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CAPITOLO 7. IL DISEGNO DELLA RICERCA E LA SUA REALIZZAZIONE

7.5 I soggetti intervistati e i contesti

Prima di concludere questa parte metodologica e addentrarsi nella presentazione dei contenuti emersi dalle interviste, delineo alcune caratteristiche socio demografiche dei soggetti intervistati e dei contesti istituzionali e organizzativi in cui essi sono inseriti.

7.5.1 Le persone

Sono stati intervistati 33 assistenti sociali di cui due sono maschi. Le interviste sono trentadue dato che una delle interviste ha avuto problemi di registrazione e non è stata quindi considerata nella parte relativa ai contenuti.

L’età degli intervistati varia dai 24 ai 56 anni, con una concentrazione nella fascia tra i 45 e i 50 anni (13) e nella fascia tra i 31 e i 36 (9), non ci sono assistenti sociali di età compresa tra i 26 e i 30 anni.

Osservando la distribuzione delle età nei diversi ‘profili’, si osserva che i 13 assistenti sociali più anziani lavorano quasi tutti nei servizi specialistici per la tutela dell’infanzia da più di dieci anni, a dimostrazione del forte ingaggio che questi contesti richiedono ma anche dello scarso turn over.

Sembra confermarsi quanto qui quanto rilevato da C. Facchini (2010) a proposito del basso livello di burn out e turn over degli assistenti sociali che lavorano i servizi con un forte investimento motivazionale. In due casi si tratta di assistenti sociali che lavorano in quest’area da poco tempo ma sono assegnate ai servizi specialistici alla luce della loro esperienza e anzianità lavorativa.

Le due assistenti sociali più giovani (24 e 25 anni) lavorano entrambe nei servizi sociali di base di piccoli comuni: sembrerebbe quindi che la tutela minori non sia un servizio dove vengono impiegati assistenti sociali alle prime esperienze.

A parte il dato anagrafico, è interessante delineare le diverse carriere formative e

professionali. Riprendendo la proposta di Facchini e Giraldo (2010:36) che individuano

quattro generazioni in riferimento ai diversi assetti formativi, 14 intervistati si sono diplomati prima del 1992, nell’ambito di una formazione sostanzialmente extra universitaria, e 13 nel periodo intermedio di trasformazione delle Scuole dirette a fini speciali o Duss tra il 1993 e il 2002; solo cinque si sono laureate dopo il 2002.

Le 13 assistenti sociali diplomate prima del 1992 sono collocate omogeneamente nei servizi specialistici e nei servizi sociali di base sia delle grandi città che dei piccoli comuni.Pochi (3) sono gli assistenti sociali che hanno frequentato le scuole al di fuori della Lombardia o regioni limitrofe.

In alcune interviste gli assistenti sociali ‘senior’ fanno esplicito riferimento alla formazione extrauniversitaria come un ambito particolarmente formativo, specialmente per quanto riguarda:

a. una maggiore capacità di problematizzare l’emersione dei bisogni ed interrogarsi criticamente in merito agli eventi

b. un maggiore investimento e valorizzazione delle capacità di stare nella relazione con gli utenti

7.5.2 I contesti

Qual è la panoramica dei contesti e degli assetti organizzativi in cui lavorano i soggetti intervistati? La maggioranza degli intervistati è dipendente comunale: 26 operatori su 33 , dei restanti sette assistenti sociali, tre sono dipendenti dell’ASL (si tratta di tre persone che dal marzo 2009 hanno smesso di lavorare per i servizi della tutela minori a seguito della chiusura del servizio da parte dell’azienda sanitaria) e quattro dipendono da

organismi privati o parapubblici: un consorzio di cooperative e una fondazione per due di loro e un consorzio pubblico per la gestione di servizi sociali per altre due operatrici. Per quanto riguarda gli assetti di funzionamento dei servizi, le variabili riguardano la composizione dell’équipe (se è composta anche da psicologi o meno) e nel caso in cui sia un’équipe pluriprofessionale, quale connessione c’è con gli psicologi. Si è osservato anche il tipo di accesso, ovvero se si tratta di un servizio di 2° livello che si occupa delle situazioni più gravi in cui è presente un decreto dell’autorità giudiziaria oppure se la stessa equipe si occupa sia degli interventi nel contesto spontaneo che di quelli nel contesto giudiziario.

