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2.1 Dalla ricerca di sfondo alla definizione del progetto di ricerca

Va ricordato, preliminarmente, che un'ampia parte del lavoro è stata dedicata alla ricerca di sfondo, rivolta in primo luogo al reperimento e allo studio del materiale bibliografico inerente alcune aree tematiche, fondamentali per il progetto di ricerca25.

Successivamente è stata svolta l'analisi secondaria di documenti e dati quantitativi su alcuni “numeri del controllo penale” e sulle attività del servizio sociale in ambito penitenziario. A tal fine sono stati reperiti dati statistici, utilizzando principalmente database del Ministero della Giustizia26. Sono stati analizzati, in particolare, i seguenti dati

25 Tale ricerca bibliografica si è realizzata utilizzando:

- biblioteche universitarie (quella centrale dell'Università Milano-Bicocca e la “Solari” dell'Università di Torino, in particolare);

- il documentation centre dell’ UNICRI (United Nations International Crime and Justice Research Institute), organismo delle Nazioni Unite con sede a Torino, a cui è possibile accedere per motivi di ricerca previa richiesta da parte di un docente tutor del dottorato;

- risorse telematiche (i siti internet: google.scholar, jstor e world cat, fra gli altri), che hanno consentito di reperire in rete numerosi articoli e riferimenti. L'utilizzo di un apposito software (Zotero) ha consentito di organizzare e gestire in modo razionale il materiale bibliografico reperito on line.

26 Una parte dei dati ministeriali è pubblica e consultabile via internet, un’altra parte è stata ottenuta presso il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria (PRAP) della Lombardia - attraverso la rete interna intranet -, al quale era stata richiesta l’autorizzazione per intervistare assistenti sociali dell’UEPE di Milano. Ulteriori dati statistici sono stati reperiti online, nel sito www.ristretti.it, che si occupa della gestione di un centro di documentazione su tematiche penitenziarie, e sul sito ufficiale dell’Istat (www.istat.it).

nazionali e, in parte, per zone geografiche (nord, centro, sud):

- serie storiche del numero dei detenuti presenti negli Istituti Penitenziari, con suddivisioni per posizioni giuridiche, sesso e per particolari condizioni, interessanti per la ricerca, come quella di cittadini stranieri e detenuti tossicodipendenti; - dati sulla gestione delle misure alternative da parte degli Uffici locali di Esecuzione

Penale Esterna (UEPE), le strutture cioè in cui opera il servizio sociale; questi sono suddivisi in base alla tipologia di misura alternativa (affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare) e contengono anche valori percentuali sulle revoche delle misure stesse; sono compresi dati sulla condizione di tossicodipendenza, mentre i dati sulla cittadinanza (italiana/straniera) sono stati rilevati solo a partire dal 2010;

- dati sul personale dell'Amministrazione penitenziaria e in particolare sui funzionari della professionalità di servizio sociale (assistenti sociali), relativi al periodo 2008-2010.

Nel progetto di ricerca inizialmente presentato non si era definito esattamente l’ambito territoriale su cui la ricerca si sarebbe concentrata e ci si era riferiti, in generale, alla realtà italiana nel suo complesso, specificando che il servizio sociale nel settore penitenziario, pur avendo un’articolazione territoriale ben definita, si caratterizza per un’organizzazione centralizzata che fa capo al Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia. Tuttavia, alcuni colloqui esplorativi e le prime interviste ad esperti del settore penitenziario e a funzionari dell’Amministrazione penitenziaria – della Lombardia in particolare - hanno messo in luce la specificità dei contesti regionali, tra i quali spiccano quelli di alcune regioni settentrionali, che assume importanza soprattutto per la collaborazione tra l’Amministrazione penitenziaria e i diversi soggetti, pubblici e del privato sociale. Tale collaborazione riguarda un livello di progettazione condivisa, che mira a portare le decisioni riguardanti il settore penitenziario nella programmazione territoriale (soprattutto quella attuata con i piani di zona, che ha consentito oltretutto un utilizzo razionale delle risorse economiche e di particolari finanziamenti); ma riguarda anche altri ambiti, come quello della formazione continua degli operatori penitenziari, fatta a livello regionale.

