“La neutralità degli spazi pubblici nella giurisprudenza CEDU”
2. Limiti alla esibizione personale del simbolo religioso nelle sedi pubbliche
2.1 Neutralità degli istituti scolastici pubblic
2.1.1 Il divieto del velo per gli insegnanti: il caso Dahlab c Svizzera e il caso Kurtulmus c Turchia
Una delle prime pronunce della Corte EDU,
relativamente al divieto del velo nelle scuole pubbliche per gli insegnanti, ha riguardato il caso Dahlab c. Svizzera260. La sig.ra
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Lucia Dahlab, insegnante di una scuola primaria di una località del Cantone di Ginevra, ha adito i giudici di Strasburgo, con ricorso n° 42393/98, lamentando una violazione degli artt. 9 e 14 CEDU dopo aver esperito, senza successo, i rimedi giurisdizionali interni.
La vicenda nasce dalla comunicazione, fatta all’insegnante dalle autorità scolastiche, del divieto di indossare il velo islamico durante lo svolgimento delle sue ore di lezione in ossequio all’art. 6 della legge 6 novembre 1940, il quale stabilisce che “l’insegnamento pubblico garantisce il rispetto delle
convinzioni politiche degli studenti e dei genitori”, e all’art. 27,
3° della Costituzione svizzera il quale precisa che “le scuole
pubbiche devono essere frequentate dagli aderenti a tutte le confessioni religiose ed essi non devono soffrire alcuna limitazione alla loro libertà di coscienza o di credenza”.
Nell’agosto del 1996, la Direzione generale dell’insegnamento primario ha emesso una decisione imperativa per la ricorrente con cui le si vietava di indossare il velo, sulla motivazione per cui il suo utilizzo avrebbe potuto rappresentare un comportamento di ostentazione della propria religione in modo da poter influenzare la libertà religiosa degli studenti. Di fronte a tale decisione, la sig.ra Dahlab ha adito dapprima il Consiglio di Stato di Ginevra, il quale ha respinto il ricorso ribadendo “l’obbligatorietà del rispetto della neutralità confessionale
dell’attività didattiche nelle scuole pubbliche, confermando la posizione critica rispetto alla liceità di abbigliamenti e simboli veicolanti uno specifico messaggio religioso in ambiti
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necessariamente depurati da contaminazioni ideologiche”261 ex art. 27, 3° della Costituzione elvetica, e successivamente il Tribunale Federale che ha ribadito la specifica qualità di simbolo religioso del velo e la sua inopportunità nelle scuole, scegliendo così di salvaguardare la libertà religiosa degli studenti e la adesione obbligatoria al principio di laicità da parte dei funzionari pubblici, tra cui rientrano anche gli insegnanti.
Tuttavia, la Corte EDU ha confermato le decisioni dei giudici interni, con sentenza del 15 febbraio 2001, giustificando la limitazione all’uso del velo, quale espressione del diritto individuale alla libertà di manifestazione del proprio credo, per motivi di salvaguardia del principio di laicità e della neutralità dell’insegnamento nelle scuole pubbliche (sancite in Costituzione) e di tutela della libertà di coscienza e di religione degli studenti.
La libertà di manifestazione della propria religione, quale diritto individuale, può essere legittimamente ristretto per la tutela dei principi democratici e dei diritti altrui: il diritto individuale può essere dunque legittimamente sacrificato di fronte alla garanzia di un bene collettivo. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che, “nel bilanciamento tra libertà di fede della ricorrente e del fine
legittimo della conservazione della pace religiosa, quest’ultimo prevale posto che appare difficile coinciliare l’uso del velo con il messaggio di tolleranza e di non discriminazione che ogni insegnante deve trasmettere ai suoi allievi”262.
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Cfr., M. PARISI, Simboli e comportamenti religiosi all’esame degli organi di Strasburgo, in www.olir.it,2005, pagg. 7-8.
262 Cfr., A. GARDINO, La libertà di pensiero, di coscienza e di religione nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in G. ROLLA (a cura di), Libertà religiosa e laicià. Profili di diritto costituzionale.,Jovene, Napoli, 2009, pag. 24.
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Alle stesse conclusioni è giunta la sentenza del 24
gennaio 2006263 riguardante il caso Kurtulmus c. Turchia.
Al tempo dei fatti, la ricorrente era professore associato presso l’Università di Istanbul; nel 1998 è stata soggetta di un’indagine disciplinare in base alle norme in vigore riguardo al vestiario dei dipendenti pubblici al cui termine ha ricevuto l’avvertimento ad essere esclusa dalla promozione per due anni a causa del mancato rispetto di tali norme. Nonostante l’avvertimento, la ricorrente ha continuato ad indossare il velo durante l’esercizio delle sue funzioni comportando, quale reazione delle autorità universitarie, la dichiarazione di dimissioni. La ricorrente ha prima ricorso al tribunale amministrativo, il quale ha respinto la richiesta di annullamento della sanzione; appellando la sentenza di primo grado, ha poi adito il Consiglio di Stato, il quale, senza tener udienza, ha confermato la sentenza appellata.
Esauriti senza successo i mezzi giurisdizionali interni, la professoressa si è rivolta alla CEDU, con ricorso n° 65500/01, rilevando una lesione dell’art. 9 della Convenzione: a suo parere, il codice di abbigliamento imposto ai funzionari pubblici avrebbe violato il suo diritto di manifestazione del proprio credo. La Corte ha concluso per la manifesta infondatezza del ricorso; riguardo al rapporto Stato-religioni, in una società democratica lo Stato ha il diritto di limitare l'uso del velo islamico se questo rappresenta una minaccia per la tutela dei diritti e delle libertà altrui. Inoltre, il codice di abbigliamento in questione, che è richiesto senza distinzione a tutti i membri del servizio pubblico, ha l'obiettivo di preservare il principio di laicità e la neutralità
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del servizio pubblico, in particolare in materia di istruzione pubblica; la scelta quanto alla portata e le modalità di tale regolazione deve necessariamente essere in qualche misura affidata allo Stato interessato. Pertanto, data la discrezionalità degli Stati contraenti in materia, l'interferenza è giustificata in quanto necessaria in una società democratica e proporzionata allo scopo perseguito.
2.1.2 L’esibizione dei simboli religiosi da parte degli studenti: i