2. Il servizio sociale nel settore penitenziario in Italia
2.2 Il servizio sociale nel settore penitenziario degli adulti: ruolo e competenze operative
Il servizio sociale che opera nel settore penitenziario si caratterizza per il fatto di essere disciplinato da leggi dello Stato, che quindi ne danno una configurazione formale, definita per tutto il territorio nazionale.
C’è quindi un mandato istituzionale forte, che affianca il mandato professionale del servizio sociale, come complesso di funzioni, compiti, metodologia, principi, condivisi dalla comunità professionale. Anche nel settore penitenziario, inoltre, ritroviamo quell’interdipendenza tra soggetti la cui azione integrata risponde a un mandato sociale, che rappresenta istanze e orientamenti della società per il benessere sociale e “che affida a specifiche istituzioni e a specifiche professioni la soluzione di determinati problemi” (Muschitiello, Neve, 2003, p. 10).
L’Ordinamento Penitenziario, all’articolo 72, stabilisce le attività degli Uffici locali di esecuzione penale esterna (UEPE), strutture territoriali esterne al carcere, dipendenti gerarchicamente dal Ministero della Giustizia nelle sue diverse articolazioni territoriali (il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria – DAP - a livello centrale, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria – PRAP -, a livello regionale). Negli UEPE la figura professionale dell’assistente sociale (“funzionario della professionalità di servizio sociale”, secondo la più recente denominazione della qualifica) è quella numericamente prevalente e svolge le attività previste dall’articolo 72 o.p. . A fini esplicativi, possiamo raggruppare queste attività nel modo seguente:
- una parte di esse riguarda le indagini socio-familiari, svolte su richiesta dell'autorità giudiziaria, cioè la magistratura di sorveglianza, per l’applicazione delle misure alternative; assimilabili alle indagini socio-familiari sono le inchieste utili a fornire i dati occorrenti per l'applicazione, la modificazione, la proroga e la
revoca delle misure di sicurezza17;
- c’è poi tutta l’area delle attività riconducibili alla gestione delle misure alternative al carcere (l’ “esecuzione penale esterna”, appunto) e dei relativi “programmi”; - vi sono infine le competenze relative ai detenuti: su richiesta delle direzioni
degli istituti penitenziari, gli UEPE danno la loro la consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario intramurario.
Nello svolgimento delle diverse attività, il servizio sociale è tenuto a riferirsi, in un rapporto che non è di dipendenza gerarchica, alla magistratura di sorveglianza, cioè “il giudice a cui è stato attribuito l’esercizio della funzione giurisdizionale in materia di esecuzione penitenziaria” (Neppi Modona, Petrini, Scomparin, p. 204). Tra le diverse funzioni della magistratura di sorveglianza ricordiamo quelle relative alle misure alternative al carcere e, in generale, ai benefici di legge per i condannati; oltre a quelle sulle misure di sicurezza. Tali funzioni incidono in modo rilevante sul servizio sociale che opera in ambito penitenziario. Citiamo in proposito alcune fondamentali competenze del Tribunale di sorveglianza e del Magistrato di sorveglianza, rispettivamente l’organo collegiale e quello monocratico:
- il Tribunale di sorveglianza, in particolare, decide sulla concessione delle misure alternative: affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 o.p.), semilibertà (art. 48 o.p.), detenzione domiciliare (art. 47ter o.p. ), affidamento per tossico-alcooldipendenti (art. 94 testo unico n. 309/1990), siano esse richieste da persone detenute, oppure da condannati che possono accedervi dallo stato di libertà; - il Magistrato di sorveglianza ha invece tra le sue funzioni più rilevanti per il nostro
discorso quelle relative alla modifica delle prescrizioni nel corso delle misure
17 Le misure di scurezza, disciplinate da una complessa normativa, sono provvedimenti applicati nei confronti di autori di reato considerati “socialmente pericolosi”. La durata della loro applicazione è fissata dalla legge nel minimo, ma è indeterminata nel massimo. La pericolosità sociale infatti viene riesaminata una volta decorso il termine minimo di durata. Se essa persiste, la misura viene rinnovata e fissato un nuovo termine per un ulteriore esame, in caso contrario viene revocata dalla magistratura di sorveglianza. Le misure di sicurezza possono essere detentive (chi vi è sottoposto è definito “internato”) e non detentive. Quelle detentive sono l’assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, l’assegnazione ad una casa di cura e di custodia, il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario (questi ultimi, col passaggio della sanità penitenziaria al servizio sanitario nazionale sono però in fase di chiusura). La principale misura non detentiva è la libertà vigilata. Rispetto alle misure di sicurezza, che non hanno finalità rieducative, il servizio sociale ha come principali competenze quella di svolgere inchieste socio-familiari per il riesame di pericolosità e, per la libertà vigilata, attuare interventi di sostegno e assistenza, finalizzati al reinserimento sociale (art. 55 o.p. ).
alternative, al potere di sospendere le misure stesse (mentre sulla revoca decide l’organo collegiale), alla decisione sul riesame di pericolosità sociale e all’applicazione, esecuzione trasformazione e revoca delle misure di sicurezza. Il Magistrato inoltre decide su alcuni benefici dei detenuti, in particolare sulla concessione di permessi premio (art. 30-ter o.p.) e sul lavoro all’esterno (art. 21 o.p.).
