• Non ci sono risultati.

Uchronie L’utopie dans l’histoire.

1. Napoléon Apocryphe vs Uchronie.

Sotto una quantità di aspetti, Uchronie sembra quasi l’opposto di Napoléon apocryphe. Antitetiche, dal punto di vista ideologico, appaiono le rispettive “utopie”: una totalitaria e fondata sul culto quasi-religioso del sovrano, l’altra – quella di Renouvier – realizzata abolendo l’assolutismo e il fanatismo spirituale. Questa opposizione vale se si prende alla lettera il racconto di Napoléon apocryphe, mentre cade se lo si legge in chiave satirica; ma ambedue queste letture forzano in una sola direzione un testo dalla notevole opacità e ambiguità. Queste ultime qualità, a loro volta, situano il romanzo di Louis Geoffroy agli antipodi di Uchronie, il cui messaggio è impossibile equivocare. Pur simulando in parte le forme e i contenuti del racconto storico, Napoléon apocryphe è chiaramente un’opera letteraria, ricca di episodi decisamente poco realistici e dallo stile narrativo prossimo a quello dei romanzi. Al contrario, Uchronie simula pienamente i “discorsi della realtà”, nella tipologia dei contenuti e ancor più nelle risorse formali, del tutto sovrapponibili a quelle della storiografia, della memorialistica e della saggistica. Il narratore di Napoléon apocryphe (e l’autore della premessa) esprime un punto di vista fortemente partecipe e passionale; anche gli pseudo-autori di Uchronie esprimono le loro idee, ma queste si presentano più come elaborazioni speculative sulla realtà che non come sentimenti spontanei. Il romanzo di Geoffroy ha un solo centro e un unico eroe, e si potrebbe perfino dire che riconosca davvero un singolo individuo, Napoleone, contrapposto salvo rari episodi alla massa indistinta della popolazione. L’ucronia di Renouvier è invece un racconto plurale, dove molti individui in un lungo arco di tempo concorrono a realizzare la società ideale; nessuno di loro si erge solitario sugli uomini, e il più decisivo, Avidio Cassio, si può considerare un simbolo dell’uomo comune di spiccata virtù. Ma Uchronie mette in scena anche personaggi fittizi, che sono allo stesso tempo soggetti e commentatori delle vicende storiche nonché esegeti della stessa ucronia; Renouvier ha infatti inserito quest’ultima in una complessa struttura finzionale assente da Napoléon apocryphe, che eccettuata la breve premessa è invece un puro racconto di storia alternativa.

Queste non sono che le più evidenti disparità tra i due testi, caratteristiche che prese una a una sono antitetiche o quasi. Eppure tra Napoléon apocryphe e Uchronie esistono anche analogie significative, due soprattutto. La prima riguarda il rapporto con l’utopia, intesa sia come genere letterario, sia come insieme di teorie politiche elaborate tra il XVIII e il XIX secolo. Come tipo di rappresentazione letteraria, nessuno dei due libri si

164

può definire in tutto e per tutto un’utopia. La monarchia universale di Geoffroy è così ambivalente nelle sue qualità che da punti di vista opposti si potrebbe definire altrettanto una società ideale e una società del tutto indesiderabile, mentre un atteggiamento più equilibrato porta a concludere che si tratta di un mondo in ogni senso estremo, e perciò stesso imperfetto. Anche quella di Renouvier è solo relativamente un’utopia, perché salvo la pur significativa assenza di assolutismi politici o religiosi non vi è nulla di diverso né di migliore rispetto a ciò che si trova nel mondo dei lettori di

Uchronie. Piuttosto che una realtà altra è una realtà accelerata nello sviluppo del

progresso, dove certe conquiste sociali e certe scoperte scientifiche hanno luogo molti secoli prima che nella nostra realtà. Quanto all’utopia come categoria politico-filosofica, ambedue i testi tradiscono un rapporto complesso se non conflittuale con le teorie che nell’Ottocento erano state definite utopistiche. In Napoléon apocryphe Saint-Simon figura come un pensatore incapace di realizzare le proprie idee, mentre l’imperatore francese dà effettivamente corpo a molti principi rivoluzionari, ma con mezzi e risultati assai discutibili; il lettore può domandarsi se non sia questo – o non lo sarebbe, o non lo sarebbe stato – l’inevitabile approdo di ideali giusti, ma impraticabili. Nella prefazione a

Uchronie, un anonimo editore allude ai profeti dell’avvenire ai quali aveva creduto in

gioventù, e le cui previsioni si erano dimostrate tristemente inesatte. Se dietro il romanzo di Geoffroy può vedersi la delusione per la deriva sanguinaria e totalitaria della rivoluzione del 1789, dietro l’opera di Renouvier sta ancor più evidente l’ombra di un’altra rivoluzione scaduta nel potere assoluto, quella del 1848; di cui peraltro scrisse anche Louis Geoffroy nel pamphlet Sei mesi di agitazioni rivoluzionarie in Italia. La distanza di Renouvier dal pensiero utopistico socialista e marxista si coglie chiaramente nel messaggio di Uchronie, che mette al centro dei processi storici del divenire non le forze o le classi sociali, ma l’individuo, la sua libertà di agire e la responsabilità morale che ne deriva.

