presistenti. Questo è soltanto uno degli elementi che possono definire il realismo dell’ucronia: vi è un ampio insieme di mezzi o strategie della rappresentazione che cooperano a questo scopo. Uno di questi è la referenzialità, intesa come densità di riferimenti anche solo nominali a persone, eventi, date e luoghi fissati nell’enciclopedia storica. Vi è poi l’intertestualità, ovvero l’immissione nel testo di citazioni di libri, giornali, opere d’arte, talvolta autentici, talaltra soltanto in parte: in

Napoléon apocryphe si trova ad esempio una vera e propria biblioteca immaginaria

formata da libri che autori realmente esistiti o esistenti avrebbero, più e meno plausibilmente, potuto scrivere nelle circostanze storiche del racconto. Un senso di realismo, nel romanzo di Louis Geoffroy, è anche prodotto dall’evocazione indiretta – attraverso le descrizioni - di fonti figurative come le tele di Jacques-Louis David. Questo genere di realismo poggia evidentemente su un’immagine della realtà e del passato mediata da rappresentazioni, che comprende le forme dei suoi racconti. L’inclusione di falsi documenti in Napoléon apocryphe può leggersi come un tentativo di simulare il racconto storico, e come uno storico si qualifica il narratore malgrado la sua partecipazione evidente. In Uchronie la storia alternativa, pur dandosi come l’invenzione deliberata di padre Antapire, è da questi presentata simulando quanto più possibile la modalità storiografica, a costo di perdere l’appeal caratteristico delle narrazioni letterarie. Oltre all’ucronia in sé, la finzione si dà nella veste editoriale del testo, con le note a pie’ di pagina apposte al presunto manoscritto: note che non soltanto simulano un’operazione filologica (ad esempio con i riferimenti alla presunta traduzione francese dall’originale in latino), ma offrono autentici riscontri bibliografici sulla

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Questo complesso di espedienti della rappresentazione ha spinto Richard Saint-Gelais a definire le ucronie della origini «storiografiche», per distinguerle delle più recenti «romanzesche». Paradossalmente, è nelle prime che la storia alternativa viene denunciata a priori come un’invenzione grazie alle cornici metafinzionali: ma nel complesso esse riproducono le forme storiografiche ben più di quanto facciano molte ucronie degli ultimi tempi. Fatherland, The Man in the High Castle o The Plot Against

America sono molto più chiaramente romanzi nelle forme espressive e narrative che

assumono, e del resto i personaggi e gli avvenimenti principali sono fittizi, mentre la sfera pubblica degli eventi è mantenuta sullo sfondo: lo stesso tipo di proporzione che si trova nei romanzi storici tradizionali. Questa soluzione sembra più facile a realizzarsi e a decifrarsi di quella scelta da Geoffroy e Renouvier, anche pereché richiede al lettore una competenza storica e un’attività interpretativa meno impegnative. Perciò Saint- Gelais ha scritto che «on serait tenté d’expliquer la succession historique qui a mené des uchronies historiographiques aux uchronies romanesques, en avancant que les premières ont en quelque sorte pavé la voie aux secondes. […] Mais […] rien ne dit que les premiers auteurs d’uchronie romanesques ont pris connaissance des uchronies

historiographiques»149.

Significato e strutture d’intreccio.

Definendo i criteri di metodo delle ipotesi controfattuali, gli storici non hanno fatto riferimento a una “logica” degli eventi, una concezione generale delle cause storiche. Ma considerando le speculazioni sulla morte di Lorenzo de’ Medici, ci si accorge che le congetture si fondano proprio, in modo più e meno esplicito, su un’idea del ruolo che gli individui possono giocare nei grandi processi. Nella sua biografia Life of Lorenzo de’