Le grandi città coinvolte nella rilevazione (A,B,C;D) hanno quattro diverse impostazioni nella gestione dei servizi per la tutela dei minori.

Nel comune A si è recentemente conclusa l’esperienza di un assetto organizzativo che prevedeva una integrazione tra le competenze comunali e quelle dell’azienda sanitaria, regolata da un protocollo di intesa che aveva dato la possibilità di avviare iniziative anche sul piano delle prevenzione e della sensibilizzazione. Il servizio sociale comunale si occupa sia delle situazioni inviate dal Tribunale sia degli interventi richiesti spontaneamente dai cittadini; si avvale della collaborazione con l’ASL per le competenze psicologiche. L’equipe è monoprofessionale.

Nel comune B il servizio per la tutela minori è composto da equipe multiprofessionali, (assistenti sociali dipendenti dal comune e psicologi con contratto libero professionale o dipendenti da cooperative), si avvale della competenza specialistica di un servizio di secondo livello dell’asl. L’accesso al servizio è misto, sia di tipo giudiziario che non e nel periodo dell’intervista si stava riorganizzando passando da una distribuzione territoriale ad una centralizzata.

Anche il comune C era in fase di riorganizzazione nel periodo delle interviste, fino a quel momento l’assetto prevedeva due diversi tipi di equipe: una dedicata alla prevenzione, in cui lavorano assistenti sociali, educatori e psicologi e una dedicata alla tutela, composta da soli assistenti sociali, cui accedono solo le famiglie inviate dal tribunale. La competenza psicologica necessaria per l’équipe tutela viene fornita dall’ASL; fino a cinque anni prima l’équipe tutela era un’équipe psico sociale dell’ASL .

Infine il comune D ha un servizio tutela minori gestito da un’équipe composta da assistenti sociali dipendenti comunali e psicologi dipendenti da cooperative o liberi professionisti, si occupa quasi esclusivamente di famiglie con provvedimenti del tribunale per i minorenni.

Per quanto riguarda i piccoli comuni, si ha una situazione molto eterogenea sia negli assetti organizzativi che in quelli istituzionali. Su quest’ultimo versante, su quattordici comuni, tredici gestiscono alcune funzioni legate alla tutela minori in forma associata, a conferma che il processo attivato dalla legge 328/00 di costituzione degli ambiti territoriali ha avuto un alto grado di implementazione. In alcuni casi la gestione associata ha portato

alla costituzione di consorzi pubblici, in altri ad esternalizzare la funzione a consorzi e fondazioni private e in altri ancora alla costituzione di aziende speciali99 .

Per quanto riguarda l’assetto organizzativo, si individuano due modelli. Il primo prevede che le funzioni di tutela siano gestite dal servizio sociale comunale che è composto dall’assistente sociale e da una figura psicologica ed ha un accesso sia diretto che giudiziario; a livello dell’ambito territoriale si collocano alcuni servizi di sistema come la supervisione, la consulenza giuridica e altri servizi sovracomunali quali i servizi affidi, lo ‘spazio neutro’ etc. Il secondo modello prevede l’esistenza di un’équipe di 2° livello, composta da assistenti sociali e psicologi, che riceve invii dai servizi sociali comunali di base. In una delle realtà intervistate hanno adottato un assetto misto in cui gli operatori si collocano ad entrambi i livelli.

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sul tema della diffusione delle aziende speciali per i servizi alla persona si segnala la recente ricerca condotta in Lombardia da D. Gatti e P. Rossi (2010)