• Non ci sono risultati.

CAPITOLO 7. IL DISEGNO DELLA RICERCA E LA SUA REALIZZAZIONE

7.3 Il disegno della ricerca

Come fare ad esplorare un campo così vasto senza smarrire troppo precocemente la strada?

La formulazione di una domanda, anziché di un’ipotesi, mostra la finalità più di tipo conoscitivo che esplicativo dell’indagine; l’approccio scelto è di tipo qualitativo che ritengo più adatto per esplorare le dimensioni valoriali soggette ad interpretazioni personali e per illluminare quanto avviene nelle pratiche ‘rendendo esplicito ciò che normalmente è implicito” (Gordon, 1991). Nella raccolta del materiale empirico la scelta dei casi è avvenuta in ragione della loro rilevanza pragmatica e non della loro rappresentatività e si è trattato di uno studio condotto su pochi casi (Cardano, 2003:18). La definizione dei concetti è avvenuta attraverso l’individuazione di alcuni concetti “sensibilizzanti”80. Essendo una materia non molto esplorata sia in termini teorici che di ricerche sul campo, ho utilizzato un metodo induttivo, facendo emergere la teoria dall’analisi sul campo, avendo alcuni punti di riferimento concettuali, sulle tracce della

80

riprendo qui quanto proposto da Blumer che differenzia i concetti ‘definitivi’ che forniscono prescrizioni precise su cosa osservare, tipici delle ricerca quantitativa, dai concetti ‘sensibilizzanti’ che “si limitano ad indicare la direzione nella quale guardare” (Blumer, 1969:148)

grounded theory di Glaser e strauss (1967). Insieme ai metodi etnografici, questo metodo è considerato opportuno anche dagli studiosi di servizio sociale (Fargion, 2008).

Infine si è scelto di intervistare gli assistenti sociali (e non eventuali altri interlocutori significativi come i responsabili di servizio o i supervisori) nella convinzione che fosse utile necessario dare direttamente voce alle percezioni alle opinioni e alle convinzioni degli operatori che vivono quotidianamente la complessità delle scelte, anziché elaborare teorie e riflessioni ‘su’ di loro.

Per cogliere quali sono i criteri che gli assistenti sociali utilizzano per compiere delle scelti in situazioni incerte e dilemmatiche e quale impatto hanno avuto i macromutamenti ho scelto di prendere in considerazione il punto di vista degli assistenti sociali impegnati nei servizi per la tutela dell’infanzia della regione Lombardia.

Le ragioni per cui ho scelto questa regione sono legate a tre ordini di fattori. Il primo si colloca sul piano delle politiche sociali ed è connesso al fatto che in Lombardia il processo di riorganizzazione del sistema di Welfare è stato chiaramente improntato nella prospettiva della sussidiarietà verticale ed orizzontale attraverso il processo di trasformazione delle ASL da produttori e erogatori di servizi in organismi deputati alla programmazione-acquisto e controllo (Carabelli e Facchini, 2010). Questo processo è associato alla ridefinizione delle competenze sanitarie che sono state progressivamente separate da quella sociali provocando, per quanto riguarda l’ambito dei servizi per la tutela dei minori, il passaggio della competenza dalle ASL ai comuni.

La Lombardia si è inoltre caratterizzata per un consistente processo di managerializzazione dei servizi, partito dall’ambito sanitario che poi si è esteso anche ai grandi comuni e per il processo di esternalizzazione di numerosi servizi pubblici. Sul versante degli enti locali si assiste al processo di accorpamento dei comuni e costituzione delle aziende sociali. Questo scenario complesso ed eterogeneo mi ha dato modo di intercettare assistenti sociali impegnati in diversi assetti organizzativi.

Una seconda categoria di fattori si colloca sul piano dell’organizzazione dei tribunali per i minorenni e dei mutamenti intercorsi in ambito giudiziario. Descritti nelle linee generali nel precedente capitolo, questi ultimi sono stati particolarmente chiari in Lombardia dove sono presenti solo due tribunali per i minorenni ed entrambi hanno teorizzato e dato attuazione alla costruzione di una posizione terza del giudice minorile. Un terzo ordine di fattori infine era di tipo pratico e legato alla più facile accessibilità.

