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Il discorso culturale sulla follia: Charcot e le sue “hystériques” tra teatro e fotografia Catalizzatore delle angosce percepite da parte dei professionisti nei confronti della seppur

III. II Frondeuses, éclaireuses e femmes nouvelles

III.III I discorsi culturali nella Francia fin de siècle

III.III.I Il discorso culturale sulla follia: Charcot e le sue “hystériques” tra teatro e fotografia Catalizzatore delle angosce percepite da parte dei professionisti nei confronti della seppur

lenta avanzata delle donne nel mondo della letteratura e delle professioni, la medicina francese di fine Ottocento si assunse il compito di indagare nei minimi dettagli la costituzione del nemico femminile allo scopo di definirne il potenziale distruttivo e di posizionarlo su un territorio sicuro in modo da neutralizzare le tendenze rivoltose di questo sfuggente oggetto di studio. Come afferma Mesch, “[t]he widespread interest in female sexuality among doctors, writers, and scientists during this period has obscured an equally dangerous perceived threat to the nineteenth-century social body – that of the female mind.”157

In seguito alle conquiste culturali che seguirono la Rivoluzione, gli studiosi francesi iniziarono ad abbandonare il dualismo cartesiano che separava il corpo e la mente e alle donne, oltre che agli uomini, fu riconosciuto il possesso di un “esprit.” Ma nonostante esistesse una generale tendenza a considerare la mente umana in misura asessuata, nel caso della donna l'“esprit” venne immediatamente contaminato della sessualità femminile. Ne conseguì che alla vita interiore della donna furono presto associate la spinta alla maternità e la tensione ad una spiritualità domestica di tipo femminile. A causa del calo delle nascite che si verificò all'inizio del XIX secolo, qualsiasi atteggiamento femminile che non contemplasse la maternità o il sacrificio fu considerato un rischio per la sopravvivenza della società e le scelte che la cultura spingeva la donna a intraprendere furono polarizzate nelle due immagini opposte e speculari della madre di famiglia e della prostituta, la differenza tra le quali consisteva, per i filosofi, solo in un maggiore o minore influsso della mente sul terreno degli istinti corporali. La sessualità femminile era dunque considerata una potenza nefasta e distruttiva, sulla quale la mente avrebbe dovuto esercitare un'azione di contrasto dettata dai bisogni sociali e culturali della società.

Ma la maggiore preoccupazione che si nascondeva al di là delle fantasie dei moralisti e dei conservatori sull'incontrollabilità della sessualità femminile sembra legata più ad un controllo diretto sulla mente che su quello delle attitudini sessuali della donna. L'esercizio dell'intelletto da parte di quest'ultima avrebbe presto portato dalla semplice lettura alla produzione scritta, che si sarebbe presto diffusa come un'epidemia in cui si sarebbe costituito un esercito di “femmes auteurs,” le quali, seppur meno feconde della controparte maschile, avrebbero potuto costituire un serio pericolo per il dominio dei letterati nell'industria del libro.158

Se la scienza si assicurò che il cranio delle donne fosse evidentemente inferiore nelle

157 Mesch, The Hysteric's Revenge, p. 5. 158 Cfr. ibidem, p. 4.

dimensioni rispetto a quello maschile, la ricerca sull'isteria si concentrò su una serie di precetti che raccomandavano alle giovani donne di evitare di stimolare la loro mente e di cimentarsi nelle letture, a rischio di incombere nei deliri dell'isteria. Nel 1847 il dottor J.-L. Brachet lanciava il suo anatema contro le giovani lettrici: “[m]alheur à la jeune fille qui dévore les romans avant de connaître le monde!”159

Non solo la mente, ma principalmente il corpo femminile si rivelava il più evidente terreno di dipanamento dei disturbi isterici: la dimensione corporale della donna era interamente saturata della sessualità femminile, fino a coincidere completamente con questa, così giustificando la disposizione delle donne nei confronti della patologia isterica. Molte delle ricerche mediche del tempo tentarono di risalire all'origine dei disturbi isterici, e furono in molti a chiedersi se fosse possibile identificare un luogo fisico dell'isteria all'interno del corpo femminile. I principali candidati per il posizionamento di questo disturbo nelle membra della donna furono inizialmente gli organi riproduttivi e solo successivamente il disturbo fu esteso al cervello: fino agli anni Cinquanta del XIX secolo la maggior parte degli specialisti riteneva che l'isteria risiedesse nell'utero, mentre sul finire di questa decade, con Brachet e Pierre Briquet, la sede del disturbo venne identificata nell'encefalo.160 Ciononostante, la concezione di un'omogeneità e fluidità del corpo femminile che

