• Non ci sono risultati.

Cap 8.1 IL RAPPORTO CON L'ORGANIZZAZIONE

8.1.3 Una relazione ‘bilaterale’ o ‘separati in casa’?

Coerentemente con la visione trifocale descritta da Gui (2008) e prima ancora da F. Ferrario (2004), gli assistenti sociali si vedono e si rappresentano in una stretta relazione con l’organizzazione di appartenenza. Ad un primo sguardo sembrerebbe quindi prodursi una posizione di identificazione con l’ente di appartenenza; tuttavia essi non sembrano assumere una posizione di ‘subordinazione’ ma bensì si pongono in modo

102

il sistema di accreditamento è una delle caratteristiche del modello lombardo di welfare, descritto in una recente pubblicazione curata da G. Carabelli e C. Facchini (2010). Nello specifico Carabelli ha curato un capitolo sul tema dell’accreditamento. (Carabelli G., 2010)

tendenzialmente ‘paritario’. Ovvero, ritengono che faccia parte del proprio ruolo contribuire alla realizzazione e al miglioramento dei servizi ma non sono disposti ad essere meri esecutori delle linee di politiche sociali dei dirigenti di servizio. in questi termini la relaziona con l’organizzazione si configura come una relazione che ritengo si possa definire come ‘bilaterale’: gli assistenti sociali hanno bisogno dell’organizzazione per realizzare il proprio mandato professionale e l’istituzione ha bisogno della competenza professionale degli assistenti sociali per realizzare il mandato istituzionale.

In riferimento alle tipologie proposte da Mintzberg (1983) si potrebbe discutere che in questa prospettiva in misura gli assistenti sociali si collochino nell’ambito di una “burocrazia professionale” o di una “adhocrazia”103.

Seguendo le interviste si può evincere una posizione che si rappresenta come ‘paritaria’. È testimoniata da come gli assistenti sociali si esprimono in merito al tema della riduzione delle risorse, per come descrivono il loro rapporto con i dirigenti e responsabili di servizio, per il peso che danno all’esistenza di una coerenza tra ciò che viene dichiarato pubblicamente e le possibilità di realizzare il proprio lavoro, per il valore attribuito all’essere parte di una amministrazione pubblica.

È proprio questa posizione ‘paritaria’ che, a parer mio, fa sì che i profondi mutamenti nelle politiche sociali portino ad una progressiva divergenza tra i valori professionali e il mandato istituzionale. In altre parole dalle interviste sembra emergere una situazione di ‘divorzio’ tra i professionisti e l’organizzazione. in realtà, mantenendo la metafora più che di un divorzio è più indicato parlare di una situazione da ‘separati in casa’ dato che operatori e organizzazione hanno poche possibilità di separarsi realmente.

Vediamo alcuni aspetti di questa posizione degli assistenti sociali nei confronti dell’organizzazione, per come emergono dalle testimonianze delle interviste.

In primo luogo essi si sentono parte di un’organizzazione. Gli assistenti sociali intervistati si riconoscono come strutturalmente connessi ad un contesto istituzionale e organizzativo. Inoltre per coloro che sono impiegati in un ente pubblico questo costituisce un elemento di valore specifico.

A1 esprime con chiarezza questo concetto e descrive altrettanto chiaramente quale ritiene sia il posizionamento dell’assistente sociale come intermediari tra l’istituzione e il bisogno dell’utente.

“Mi piace (…) essere impiegato in un ente pubblico, .. la statalità dell'intervento per me è una cosa importante.. è importante il fatto che l'ente pubblico si occupi di certe cose …. A1:10,11

103

In una recente pubblicazione Colarusso (2009) presenta alcune riflessioni su questo dibattito e conclude ipotizzando per il servizio sociale una collocazione “ibrida” tra i due modelli (p. 141)

“C’è un rapporto dualistico: da un lato c'è l'organizzazione, per cui ho sempre attenzione a comprendere meglio le modalità per centrare degli obiettivi, proposte e realizzazione di interventi (dell’organizzazione) … dall'altro lato ci sono gli utenti e i loro bisogni … ci sono anche i momenti di crisi con gli utenti, perchè si presentano delle situazioni in cui hanno aspettative a cui non si riesce a far fronte” .

E4 dichiara che se prosegue il processo di managerializzazione e se gli assistenti sociali verranno sempre più dirottati sul ‘controllo di qualità e il monitoraggio degli interventi, si vedrà costretta a lasciare l’ente pubblico,

Se si andrà in quella direzione, io passerò dall’altra parte, lascerò il pubblico, con rammarico. E’ stata per una scelta ideologica in cui credo ancora, ma se la svuotate di contenuti, sarò obbligata ad andare da chi mi ha già più volte offerto un lavoro..ma.. sarà un dispiacere. (E4)

Un secondo aspetto ci ricollega al fatto che gli assistenti sociali valutano il

comportamento delle organizzazioni in cui sono inseriti, sia a livello generale sulla

convergenza delle politiche, sia nello specifico in merito al delicato tema delle risorse. Gli assistenti sociali che lavorano nei servizi sociali delle grandi città, maggiormente esposti alla contrazione delle risorse e ai processi di managerializzazione, giudicano con attenzione il grado di coerenza tra ciò che viene dichiarato pubblicamente dall’organizzazione e ciò che viene concretamente reso possibile nel loro operare. Quando questa coerenza si rompe gli assistenti sociali esplicitano l’esistenza di un “dilemma etico”. Nell’utilizzare questo termine emerse il giudizio di disapprovare e il considerare un certo comportamento come ‘non etico’.

