DI GUSTAVE DE BEAUMONT
1. Discorso introduttivo, strategie editoriali e ambizioni accademiche
La questione del genere romanzo è fondamentale per la comprensione di un testo che si apre con una curiosa denegazione: «Mon but principal n’a point été de faire un roman. La fable qui sert de cadre à l’ouvrage est d’une extrême simplicité. Je ne doute pas que, sous une plume habile et exercée, elle n’eût prêté aux développements les plus intéressants et même les plus drama- tiques; mais je ne sais point l’art du romancier»4. È un luogo comune, per i romanzieri, giustificarsi della loro professione, tanto è radicato, fino al XIX secolo inoltrato, il pregiudizio che valuta il romanzo come letteratura di se- cond’ordine. Le ragioni avanzate dalle istituzioni letterarie, nei discorsi erudi- ti, presso i censori dell’opinione sono molteplici. Nato in margine ai grandi generi ereditati dalla tradizione e da essa codificati, teatro, poesia, storia, il romanzo ha la sfortuna di disfare le gerarchie proprie alle Belles-Lettres. È accusato di leggerezza, di essere una letteratura di evasione, di distrazione, lo 3 Sulla nozione («anxiety of influence»), cfr. H. Bloom, A Map of Misreading, Oxford Uni-
versity Press, Oxford-NY, 1975, e sull’“influenza”, soprattutto stilistica, di Chateaubriand sullo scrittore Tocqueville, L. Guellec, Tocqueville et les langages de la démocratie, H. Champion, Paris, 2004, pp. 34-44. «Il y a deux passages qui présentent des réminiscences de Chateau- briand malgré tous les efforts que j’ai fait pour les éviter» così scrive Beaumont a Tocqueville, che rilegge il manoscritto di Marie (Correspondance d’Alexis de Tocqueville et de Gustave de
Beaumont, op. cit., p. 145).
4 Marie ou l’esclavage aux États-Unis: étude de mœurs américaines, “Avant-propos”, Gos-
selin, Paris, 1840, p. 1 [edizione digitale sul sito della Bibliothèque nationale de France]. Il ro- manzo di Beaumont è stato ristampato nel maggio 2009 presso L’Harmattan da M.-C. Schapira. Non abbiamo potuto consultare questa edizione durante la redazione del presente articolo.
si sospetta di immoralità, dato che, quasi sempre, drammatizza i desideri di individui che contrariano le norme o il vincolo sociale, dando il cattivo esem- pio. I romanzi sono letture per donne – i romanzi sentimentali della Restaura- zione –, fondi redditizi per i gabinetti di lettura di cui riempiono la metà dei cataloghi5, prodotti di richiamo per le riviste e per la stampa. Il successo pres-
so il pubblico fa respingere questo genere commerciale come “letteratura faci- le”, “democratica”, “popolare”, “industriale”, in particolare in occasione della “querelle”6che farà nascere la rivoluzione del feulleiton nella stampa a buon
mercato, dopo il 1836.
Di tutti i rimproveri rivolti al genere, Beaumont prende in considerazione soprattutto quello della futilità opponendo, nell’introduzione, due modelli an- titetici di lettori: «Je sens bien qu’en offrant la vérité sous le voile d’une fiction, je cours le risque de ne plaire à personne. Le public sérieux ne repous- sera-t-il pas mon livre à l’aspect de son titre seul? et le lecteur frivole, attiré par une apparence légère, ne s’arrêtera-t-il pas devant le sérieux du fond?»7.