pervadeva i pregiudizi dell'establishment medico non riuscì a consentire una vera e propria separazione tra il disturbo dell'isteria e la costituzione corporea femminile: secondo il medico Augustin Fabre “[a]s a general rule all women are hysterical (…). Every woman carries with her the seeds of hysteria;”161 per Brachet “[c]e n'est pas seulement par l'utérus que la femme est ce qu'elle

est; elle est telle par sa costitution entière. Depuis la tête jusqu' aux pieds, à l'estérieur comme à l'intériueur quelles que soient les parties de son corps que vous examinez, vous les trouvez partout la même. Partout vous trouvez ses tissues et ses organes différents des mêmes tissues et des mêmes organes de l'homme;”162 e secondo J. P. Dartigues, negli anni Settanta, la donna è costantemente

vittima di “la faiblesse innée de ses organes.”163

Michel Foucault, in History of Sexuality, descrive il processo di “hystericization of the female body,” che si costituì alla base del discorso della sessualità del XIX secolo in Francia come in Inghilterra:

159 Jean-Louis Brachet, Traité de l'hystérie, Paris, J.-B. Ballière, 1847, p. 505.

160 Pierre Briquet, Traité clinique et thérapeutique de l'hystérie, Paris, Hachette, 1859.

161 Augustin Fabre, L'Hystérie viscerale: Nouveaux fragments de clinique médicale, Paris, A. Delhaye and E.

Lecrosnier, 1883, p. 3.

162 Brachet, Traité de l'hystérie, p. 63.

163 J. P. Dartigues, De l'amour expérimental ou les causes de l'adultère chez la femme au XIXe siècle: Étude d'hygiène

et d'économie sociale de l'ignorance, du libertinage et des fraudes dans l'accomplissement des devoirs conjugaux, Versailles, A. Litzellman, Librairie Médicale te Scientifique, 1877, p. 1.

a threefold process whereby the feminine body was analyzed – qualified and disqualified – as being thoroughly saturated with sexuality; whereby it was integrated into the sphere of medical practices, by reason of a pathology intrinsic to it; whereby, finally, it was placed in organic communication with the social body.164

Nonostante “the female body figured as part of this social body only to the extent that it produced children,”165 qualsiasi donna che si rifiutasse di sottostare ai suoi doveri di moglie e madre

per dedicarsi alla coltivazione del proprio intelletto e all'attività creativa della scrittura era considerata una figura deviante e pericolosa per sé stessa e per la società intera. E non a caso, proprio nel momento in cui la sede della malattia femminile per eccellenza venne spostata dagli organi riproduttivi al cervello, “there was all more reason to consider the dangers of women using their brains.”166

La medicina della seconda metà dell'Ottocento si scagliò infatti contro qualsiasi tentativo le donne avessero intrapreso per imbarcarsi nel mondo delle professioni. Briquet disse che “[l]a stimulation que certaines occupations exercent sur l'ensemble du système nerveux, en provoquant son activité, a généralement été considéré comme une prédisposition aux maladies nerveuses. Aussi regarde-t-on la culture des lettres et des beaux arts comme une prédisposition à l'hystérie.”167

Vent'anni più tardi Alexandre Mayer mise in guardia tanto dalle donne con velleità da scienziato quanto da quelle animate da un temperamento artistico:

Eh bien! Nonobstant de si glorieux succès, celle dont le front sera orné d'une auréole de gloire, excitéra sans doute une admiration enthousiaste, mais rarement elle inspirera un véritable amour; parce qu'en voyant s'allumer en elle la flamme du génie, elle a senti s'éteindre en même temps le foyer du coeur. Ce n'est plus une femme, puisque c'est un poète, un romancier, ou un peintre.168

Letterati, medici e sociologi si riunirono dunque in un unanime attacco sferrato contro le donne che tentavano di farsi strada nel mondo delle professioni. Figure androgine inquietanti e inavvicinabili, isteriche degenerate e imprevedibili, le donne che osassero mettere piede al di là della propria condizione sembravano poter coltivare ben poche speranze di realizzare le proprie aspirazioni. Come afferma Mesch, alla fine del XIX secolo “hysteria was more than a medical diagnosis; it was a cultural phenomenon, linked to notions of femininity pervasive in near all