Il secondo elemento di analogia tra i due testi è il modo in cui la vera e propria ucronia, cioè il racconto di storia alternativa, si presenta al loro interno. E’ un procedimento metafinzionale che dà a questo racconto lo statuto di una deliberata invenzione di un autore fittizio, e non, quindi, una «true alternate history» che stabilisce una realtà autonoma o indipendente: al contrario, tutto fa credere che questi autori, ancorché immaginari, partecipino della nostra stessa realtà storica e ontologica. L’autore testuale di Napoléon apocryphe è indistinguibile a prima vista dall’autore empirico, ma alcuni indizi permettono di stabilire che la premessa è anch’essa un elemento della finzione di Louis Geoffroy. In questa premessa, l’autore esprime i motivi per cui ha scritto un racconto di storia alternativa (o semplicemente falsa), motivi che hanno esclusivamente a che fare con il suo desiderio. Padre Antapire, lo pseudo-autore di Uchronie, non allega alcuna spiegazione al racconto, ma di lui e delle sue motivazioni sappiamo molte cose attraverso altre parti del libro di Renouvier. E’ quindi un autore-personaggio, provvisto di un nome, di una storia, di una visione del mondo. La sua invenzione è certamente una «utopie dans l’histoire» dal suo punto di vista, ma non soltanto: è soprattutto un messaggio offerto ai posteri attraverso un esempio, un modo alquanto originale di persuaderli alla necessità di agire per il meglio.

165

Presi a sé stante, i racconti di Geoffroy e di Renouvier sarebbero «true alternate history», dove il falso è raccontato come se fosse vero e sta al lettore riconoscerlo come falso, grazie alle sue conoscenze storiche. Questa estrapolazione del racconto dalla struttura metafinzionale non è ovviamente lecita, ma è significativo che Uchronie sia nato prima come puro racconto di storia alternativa, e solo in seguito trasformato in volume con l’aggiunta di parti che costruiscono una metafiction. La complessa struttura del libro permette di aggiungere all’ucronia “di per sé” una quantità di informazioni, suggestioni e commenti, che peraltro rendono impossibile collocare Uchronie rispetto ai generi del romanzo, del trattato o del saggio. Al contrario di Louis Geoffroy, che ha inserito nel suo racconto riferimenti e allusioni solo sporadici alla realtà storica, Renouvier ha offerto un puntuale riscontro tra le due versioni della storia, in modo che anche i lettori meno eruditi potessero coglierne le differenze ma anche le analogie. Oltre a questo riscontro didattico, le parti aggiunte all’ucronia svolgono anche una funzione di commento e di meta-critica, rispettivamente sulle idee storico-filosofiche con cui

Uchronie intende relazionarsi e sui principi o sul metodo della sua stessa elaborazione.

Vi è poi una terza funzione, che consiste nel rendere il racconto verosimile e il suo messaggio efficace, attraverso strategie tipicamente letterarie e peraltro tipiche dei romanzi storici. L’ucronia si presenta infatti come un autentico manoscritto, che sarebbe stato custodito nel tempo da alcuni individui e pubblicato nel presente da un editore. A differenza dagli pseudo-manoscritti come quello che viene presentato nell’introduzione ai Promessi sposi, questo non documenta fatti “accaduti” ma dichiaratamente immaginari, e di conseguenza lo stratagemma non serve a produrre un effetto di autenticità del racconto. Ciò che si presenta come autentico, e che risulta piuttosto verosimile, è tutto quanto sta intorno all’ucronia, la storia del suo presunto autore e quella dei suoi presunti custodi, personaggi fittizi ma inseriti in contesti storicamente esatti e fedelmente rievocati. Queste vicende, verosimili perché s’ispirano fortemente al vero, hanno un rapporto manifesto con quelle false – ma coinvolgenti personalità autentiche - dell’ucronia, e quindi avvalorano il suo messaggio. A rendere quest’ultimo ancor più convincente concorre il pathos che dall’ucronia in sé è quasi assente, e che nei racconti-appendice deriva dalla storia straziante di padre Antapire e degli eredi del manoscritto, nonché dal sentimento “controfattuale” di rimpianto ispirato dal pensiero di un mondo nel quale nessuno di loro avrebbe subito le stesse ingiustizie.