Alla luce di questi elementi ed avendo anche valutato i rischi di eccessiva eterogeneità di una ricerca su tutto il territorio nazionale, anche per l’accesso al campo, si è scelto in ultima analisi di circoscrivere l’ambito della ricerca qualitativa a alle seguenti regioni: Lombardia, Piemonte, Liguria. La scelta di queste tre aree territoriali si è basata su

elementi acquisiti nel corso della ricerca di sfondo, che hanno evidenziato una forte differenziazione fra Italia meridionale e settentrionale rispetto all’intreccio tra politiche sociali e penali. La particolarità del “welfare del sud”, di cui si è detto nel primo capitolo, incide fortemente sulle risorse finalizzate al reinserimento sociale all’esterno del carcere. La scelta, di conseguenza, è stata quella di tre ambiti regionali che, pur nelle differenze, si caratterizzano anche storicamente per l’attivazione di una politica dei servizi sociali con vari punti in comune, dedotti dall’analisi dalla letteratura (Ferrario, 2001, 2011; Ascoli, 2011) e da interviste esplorative ad esperti e studiosi, svolte su questo punto specifico, precedentemente all’accesso al campo. Tra i punti in comune alle tre regioni vi è, in particolare, quello relativo alla presenza di esperienze significative di trattamento psicosociale in ambito carcerario e di collegamento tra territorio e sistema penitenziario (Bandini et al., 2004). La scelta delle tre regioni, inoltre, è stata dettata da alcune considerazioni sull’accesso al campo: si è valutato che la conoscenza del ricercatore del territorio piemontese, lombardo e ligure, per precedenti esperienze lavorative (nel servizi sociali territoriali e nel settore penitenziario) e formative universitarie, fosse una risorsa per rendere realizzabile l’accesso.

2.2 La definizione del campione e l’accesso al campo

Si è fatto ricorso al campionamento “a scelta ragionata” (theoretical sampling), con la modalità che prevede di definire il profilo del campione prima di procedere con la conduzione delle interviste. Fin dalla prima stesura del progetto di ricerca si è fatta la scelta di non intervistare esclusivamente assistenti sociali, data la complessità degli interventi riabilitativi in ambito penitenziario; interventi che, come abbiamo visto, convolgono diverse professioni e diversi soggetti istituzionali. Si è previsto quindi di intervistare assistenti sociali, educatori, psicologi che operano nel settore penitenziario degli adulti (non solo dipendenti dal Ministero della Giustizia, ma anche dei SERT, che hanno un ruolo importante, spiegato nel capitolo 4). Si è scelto inoltre di intervistare alcuni testimoni privilegiati, cioè studiosi del settore penitenziario e dunque conoscitori del fenomeno studiato nella ricerca, del quale hanno una visione diretta e profonda.

Il profilo del campione è stato definito dal uno spazio di attributi, le cui dimensioni coincidono con le dimensioni concettuali della ricerca. Questo spazio è stato definito dalle seguenti proprietà, in parte già individuate nel progetto, in parte ridefinite nel corso della ricerca:

- maggiore vs minore esperienza lavorativa nel settore penitenziario dell’intervistato

(proprietà legata al tema dei mutamenti e delle trasformazioni di cui si è detto); - aree territoriali in cui opera l’intervistato/a:

aree territoriali a maggiore densità di popolazione, che comprendono grandi centri urbani, quindi con maggiore presenza di persone – e di determinate categorie - seguite dal sistema penitenziario, negli istituti e fuori vs aree territoriali a minore densità di popolazione;

- professione dell'intervistato: assistente sociale (social worker) vs non assistente sociale (non-social worker ).

Quest’ultima proprietà – introdotta successivamente alla prima discussione del progetto di ricerca – ha permesso: di vagliare le ipotesi del progetto di ricerca in modo più aderente alle loro premesse teoriche, riferite a diverse professioni - quindi non solo al servizio sociale - che operano nel penal-welfare system e che contribuiscono a mettere in atto quell’insieme di meccanismi, di azioni reattive della collettività per far fronte alla devianza, che contribuisce a definire il controllo sociale; di comparare professionalità differenti arricchendo la ricerca di contenuti conoscitivi; di far emergere, attraverso la comparazione e le differenze con le altre professioni e competenze esperte, la specificità del servizio sociale nel settore penitenziario.