Per l’individuazione degli assistenti sociali da intervistare ho scelto la tecnica del campionamento ragionato. di seguito presento le variabili sottese al campionamento, la traccia di intervista.

7.3.1 Le variabili del campionamento e i ‘profili’ degli assistenti

sociali

Nel processo di articolazione della domanda di ricerca ho progressivamente messo a fuoco alcuni snodi chiave che mi hanno permesso di delineare il profilo delle persone da intervistare.

Uno degli elementi importanti della domanda di ricerca è l’esplorazione delle dimensione del ‘mutamento’, in relazione all’impatto che i macromutamenti avrebbero dovuto avere nel lavoro degli assistenti sociali. Ho quindi preso in considerazione la variabile temporale identificata negli anni di anzianità lavorativa, suddividendo gli intervistati tra operatori con più o meno di dieci anni di anzianità lavorativa nell’ambito dei servizi per la famiglia81 in modo da confrontare coloro che avevano vissuto la fase di cambiamento a cavallo degli anni 2000 e coloro che invece avevano iniziato a lavorare quando il cambiamento si era già realizzato82.

Una seconda variabile significativo riguarda il grado di specializzazione dei servizi interessati, nell’ipotesi che servizi specialistici abbiano una maggiore attenzione e criteri di valutazione legati all’efficacia degli interventi rispetto ai servizi di base83.

E infine un terzo snodo è relativo al contesto in cui si colloca il servizio: se il contesto metropoli urbano /metropolitano, con un’amministrazione di grandi dimensioni o un contesto rurale o di piccola industria con piccoli comuni e apparati amministrativi molto ridotti, che vede una vicinanza tra l’operatore e gli organi politici in cui, come sembra mostrare la recente ricerca condotta sulla professione degli assistenti sociali le condizioni di lavoro siano ‘complessivamente più critiche nei centri di maggiori dimensioni e nelle

organizzazione più complesse mentre quanti lavorano in comuni di piccole dimensioni hanno condizioni lavorative migliori” Facchini (2010:184)

81

i primi anni del 2000 possono essere considerati uno spartiacque perché in questi anni si colloca sia la riforma dei servizi sociali sia la legge che introduce il ‘giusto processo’ e modifica le procedure nell’ambito della giustizia civile minorile (vedi capitolo precedente)

82

lo spartiacque più/meno di dieci anni coincide anche con un mutamento degli assetti formativi degli assistenti sociali. Questa distinzione viene assunta ipotizzando, in accordo con gli studi di Karl Mannheim sull’influenza del contesto socio politico sui processi di conoscenza, l’esistenza di una “generazione sociale” di operatori che si differenzia nei due periodi individuati, prima o dopo il 2000 in cui si consolidano i mutamenti delle politiche di welfare, in senso neo liberista.

83

nella fase di reperimento degli intervistati la distinzione operativa attuata per distinguere i due tipi di servizi, è stata definita tra servizi hanno un accesso diretto spontaneo da parte dei cittadini e servizi che trattano situazioni solo su mandato di altri (tribunali o altri servizi). In sintesi i servizi che ho denominato SSB (servizi sociali di base) sono caratterizzati dalla compresenza di situazioni con accesso spontaneo e situazioni inviate dall’autorità giudiziaria mentre i STM (Servizi per la tutela dei minori) sono servizi specializzati/o specialistici, caratterizzati da un accesso indiretto dell’utenza.