E’ quindi evidente che la struttura metafictional di Uchronie non ha quale unico scopo denunciare l’invenzione come tale a un pubblico abituato a tenere distinti i racconti storici dalle finzioni letterarie. Al contrario, Renouvier moltiplica la finzione e ricombina in diversi modi il rapporto tra essa la realtà, sfruttando espedienti ben conosciuti di mediazione tra il vero e il fittizio verosimile. Anche Geoffroy aveva sfruttato la metafiction non solo e forse non tanto per spiegare la natura del racconto ucronico, quanto semmai per giocare con le categorie del vero e del falso, del verosimile e del plausibile. Ma il fine ultimo di Renouvier è indiscutibilmente serioso, speculativo e perfino pedagogico, e i suoi mezzi sono soltanto in parte letterari; questo potrebbe spiegare perché a occuparsene siano stati più gli studiosi di filosofia che non quelli di letteratura.

166

2. Charles Renouvier: tra utopia e individualismo.

Il neocriticismo.

Dopo un confronto con Napoléon apocryphe, per introdurre l’analisi di Uchronie è indispensabile fare qualche riferimento alla collocazione di Charles Renouvier nella cultura del suo tempo e alla sua produzione filosofica, estesa tra gli anni Quaranta del XIX e l’inizio del secolo scorso. Nei manuali di storia della filosofia Renouvier è presentato come il principale esponente francese del neocriticismo o neokantismo, una corrente sviluppatasi soprattutto in Germania, nei centri di Marburgo e di Baden, a partire dalla metà Ottocento. Tra le pubblicazioni che hanno permesso al neocriticismo di affermarsi come un riconoscibile fenomeno culturale vi sono la monografia su Kant

firmata da Kuno Fischer (1860)355, gli scritti di Eduard Zeller considerati fondativi della

gnoseologia come disciplina, quelli di Hermann Helmholtz sul rapporto tra fisiologia e conoscenza. Dal sistema di Kant fu escluso il piano trascendentale, per meglio definire lo statuto epistemico del discorso scientifico; al tempo stesso, i neocriticisti denunciavano lo scientismo come un atteggiamento mistico. Tuttavia, nella varietà delle singole posizioni, hanno avuto un ruolo importante nella riflessione i temi della morale, dell’estetica e della filosofia della storia. Eduard Zeller, ad esempio, nacque intellettualmente come teologo condizionato dall’idealismo hegeliano, ma nella sua

opera principale, la Filosofia dei greci nel suo sviluppo storico (1844, 1891)356, superò

queste premesse per ricostruire con approccio filologico e materialistico la storia delle

idee nell’antichità. Una Storia del materialismo (1866-1873)357

si deve a Friedrich Albert Lange, che situò la conoscenza nel solo ambito del relativo fenomenico ma al tempo stesso concesse all’arte e alla religione lo statuto di forme soggettive di trascendenza. Paul Natorp, forse il più prossimo a Renouvier, fece delle “relazioni” la categoria principale della conoscenza, traducendola in un’etica di impronta pedagogica, comunitaria e socialista. La Germania restò epicentro del neokantismo in Europa, e Renouvier ne fu l’unico esponente notevole in Francia. Il rifiuto delle categorie di assoluto e infinito, il fenomenico come ambito esclusivo della conoscenza, la relazione quale categoria primaria, lo avvicinavano all’elaborazione intellettuale dei tedeschi, ma i biografi e i critici dell’autore di Uchronie hanno avvertito che le sue posizioni sembrano derivate anzitutto da una volontà oppositiva rispetto a fenomeni radicati nella società e nella cultura francese dell’epoca. Ha scritto Augusto Del Noce:

355 K. Fisher, Kant's Leben und Charakter, Baden, Schutterwald, 2001. 356

E. Zeller, Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung dargestellt, Hildesheim, 1990.

167

«Ci si può domandare quanto del kantismo sia in realtà passato nel pensiero di Renouvier, [che] lascia da parte l’idea kantiana secondo cui le categorie sono le funzioni attraverso cui lo spirito costituisce l’esperienza e pone l’oggetto, che non può che consistere che in relazioni legate all’”io penso”. […] Assai più che da Kant, occorre partire […] da un’esperienza politico-religiosa che ha le sue radici nella vita francese 1830-1848. La sua filosofia si muove infatti da una serie originaria di negazioni pratiche, alle quali vuole trovare un fondamento teoretico. Anzitutto lo spiritualismo metafisico che gli appare legato all’assolutismo del trono e dell’altare; poi l’idealismo tedesco, come negazione teorica della libertà umana in nome dello spirito assoluto. […] E altresì il positivismo, negazione naturalistica di questa libertà. […] Egli si presenta come rivendicatore di quel senso di libertà che era stato vissuto nella rivoluzione francese, e che gli appare negato dalle filosofie sorte al tempo della restaurazione». A chiusa di questa efficace sintesi, Del Noce considera che Renouvier «è veramente, sotto

questo riguardo, il filosofo del radicalismo.»358