Perdere l’ultimo, si direbbe, non lo preoccupa molto. Il titolo dell’opera, che pone il nome dell’eroina nell’intestazione, lo destina tuttavia ai lettori – e alle lettrici, soprattutto – amanti di romanzi sentimentali, di storie d’amore tragi- che. Ne sono usciti di eccellenti dalla piuma di Madame de Staël, Chateau- briand, Madame de Duras, Stendhal, Sand ed anche, in gran numero, di me- diocri. Ludovic discende da René e Marie è figlia o sorella delle Delphine, Corinne, Atala, Ourika, Armance, Indiana, Lélia…, pur restando parente delle meno illustri Malvina, Valérie, Léonie, ecc. Beaumont, che ne ha certamente letti, ha colto a perfezione i principi dell’intreccio che in questi romanzi me- lodrammatici riposa spesso sugli effetti della suspense di un segreto che biso- gna tacere ed oppone alla passione amorosa i divieti di una società di cui si svelano violenza e contraddizioni. Nelson dice a Ludovic, dopo che costui è finalmente venuto a conoscenza dell’origine mulatta di Marie, che insiste a voler sposare: «L’enthousiasme vous égare, mon ami; prenez garde à l’entraînement d’une passion généreuse… Hélas! si vous contemplez d’un œil moins prévenu la triste réalité, […] vous reconnaîtrez qu’un blanc ne peut s’allier à une femme de couleur»8. Sottolineando à più riprese che il suo
«premier but a été de présenter une suite d’observations graves» sui costumi americani, Beaumont decide di indirizzarsi al «public sérieux» che sa di dover 5 Cfr. E. Parinet, Une Histoire de l’édition à l’époque contemporaine: XIXe-XXe siècles,
Points Seuil, Paris, 2004, p. 134.
6 Cfr. L. Dumasy, La Querelle du roman feuilleton. Littérature, presse et politique, un dé-
bat précurseur, 1836-1848, ELLUG, Grenoble, 2000.
7 Marie..., cit., “Avant-propos”, p. 1. 8 Ivi, cap. VIII («La Révélation»), p. 65.
convincere del valore morale, politico e storico del suo libro. Gli segnala la «quantité de matières traitées gravement, non seulement au fond mais même dans la forme»9, designando la parte documentaria dell’opera posta alla fine
del volume: tre lunghe sintesi riguardanti la condizione sociale e politica della popolazione nera americana, le sette religiose, gli indiani; cinque tavole che comparano la popolazione libera e la popolazione schiava negli Stati Uniti dal 1790 al 1830; infine note al testo, alcune delle quali costituiscono veri e propri approfondimenti sui movimenti migratori in direzione degli Stati Uniti, sulle relazioni fra uomini e donne, sulle associazioni, la domenica dei puritani, le maniere americane, il duello, le bancarotte, il principio egalitario, le sommos- se razziali del 1834 a New York. La parte documentaria ed esplicativa, intro- duzione compresa, occupa così la metà del libro tanto da rendere Marie ou
l’esclavage aux États-Unis un’opera problematica per il genere di classifica-
zione, epistemologicamente e stilisticamente instabile, divisa fra discorso co- noscitivo e materia della finzione, in qualche modo divisa a metà come è divi- so a metà il suo pubblico.
Non è sicuro che Beaumont sia riuscito a risolvere le contraddizioni che fanno coesistere seduzioni romanzesche e scrupoli scientifici, attenzione al vasto pubblico e preoccupazioni elitarie. Ma è certo che, presentandosi al tempo stesso come romanziere e pubblicista su un soggetto di interesse gene- rale, mirasse sia al successo di pubblico sia al riconoscimento accademico. Il romanzo sui costumi come il romanzo storico, titolo che Marie può rivendica- re anche se la vicenda si svolge tra il 1825-26 e il 1831, attirano numerosi let- tori – è nota la fortuna in Francia di Walter Scott. Gosselin, l’editore di Be- aumont (e di Tocqueville), ha pubblicato tutte le opere dello scrittore scozzese e quelle di Fenimore Cooper, pubblicherà in seguito quelle di Chateubriand. Il suo catalogo per il grande pubblico comprende opere serie, studi di erudizione (Nisard), l’Enciclopédie nouvelle dei socialisti Pierre Leroux e Jean Reynaud, la Démocratie en Amérique, a cui si aggiungono ecletticamente best-seller romantici (Notre-Dame de Paris, le poesie di Lamartine), della letteratura straniera (I promessi sposi di Manzoni, racconti russi, un romanzo “cinese”, Washington Irving), gli scritti di autori alla moda (Delphine de Girardin, Al- phonse Karr). Parallelamente a queste strategie editoriali che produrranno i loro frutti (Marie conosce cinque riedizioni fino al 1842) bisogna collocare le ambizioni accademiche di Beaumont: se il romanzo non gode di buona fama presso l’Académie française, la questione dello schiavismo costituisce di per sé un soggetto accademico. Nel 1822, l’Académie française aveva proposto come soggetto per il suo premio di poesia l’abolizione della tratta dei neri,
