• Non ci sono risultati.

Premessa: alcuni dati sul servizio sociale penitenziario

3. Il servizio sociale del settore penitenziario e la collaborazione con altri professionisti dell’aiuto

3.1 Premessa: alcuni dati sul servizio sociale penitenziario

sociale dell’UEPE ha un ruolo rilevante, che esercita nello svolgimento di diverse attività. L’importanza di questa professione all’interno dell’Amministrazione penitenziaria emerge anche dai dati del DAP sul personale: alla data del 31.12.2010 erano in forze, a livello nazionale, 1087 assistenti sociali (“funzionari della professionalità di servizio sociale”), pari al 16,6% sul totale del personale dirigenziale e tecnico amministrativo (cioè non appartenente alla Polizia penitenziaria). La cifra di 1087 va raffrontata al totale degli assistenti sociali previsti in organico, cioè 1630: vi è quindi una carenza di personale, che assume particolare rilievo in alcune regioni, soprattutto al nord. Nella tabella 4.1 possiamo visualizzare i dati delle 3 regioni in cui si è svolta la nostra ricerca empirica, cioè Lombardia, Piemonte e Liguria.

Previsti In forza

Lombardia 201 109

Piemonte 113 79

Liguria 40 28

ITALIA 1630 1087

Tabella 4.1 – Funzionari della professionalità di servizio sociale (assistenti sociali) dell’Amministrazione penitenziaria operanti nelle regioni in cui si è svolta la ricerca empirica, al 31.12.2010

Fonte: Ministero della Giustizia – DAP

La regione più “scoperta” di personale di servizio sociale (ne manca circa il 50%) è la Lombardia, che delle tre considerate è la più grande e con il maggior carico di lavoro. Sono disponibili, sulle attività degli UEPE, dati ufficiali suddivisi per area geografica (nord, centro, sud). Ritenendo le tre regioni considerate rappresentative del nord Italia, è utile, a fini descrittivi, riportare i dati sulle principali attività richiamate in precedenza: le inchieste, quelle per le misure alternative, quelle di collaborazione con gli istituti. Queste ultime, prendendo in considerazione sempre l’anno 2010, sono quelle numericamente prevalenti a livello nazionale, maggiormente concentrate al sud Italia (Tabella 4.2).

nord centro sud ITALIA Attività di osservazione condannati in stato di detenzione - 2010 * 13408 9296 15449 38153 Attività di trattamento condannati in stato di detenzione - 2010 * 568 844 765 2177 TOTALE 2010 * 13976 10140 16214 40330 * in corso al 1/1/2010 + pervenute nel corso del 2010

Tabella 4.2. - Attività di osservazione e trattamento dei detenuti. Dati del 2010, ripartiti per zone geografiche degli UEPE

Le attività degli UEPE per la gestione delle misure alternative sono anch’esse numericamente consistenti e, a differenza di quelle di collaborazione con gli istituti, maggiormente concentrate al nord Italia (Tabella 4.3).

nord centro sud ITALIA

affidamento in prova 7744 3810 5748 17032

semilibertà 609 363 879 1851

detenzione domiciliare 4912 2894 4733 12539

TOTALE MISURE ALTERNATIVE 13265 7067 11360 31422

Tabella 4.3. - Misure alternative totali nel 2010. Dati ripartiti per zone geografiche degli uffici di esecuzione penale esterna

Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero della Giustizia – DAP

Nelle tabella 4.4 si riportano invece i dati sulle le attività del servizio sociale (sempre del 2010) per le indagini e inchieste socio-familiari, numericamente meno importanti rispetto alle precedenti.

nord centro sud ITALIA

osservazione condannati in stato di libertà 5155 2799 5229 13183 indagini per soggetti in osservazione detenuti/internati 3455 1751 5312 10518

Tabella 4.4 Inchieste e indagini socio-familiari. Dati ripartiti per zone geografiche degli uffici di esecuzione penale esterna

