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Le funzioni di controllo nella relazione tra assistente sociale e persona: aspetti metodologici

3. Servizio sociale e controllo

3.2 Le funzioni di controllo nella relazione tra assistente sociale e persona: aspetti metodologici

Dal punto di vista della metodologia del servizio sociale, assume un grande rilievo la gestione delle funzione del controllo all’interno della relazione tra assistente sociale e

persona-utente, che è, per definizione e per le caratteristiche del servizio sociale, una relazione di aiuto. Il controllo è uno dei contesti di questa relazione di aiuto, che in letteratura viene distinto da quelli: “informativo”, “consulenziale”, “assistenziale”, “valutativo” (Gallione, D’Adda, cit. in Campanini, 2002, p. 124-127). Il contesto

informativo è relativo a richieste di notizie e indicazioni, è caratterizzato da una relazione non stabile (anche se può essere un inizio, un’occasione di aggancio); in quello

consulenziale vi è una richiesta libera e autonoma da parte della persona per la per la soluzione di un problema e rappresenta uno spazio per avviare una relazione di tipo collaborativo; il contesto assistenziale è quello di una richiesta basata su un bisogno/disagio strettamente materiale, che tuttavia può sottendere una difficoltà relazionale; il contesto valutativo è quello in cui l’obiettivo principale del lavoro dell’assistente sociale è di fornire una valutazione, per lo più su richiesta di un altro ente (in particolare in ambito giudiziario)14.

Il contesto di controllo può essere attivato in vari modi: su richiesta di un altro ente (per esempio la scuola) o servizio, dall’assistente sociale stesso (che ha il dovere, ad esempio, di segnalazione in caso di pregiudizio per i minori), dall’Autorità Giudiziaria (ad esempio Tribunale per i Minorenni, Tribunale di Sorveglianza), da un membro del sistema familiare che si rivolge all’Autorità Giudiziaria. Il controllo è agito in virtù del mandato istituzionale dal professionista assistente sociale, in quanto inserito in un certo contesto organizzativo.

Il contesto di controllo presenta alcune difficoltà di carattere metodologico. Una di esse è dovuta al fatto che la richiesta di controllo non proviene dalla persona, che a volte “subisce” l’intervento. Vi è poi la difficoltà di gestire una relazione triadica, che cioè si svolge tra persona-utente, assistente sociale (in quanto inserito un’istituzione) e Autorità Giudiziaria, che ha carattere di obbligatorietà, nella quale il professionista non può non intervenire ed esprime pareri all’Autorità stessa, che decide; pareri che quindi hanno un peso notevole. Infine, l’intervento “non può essere effettuato prescindendo dall’analisi delle relazioni che il servizio ha con le istituzioni coinvolte” (Ibidem, p. 125).

14 Vi sono situazioni in cui il contesto valutativo si interseca in modo rilevante con quello di controllo, si pensi, ad esempio, alle valutazioni delle capacità genitoriali richieste all’assistente sociale ai sensi degli artt. 330 e 333 del Codice Civile, che implicano anche la rilevazione, l’indicazione di possibili rischi per i figli minorenni. Nonostante la distinzione tra i contesti non sia sempre netta, si ritiene comunque utile per i fini esplicativi che ci proponiamo nel presente lavoro, sul tema del controllo.

Con riferimento particolare al mandato dell’Autorità Giudiziaria è importante sottolineare che esso detta alcune regole della relazione. Al fine di evitare i vissuti di tradimento, è importante esplicitare alla persona il mandato e le sue “buone ragioni” e che la valenza di sostegno dell’intervento dell’assistente sociale si colloca all’interno della funzione di controllo. In essa il compito del professionista è quello di mettere la persona in condizioni di recuperare autodeterminazione, lavorando sul consenso nella relazione di all’aiuto (Neve, 2000). Poiché attraverso le funzioni di controllo, soprattutto in presenza di un mandato dell’Autorità Giudiziaria, vi sono giocoforza limitazioni di libertà di scelta, occorre che l’assistente sociale si impegni per dare su un altro piano prospettive di libertà, definire spazi di autonomia e autodirezione delle persone: “gli spazi di scelta si allargano con l’allargarsi della consapevolezza, della conoscenza della propria condizione umana” (Milana, in AA.VV., 1991, p. 51), aspetto, questo, che può essere affrontato e valorizzato all’interno di un rapporto, della relazione professionale tra assistente sociale e utente.

Gli obiettivi del controllo dovrebbero essere non solo quelli dell’adempimento di compiti legati ad un mandato, ma anche e soprattutto la crescita delle persone, il potenziamento del loro senso della realtà per aiutarle a conciliare diritti e responsabilità. In linea di principio il mandato professionale dell’assistente sociale indica il perseguimento dell’obiettivo del superamento del controllo formale, o quantomeno di una sua riduzione, nell’ottica del riconoscimento, da parte della persona destinataria di interventi, del senso del controllo stesso, della necessità di reperire risorse “interne” per rispettare i limiti che esso pone.

Nella relazione tra assistente sociale e persona è centrale l’aspetto della comprensione, poiché su di essa si fonda la possibilità di condivisione, l’occasione di sperimentare il senso che regole e limiti dettati al controllo impongono. La protezione dei minorenni, intesa anche come protezione di una “buona relazione” tra genitore e figlio, è un esempio di un ambito nel quale il controllo può essere visto come “dotato di senso”.

È fondamentale inoltre lavorare su elementi operativi legati al cambiamento, che si basano su prescrizioni di comportamento che il controllo implica; facendo in modo che, anche attraverso spazi di riflessione, queste siano riconosciute dalla persona-utente e siano fondate su una motivazione dettata da un interesse importante per la vita della persona stessa, come coltivare l’affetto per i figli o, nel caso di persone che si trovano nel circuito penale, guadagnare spazi di libertà per occuparsi della propria famiglia, per raggiungere condizioni di benessere.

soprattutto temporale. Il controllo, affinché non diventi repressivo e persecutorio, va limitato nel tempo, mediante un ancoraggio a progetti di cambiamento che definiscano obiettivi, attività, scadenze; che siano verificabili; che siano monitorati; che siano modificabili nel tempo, in relazione ai cambiamenti.

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