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Riduzione di risorse e ripercussioni nel settore penitenziario

2. Le professioni di aiuto nel settore penitenziario tra ristrutturazione del welfare e conseguenze

2.2 Riduzione di risorse e ripercussioni nel settore penitenziario

La riduzione di risorse economiche che più direttamente riguardano le attività previste dall’Ordinamento Penitenziario incide in modo determinante sulle attività all’interno del carcere, come la formazione e il lavoro, ma anche sulle possibilità di accedere a benefici all’esterno.

Da un punto di vista strutturale le cose non possono che peggiorare. Perché se tu vai a TAGLIARE, gli strumenti di lavoro diminuiscono, la formazione diminuisce, la possibilità di mettere il naso fuori diminuisce, ci sono tante possibilità che per mere questioni di bilancio si restringono. (TP7)

Anche su questa situazione vi è coincidenza tra l’analisi dei testimoni privilegiati e la percezione di assistenti sociali, educatori, psicologi.

Agli insegnanti che venivano a lavorare hanno tolto le ore, alla fine la scuola è stata data in mano a dei VOLONTARI. L'istruzione ha preso proprio un bel colpo. […] Questo l'abbiamo vissuto a […], nel senso che tutta una serie di … gli ultimi due anni che ho fatto lì tutta una serie di progetti che sono partiti poi non sono riusciti a essere rinnovati, o comunque è sempre stata una rincorsa alla ricerca di finanziamenti e poi soprattutto per mandare avanti il progetto, a, come dire … a ritagliare il progetto, nel senso che anche dal punto di vista qualitativo … a non offrire tutta una serie di condizioni che invece magari erano prima molto caratterizzanti il progetto stesso. […] Adesso nello specifico … [fa riferimento, in ciò che segue, a ciò che è stato tagliato] le borse lavoro oppure anche un locale messo a disposizione per gli articoli 21 [si riferisce ai detenuti ammessi al lavoro all’esterno] come punto di riferimento nei momenti liberi, questa struttura dove possono andare a mangiare. (ED17)

La mia esperienza certo è un po’ limitata, 6-7 anni, però i primi anni c’erano proposte, molte più possibilità di aggancio sull’esterno, quindi di segnalare una persona per un progetto di riavvicinamento alla società, di una borsa lavoro. C’erano, mi ricordo, molte più possibilità, non nell’ordine delle centinaia, però qualche decina poteva esserci nell’arco di un anno. E invece gradualmente si sono sempre più ristrette, sia … nella misura dei numeri, quindi legati ai finanziamenti … e quindi questo è collegato a questa crisi del welfare state, perché lo Stato è sempre meno … cioè ha sempre meno possibilità, risorse economiche e non solo, per poter pensare alle fasce più deboli. E quindi proprio mancano le risorse per poter attuare dei progetti, di reinserimento, penso. […] Questo discorso è anche per l’interno, cioè se manca il lavoro per poter reinserire un detenuto fuori, comunque gradualmente è venuto a mancare anche per le persone che sono all’interno. Quando sono arrivata io ricordo che c’era possibilità di lavoro per tutti, ruotando … è stata l’Amministrazione [penitenziaria] stessa che ha dovuto tagliare. Quindi ci sono stati grossi problemi, perché prima … che ne so, c’era lo scopino in sezione, lo scopino ai passeggi, quindi bene o male … lavorava sempre un numero abbastanza basso di detenuti, però c’era sempre un certo turnover. Invece con questi tagli, anche dell’Amministrazione, perché era l’Amministrazione che pagava le persone che svolgevano questi lavori, si è dovuto anche lì ridurre. (ED18)

Quello che posso vedere è che c’è stato sempre progressivamente … un dare sempre meno risorse a questo settore. Quindi noi come operatori abbiamo visto, appunto, sempre meno disponibilità, quindi … economica, quindi sempre meno possibilità di vedere le persone che abbiamo seguito nel tempo che potessero trovare dei progetti, delle cose che potessero aiutarli in qualche modo. Questo nello sguardo rivolto verso le possibilità verso l’esterno. E poi, per quanto riguarda invece l’esperienza detentiva

… anche lì, le politiche si sono rivolte sempre più verso un restringimento. (21AS)

I tagli di risorse incidono molto all’interno degli istituti penitenziari. È un aspetto, questo, che è sottolineato da diversi intervistati, appartenenti a tutte le professioni di aiuto, e che non viene collegato solo alle minori possibilità di svolgere attività, alle riduzioni di risorse da destinare al lavoro all’interno; diversi intervistati esplicitano anche un depauperamento che incide su attività quotidiane e bisogni primari, perfino sul cibo per i detenuti.