conferito l’anno successivo a Victor Chauvet per un dramma commovente con una citazione di Shakespeare in epigrafe: «Hath not a negro hands, organs,
dimensions, senses, affection, passions ?»10. L’Académie, depositaria della
letteratura ufficiale, non ha ammesso né Stendhal né Balzac né Flaubert né Zola, ma, fatto notevole, gratifica Marie ou l’esclavage aux États-Unis del premio Montyon attribuito alle opere più utili ai costumi. Tocqueville e Be- aumont vi sono in qualche modo abbonati: l’hanno ottenuto congiuntamente per il Système pénitentiaire nel 1833, lo ricevono separatamente nel 1836, il primo per la Démocratie en Amérique, il secondo per il suo romanzo. Il con- corso Montyon ricompensa inoltre ogni anno con un premio alla virtù uomini e donne di umili origini che hanno compiuto un atto virtuoso o caritatevole o la cui vita appare particolarmente esemplare. Nel 1832, nello specifico, era stato ricompensato con cinquemila franchi il servitore Eustache, ex-schiavo di colore originario di Santo Domingo, che aveva salvato la vita ai suoi padroni in occasione della rivolta dell’isola e poi si era stabilito in Francia11. Il premio
per l’utilità attribuito allo scrittore per il suo impegno contro «l’odieux préju- gé»12 razzista è anche un premio al merito per il personaggio eponimo di Ma-
rie, modello di virtù e di modestia femminile, martire innocente delle palino- die della democrazia americana. Grazie a questo personaggio edificante, e perché garantisce la verosimiglianza della sua opera di finzione moltiplicando le testimonianze personali sul viaggio compiuto negli Stati Uniti (nelle ap- pendici, nelle note e nell’introduzione con l’episodio al teatro molto abilmente inscenato dal discorso preliminare), Beaumont ha saputo farsi perdonare da un pubblico austero la scelta del romanzo. Lodando lo scrittore per aver saputo dipingere «la lèpre de l’esclavage de la race noire» in Marie, Jean-Baptiste Biot dell’Académie des Sciences scrive così nella sua recensione a L’Irlande, nel 1839: «Des esprits sérieux, qui ont pris pour le roman historique une aver- sion assez concevable, ont improuvé cette forme donnée par l’auteur aux faits qu’il avait observés, et dont, au reste, aucun n’a été contesté, ni en Amérique, ni en Europe. Sans prétendre infirmer ce jugement, on pourrait essayer d’en adoucir la sévérité, en disant que les personnes qui le portent n’ont peut-être pas assez réfléchi sur les difficultés qu’il y avait à rassembler dans un autre cadre les tristes détails d’un pareil sujet. Il s’agissait en effet d’exposer, de montrer l’action terrible d’une persécution incessante et implacable, suivant ses victimes dans tous les actes de leur vie intime […]. Tout cela, au milieu 10 N. Schmidt, Abolitionnistes de l’esclavage et réformateurs des colonies, 1820-1851, Kar-
thala, Paris, 2000, p. 45 e sgg.
11 F. Marcouin, L’Effet Montyon, “Romantisme”, n. 93, 1996, p. 68. 12 Marie…, cit., “Avant-propos”, p. 3.
d’une société qui se croit admirablement libre, sage, et se dit chrétienne! Comment montrer les détails d’une telle situation, mieux, ou même autrement qu’en les appliquant à une famille qui en ressent tous les malheurs ?»13. Signi-
ficava aver ben letto la storia. E quando quest’ultima, forse, non convince sul- la forma, resta ancora la possibilità di tacere, come fa Francisque de Corcelle nella recensione della “Revue des deux Mondes”14, in cui è citata e commen-
tata solo la nota di Beaumont relativa alla condizione dei neri schiavi e liberati negli Stati Uniti, quasi a lasciar credere che il romanzo non sia stato letto.