Medici, called the Magnificent150, William Roscoe sostenne che «as a single remove at chess varies the whole game, so the death of an individual of such importance in the

affairs of Europe as Lorenzo de’ Medici, could not fail of producing such a change in its

political relations, as must have varied them in an incalculable degree»151. La metafora

del gioco riassume una visione di stretta interdipendenza tra gli avvenimenti, per cui ogni “pedina” significativa di un dato scenario contribuisce a determinarne gli sviluppi. D’Israeli ha ricordato poi che Sismondi aveva espresso parere opposto, asserendo che Lorenzo non avrebbe potuto fare la differenza nelle cose d’Italia. Dietro le riflessioni sui singoli avvenimenti si scontrano qui due pensieri della storia più generali, benché solo relativamente. Bisogna chiedersi allora se la plausibilità delle ipotesi controfattuali non sia percepita in rapporto a questi schemi generali, prodotti non tanto da singoli individui ma da intere culture.

Chi ha affermato che qualunque racconto storico dipende da una certa struttura che preesiste ai fatti determinati è Hayden White, in una produzione avviata negli anni

149

R. Saint-Gelais, op cit, pp.47-48.

150

W.Roscoe, Londra, A. Strahan, 1797.

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Settanta con il celebre Metahistory152. La sua tesi provocatoria è che a livello profondo

non esista una differenza tra la storiografia e la letteratura di finzione, perché entrambe si servono del linguaggio e dei mezzi di rappresentazione per attribuire un significato a ciò che, realmente accaduto o meno, di per sé non ne ha alcuno. White ha così esaminato i maggiori testi storici del XVIII e del XIX secolo, di Ranke, Tocqueville, Michelet e Burckhardt, per evincere le “strutture d’intreccio” latenti al loro racconto, concludendone che «Burke decodifica gli eventi […] secondo il modo dell’ironia. […] Michelet ricodifica tali eventi secondo il modo della sineddoche [e] Tocqueville segue il modo della metonimia, […] in modo tale da rendere l’interpretazione degli eventi della rivoluzione [francese] un tipo di dramma che possiamo riconoscere

rispettivamente come satira, romanzo o tragedia»153. E’ chiaro che le strutture

d’intreccio (mode of emplotment) sono le stesse che fondano i generi e i modi letterari, e

sono forme archetipiche di significazione dell’esperienza umana154

; evincerle dalla storiografia ottocentesca ha per White il preciso significato di rivelare la vanità del progetto di fondare una scienza del passato altrettanto oggettive delle scienze naturali e fisico-matematiche. Non si tratta di negare al racconto storico qualunque valore fattuale, ma di riconoscere che i fatti sono solo la materia prima di discorsi che vi attribuiscono un senso attraverso strutture e mezzi preesistenti:

«E’ possibile dar senso a complessi di eventi in diversi modi. Uno consiste nel sottoporre gli eventi alle leggi causali che hanno potuto governare la loro concatenazione. […] Questa è la modalità seguita dalla spiegazione scientifica. Un altro modo […] è quello di codificare l’insieme in termini di categorie elaborate culturalmente, come concetti metafisici, credenze religiose o forme di storie. L’effetto […] è di rendere familiare il non familiare; in generale questo è il modo della storiografia»155.

Rendere familiare il non familiare non è diverso da ciò cui tendevano Manzoni e

Coleridge attraverso l’invenzione letteraria, avendo oltretutto anch’essi per fine l’espressione di “verità” di qualche natura. Anche la storia alternativa dell’ucronia e delle ipotesi controfattuali è in linea di principio qualcosa di “non familiare” ricondotto a qualcosa di “familiare”: ma questo, secondo White, è ciò che avviene anche nella storia fattuale, attraverso le strutture d’intreccio e i mezzi della rappresentazione. Strutture e mezzi che sono già posseduti dal pubblico, e che gli fanno apparire il racconto plausibile. Si è già fatto menzione delle “strategie del realismo” seguite da

152 Metahistory: The Historical Imagination in Nineteenth-Century Europe, Baltimora, The Johns Hopkins

University Press, 1973.