I tagli sono stati notevoli, anche sulle attività che erano attivate da … anni. (PS19) In tutto questo sono diminuite le quote delle mercedi per i detenuti. Quindi, ad esempio, per un lavoro che veniva pagato 500 euro, come quello in cucina, le mercedi sono state dimezzate. Non solo, sono state dimezzate anche le quantità pro-capite di cibo che vengono date alle persone. (PS8)

Si evince dai brani di interviste finora riportati che il lavoro viene rappresentato come uno degli elementi del trattamento penitenziario che più viene colpito dalle ristrutturazioni e dalle riduzioni di risorse, dovute anche a fattori di crisi generale del sistema economico.

Non ci sono risorse lavorative per la nostra utenza, ce ne sono molto poche. Già è difficile in sé … reinserire di un detenuto in ambito lavorativo, in questo particolare momento è tragico. È una mancanza non solo di borse lavoro, ma anche di opportunità proprio lavorative, diciamo … anche chi è in grado di fare l'artigiano … prima quanti imbianchini, quanti meccanici si trovavano, adesso … basta, non trovano lavoro nemmeno loro. Sembra un paradosso, ma ho disoccupati dei panettieri. (AS22) La difficoltà di reperire della prime forme di reinserimento lavorativo, come borse lavoro e tirocini formativi, è esplicitata diffusamente, sia tra gli operatori più centrati sul lavoro all’interno del carcere (educatori soprattutto) che tra gli assistenti sociali, coinvolti nella gestione delle misure alternative. La carenza che sembra più rilevante è quella di percorsi di reinserimento lavorativo definiti, fruibili da una quota significativa di persone e con un minimo di continuità.

Rispetto alle borse lavoro, anche rispetto a quello, ci sono riduzioni, una sempre minore disponibilità di risorse. Lo si tocca con mano proprio. (AS26)

po’ come dei palliativi. In alcuni casi, per carità, sono state anche valide, di fatto tu hai lo strumento, la risorsa economica per avviare al lavoro le persone, ma dall’altra parte c’è lo sfruttamento del detenuto finché c’è la risorsa economica, poi “ci dispiace, non ci son soldi” e non si dà un seguito. Peraltro, una cosa che volevo fare presente, è che l’inserimento di queste persone è il più delle volte presso cooperative, che sono già quelle che lavorano con noi. È difficile trovare un’impresa possa prendere queste persone, sempre perché manca il lavoro, serio. (AS24)

Ho visto dei buoni percorsi di reinserimento, ho visto dei tirocini andati a buon fine … però non è così per tutti, torniamo al discorso della carenza di risorse ... ad esempio quest’anno il nuovo sportello carceri ci metterà a disposizione 200 tirocini … ma di soli 4 mesi … io non so se lo chiamo reinserimento quello. (ED39)

Sicuramente i fondi a nostra disposizione sono sempre più diminuiti e quindi sono tarati su soggetti in detenzione domiciliare o soggetti in affidamento “in casi particolari”, perché le ASL non avendo più la possibilità di fare borse lavoro, l’onere ricadeva sul Comune, il Comune non ce la faceva, quindi noi avevamo dei fondi che venivano traslati per questa cosa qua. Ma questi fondi sono sempre più diminuiti. Cioè, adesso forse abbiamo 3000 euro l’anno … che ci fai? Ci fai 3 borse lavoro. A fronte di 1600 utenti, tra detenuti, affidati, detenuti domiciliari. È veramente ridicolo, insomma. E poi molto spesso sono proprio le persone che si trovano una situazione, uno gli fa la borsa lavoro, noi gli facciamo la convenzione, quindi sono situazioni, veramente, come si dice, prese con le unghie. Non c’è qualcosa di STRUTTURATO. […] Adesso, vuoi perché il mercato del lavoro è quello che è, vuoi perché i fondi … stanno tagliando l’inverosimile, quindi … alla fine di specializzazione non trovi niente, trovi il carico e scarico, ma a livello di 20 euro al giorno, cioè veramente cose ridicole, che sono veramente umilianti. (AS23)

