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Psicologia controfattuale e giudizio storico.

Altri studiosi si sono occupati espressamente dei rapporti tra il pensiero controfattuale e l’attività dello storico. Ciò è di particolare interesse alla luce dei tentativi di legittimare il controfattualismo come un metodo esplicativo guidato da una “consapevole indifferenza”. Philip Tetlock e Erika Henik hanno chiesto a storici ideologicamente schierati di concepire scenari controfattuali salienti, ad esempio sulla rivoluzione russa

del 1917 e sullo stalinismo134. I risultati sembrano confermare la non-neutralità

intrinseca dei controfattuali, poiché gli storici marxisti hanno definito la rivoluzione necessaria nelle circostanze, e contingente la sua deriva totalitaria, mentre gli storici antimarxisti hanno espresso giudizi del tutto opposti. Nel Novecento le critiche al controfattualismo sono venute soprattutto da storici marxisti, eppure anch’essi hanno dimostrato di distinguere i fatti tra più o meno necessari, più o meno contingenti. Lo ha confermato Ann Talbot esaminando gli scritti di Marx e Trotsky, che malgrado l’impianto teorico deterministico rivelano inaspettate concessioni al ruolo dei fenomeni aleatori nel determinare almeno il ritmo di sviluppo dei grandi processi. Talbot ha poi scovato una simile apertura di fatto nell’opera di Carr, che fu fortemente ostile alla storia “fatta coi se”, e concludendone che «instinctively, and against his own better

judgement, Carr often arrived at very similar conclusions to Trotsky»135.

David Mandel (2005), infine, ha osservato come pur non essendo l’unico modo di stabilire inferenze causali, quello controfattuale è più efficace di altri perché stabilisce

relazioni del tipo sine qua non136. In questo senso ne hanno ammesso l’impiego

giuridico i filosofi del diritto Hart e Honoré, come strumento per dirimere la responsabilità personale o quantificare un danno subito (il concetto di lucro cessante). Si potrebbe credere che lo storico agisca come giudice (imparziale) del passato, e in tal senso ammettere il ricorso ai controfattuali: ma esiste il rischio che egli si faccia piuttosto l’avvocato del passato, come Erodoto difendendo il ruolo degli ateniesi nel mondo greco.

134 P. Tetlock, E. Henik, “Theory- versus imagination-driven thinking about historical counterfactuals: are

we prisoners of our preconceptions?”, in David R. Mandel, Denis J. Hilton & Patrizia Catellani (cur), The Psychology of Counterfactual Thinking, Routledge (2005), pp.199-216.

135 A. Talbot, “Chance and Necessity in History: E.H. Carr and Leon Trotsky compared”, in HSR, n.128, vol

34, 2009 (2), pp.88-95 (p.94).

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D. Mandel, “Counterfactual and causal explanation: from early theoretical views to new frontiers”, in D. Mandel, D. Hilton, P. Catellani, op cit, pp.11-27.

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7. Dalla parte della realtà.

Verosimiglianza, plausibilità, realismo.

La poetica del romanzo di Alessandro Manzoni si fondava su un assoluto rispetto dei dati della realtà, e per rappresentare il Seicento lombardo lo scrittore studiò assiduamente le fonti sulla peste di Milano, le condizioni sociali ed economiche dei contadini, la vita del cardinal Borromeo e di Marianna de Leyva (Gertrude). Il “verosimile” era da lui concepito come una qualità del materiale fittizio, data dalla compatibilità di questo materiale con l’ambientazione ricostruita attraverso i documenti. Renzo, Lucia, don Rodrigo incarnano tipi umani universali, ma sono anche individui che avrebbero potuto abitare quello scenario, di cui riflettono la mentalità, la condizione sociale, gli stili di vita. Nondimeno le loro sono e vengono percepite come vicende fittizie, non false, un’integrazione letteraria e non una contraddizione delle nostre conoscenze del passato; tant’è che vengono presentate come una cronaca dell’epoca

tramandata da uno «scartafaccio», una sorta di storia segreta137. Pochi anni prima che

Manzoni scrivesse I promessi sposi, Samuel Coleridge affidò alla Biographia Literaria la propria versione dell’attività poetica: «to transfer from our inward nature a human interest and a semblance of truth sufficient to procure for these shadows of imagination

that willing suspension of disbelief for the moment, which constitutes poetic faith»138.

