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CAPITOLO 4. I DILEMMI

4.2 Valori in tensione – una mappatura

4.2.1 È possibile una gerarchia dei valori?

Come avvenuto in ambito sociologico anche nel servizio sociale ci si è confrontati con il tema relativo alla possibilità di costruire una gerarchia tra i tanti valori che popolano lo scenario di riferimento del servizio sociale, alla luce del processo di proliferazione e la loro progressiva frammentazione.

Secondo Nagel (1979) il conflitto tra valori nasce dall’impossibilità di collocarli su un’unica scala che consenta di individuare un ordine di priorità e, analogamente, anni dopo Norman (1998) evidenzia come gli individui adottino approcci differenti a seconda delle diverse situazioni, mettendo così in evidenza l’esistenza di un ‘pluralismo morale’.

Nell’intento di verificare le affermazioni di Nagel, Harrington e Dolgoff (2008) hanno effettuato uno studio coinvolgendo un centinaio di operatori inglesi impegnati in un laboratorio sull’etica, interpellandoli in merito al grado di importanza attribuito dagli operatori ad un elenco di sette principi etici41. I principali risultati riportano in primo luogo

l’assenza di un accordo ampio sulla gerarchia di importanza e in secondo luogo la

seguente gerarchia: il minimo danno e la protezione della vita sono i valori ritenuti più importanti; ad essi seguono il concetto di autonomia e indipendenza, la qualità della vita, il rispetto di uguaglianza e delle differenze, mentre privacy/riservatezza e onestà/piena informazione sono stati collocati a gradi più bassi.

D’Cruz et al (2002) rilevano una difficoltà nello strutturare una gerarchia di valori. Intervistando gli studenti in merito al grado di importanza attributo ad una lista di principi si sono avuti risultati deboli nell’indicare delle differenze come se tutti questi principi fossero ugualmente importanti42.

In una ricerca effettuata in Israele (Landau & Osmo, 2003)43 in cui gli autori chiedono di attribuire un punteggio di importanza a dodici principi etici, il 45% degli intervistati pone al primo posto la protezione della vita; a parte questo dato su cui vi è convergenza gli autori evidenziano l’assenza di un accordo in merito a ordini di priorità universalmente riconosciuti.

Infine è emerso che a livello individuale gli operatori possiedono una propria gerarchia di valori che considerano coerente al suo interno ma che essa non viene utilizzata con

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I principi etici individuati sono stati: autonomia e libertà dell’individuo (in cui viene compreso il tema dell’autodeterminazione e del’indipendenza); uguaglianza (tutte le persone nella stessa circostanza devono essere trattate nello stesso modo e viceversa, persone in situazioni diverse devono ricevere un trattamento differenziato); minimo danno ( gli operatori sociali devono cercare di evitare di produrre dei danni e nel caso in cui questo sia inevitabile devono scegliere la strada che minimizza il danno); privacy e riservatezza (devono essere protette nella massima misura possibile); protezione della vita (la vita delle persone deve essere protetta nella massima misura possibile); la qualità della vita (vanno scelte le opzioni che promuovono la migliore qualità di vita possibile); apertura e onestà (l’assistente sociale deve dire la verità e dare tutte le informazioni possibili)

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il metodo utilizzato in questo caso è stato quello mettere in ordine di importanza statement relativi ai seguanti principi etici:provvedere cure adeguate, mantenimento della relazione, protezione delle persone vulnerabili, giustizia sociale, sostenere il rispetto della legge, assicurare il rispetto dei diritti,

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le interviste sono state fatte a 62 operatori sociali, di cui 87% ebrei, metà studenti, con richiesta di attribuzione di importanza ai diversi principi etici e reazioni a casi studio (vignette)

uguale coerenza in ambito professionale, ovvero che nel contesto lavorativo le gerarchie etiche vengono utilizzate in modo flessibile a seconda delle situazioni.

4. 3 TIPOLOGIE DI DILEMMI

I dilemmi etici costellano il lavoro dell’assistente sociale; in linea generale possiamo dire che esso sono relativi ai diritti individuali e al diritto di ognuno ad effettuare le scelte per il proprio benessere e alle responsabilità che l’operatore assume nel promuovere sia il benessere dell'utente sia il benessere collettivo, alla luce delle responsabilità nei confronti del proprio ente e dell'intera società, con le relative contraddizioni.