Si può affermare che quanto emerge sul tema del lavoro è in primo indicatore di quella crisi della riabilitazione e dell’ideale che vi sta dietro (Garland, 2004), che si collega strettamente alla filosofia e all’investimento sul penal-welfare system. Dietro la riduzione di risorse per il reinserimento non ci sono tuttavia solo problemi di natura economica, ma anche aspetti legati ai principi e alle idee che ispirano le scelte di politiche sociali che influiscono su quelle penali. Aspetti che riprenderemo meglio in seguito.

Va anche detto, a fronte di quanto finora illustrato, che la percezione sulla riduzione di risorse non è uguale nell’intensità per tutti gli intervistati. Alcuni professionisti, in particolare tra quelli che operano in aree territoriali di minori dimensioni, con

caratteristiche socio-economiche particolari, esprimono punti di vista parzialmente differenti da quelli finora riportati. Quelle che seguono sono le rappresentazioni, rispettivamente, di un educatore di un SERT e di un assistente sociale del Ministero della Giustizia, che lavorano in territori della provincia piemontese storicamente caratterizzati da un’attenzione particolare delle amministrazioni locali a politiche sociali e alla valorizzazione di risorse del tessuto sociale.

Tutto sommato l’effetto della crisi economica non ha inciso in modo così forte sui nostri pazienti che sono in carcere … come mia impressione, forse perché il nostro territorio che ha avuto delle capacità di assorbimento. Io lavoro in un territorio tutto sommato felice, in cui le due amministrazioni di […] e […] negli anni hanno lavorato bene, hanno saputo salvaguardare un po’ le risorse, hanno un tessuto sociale che hanno tutto sommato saputo curare bene, anche per esempio dal punto di vista delle politiche giovanili. (ED37)

Siamo abbastanza fortunati rispetto ad altri territori. I servizi ci sono, funzionano. In altre regioni, realtà territoriali, è diverso, se questi servizi ci sono, non hanno risorse. Ci potrebbero essere rischi per il futuro. Ma per ora il rapporto col territorio è buono e funziona bene, perché le risorse ci sono. (AS38)

La professione dello psicologo sembra essere particolarmente colpita, rispetto alle altre, dai processi di ristrutturazione e di riduzione di risorse. Si tratta di una professione che storicamente ha operato nell’Amministrazione penitenziaria tra gli esperti (previsti dall’articolo 80 dell’ o.p.), con un inquadramento da consulenti, liberi professionisti esterni, dunque non stabilizzati all’interno dell’organizzazione. Con la legge di riforma (D.lgs. n. 230/1999)30 che ha sancito il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, cioè alle ASL, alcuni psicologi operanti nel settore penitenziario sono stati inseriti all’interno degli organigrammi delle ASL stesse, in particolare nell’ambito dei servizi

30 Il D.lgs. 230/1999 è stato attuato molti anni dopo la sua emanazione. Esso, fra le altre cose, disponeva il transito immediato, a decorrere dall’1 gennaio 2000, delle funzioni relative alla prevenzione e all’assistenza e cura dei detenuti tossicodipendenti, ambito rilevante nel quale operano gli psicologi impiegati nel settore penitenziario. Lo stesso decreto prevedeva il trasferimento delle altre funzioni sanitarie al termine di un periodo di sperimentazione da realizzarsi presso alcune regioni. In realtà solo 8 anni più tardi, con la legge finanziaria del 2008, viene disposto il definitivo passaggio di tutte le funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in questione, da attuarsi mediante un decreto del Presidente del consiglio dei ministri, che verrà emanato il 1° aprile 2008.

per le dipendenze. Le modalità di tale inserimento variano da regione a regione; l’organizzazione del servizio sanitario, su base regionale, presenta infatti delle differenze, per certi aspetti anche piuttosto complesse, nelle realtà considerate. Tutti gli psicologi intervistati, comunque, esprimono una serie di problemi e difficoltà legate alle poche risorse che si investono sulla loro professione.