153

“Il testo storico come artefatto letterario” (1978), in H. White, Forme di storia, Roma, Carocci, 2006, p.32.

154 Nei discorsi di White è forte l’influenza di Frye, specie nella schematizzazione quadripartita che lega

tra loro i diversi livelli del discorso. Ci sono così quattro tropi fondamentali (metafora, metonimia, sineddoche, ironia), cui corrispondono quattro strutture d’intreccio (romance, tragedia, commedia, satira), quattro posizioni ideologiche (anarchica, radicale, conservatrice, liberale) nonché quattro figure di storici (Michelet, Tocqueville, Ranke, Burckhardt) e altrettanti filosofi della storia (Nietzsche, Marx, Hegel, Croce).

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Geoffroy e Renouvier, un realismo esteriore, figurativo e discorsivo che poggia sui medesimi effetti dei romanzi storici e dei libri di storia dell’epoca. Ma oltre questi strumenti, si può considerare anche l’insieme del racconto in rapporto alle “strutture d’intreccio”: e se quello di Napoléon apocryphe prende un’evidente deriva fantastica, la contro-storia di Uchronie combina i modelli di spiegazione più diffusi nel XIX secolo, dialettica, materialismo e individualismo. A dare la svolta o divergenza sono great men come Avidio Cassio e Marco Aurelio, ma la loro azione incontra ben presto le forze della reazione. Lo schema si riproduce nel tempo con altri attori, sinché gli ideali della riforma vengono acquisiti dalla maggioranza della popolazione rendendo così irreversibile il progresso. E’ uno schema che il pubblico francese del tardo Ottocento ben conosceva, perché riproduceva la serie di rivoluzioni e controrivoluzioni che si erano succedute dal 1789 in poi. Per contro è probabile, o almeno possibile, che un lettore di oggi vi scorga un meccanismo troppo ingenuo o schematico, oppure - come ha affermato Van Herp – una forma di storia «trop logique».

Si può fare una controprova attraverso alcune ucronie più recenti. Da una parte ci sono racconti la cui struttura riflette l’andamento dei sistemi caotici, da quello di Bradbury alla saga Time Patrol di Poul Anderson, forma estrema del “contingentismo” già promosso da Isaac D’Israeli nel 1823. Dall’altra, non poche ucronie introducono il tema – che è una vera e propria teoria metastorica – del complotto, a sua volta anticipato nel primo Ottocento dallo scetticismo filosofico di Whately in Historical Doubts di Whately del 1818. L’incontro tra ucronia e complottismo, in romanzi come Fatherland,

The Plot Against America e The Yiddish Policemen's Union156, non coincide affatto con

il negazionismo storico, perché la verità svelata si dà nello scenario alternativo. Non a caso il protagonista dei romanzi di Harris e Chabon sono detective, e si può notare che il modo tipico di raccontare la divergenza nelle ucronie che sfruttano la tecnica in medias

res è quello con cui i romanzi gialli costruiscono i loro effetti di suspence. Piuttosto, è

chiaro che la teoria del caos e quella del complotto appartengono ormai a pieno titolo all’immaginario collettivo e sono quindi alquanto familiari al pubblico. Non si tratta di semplici temi o motivi, ma di veri modelli di spiegazione o “strutture d’intreccio” che volgarizzano le premesse dell’intederminismo scientifico, da una parte, e

dell’epistemologia popperiana e decostruzionista dall’altra157

. La plausibilità percepita di certi racconti ha probabilmente a che fare con la familiarità del pubblico con questi meccanismi, che da modelli di spiegazione sono divenuti parte dei codici narrativi integrati nell’orizzonte d’attese del pubblico.

156 Michael Chabon, Harper Collins, 2007. 157

Popper è stato spesso indicato come l’ispiratore della teoria del complotto, per via della sua

demolizione teoretica dello storicismo fondata su una ripresa dello scetticismo filosofico. Cfr infra, cap. 2.

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