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L’Irlanda, la corruzione e il moderno impero democratico

L’IRLANDE DI GUSTAVE DE BEAUMONT ED I TIMORI IN MATERIA DI CORRUZIONE

3. L’Irlanda, la corruzione e il moderno impero democratico

Le idee di Beaumont e di Tocqueville sulla democrazia si svilupparono a partire dalla descrizione di essa da parte di Guizot e dei dottrinari. Nel mo- mento in cui le aggiungevano complessità e profondità, essi facevano propria la fascinazione dei dottrinari nei confronti della psicologia morale. L’accento posto sulle forme interiori della vita individuale rispecchiate nella vita interna della società, era una sostanziale deviazione dall’enfasi sulle virtù individuali e civiche derivate da una retorica repubblicana adottata in un’età precedente.

Non c’è dunque da meravigliarsi che la fascinazione della storiografia con- temporanea nei confronti del repubblicanesimo abbia sottratto alla vista la no- tevole ansietà circa la natura e le conseguenze dell’impero. Liberali come Be- aumont nutrivano in sé una profonda inquietudine su come una democrazia, attraverso la creazione di un impero, potesse corrompere la vita interna di una società e l’individuo, sia nella metropoli che nelle colonie. Assieme all’in- fluenza corruttrice del materialismo e al successivo restringimento degli oriz- zonti mentali della popolazione, si verificava una diminuzione di quel “senti- mento di ricettività”, così importante ad ogni forma di vita associata e pubbli- ca e a quell’elevazione intellettuale e morale dei popoli colonizzati che costi- tuiva la giustificazione etica dell’imperialismo. Questa ansietà egli la nutriva per la Francia e la sua difficile avventura coloniale in Algeria. Ma queste ri- flessioni sull’impero trascendevano i confini francesi. L’enfasi posta dai doc-

trinaires sulla democrazia come assetto sociale orientava le indagini di Beau-

mont e lo rendeva particolarmente attento a come la tirannia politica in Irlanda avesse polverizzato il tessuto sociale e reso la popolazione inidonea all’autogoverno. Questa tirannia, osservava Beaumont, gelava il cuore e cor- rompeva l’animo degli inglesi, cosicché essi risultavano induriti dalla terri- bilmente penosa condizione degli irlandesi.

È la dimensione psicologica dell’analisi di Beaumont a essere qui di parti- colare interesse.

Il tema della corruzione psicologica è centrale nella ricostruzione storica e nell’analisi dell’Irlanda da parte di Beaumont. La sua narrazione della storia irlandese poneva in rilievo ogni sorta di brutalità e corruzione. L’aristocrazia d’Irlanda possedeva vizi in misura maggiore rispetto a qualsiasi altra aristo- crazia. Ad essa faceva difetto ogni simpatia nei confronti della popolazione dell’isola o interesse per la sua collocazione geografica. Non avendo nulla che la legasse al paese essa si era data, per usare le parole di Beaumont, ad una «tirannia senza riserve»48, governando l’Irlanda nei termini di un’assoluta cor-

ruzione e sovrintendendo alla diseguaglianza più assoluta. La sua tirannia era consolidata dal ricorso a un’oppressione amministrativa ed economica tale da rendere la soggiogata popolazione irlandese intellettualmente e moralmente degradata, sottomessa e docile. Essa impiegava apertamente gli strumenti di governo al fine di accrescere la propria avidità ed il proprio potere. Beaumont rilevava come «la corruzione del parlamento fosse estrema» e «praticata con sfrontatezza incredibile». Posti ed onori erano oggetto di scambio in denaro. La corruzione della società politica penetrava «fin dentro lo stato, la contea, i corpi municipali e la parrocchia»49.