Ci sono una serie di interventi che nel nostro settore si sono particolarmente ridotti, comprese le nostre ore ex articolo 80. Una riduzione dovuta alla mancanza di risorse. Praticamente tutti gli anni, sono 19 anni che ho questo incarico, progressivamente le risorse sono state ridotte. Poi durante l’anno al Ministero viene in mente, in itinere, magari durante l’estate, quando finiscono i corsi scolastici, che c’è più bisogno e quindi vanno al picco massimo le integrazioni di ore … ma tieni presente che sono pagate malissimo quelle ore là. Sai quanto prende un esperto ex articolo 80? 17,62 all’ora, lorde. […] È parecchio tempo che non attingono più dalla graduatoria per assumere nuove persone. Addirittura un tempo si attingeva per le sostituzioni estive, per le ferie, adesso una delle direttive è quella di sostituirci tra di noi. (PS8)

Da quando ho iniziato io siamo partiti con … all'inizio gli psicologi potevano avere non più di due istituti con 64 ore al mese per ogni istituto, quindi sono 128 … 128 al mese mi sembra un buon numero … adesso hanno ridotto le ore di osservazione, pensa che per un padiglione io ho otto ore per l'osservazione e trattamento. Dalle 64 che c'erano in origine siamo passati a 8! Poi dipende molto dagli istituti. Tendenzialmente quello che succede in Piemonte è potenziare sempre un po' di più le ore a […], che comunque ha un carcere molto grosso, negli altri istituti c'è una riduzione. Adesso si cerca di avere sempre questi due psicologi per istituto, perché almeno si conta su due figure professionali. In due non si superano mai le 25 ore al mese … immagina che razza di impegno possiamo avere e che cosa possiamo proporre. Su questo argomento secondo me bisognerebbe sensibilizzare un po' tutti. Questo rientra in un discorso generale di tagli, non per volontà della direzione [del carcere]. (PS33)

Il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, che comunque viene visto dagli intervistati, in particolare dai testimoni privilegiati, come un fatto positivo, di apertura al territorio, in continuità con la filosofia di altre leggi che esprimono un orientamento verso la de-istituzionalizzazione, per gli psicologi non vuol dire automaticamente un miglioramento delle condizioni lavorative. Il settore penitenziario, nel sistema sanitario pubblico, pare mantenere dei tratti sui generis e di differenza rispetto alla sanità “non penitenziaria”.

Comunque all’interno degli istituti penitenziari non è la stessa medicina che si trova all’interno degli ospedali e quindi la nostra parte di psicologi sicuramente è stata un pochino anche penalizzata, innanzitutto perché non veniamo trattati alla stregua degli psicologi del territorio … come soldi e anche come trattamento … non abbiamo supervisioni, cioè siamo un po’ abbandonati a noi stessi. […] Noi siamo pagati molto meno, cioè c’è molta discrepanza tra chi lavora all’interno degli istituiti e chi, con la stessa qualifica, lavora per l’ospedale, è lo stesso ente che ci paga, però chi lavora in ospedale è pagato in un certo modo e noi che lavoriamo nel penitenziario molto meno. Questo perché il Ministero pagava così … e quindi non hanno adeguato le tariffe. (PS28)

Anche le altre professioni che lavorano in carcere rilevano i tagli che hanno inciso in modo significativo sul lavoro dello psicologo. Questi non hanno rilevanza solo rispetto al debole riconoscimento economico di questa professione, ma anche su attività e funzioni previste per lo psicologo in ambito penitenziario. Come si evince dalle seguenti testimonianze, rispettivamente di un educatore e di un assistente sociale.

So che gli psicologi hanno avuto sempre difficoltà. Mancano le risorse, i fondi. Sicuramente uno dei primi servizi che ha risentito di questa mancanza di fondi è il servizio nuovi giunti, basato proprio sugli psicologi, ci si è sempre barcamenati, c’è sempre stata molta difficoltà a riuscire a coprire il servizio. (ED18)

Per quella che è la mia esperienza, ho visto che si è indebolito soprattutto il ruolo degli psicologi, perché per esempio a […] manca la figura dell’esperto psicologo. Lì c’è un problema di risorse, il direttore del carcere […] lamenta molto questo problema, cioè ci parla di cifre irrisorie, di soldi che finiscono in un attimo. (AS26)

Restando sul tema del personale e delle carenze di risorse da destinare ad esso, anche le professioni dell’educatore e dell’assistente sociale esprimono alcuni disagi, anche se in misura minore rispetto agli psicologi.