164 Michel Foucault, History of Sexuality, vol. 1, p. 104. 165 Mesch, The Hysteric's Revenge, p. 19.

166 Ibidem.

167 Brachet, Traité de l'hystérie, p. 75.

168 Alexandre Mayer, Des rapports conjugaux considérés sous le triple point de vue de le population, de la santè et de

aspects of French society.”169

Ma esisteva un luogo specifico in cui la cultura francese riuscì a fare sua la figura della donna isterica per sottometterla non solo alle ricerche mediche volte a riposizionare le devianze femminili nella norma della condizione domestica, ma anche ai gusti fin de siècle di una società avida di spettacoli e di performance dedicate ad un pubblico rigorosamente maschile. Nel manicomio parigino della Salpêtrière, tra esibizioni teatrali e culto dell'immagine fotografica, il dottor J.-M. Charcot (1825-1893) si impegnò a fare dell'isteria un vero e proprio “spectacle fin de siècle.” Certo dell'autenticità dei sintomi della malattia femminile per eccelenza e fiducioso della sincerità delle proprie pazienti, Charcot si prestò a dimostrare che questi disturbi potevano essere tanto provocati quanto alleviati attraverso un consapevole uso delle pratiche ipnotiche. Se con questo psichiatra l'isteria fece la sua entrata nelle cliniche come principale disturbo della mente, la patologia isterica non solo iniziò a configurarsi come esperienza tipicamente femminile, ma nel contesto della Parigi di fine secolo essa portò con sé anche una fortissima componente di teatralità. Le lezioni che il professor Charcot teneva ogni martedì all'ospedale della Salpêtrière non erano frequentate solo da colleghi e studenti di medicina: “the huge amphitheatre was filled to the last place with multicoloured audience drawn from tout Paris, authors, jouralists, leading actors and actress, fashionable demimondaines.”170 L'attrazione a cui questa folla di curiosi andava incontro

consisteva principalmente nelle singolari performance inscenate dalle pazienti isteriche sulle quali Charcot sperimentava una serie di pratiche ipnotiche:

Some of them smelt with delight a bottle of ammonia when told it was rose water, others would eat a piece of charcoal when presented to them as chocolate. Another would crawl on all fours on the floor, barking furiously when told she was a dog, flap her arms as if trying to fly when turned into a pigeon, lift her skirts with a shriek of terror when a glove was thrown at her feet with a suggestion of being a snake. Another would walk with a top hat in her arms rocking it to and fro and kissing it tenderly when she was told it was her baby.171

La conclusione di ciascuna di queste performance consisteva immancabilmente con la messa in scena di una crisi isterica in tutte le sue fasi: la “grande hystérie” o “hystéro epilépsie” si manifestava sempre attraverso tre stadi, consistenti nella fase epilettoide, nel clownismo, e infine nelle “attitudes passionnelles,” durante le quali cui il soggetto passava dalla perdita di coscienza a un susseguirsi di eccentrici contorcimenti, fino alla rappresentazione di una serie di stati d'animo del soggetto, che solitamente assumevano i tratti del sentimentalismo e dell'erotismo.

169 Mesch, The Hysteric's Revenge, p. 21.

170 Alex Munthe, The Story of San Michele, London, John Murray, 1930, p. 296. 171 Ibidem, pp. 302-3.

Nella sala in cui il professore era solito svolgere le sue lezioni era esposto il dipinto Pinel Freeing the Insane (1887) di Tony Robert-Fleury, in cui, durante la Rivoluzione francese, lo psichiatra Philippe Pinel libera i pazienti della Bicêtre e della Salpêtrière, simbolicamente rievocando la liberazione dei prigionieri della presa della Bastiglia. Nonostante in quell'occasione Pinel concesse la libertà principalmente a pazienti di sesso maschile, nel quadro di Robert-Fleury la follia è personificata in un femminile scomposto e disordinato, mentre un pubblico di uomini rispettabili ed eleganti si erge come rappresentante della razionalità e dell'interferenza maschile sulla cupa scena di una femminilità intesa come incontrollata dissoluzione. Al centro del dipinto, come a dividere lo spazio della sana ragione da quello della follia autodistruttiva, compare la figura di una giovane paziente biancovestita che, mollemente adagiata sulla spalla di un inserviente, si offre al lavoro di “liberazione” offertole dal maschile.

Una celebre litografia di André Brouillet raffigura una delle lezioni tenute da Charcot alla Salpêtrière, in cui il professore espone ad un pubblico di soli uomini il corpo di una giovane donna voluttuosamente abbandonato tra le braccia di un suo collega. Quest'opera non si limita a rievocare la candida sensualità della protagonista del dipinto di Robert-Fleury, ma introduce l'osservatore anche al carattere distintamente spettacolare dell'approccio concepito dal professore nei confronti dell'isteria. Catturate inizialmente dal fuoco della sue macchina fotografica e immortalate poi dal fotografo professionista Albert Londe, alcune delle pazienti della Salpêtrière subirono una trasformazione da semplici malate di mente a gradi celebrità.