Gli studi sull’etica nel servizio sociale hanno cercato di analizzare come si declina nella pratica il conflitto tra valori ed hanno messo a punto alcune tipologie.

S. Banks (2006:179) individua tre macro categorie di aspetti etici ricorrenti:

1. Quelli legati al tema dei diritti e benessere dell’individuo in cui può crearsi un conflitto tra la tutela del benessere e della sicurezza dell’utente e il diritto dell’utente di decidere autonomamente,

2. Quelli legati al benessere collettivo in cui l’interesse pubblico può essere contrastante con l’interesse della persona

3. Quelli legati a oppressioni strutturali, in cui la responsabilità individuale dell’utente viene è minata dalle condizioni di oppressione sociale del gruppo di appartenenza

Il primo tipo di dilemma è decisamente frequente e vede contrapposti il diritto dell’utente ad essere trattato con onestà e rispetto, considerato come in grado di prendere decisioni per se stesso, e quindi di autodeterminarsi, versus l’interesse e la promozione del benessere dell’utente per come questo viene visto e rilevato dall’assistente sociale che assume responsabilità di ‘cura’ o di orientamento al cambiamento.

Infatti non sempre le due posizioni coincidono e non sempre la persona è in grado di esprimere i propri desideri e intenzioni.

Il problema che qui si pone è su chi abbia la responsabilità (e il potere) di definire quale sia la condizione di bisogno e malessere e quale di queste permetta l’erogazione di risorse a supporto di un percorso di aiuto. Riprenderò successivamente questo tema a proposito della gestione del potere e dell’autorità, per ora mi limito ad accennare che il dibattito ha messo in luce i rischi di un atteggiamento paternalistico o manipolatorio rispetto all’assunzione di una responsabilità di cura.

Il secondo aspetto è legato al tema dell’erogazione delle risorse, ma anche alle dimensioni di controllo che il servizio sociale si trova ad assumere nello sforzo di contenere problematiche sociali che possono diventare fonte di tensioni sociali.

Beckett e Maynard (2005) individuano sei tipologie, in parte connesse alle precedenti: 1. Il contrasto tra il principio dell’autodeterminazione e il dovere degli operatori

sociali di stare nell’ambito delle regole stabilite per il funzionamento del sistema di welfare,

2. Il contrasto tra il rispetto delle differenze culturali e il bisogno/richiesta di protezione della persona

3. l bisogno e il desiderio dell’utente rispetto il bisogno e il desiderio del suo ‘carer 4. il contrasto tra il rispetto del principio della riservatezza e le esigenze di

comunicazione tra diversi professionisti

5. il contrasto tra il principio di autodeterminazione e l’interesse della comunità, 6. il contrasto tra il bisogno della comunità e versus il bisogno della singola persona A titolo esemplificativo, si pensi per ognuna di queste tipologie alle seguenti situazioni tipiche per il servizio sociale. Quando l’assistente sociale deve respingere la domanda di aiuto di una persona bisognosa perché non ottempera alle regole previste per l’erogazione della prestazione; quando una ragazza adolescente straniera chiede di essere protetta per conflitti culturali ed educativi con i suoi genitori; quando il bisogno delle persone anziane si scontra con i bisogni dei figli che ne hanno cura, quando si ritiene utile una comunicazione tra l’assistente sociale del servizio per l’infanzia e lo psicologo che ha un cura il padre tossicodipendente di un bambino, o alle richieste di intervento fatte dai vicini di casa di una persona eccentrica che vive in condizioni abitative insalubri e maleodoranti e così via.

In relazione al managerialismo e all’introduzione delle logiche di mercato Beckett e Maynard (id) individuano come area più critica, in cui si condensano molti dilemmi etici, quella legata all’utilizzo delle risorse. In un panorama di risorse limitate il problema si pone, secondo questi autori (id 2005:90) sui seguenti livelli:

a. rispetto all’utilizzo del tempo, quando l’assistente sociale è costretto ad interrogarsi su quanto tempo dedicare ad uno specifico caso e come fare quando

ritiene che una maggiore disponibilità di tempo consentirebbe un migliore risultato ma quel tempo deve essere dedicato ad un’altra situazione ugualmente bisognosa e urgente

b. per quanto riguarda l’allocazione delle risorse economiche o di supporti all’utente, quando le risorse vengono drasticamente e improvvisamente ridotte e l’assistente sociale non ha il controllo sulla quantità di risorse