L’analisi di Beaumont recava tutti i segni distintivi delle trattazioni classi- che della corruzione. Ma c’era anche una sottile differenza, poiché differente era il suo punto di inizio. Egli prendeva le mosse dalla società, dall’assetto so- ciale (l’état social) e non dalle istituzioni politiche. Nella sua descrizione della cattiva aristocrazia irlandese Beaumont sosteneva che «il vizio originale e per- manente che corrompe la società civile porta la medesima corruzione all’in- terno della società politica”50. Per il fatto di assumere come suo punto di par-

tenza la corruzione della società civile, Beaumont ascriveva all’assetto sociale la stessa importanza che i dottrinari prima di lui avevano ad esso conferito. Come loro, egli avrebbe condotto l’analisi a un più profondo livello esploran- do come la corruzione influenzasse ciò che Royer-Collard aveva descritto come «l’état intérieur de la société».

La trattazione da parte di Beaumont della vita associativa e della religione in Irlanda, su cui fermeremo l’attenzione nella parte residua di questo contri- buto, è in modo specifico rivelatore di come egli andasse alla ricerca della corruzione al più profondo livello dello stato interiore di una società, ponendo l’io al centro della sua propria analisi.

Nelle pagine dedicate alle corporazioni municipali sotto il governo anglo- normanno, Beaumont utilizzava uno schema analitico che era stato inaugurato da Guizot nel 1821 nella sua Storia delle origini del governo rappresentativo

in Europa. Nella quarta lezione, Guizot riconduceva le origini del governo

rappresentativo in Britannia alle istituzioni locali degli anglo-sassoni che non erano mai state soppresse dal feudalesimo normanno. Queste istituzioni locali regolavano «le reciproche relazioni [degli individui] e definivano i loro reci- proci diritti e doveri». Esse erano di due tipi. Il primo «segnava una relazione di protezione e dipendenza» e il secondo convocava «tutti gli abitanti di uno stesso territorio, in possesso dei medesimi diritti e dei medesimi obblighi, a deliberare in comune sugli affari di comune interesse»51.

49 Ivi, p. 153. 50 Ibidem.

L’antica storia d’Irlanda offriva invece un differente percorso. Beaumont esaminava le istituzioni locali sotto gli anglo-normanni e mostrava come, una volta che gli anglo-normanni si erano stabiliti in Irlanda, «essi fossero venuti in possesso dei privilegi e delle libertà peculiari alla società feudale»52. Ma

quelle istituzioni locali non regolavano relazioni reciproche; e neanche defini- vano reciproci diritti. La relazione «di protezione e dipendenza» che Guizot aveva ascritto al primo tipo di istituzioni era sostituita da una relazione di op- pressione e coercizione: quelle istituzioni che convocavano «tutti gli abitanti dello stesso territorio […] a deliberare in comune sugli affari di comune inte- resse» divennero esclusive, proscrivendo da esse i nativi irlandesi.

Il risultato fu quello di due separate società, esistenti fianco a fianco, ma con una di esse dominante sull’altra.

Dal 1535 al 1690, le guerre di religione che imperversarono durante il re- gno di successivi monarchi inglesi, da Elisabetta I a Carlo II, determinarono l’impulso a rimodellare l’Irlanda in una sola società, attraverso la distruzione dell’altra. L’isola venne colonizzata da protestanti lealisti provenienti dall’In- ghilterra e dalla Scozia e la popolazione indigena fu sottoposta al terrore e soggiogata in modo brutale. Ciò che, in relazione a questo periodo, era per Beaumont della maggiore importanza era che gli irlandesi si ritraevano nella religione e nella vita interiore dell’anima. Egli osservava come fosse «la natu- rale inclinazione dell’uomo, quando egli subisce una violenza fisica, trovare rifugio nello spirito, e in esso proclamarsi libero, mentre il corpo è gravato di catene»53. La religione incoraggiava i vincoli di una comune identità; essa fu al servizio degli irlandesi nella loro resistenza ai ripetuti tentativi degli inglesi di portarli “a guarigione”. Nel momento in cui Cromwell agiva da «strumento e guida» di un «fanatismo distruttivo», «incontrò in Irlanda un fanatismo più puro e più nobile – quello di una nazione che difendeva i suoi culti religiosi, e di una religione che difendeva una nazione»54.