Per alcuni assistenti sociali il permanere di una forte divergenza tra i propri ideali professionali e le possibilità concrete messe a disposizione dall’istituzione possono portare a cambiare lavoro. Tra gli intervistati ve ne sono alcuni che hanno pagato dei prezzi personali in termini di carriera per aver scelto di contrastare e criticare alcuni interventi dell’organizzazione nel loro lavoro o hanno deciso di cambiare sedi lavorative.

Altri, invece, sembrano trovare modi differenti per gestire il divario: nella relazione con l’utente, il passo più frequente è di cercare risorse a livello quasi personale (si vedrà meglio nei successivi paragrafi). Oppure entra in campo una strategia di adattamento che riduce il livello delle aspettative dell’identità professionale.

Viceversa nei luoghi in cui gli assistenti sociali trovano una convergenza valoriale essi si ingaggiano con forza e passione, contribuiscono alla realizzazione delle politiche, ne sostengono le azioni e sono disposti ad assumersi importanti responsabilità per esempio

nel contribuire alla definizione delle politiche locali o nella gestione delle risore economiche. Questo tipo di convergenza sembra verificarsi con maggiore frequenza nei comuni di piccole o medie dimensioni.

B1, assistente sociale impegnata nel servizio sociale di un piccolo mostra una forte approvazione verso le politiche del comune nei confronto dell’infanzia ed evidenzia una sorta di orgoglio nel mostrare l’efficacia di questi interventi

"siamo famosi per essere l’unico comune della zona a non avere minori in comunità … il comune ha sempre investito nella prevenzione e i risultati si vedono!” B1

Similmente F4 dichiara la sua ammirazione per la conduzione del servizio e le capacità della dirigente che è riuscita a mantenere un buon livello di risorse

.. La scarsità di risorse oggi è impressionante... rispetto a dieci o cinque anni fa siamo a forse meno di metà. Per fortuna siamo in un territorio in cui su alcuni servizi abbiamo tirato fuori le unghie e non ce li siamo fatti portare via.., abbiamo chiesto di trovare risorse e a destra/sinistra e da ogni parte e devo dire che abbiamo avuto dei funzionari e dirigenti che si sono fatti in quattro per trovare le risorse… Su altre cose invece no: è un peccato perché siamo un Comune con un buon servizio sociale che offre tanto F4

Spesso nei comuni medio piccoli l’assistente sociale svolge un ruolo significativo nella definizione delle politiche. frequentemente viene coinvolto anche nella programmazione, e viene consultato dalla parte politica. In molti comuni gli assistenti sociali partecipano ai “tavoli” di concertazione previsti dalla legge 328/00, sono responsabili di progetti e degli Uffici per la redazione dei piani di zona. Infine, nei piccoli comuni, è frequente la consultazione dell’assistente sociale da parte del responsabile di servizio per la messa a punto dei budget preventivi delle risorse da destinare durante l’anno, oppure sono gli assistenti sociali che studiano insieme al responsabile come garantire i serivizi necessari ai cittadini .

E’ ancora B1 che spiega come avviene la redazione del bilancio ela pianificazione dell’erogazione delle risorse:

Io progetto il bilancio alla fine dell’anno precedente e, sulla scorta degli interventi fatti l’anno prima, stabilisco che per l’anno 2009 possiamo spendere tot. Per cui di solito arriviamo a settembre-ottobre e vedo quanti soldi ci rimangono e se devo fare un aumento, se devo fermarmi un attimo con le assistenze… anche se in realtà, se devo fornire assistenza domiciliare ad un malato terminale non è posso dirgli: “Aspetta due mesi che cambia l’anno”! Per cui, di solito, si fa la variazione di bilancio e si aumenta il capitolo.. Formalmente del bilancio se ne occupa la mia responsabile, che lo firma. però, siccome è la responsabile di tanti settori la parte relativa ai servizi sociali la facciamo insieme: “quanto mettiamo sui pasti, quanto sul SAD, quanto sugli inserimenti nel centro diurno ecc.”.

C4 invece riporta il rapporto con l’assessore

“capita che l’assessore ci chieda dei pareri .. a volte si aspetta che abbiamo A volte si aspetta che abbiamo palla di vetro e bacchetta magica, ma altre si aspetta delle chiavi di lettura più approfondite di situazioni che appaiono a loro in altro modo .. C4