sedi pubbliche”
5. La presenza del crocifisso nelle aule giudiziarie: il caso Tost
Il dibattito sull’esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie prende avvio dalla circolare del Ministro di Grazia e Giustizia Rocco del 29 maggio 1926, la quale contemplava l’obbligatoria presenza del simbolo cristiano-cattolico in ogni aula di udienza, sopra il banco dei giudici, quale “solenne
ammonimento di verità e di giustizia”.
La discussione si incentra, al pari dei regolamenti n° 965/1924 e n° 1297/1928 in tema di affissione del crocifisso nelle scuole, sulla legittimità della suddetta circolare alla luce dei principi dell’ordinamento costituzionale, quali il principio di laicità, la
necessaria imparzialità nell’esercizio della funzione
giurisdizionale del giudice e la libertà religiosa; la circolare è dell’epoca fascista, in cui vigeva lo Statuto Albertino che sanciva la confessionalità cattolica dello Stato.
La questione è sempre la medesima: in un luogo pubblico, come le aule giudiziarie, le quali rappresentano le istituzioni statali, la presenza del crocifisso è lesiva della libertà religiosa degli individui e dell’uguaglianza delle confessioni quali componenti della stessa laicità dello Stato?
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Sul punto, rilevante è il caso Tosti; la vicenda riguarda un giudice di fede ebraica, in servizio presso il Tribunale di Camerino, il quale, nell’ottobre e nel dicembre 2003, aveva chiesto, senza successo, al Presidente del Tribunale la rimozione del crocifisso dalle aule giudiziarie dello stesso tribunale, sulla motivazione per cui, la sua esposizione contrastava con la laicità dello Stato e con il diritto alla libertà religiosa dei singoli.
Dopo il rifiuto del Presidente, il giudice Tosti ha adito dapprima il TAR Marche, per ottenere in via d’urgenza la rimozione del crocifisso dalle aule di giustizia del Tribunale di Camerino: il TAR ha respinto l’istanza cautelare con ordinanza n° 468/2004. Successivamente, il giudice Tosti ha chiesto al ministro della giustizia di rimuovere da tutte le aule d’udienza italiane il crocifisso e, in subordine, che in queste fosse esposto il simbolo della menorah ebraica; la richiesta è stata disattesa e il giudice ha rifiutato così di tenere le udienze a partire dal maggio 2005.
Il giudice ha adito nuovamente il TAR Marche ritenendo discriminatoria la proposta fattagli di tenere le proprie udienze nel proprio ufficio o in un’aula priva di crocifisso e chiedendo alternativamente o la rimozione del crocifisso da tutte le aule giudiziarie o l’esposizione di tutti i simboli religiosi, atei ed agnostici; il Tar ha nuovamente dichiarato inammissibile il ricorso, con sentenza n° 94/2006142 del 22 marzo, per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo: il TAR, infatti, aveva individuato la competenza del giudice ordinario il quale è l’unico che può statuire sui diritti soggettivi, anche nei rapporti
142
90 tra privati e P.A143.
Nel novembre del 2005, il giudice ha sollevato conflitto di attribuzione di poteri contro il diniego del ministro della giustizia riguardo alla rimozione del crocifisso nelle aule giudiziarie, ritenendo inibita al Ministro l’imposizione di qualsiasi simbolo che valga a connotare l’esercizio dell’attività giurisdizionale, la quale invece deve rimanere imparziale ed equidistante da qualsiasi credo religioso: la Corte Costituzionale,
con ordinanza n° 127/2006144, lo ha dichiarato inammissibile per
difetto dei requisiti per l’esistenza di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Secondo la Corte manca sia il requisito soggettivo, poiché “un organo giudiziario è, a causa del
carattere diffuso del potere di cui appartiene, legittimato a proporre conflitto tra poteri dello Stato se sia attualmente investito del processo” dal momento che il giudice si è astenuto
dalle sue funzioni giurisdizionali; sia il requisito oggettivo, poiché il ricorrente “non prospetta in realtà alcuna
menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite agli appartenenti all’ordine giudiziario, ma esprime solo il personale disagio di un lavoratore dipendente del Ministro della Giustizia per lo stato dell’ambiente nel quale deve svolgere la sua attività”.
Nel frattempo, contro il giudice, che si rifiutava di tenere le udienze, si era aperto un procedimento penale conclusosi con
sentenza n° 622/2005 145 del Tribunale dell’Aquila,
condannandolo per il reato di omissione di atti d’ufficio. La
143 Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 luglio 2006 n° 15614, ne hanno poi attribuito la giurisdizione ai TAR.
144
Pubblicata in Giur. Cost., 2006, pag. 1192 ss. 145
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sentenza è stata poi annullata dalla Cassazione, con sentenza n° 28482/2009, per insussistenza del fatto146; tuttavia, in tale decisione, la Cassazione ha sottolineato che la questione avrebbe meritato di essere approfondita su alcuni punti, quali il significato culturale del crocifisso che giustificasse la sua presenza nelle aule giudiziarie, in relazione alla libertà di coscienza e religiosa, anche negativa, e il fatto che la circolare Rocco, tenuto conto dell’epoca a cui risale, non sembra essere in linea col principio di laicità e con la libertà religiosa e che la stessa è un atto amministrativo generale, privo di un riferimento normativo e quindi in contrasto con il principio di legalità
dell’azione amministrativa.
Sulla vicenda del giudice Tosti è intervenuta anche la sezione disciplinare del CSM che, con ordinanza del 23 novembre 2006, ha sospeso il giudice dalle sue funzioni, con decurtazione dello stipendio, motivando la decisione sulla base del fatto che il mancato accoglimento della richiesta di rimozione non giustifica l’inadempimento degli obblighi giurisdizionali. In data 22 gennaio 2010, il plenum del CSM ha espulso il giudice dalla magistratura ritenendo che “oggetto del
procedimento non fosse la verifica della compatibilità tra principi di laicità e la presenza del crocifisso, ma la compatibilità del rifiuto di tenere udienza ed il rispetto delle regole organizzative del servizio e delle esigenze funzionali del corretto svolgimento dell’esercizio delle funzioni giurisdizionali e che la presenza del crocifisso, indipendentemente dalla legittimità della circolare Rocco che la prevede, non determina
146 Il giudice aveva prontamente informato il Presidente del Tribunale della sua astensione.
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di per sé una lesione diretta del diritto soggettivo di libertà di opinione e di religione del giudice, cosa che sarebbe accaduta se gli fosse stato imposto l’obbligo di esercitare la giurisdizione, in contrasto con le sue convinzioni, in un’aula in cui era presente la tutela simbolica religiosa”147. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato, con sentenza n° 5924/2011, la decisione del plenum del CSM, respingendo il ricorso del giudice sulla base dell’assenza di interesse d’agire; infatti, al giudice era stato proposto di tenere udienza in un’aula priva di crocifisso e ciò ha reso insussistente la lesione del suo diritto soggettivo alla libertà religiosa. Non solo, le S.U. hanno anche sottolineato che il giudice non avrebbe potuto agire a tutela dell’interesse generale della libertà religiosa e della laicità dello Stato, in quanto non è possibile per il singolo assumere la rappresentanza di interessi collettivi.
In conclusione, il caso Tosti non ha dato risposte concrete alla questione della generale esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie, essendosi concentrato soprattutto su una questione di illegittimità del rifiuto del giudice di tenere udienza.