Fonte: nostra elaborazione su dati del Ministero della Giustizia – DAP

I dati fotografano una situazione nella quale il peso del servizio sociale in ambito penitenziario non è di poco conto. È un peso che, in una valutazione di lungo periodo, è sicuramente cresciuto dal punto di vista quantitativo, anche se bisogna ricordare che l’ultimo concorso pubblico per assistenti sociali nell’Amministrazione penitenziaria risale ad oltre 10 anni fa: è infatti del 2001 l’immissione in ruolo, numericamente ragguardevole, di oltre 400 assistenti sociali a livello nazionale. Solo di recente, nel 2011, attraverso uno specifico progetto del Ministero della Giustizia (denominato “Master”), sono stati inseriti nuovi assistenti sociali; si tratta di un progetto che, pur essendo a termine, della durata di 12 mesi, mira a ridurre lo squilibrio della distribuzione di assistenti sociali sul territorio nazionale.

Un dato rilevante è che, ad oggi, nel sistema penitenziario italiano la figura dell’assistente sociale resta centrale per le attività finalizzate al reinserimento sociale e di gestione delle alternative al carcere, sebbene si trovino in letteratura posizioni che fanno una lettura diversa della realtà, ritenendo ormai al tramonto il servizio sociale

penitenziario (Certomà, 2010). Nel presente lavoro, anche se si evidenziano alcuni nodi critici, si sottolinea invece la specificità del nostro paese, la cui situazione è diversa da quella di altre realtà, in particolare Gran Bretagna e USA, che abbiamo visto essere molto importanti per il servizio sociale in ambito penale-penitenziario. In questi paesi la prospettiva di social work nella probation e nelle alternative al carcere, con un’attenzione ai temi sociali dell’esclusione e della povertà (Tracey, 1961; Smith, Stewart, 1997), si è fortemente ridefinita e ridimensionata negli anni, soprattutto in America (Gumz, 2004). In Gran Bretagna, dove si sono diffusi modelli di probation ispirati all’evidence based practice22 (Raynor, Vanstone, 1994; Vanstone, 2007), già dalla fine del XX secolo sono state introdotte modifiche al Probation Service, trasformandolo da un’agenzia di social work ad un servizio di criminal justice; in particolare è stato abolito il Diploma in social work come requisito per la qualifica di probation officer. Ecco perché in letteratura si esplicitano istanze di un’identità di social work nella probation (Buchanan, Millar, 1997) e interrogativi sulla fine del social work nella probation (Bhui, 2001).

Proprio nella peculiarità del servizio sociale italiano si inserisce un fattore particolarmente importante, che connota anche il settore penitenziario: l’interdisciplinarità. Essa è alla base di una “ricerca di letture integrate, in grado di rappresentare il bisogno nella sua complessità, non osservato isolatamente” (Zilianti, Rovai, 2007, p. 147). Questa ricerca è un processo costante, che si realizza attraverso la collaborazione interprofessionale, sia all’interno dell’Amministrazione penitenziaria, sia tra l’assistente sociale dell’UEPE ed altri professionisti esterni ad essa. Tra questi vi sono anche assistenti sociali di altri servizi, in particolare dei SERT, che sono coinvolti a pieno titolo nei progetti di reinserimento sociale dei condannati, anche per mandato istituzionale. Vi sono poi altre due professioni di aiuto, con cui vi è una collaborazione costante e particolarmente importante nel settore penitenziario: l’educatore e lo psicologo. Su di essi ci soffermeremo brevemente nei successivi sottoparagrafi.

22 L’approccio dell’ evidence based practice, utilizzato in diverse discipline, è stato mutuato anche dal social work, nell’ambito del quale è stato definito come “orientamento atto a utilizzare la miglior evidenza empirica nel prendere decisioni relative al benessere dei cittadini” (Sheldon, cit. in Fargion, 2009, p. 127). Strettamente legata al tema dell’efficacia degli interventi, l’evidenza, in tale approccio, è esclusivamente quella derivante dalla scienza e dalla ricerca scientifica. Nell’ambito del servizio sociale si è sviluppato un dibatto sull’evidence based practice, che vede confrontarsi posizioni che ne enfatizzano vari punti di forza ed altre che ne sottolineano i nodi critici. Si veda in proposito: Ibidem, p. 127-139.

Outline

Documenti correlati