Nel 1878 i fotogrami dei loro attacchi isterici, suddivisi in tutte le loro fasi e distinti nella varietà di molte possibili manifestazioni a seconda del temperamento e delle esperienze personali del soggetto, furono raccolti in un volume intitolato Iconographie photographique de la Salpêtrière, che consentì l'ampia circolazione al di là dei confini ospedalieri di una serie di immagini che ritraevano le pazienti preferite del dottor Charcot ritratte in pose invitanti e in attitudini eccentriche.172 Blanche Wittman, la protagonista del dipinto di Brouilet, era nota come “la Reine des

Hystériques,”173 mentre la quiendicenne Augustine, ricoverata alla Salpêtrière dal 1875 al 1880,

intraprese, grazie alla macchina fotografica di Londe, una carriera simile a quella di un'attrice o di una modella. Stephen Heath la descrive come a “a young girl posed in her bed, something of the Pre-Raphaelite Millais' painting Ophelia.”174

Al di là delle pose sensuali e invitanti nelle quali la immobilizzano i servizi fotografici di Charcot, Showalter si sofferma su altri aspetti della malattia di questa giovane donna, ponendo luce

172 Cfr. Georges Didi-Huberman, Invention de l'hystérie: Charcot et l'iconographie photographique de la Salpêtrière,

Paris, Macula, 1982.

173 Cfr. A. R. G. Owen, Hysteria, Hypnosis, and Healing: The Work of J.-M. Charcot, London, Denis Dobson, 1971, pp.

186-90.

sui singolari disturbi isterici che la affliggevano, come la vista in bianco e nero curiosamente evocativa delle fotografie che definivano i suoi problemi mentali e i periodi di incontrollabile violenza che intercalavano le placide esposizioni di Augustine all'obiettivo di Charcot. Nel 1880 i rapporti medici sulla giovane donna segnalano una serie di sttai di ribellione nei confronti del regime ospedaliero, seguiti dalla somministrazione forzata di etere e cloroformio fino a periodi di reclusione e di isolamento. “But Augustine was able to use in her own behalf the hystrionic abilities that for a time made her a star of the asylum,” interviene l'autrice di The Femeale Malady: “[d]iguising herself as a man, she managed to escape from the Salpêtrière. Nothing further was ever discovered about her whereabouts.”175 Showalter conclude che “while Charcot looked carefully at

hysterical women, he paid very little attention to what they were saying:” nonostante i rapporti medici rivelassero “[Augustine's] descriptions of her dreams, which were about fire, blood, rape, hatred of men, revolution, and escape,”176 i suoi pensieri rimasero inascoltati al di là della

profusione di fotografie che silenziavano la sua persona nel muto fascino di una bellezza preraffaelita.

Nonostante il professore fosse genuinamente convinto dell'autenticità dei sintomi manifestati negli attacchi isterici delle pazienti dell'ospedale parigino,177 furono in molti tra i suoi

contemporanei a manifestare una serie di dubbi rispetto alla singolare regolarità del susseguirsi degli atteggiamenti e alla sospetta prevedibilità delle loro crisi. Non mancarono coloro che identificarono alla base dei comportamenti delle isteriche della Salpêtrière il grande potere di suggestione esercitato da Charcot su giovani donne circondate da una serie di immagini di isteria che identificavano il loro disturbo con un susseguirsi di attitudini predeterminate e codificate, ma ci fu anche chi accusò alcuni inservienti dell'ospedale parigino di istruire le “hystériques” di Charcot a dar forma alla loro malattia nei termini celebrati dallo psichiatra allo scopo di compiacerlo e gratificarlo.178

Tutto questo, nella complessità di una Parigi decadente e spettacolarizzata, contribuì a rendere ancor più indistinto il confine tra la capacità mimetica delle attrici e la manifestazione femminile del disturbo isterico. Non fu certo un caso che durante gli anni in cui Charcot diresse l'ospedale parigino si assistette ad un drammatico aumento dei casi di isteria nell'intera capitale francese: la percentuale delle diagnosi levitò dall'uno per cento del 1845 al 17,3 per cento del 1883,

175 Showalter, The Female Malady, p. 154. 176 Ibidem.

177 Cfr. ibidem, p. 32.

178 Cfr. Hyppolite Bernheim, “L'Hypnotisme de la Salpêtrière est un produit artificiel, la consequence d'un

apprentissage,” Le Temps, 1891, in George Frederick Drinker, The Birth of Neurosis: Myth, Malady, and the Victorians, New York, Simon and Schusterd, 1984, pp. 144-8.

l'anno in cui gli esperimenti di Charcot sulle sue pazienti raggiunsero la massima espressione.179