Il fanatismo di protestanti e cattolici alimentò un odio reciproco che avreb- be reso ogni vincolo associativo impossibile. La descrizione di Beaumont era relativa a un impressionante restringersi dell’identità individuale. Il definitivo collasso di questa – un’idea che anticipava di più di un secolo la tesi di Franz Fanon nei Dannati della terra – aveva come esito ultimo la totale estinzione di ogni sentimento di empatia o di apertura mentale. Beaumont mostrava co- me per il fatto di essere così completamente ristretta, la psiche interna dell’individuo privava quest’ultimo di profondità, rendendolo animoso e ostile nei confronti di quanto a lui estraneo. Erano esattamente queste le condizioni

52 G. de Beaumont, Ireland, cit. p. 20. 53 Ivi, p. 28.

psichiche per le circostanze sociali di ciò che i doctrinaires avevano definito nei termini di un collasso sociale, stasis. L’identità scissa si era dunque risolta in una società divisa. Come veniva osservato da Beaumont:

L’Irlanda, come l’Inghilterra, ha disconosciuto il principio essenziale ad una società, vale a dire che l’uomo è tanto libero nel culto esterno di Dio quanto nella sua coscien- za interiore. Entrambe le nazioni erano colpevoli di tale violazione; l’una nelle inten- zioni l’altra nei fatti. Il più forte e il più fortunato nella lotta fu il più criminale; ma la vittima era anch’essa colpevole. Per parte mia, non trovo nessuna ragione di accusare la giustizia di Dio per queste guerre crudeli e per queste sanguinarie controversie; mi limito soltanto a constatare quanto costi l’oblio di un singolo principio all’umanità in termini di sangue e iniquità. E invece di limitarmi alla deplorazione, ravviso in queste orribili sciagure la sanzione di grandi verità, necessarie alla felicità delle nazioni. Tut- to ciò che è rivoltante all’estremo nella violenza di questa spaventosa epoca serve solo a provare che ci sono alcuni princìpi che non possono essere disconosciuti con impu- nità, e la violazione dei quali comporta le più fatali conseguenze55.

Come era possibile superare una tale calamitosa condizione? Beaumont esplorava numerose possibilità, tra le quali quella di riforme sociali e politi- che. Ma un importante fattore spiccava tra gli altri: le associazioni civili e po- litiche. Se altrove ho cercato di approfondire come Beaumont, nelle sue rifles- sioni sull’Irlanda, cogliesse delle associazioni il ruolo centrale nella promo- zione di un’identità nazionale56, sono allo stesso modo persuaso che egli valu-

tasse le associazioni anche in rapporto a considerazioni di carattere più filoso- fico e psicologico sulla natura dell’io. Tocqueville aveva mostrato nella De-

mocrazia in America che le associazioni “rinnovavano” “sentimenti ed idee”,

“allargavano” “il cuore” e sviluppavano l’intelletto57, in tal modo assicurando

che l’uomo, come egli sottolineava , “restasse civilizzato”58, ed aveva eviden-

ziato anche come lo spirito di associazione avesse, con il passare del tempo, cessato di essere il risultato di un “calcolo” e fosse divenuto, ancora testual- mente, “un istinto”59. Esse si formavano spontaneamente in risposta a partico-

lari bisogni. Alla più profonda radice delle riflessioni di Tocqueville e di Be- aumont sulle associazioni risiedeva una concezione dell’io che, così come era stata descritta da Damiron, costituiva una “forza attiva”. Ciò si rifletteva sulle

55 Ivi, p. 49.

56 Cfr. il mio Failed States and Modern Empires: Gustave de Beaumont’s Ireland and

French Algeria, in particolare pp. 516-520.