La “sembianza di verità” di cui parla Coleridge è quella patina di autenticità appena sufficiente a garantire la “sospensione dell’incredulità” da parte dei lettori, e fare loro accettare contenuti fantastici che trasmettono verità universali sulla natura umana. Questo confronto dimostra quanto fosse generico il concetto di verosimiglianza, esteso oltre categorie estetiche rigidamente prescrittive com’erano quelle neoclassiche. Ben altro, apparentemente, si deve intendere quando si parla della plausibilità di una ricostruzione controfattuale: la probabilità effettiva che la premessa ipotetica portasse alle conseguenze immaginate. Trattandosi di speculazioni e congetture inverificabili, sorge il problema di definire le condizioni della loro maggiore o minore probabilità. Nei giudizi critici sull’ucronia si osserva una certa sovrapposizione tra le categorie di verosimiglianza, plausibilità e anche realismo. Pierre Versins ha affermato ad esempio

137 La riflessione teorica di Manzoni sulla letteratura è sparsa tra le sue opere e ad esse fortemente

intrecciata, dalla “Prefazione al Conte di Carmagnola” (1818) alla Lettre à monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie (1820), concepito come replica a una critica della stessa tragedia. Anche la teoria del romanzo procedette in parallelo alla stesura del Fermo e Lucia e dei Promessi sposi ; nella Lettera Sul romanticismo al marchese Cesare D’Azeglio si trova espressa con la massima sintesi e densità la poetica di Manzoni: «L'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo». Tuttavia è nel successivo Del romanzo storico, e, in genere de' componimenti misti di storia e di invenzione (1830), e ancora in Dell'Invenzione (1850) che lo scrittore licenziò una sfiducia nelle possibilità morali della fiction che concilia il vero e il verosimile. Di fatto, dopo avere completato il romanzo egli non si dedicò che alla sua revisione e alla scrittura di saggi storici e linguistici. Tra le molte edizioni che raccolgono i testi citati, cfr Lanfranco Caretti (cur), op cit.

138

S. Coleridge, Biographia literaria, or, Biographical sketches of my literary life and opinions, Londra, Dent, 1975 (1817). Il concetto di «suspension of disbelief» è introdotto nel cap. XIV, e rappresenta il tardivo contributo di poetica che completa la “Preface to Lyrical Ballads” di William Wordsworth (1800).

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che essa soffre di «une manque total de réalisme à la base», proponendo poi una distinzione tra “ipotesi” e “ipertesi” fondata sulla tipologia della divergenza: le prime «où le problème posé existe», le altre «dont les élements d’interrogation sont

imaginaires»139. Non è chiaro, però, cosa debba interndersi con l’espressione di

“elementi immaginari”: si può pensare a elementi palesemente fantastici, come

l’invasione collocata da Turtledove nello scenario della seconda guerra mondiale140

, ma anche a eventi che non sembrano essere mai stati sul punto di darsi nella realtà, come l’attacco di Roma da parte di Alessandro Magno immaginato da Tito Livio. Altro è concepire, come ha fatto Louis Geoffroy, che Napoleone potesse vincere in Russia: un esito concretamente possibile, anche se nel romanzo è risolto senza tante spiegazioni, come puro effetto di una diversa strategia dell’imperatore. Accanto al giudizio di Versins, negli stessi anni, v’è stato quello di Jacques Van Herp per il quale la storia, nell’ucronia, «se déroule de façon trop logique». Un’affermazione generica, perché non spiega quale logica, se ne esiste una, seguirebbero gli eventi autentici: Van Herp sembra criticare un certo determinismo sotteso al racconto (probabilmente a Uchronie più che a

Napoléon apocryphe), ma a partire da una visione “caotica” o aleatoria dei processi

storici data per assunta. In ogni caso, la commistione dei concetti di logica e di realismo tralascia di considerare un aspetto che esula dagli avvenimenti narrativi, vale a dire i mezzi e le strategie della rappresentazione. Versins, per la verità, ha elogiato di

Napoléon apocryphe la ricchezza di dettagli, e successivamente anche Gordon

Chamberlain vi ha scorto la chiave del realismo delle ucronie. Oltre a questo, vi è però tutto l’insieme degli espedienti che, come in molti romanzi storici, danno al racconto effetti di autenticità Tra questi vi sono gli pseudo-documenti riprodotti, come lettere, diari, decreti ufficiali, articoli di giornale; ma vi è anche la densità referenziale, l’uso delle controparti, la menzione di dati spaziotemporali o di titoli di volumi o di opere d’arte. Soprattutto, vi è l’imitazione dei modi formali del racconto storiografico, praticata da Louis Geoffroy e ancor più da Charles Renouvier. Tutti questi elementi si possono considerare parte di una strategia di realismo esteriore, enciclopedico o figurativo che al limite può fare apparire credibili eventi lontani sia dal verosimile manzoniano, sia dal plausibile storico. Il padre Antapire di Uchronie, per esempio, riflette più la mentalità di un uomo dell’Ottocento come Renouvier che quella attribuibile a un prete eretico del 1600; mentre in Napoléon apocryphe molti avvenimenti sarebbero stati di per sé improbabili, almeno nel modo in cui vengono riferiti.

139

P. Versins, op cit, p.906.

140

La saga Worldwar, 1994-1996 (Invasione, Nord, 1995-1997). Turtledove è in assoluto tra i più profilici autori di ucronie, non a caso battezzato da Melissa Hall (Publishers Weekly 7/04/2008) “The Master of Alternate History”. La tetralogia Worldwar, e la successiva Colonization, mescolano elementi di storia alternativa e di fantascienza, ma altri romanzi e cicli di Turtledove, come la Great War Trilogy (sulla guerra civile americana, 1998-2000), spendono in forme realistiche l’enorme cultura storica dell’autore.

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