Nella collaborazione con l'autorità giudiziaria, come stabilito dalla legge che istituisce la professione (legge n. 84/1993), l'attività dell'assistente sociale ha esclusivamente una funzione di natura tecnico-professionale, che si esprime attraverso una metodologia specifica del servizio sociale. Essa riguarda fra l’altro funzioni di valutazione (De Ambrogio, Bertotti, Merlini, 2007), comuni a diverse aree nelle quali c’è rapporto con la magistratura.
L’articolo 72, che abbiamo appena ricordato, non esaurisce in dettaglio tutte le attività specifiche del mandato istituzionale del servizio sociale nel settore penitenziario, definite in altre parti dell’Ordinamento Penitenziario ed anche in altre leggi. Per ragioni legate all’estrema complessità della legislazione, nella presente disamina concentreremo l’attenzione su quegli aspetti normativi che incidono maggiormente su ruolo e competenze del servizio sociale, privilegiando quelli dell’Ordinamento Penitenziario e del relativo Regolamento (il d.p.r. n. 230/2000). Si tralasceranno, invece, altre disposizioni (come ad esempio le sanzioni sostitutive della legge n. 689/1981) poco rilevanti per il lavoro dell’assistente sociale18.
Il Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario del 2000, di cui si è già accennato in precedenza, contiene riferimenti diretti al servizio sociale, in parte innovativi. Esso dà grande rilievo al servizio sociale all’interno dei CSSA (oggi UEPE), sia per quanto riguarda gli aspetti organizzativi (viene indicata una specifica “area del servizio sociale”), sia soprattutto rispetto ai compiti istituzionali, che vengono definiti, anche nelle espressioni e nel registro linguistico della norma (nell’art. 118 del d.p.r. n. 230/2000), attraverso contenuti professionali “forti”. In proposito vi è una particolare enfasi su due aspetti chiave del servizio sociale: il legame col territorio e il lavoro di rete/in rete con altri
18 Per una disamina esaustiva, da un punto di vista giuridico, dell’Ordinamento Penitenziario e dei riferimenti normativi relativi alla magistratura di sorveglianza, si veda in particolare il manuale di Canepa e Merlo (2010). Per un inquadramento legislativo dettagliato più direttamente collegato al servizio sociale, si rimanda ai testi già citati di Giuffrida (1999), Breda, Sabattini e Coppola (1999) - che tuttavia non comprendono alcune recenti modifiche di legge – e di Neppi Modona, Petrini e Scomparin (2009), p. 187-339.
soggetti istituzionali. Il servizio sociale penitenziario è chiamato a integrarsi nel territorio, coordinandosi con altre istituzioni e servizi: “nell'attuare gli interventi di osservazione e di trattamento in ambiente esterno per l'applicazione e l'esecuzione delle misure alternative, delle sanzioni sostitutive e delle misure di sicurezza, nonché degli interventi per l'osservazione e il trattamento dei soggetti ristretti negli istituti, il centro di servizio sociale coordina le attività di competenza nell'ambito dell'esecuzione penale con quella delle istituzioni e dei servizi sociali che operano sul territorio” (art. 118, comma 6, d.p.r. n. 230/2000). Riferimento esplicito viene fatto al lavoro con gli enti locali, con i quali vanno definite delle intese operative, “in una visione globale delle dinamiche sociali che investono la vicenda personale e familiare dei soggetti e in una prospettiva integrata d'intervento” (comma 7). Ne risulta una forte apertura all’esterno, pur sia pure nell’ambito linee di indirizzo e dettati dell’Amministrazione penitenziaria, in coerenza con l’attenzione al concetto di territorio, che è parte costitutiva del servizio sociale. Per la professione è sempre stato prioritario infatti operare per mantenere la persona nel suo ambiente di vita, anche se solo a partire dagli anni’70 del XX secolo, con l’attuazione del decentramento, ha acquisito maggiore rilievo, sia in letteratura che nell’operatività, il lavoro con la comunità familiare, con la comunità allargata, di rete e con le reti (Ferrario, Gottardi, 1987; Ferrario, 1992; Martini, Sequi, 1995), in un’ottica di prevenzione e di superamento delle logiche dell’istituzionalizzazione. Oltre all’istituzione delle Regioni (1970), al trasferimento ad esse ed ai Comuni di funzioni amministrative statali (d.p.r. n. 616/1977), alla riforma sanitaria (legge n. 833/1978), ricordiamo ancora la legge n. 328/2000 - approvata quindi nello stesso anno del Regolamento di esecuzione dell’Ordinamento Penitenziario - che esalta la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali in rete, integrati con quelli sanitari e raccordati alle politiche sociali (nelle diverse aree: casa, lavoro, formazione, eccetera). Di tale sistema fa parte anche il servizio sociale del settore penitenziario19.