57 A. de Tocqueville, Democracy in America, II, p. 515. 58 Ivi, p. 517.

considerazioni di Tocqueville relative a come le associazioni scaturissero dall’azione volontaria degli individui. Ma questa forza attiva, così come Da- miron e gli altri dottrinari l’avevano vista, era consapevole di se stessa nel presente, ricordava di avere avuto coscienza di sé nel passato («elle a mémoi- re d’elle-même comme elle en a conscience»), e questo era ciò che aveva ali- mentato il necessario cambiamento che Tocqueville e Beaumont avevano pre- sagito per il momento in cui lo spirito di associazione avesse cessato di deri- vare dal calcolo e fosse scaturito dall’istinto. La coscienza da parte dell’io del- la propria esperienza passata e di quella presente, scambiavano informazioni reciproche. L’io scisso mancava di tale conoscenza e, come risultato, costitui- va una forza attiva ridotta. L’unione su basi volontarie era perciò più difficile. E quando l’io risultava, come Beaumont aveva constatato in Irlanda, radical- mente diviso, allora la vita associativa risultava quasi totalmente impossibile. E tuttavia, quando veniva ad esistenza, come nel caso da Beaumont analizza- to, dell’Associazione Cattolica di Daniel O’Connell, essa veniva ad assumere una peculiare “caratterizzazione democratica”.

Beaumont espresse la sua grande ammirazione per O’Connell, descriven- dolo come un leader “straordinario” il cui potere risiedeva «nella difesa di set- te milioni di sofferenti la cui miseria era un’ingiustizia». Aver dato voce alla causa degli oppressi era ciò che, agli occhi di Beaumont, aveva fatto di O’Connell un leader del tutto diverso dagli altri grandi uomini della Storia, da lui esplicitamente citati: Cesare, Napoleone, Washington60. E nel momento in cui O’Connell dirigeva precisamente ciò che per Beaumont «gli interessi dell’Irlanda richiedevano», vale a dire «una guerra costituzionale, una pace incessantemente turbata, uno stato intermedio tra il governo delle leggi e l’insurrezione»61, egli veniva a configurarsi come espressione di quella nuova specie di capi democratici per i quali Beaumont provava, al tempo stesso, ammirazione e timore. E se da un lato le speranze e le aspirazioni degli irlan- desi erano investite in quest’unico uomo, il potere individuale così largamente conferitogli faceva sì, come avrebbe osservato Beaumont, che O’Connell e- sercitasse «una sorta di dittatura» sull’intera nazione62. Il fatto che egli domi-

nasse la psiche collettiva della nazione irlandese induceva Beaumont a osser- vare che «quando O’Connell vuole qualcosa, egli predica l’agitazione e scuote sette milioni di uomini come una minaccia che non può lasciare l’Inghilterra indifferente»63. Questo genere di identificazione collettiva, una delle forme

della psicologia di massa, era forse l’unica e al massimo grado inquietante e- 60 G. de Beaumont, Ireland, cit., p. 224.

61 Ivi, p. 226. 62 Ivi, p. 224. 63 Ivi, p. 369.

spressione della completa fratturazione dell’io. Si era così in presenza di una individualità talmente impoverita che essa poteva trovare espressione soltanto attraverso una volontà collettiva rivolta in direzione di un unico individuo.

Il caso dell’Irlanda era profondamente istruttivo di quanto nocivi fossero gli effetti della corruzione sull’io. La vivida descrizione degli effetti peggiori di essa era, come si è visto, ispirata alla critica dei doctrinaires alla democra- zia, in particolare alla loro preoccupazione di far intendere come la democra- zia alterasse i vincoli di comunità attraverso un processo di penetrazione che arrivava fino alla vita interiore dell’uomo. Era tale motivazione profonda, al- l’origine delle sue considerazioni, a conferire all’analisi irlandese di Beau- mont una particolare intensità. Essa aiuta a comprendere in modo più preciso perché le idee sue e quelle di Tocqueville in relazione all’impero, fossero se- gnate da una profonda inquietudine. Il perseguimento di un impero, special- mente quando in forme spietate, comportava una sinistra disumanizzazione sia del colonizzatore che del colonizzato. Venivano in tal modo minate le ragioni – le sue come quelle di Tocqueville – con le quali entrambi avevano cercato una giustificazione all’imperialismo francese. Un impero popolato da indivi- dui internamente scissi non poteva promuovere né la grandezza nazionale, né l’elevazione intellettuale, culturale, economica e politica dei popoli “arcaici”.

Traduzione di Mario Tesini

LE CAUSE STORICHE DELLA “MISERIA”