La figura dell’educatore che opera all’interno del carcere, alle dipendenze del Ministero della Giustizia, è diffusamente rappresentata, nel complesso dei contesti territoriali presi in considerazione, come particolarmente oberata di lavoro. Il numero degli educatori (“funzionario della professionalità giuridico-pedagogica”), è aumentato grazie alla recente immissione in ruolo di nuovi assunti, che comunque è una risorsa.

voglia di investire assolutamente. Io penso che è stata una cosa che ha rinnovato tantissimo. (ED17)

Stanno prendendo un po’ fiato … negli istituti l’area educativa era ridotta proprio allo stremo … non assumevano educatori ormai da 20 anni, da più di 20 anni, per cui gli educatori che erano in carcere, prima di queste assunzioni, o erano in burnout o comunque demotivati … l’inserimento di questi nuovi educatori sicuramente ha dato della linfa vitale. […] Certi istituti dal punto di vista della qualità del lavoro sono molto migliorati, perché un gruppo di 5-6 educatori giovani, motivati, anche culturalmente preparati, sta dando una svolta a certi Istituti. (AS2)

L’organico degli educatori dell’Amministrazione penitenziaria, tuttavia, viene considerato ancora poco adeguato per far fronte all’elevato carico di lavoro all’interno degli istituti. A causa delle numerose incombenze, il tempo per un adeguato svolgimento delle attività previste, soprattutto quelle a contatto diretto con i detenuti, è poco.

C'è stato un aumento del numero [degli educatori], ma non direi aumento, per anni siamo stati in fortissimo sottorganico e quindi abbiamo attraversato anni pesantissimi, in cui veramente eravamo pochissimi, quindi l'intervento di quello che è arrivato adesso non ha neanche completato l'organico e quindi quando si parla di incremento, ma non è un incremento, neanche ancora un adeguamento. È un leggero miglioramento. C'è ancora un sottorganico di educatori, perché poi questo concorso, essendosi sviluppato in tempi molto lunghi (…) è chiaro che la gente si è molto dispersa in questi anni. (ED15)

Quello su cui sono critica è la relazione col detenuto … io sono sempre di corsa e a volte mi sembra di avere una relazione abbastanza povera col detenuto, per mancanza di tempo (…) ad esempio il tempo di lavorare con la persona sulla rielaborazione del reato … lì hai bisogno di tempo, quello mi sembra che è un aspetto su cui non mi sembra che ci sia stato un miglioramento. (ED39)

Gli educatori penitenziari registrano anche carenze nella qualità della strumentazione e dei luoghi di lavoro. Anche se queste mancanze sono evidenziate solo da una minoranza degli intervistati ed appaiono sullo sfondo, rispetto al problema del carico di lavoro elevato a cui fare fronte con un numero di operatori non sufficiente, si registrano condizioni di lavoro difficili.

degli strumenti di lavoro (…) in un ufficio, quando devi passare comunque tot ore in un ufficio … e non avere la carta, piuttosto che per scrivere non avere un computer decente. […] La password per poter usare internet … ce l’hanno solo alcuni, poi l’Amministrazione stessa ti dà la direttiva di far avere tutto tramite mail, poi però non hai gli strumenti. Non sono polemiche, sono dati oggettivi … il riscaldamento che non funziona, in inverno ci sono delle temperature allucinanti. Poi sarà che io sono stata tanto in quell’ufficio lì, c’erano 12 gradi al mattino, cioè “dove sto lavorando? Sto lavorando nel dormitorio più brutto della città? No sto lavorando in un posto statale”. In quelle condizioni lì. (ED18)

Problemi relativi ai carichi di lavoro elevati e allo scarso numero di operatori sono evidenziati anche dagli assistenti sociali, ma in forme differenti rispetto a psicologi ed educatori. La Lombardia è la regione in cui gli assistenti sociali dipendenti del Ministero della Giustizia esprimono maggiori difficoltà dovute delle carenze di organico, che sono particolarmente gravi all’UEPE di Milano.

Noi [si riferisce alla Lombardia] abbiamo il 50% del personale, se guardassi oggi la

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