Oltre al tema del territorio è fondamentale, per poter definire il servizio sociale nel settore penitenziario, il richiamo ai compiti di aiuto alla persona, affinché questa sia accompagnata nell’adempimento responsabile degli impegni che derivano dalla misura cui sono sottoposti. Gli interventi di aiuto sono connotati dal fatto di essere realizzati
19 Il servizio sociale dell’amministrazione penitenziaria è parte di questo sistema anche al livello dei piani di zona, previsti dalla legge n. 328/2000, contribuendo con propri rappresentanti alla concertazione attiva in un determinato territorio, per la gestione unitaria del sistema dei servizi in rete.
nell’ambito di una relazione professionale, nei termini in cui l’abbiamo definita nel capitolo precedente. Una relazione non scelta spontaneamente dalla persona, ma che ha inizio e dipende dalla situazione giuridico-penale del soggetto, che è stato condannato in via definitiva per aver commesso un reato; è però una relazione che evolve rispetto alla partecipazione del soggetto stesso, che è compito dell’assistente sociale promuovere. In essa la persona sperimenta il rapporto con l’autorità e le funzioni di controllo dell’assistente sociale, che escludono però elementi di carattere repressivo. Gli interventi del servizio sociale, articolati in un processo unitario e personalizzato, sono infatti caratterizzati:
“a) dall'offerta al soggetto di sperimentare un rapporto con l'autorità basato sulla fiducia nella capacità della persona di recuperare il controllo del proprio comportamento senza interventi di carattere repressivo;
b) da un aiuto che porti il soggetto ad utilizzare meglio le risorse nella realtà familiare e sociale;
c) da un controllo, ove previsto dalla misura in esecuzione, sul comportamento del soggetto che costituisca al tempo stesso un aiuto rivolto ad assicurare il rispetto degli obblighi e delle prescrizioni dettate dalla magistratura di sorveglianza;
d) da una sollecitazione a una valutazione critica adeguata, da parte della persona, degli atteggiamenti che sono stati alla base della condotta penalmente sanzionata, nella prospettiva di un reinserimento sociale compiuto e duraturo” (art. 118 d.p.r. n. 230/2000, comma 8, corsivo mio).
Il contenuto del regolamento del 2000, con i riferimenti al territorio e con la specificazione delle attività dei CSSA (UEPE) pare privilegiare spazi, sia pure limitati dalle restrizioni insite nel circuito penitenziario, “su cui il servizio sociale può lavorare per potenziare le intenzionalità riabilitative e le risorse personali dei soggetti, chiamati a responsabilizzarsi di fronte a problemi che sono della comunità” (Muschitiello, Neve, 2003, p. 11).
Occorre tuttavia ricordare che, nell’ambito della generale oscillazione nel settore penitenziario tra istanze sicurtarie restrittive e tendenze di apertura al territorio, integrate con le politiche sociali, l’attività del servizio sociale ed i relativi riferimenti nel dettato normativo vengono messi in discussione. Nell’intreccio tra politiche penali e sociali, si sono registrati negli ultimi anni tagli alle risorse per il reinserimento sociale: le diffuse misure di ristrutturazione dei bilanci degli enti locali, che abbiamo visto avere un ruolo centrale anche nell’integrazione col servizio sociale penitenziario, ne sono un esempio. La stessa
Amministrazione penitenziaria, inoltre, esprime orientamenti di natura politica e culturale non sempre lineari: ad esempio, essa ha emanato nel 2010 una bozza di regolamento sulle competenze degli UEPE (in ottemperanza alla norma che ha cambiato il nome degli uffici stessi, la legge n. 154/2005) che pur facendo riferimento all’inclusione di persone in esecuzione penale, non esplicita la partecipazione degli UEPE alle politiche sociali, ma si limita a prevedere il loro concorso a “politiche dello sviluppo della legalità e tutela della sicurezza delle comunità locali”20.
2.3 Il servizio sociale nel settore penitenziario degli adulti: sintetica specificazione delle