Per il reperimento degli intervistati, ho scelto la tecnica del campionamento a scelta ‘ragionata’, con cui si definisce lo “spazio di attributi le cui dimensioni coincidono con le dimensioni concettuali e le proprietà a cui la teoria attribuisce rilievo” (Cardano 2003:84). Sulla base delle tre variabili individuate ho costruito otto profili (cluster) dei soggetti articolando sui di essi la scelta degli assistenti sociali da intervistare seguendo

Nello schema che segue sono indicati con una lettera dell’alfabeto gli otto profili, per ognuno dei quali ho individuato quattro soggetti, per un totale di 32 assistenti sociali intervistati

a. la traccia di intervista

L’intervista è stata impostata a partire dalla traccia utilizzata da S. Banks nella sua ricerca sull’impatto dei mutamenti realizzata nel 2003 (Banks, 2004:128-129) seguendone abbastanza fedelmente la struttura. È stata articolata in quattro aree.

se rvi zi soci al i d i b a se serv izi spe ci al isti ci d i 2 li ve llo

m e n o d i 1 0 a n n i p d i d ie c i a n n i co ntesto ur ban o/m e tro p

c ontes to u rba no/ m e tro p co ntes to

u rban o/ m e tro p

con testo urb ano/ m etr o p co ntes to r urale indu str con testo ru rale in dus tr con testo

rur ale in dus tr c ontes to

r ura le ind ustr

A BC B D E F G H

Nella prima si chiedeva all’intervistato una breve storia professionale (anno di diploma ed

esperienze lavorative) e alcune informazioni sul contesto lavorativo (funzioni svolte84, posizione del servizio rispetto alla rete e tipo di accesso). Dopo alcune interviste ho inserito in questa area una domanda relativa alla percezione del grado di autonomia professionale e un approfondimento relativo alla presenza di procedure e processi di standardizzazione delle pratiche professionali85.

La seconda area di domande è relativa alla percezione dei mutamenti su cui gli operatori

sono stati interpellati con una domanda- stimolo86. Intendendo conoscere la percezione dei mutamenti nelle tre aree dell’organizzazione dei servizi, della relazione con il Tribunale per i minorenni e nelle problematiche dell’utenza, ho fatto domande esplicite quando queste non venivano toccate spontaneamente.

La terza area è dedicata al racconto di caso ‘dilemmatico’ formulando la domanda come

segue: “vorrei che mi raccontassi una situazione in cui hai fatto fatica a capire qual’era la decisione migliore da prendere perché tutte le soluzioni sembrano insoddisfacenti, una situazione che consideri ‘tipica’ di questo lavoro”

Lo scopo della domanda era di cogliere i principali snodi che gli assistenti sociali avvertono come critici e dilemmatici, e capire se questa difficoltà viene concettualizzata come un dilemma di scelta, in cui sono implicate dimensioni etiche o valoriali. Ho lasciato fluire il racconto del caso e quando non era emerso, ho domandato quali fossero i valori che entravano in contrasto nel costituire il dilemma. In alcuni casi ho fatta una domanda esplicita sull’esistenza di un dilemma “etico”. Infine ho chiesto quali erano state le modalità attraverso cui avevano affrontato il dilemma e cosa li aveva aiutati nel compiere la scelta.

la quarta e ultima parte dell’intervista è relativa all’esplicitazione degli ideali professionali

sondando tre diversi aspetti: i valori ritenuti importanti per l’assistente sociale, le qualità che contraddistinguono un agire professionale competente87 e gli aspetti del lavoro che

84

in particolare si trattava di capire in che misura fossero coinvolti nella realizzazione di interventi particolarmente delicati, che suscitano i dilemmi tipici di questo ambito: l’obbligo/dovere di segnalazione, la denuncia di reati penali, la protezione dei minori attraverso l’allontanamento da casa; all’efficacia degli interventi di cura

85

la domanda ha lo scopo cogliere se e in che misura si sia diffuso un processo di ‘managerializzazione’ inteso come rendicontazione delle prestazioni e garanzia dell’efficacia degli interventi attraverso il rispetto della ‘correttezza’ delle procedure.

86

“pensando all’arco degli ultimi 5 - 10 anni, quali sono i principali cambiamenti che hai vissuto e che ritieni abbiano avuto un impatto nel tuo lavoro?”

87

Ho chiesto agli operatori di pensare ad una situazione in cui erano stati positivamente impressionati da una/un collega o da se stessi e di indicare con tre aggettivi le caratteristiche di tale positività.

considerano fondanti per un buon l’ingaggio professionale e quali aspetti invece lo depotenziano88”.

7.4 IL METODO, LE TECNICHE E IL PROCESSO DI