Avendo considerato congiuntamente queste proprietà, è stato possibile definire la tipologia illustrata nella figura 1 - ripresa in parte da un analogo schema proposto da Cardano (2003) -. Essa identifica di 8 tipi di soggetti, professionisti o esperti del settore penitenziario:

- assistenti sociali (social workers - SW), con maggiore esperienza lavorativa, operanti in aree a maggiore densità di popolazione;

- assistenti sociali (SW), con maggiore esperienza lavorativa, operanti in aree a minore densità di popolazione;

- assistenti sociali (SW), con minore esperienza lavorativa, operanti in aree a maggiore densità di popolazione;

- assistenti sociali (SW), con minore esperienza lavorativa, operanti in aree a minore densità di popolazione;

- non assistenti sociali (non social workers – non SW), con maggiore esperienza lavorativa, operanti in aree a maggiore densità di popolazione;

- non assistenti sociali (non SW), con maggiore esperienza lavorativa, operanti in aree a minore densità di popolazione;

- non assistenti sociali (non SW), con minore esperienza lavorativa, operanti in aree a maggiore densità di popolazione;

- non assistenti sociali (non SW), con minore esperienza lavorativa, operanti in aree a minore densità di popolazione.

MAGGIORE ESPERIENZA

lavorativa MINORE ESPERIENZA lavorativa

MAGGIORE DENSITA’ dell’area SW

NON SW SW NON SW MINORE DENSITA’ dell’area SW NON SW SW NON SW

Figura 5.1 – Tipologia degli intervistati

Le persone da intervistare sono state individuate con l’aiuto di alcuni testimoni qualificati, già conosciuti dal ricercatore nel corso del’esperienza lavorativa pregressa che è stata ricordata. Si è sfruttata, in particolare, la conoscenza di un funzionario responsabile – assistente sociale - del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria (PRAP) della Lombardia, che in passato ha ricoperto l’incarico di coordinamento, a livello nazionale, di un’associazione di assistenti sociali operanti nel settore della Giustizia. L’esperienza di questa persona e la conoscenza diretta da parte sua di un elevato numero di operatori, non solo assistenti sociali, si sono rivelati fondamentali: hanno facilitato, da un lato, l’entrare in rapporto con dirigenti dell’Amministrazione penitenziaria – figure con una funzione di gatekeeping significativa - ; dall’altro, hanno favorito un ruolo di mediazione tra ricercatore e possibili soggetti da intervistare. Grazie a tale ruolo è stato possibile ottenere una serie di nominativi, con relativi recapiti telefonici ed indirizzi di posta elettronica. Proprio la posta elettronica è stato lo strumento fondamentale per contattare i soggetti da intervistare, mediante il quale sono stati spiegati sinteticamente i contenuti e le finalità della ricerca. I riscontri sono stati positivi, vi sono state buone risposte e disponibilità nell’accettare l’intervista; molte persone hanno sottolineato di essere motivate a voler rispondere, esplicitando di riconoscere un valore alle attività di ricerca sociale. Per poter svolgere le interviste ai professionisti dipendenti dal Ministero della Giustizia all’interno dei luoghi di lavoro, è stato necessario richiedere un’autorizzazione formale all’Amministrazione penitenziaria (nello specifico, ai

Provveditorati regionali), che è stata ottenuta comunque senza difficoltà particolari e in breve tempo.

L’accesso al campo, alla luce di quanto detto finora, si è rivelato privo di particolari difficoltà.

Dopo aver specificato i criteri di scelta, le caratteristiche degli intervistati e le modalità di accesso al campo è importante proporre una considerazione sull’intervistatore. Indubbiamente tutta la ricerca si caratterizza per un buon grado di familiarità tra intervistatore e intervistato. Com’è stato detto in premessa, infatti, chi scrive ha maturato un’esperienza decennale all’interno dell’Amministrazione penitenziaria, organizzazione a cui appartiene una gran parte degli intervistati. Accanto all’esperienza va poi ricordato il fatto di aver ricoperto negli anni incarichi di rappresentanza degli assistenti sociali del settore penitenziario, anche a livello nazionale. Si ritiene che questi elementi abbiano contribuito a creare un sostanziale rapporto di fiducia tra intervistatore ed intervistato. Familiarità e fiducia hanno indubbiamente rafforzato la convinzione dell’intervistatore, sia nella fase di accesso al campo che nello svolgimento delle interviste, di essere accettato (Schwarz, Jacobs, 1979). La possibilità di raggiungere l’obiettivo di una comprensione profonda degli intervistati ha, nel caso della presente ricerca, anche un fondamento cognitivo, cioè il fatto di conoscere già prima dell’intervista il codice linguistico, degli interlocutori e il contesto ambientale a cui i loro discorsi si sono riferiti (Cardano, 2003).

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