Stato come più vicino a una confessione religiosa che a un’altra, e soprattutto non le persone che sono più
3. Sentenza Lautsi c Italia
3.1 Il valore “passivo” del crocifisso
Pur riconoscendo che il crocifisso è, prima di tutto, un simbolo religioso, la Grande Chambre ne ha sancito il carattere
passivo, negando che la sua esposizione nelle scuole pubbliche
rappresenti una lesione della libertà educativa dei genitori e della libertà di coscienza e di religione degli alunni e una forma
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La citazione è tratta dal paragrafo 62. 182
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di indottrinamento su di essi. Il valore passivo del simbolo è stato ritenuto come “un esempio di soluzione meno difficile alla
questione crocifisso in quanto cerca di ridimensionare il conflitto, di fargli assumere un tono minore; la passitività itroduce un argomento nuovo, che potrebbe consentire di guardare alla questione in modo diverso e di riaprire la conversazione sul crocifisso nell’ottica non più di uno scontro tra diritti della maggioranza e diritti della minoranza, bensì di ragionevole accomodamento, di ricerca di una soluzione di convivenza”183.
La sentenza stabilisce che “è un simbolo essenzialmente passivo
e questo aspetto è importante tenuto conto del principio di neutralità; non è possibile attribuire al crocifisso una tale influenza sugli alunni paragonabile a quella che può esprimere un discorso didattico o la partecipazione ad attività religiose”184. Per cui, non vi sono elementi sufficienti a dimostrare eventuali effetti sulla libertà di coscienza e sulla libertà religiosa degli scolari; la Corte ha affermato che “la percezione personale della
ricorrente di una mancanza di rispetto delle proprie convinzioni da parte dello Stato attraverso l’affissione del crocifisso, non basta per integrare una violazione dell’art. 2”185.
La Corte ha così ritenuto che gli alunni e i genitori non possono ritenersi lesi dalla presenza di un simbolo religioso corrispondente alle tradizioni di un Paese; la stessa ha così sostenuto il valore culturale del crocifisso nell’esperienza
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Cfr., I. RUGGIU, Il crocifisso come “simbolo passivo” nella Lautsi II: riflessioni sulle tecniche argomentative dei giudici nei conflitti multiculturali e religiosi, in www.diritticomparati.it,2011.
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La citazione è tratta dal paragrafo 72. 185
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italiana, aderendo alla prospettiva per cui il fattore religioso ha un ruolo fondamentale, e cioè quello di tramandare la storia del Paese, nello spazio pubblico. Per cui “l’esposizione del
crocifisso nelle aule scolastiche non è più visto come un elemento perturbatore dell’equilibrio psicologico degli alunni ma come espressione di legittime istanze culturali e religiose identitarie; inoltre la Corte ha ritenuto superata la tesi di un ruolo ostile del fattore religioso nello spazio pubblico , che lede la libertà religiosa degli alunni, laddove indica, come ulteriore elemento di supporto della legittimità del crocifisso, la contestuale presenza di altri simboli religiosi di uso personale nella scuola pubblica, considerati come fattori positivi del pluralismo”186.
Inoltre non è possibile ravvisare nella presenza del crocifisso una forma di indottrinamento in quanto questa, come già è stato sostenuto nella sentenza Folgero, può essere integrata solo da un comportamento attivo, come la imposizione di un insegnamento religioso o della partecipazione ad attività religiose, attività che nella scuola italiana non sono obbligatorie; in più, si legge nella sentenza che non vi era alcun elemento che dimostrasse un atteggiamento di intolleranza delle autorità scolastiche verso gli alunni di fede diversa da quella cattolica (anche agnostica) e che gli stessi ragazzi non hanno mai lamentato comportamenti tesi a favore della religione cattolica da parte degli insegnanti.
Tuttavia, alcuni in dottrina si sono scagliati contro l’affermazione della Grande Chambre per cui il crocifisso è “un
symbole essentiellment passif”; la critica muove dall’iter
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Cfr., P. CAVANA, I simboli religiosi nello spazio pubblico nella recente esperienza europea, in www.statoechiese.it,2012, pag.17.
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alquanto lacunoso con cui l’organo di Strasburgo ha escluso lo scopo di indottrinamento dell’esposizione del crocifisso. Infatti, la Corte si è limitata a richiamare alcuni precedenti in cui si era espressa a favore di uno spazio di maggiore conoscenza della religione maggioritaria nei programmi scolastici; ma, alcuni giuristi hanno rilevato che, mentre l’insegnamento obiettivo del fenomeno religioso è idoneo a trasmettere l’eredità culturale dello Stato ( e così non può avere un’influenza sulle coscienze degli alunni), “la presenza del crocifisso non insegna nulla di
più di ciò che già sappiamo (o che dovremmo sapere), in quanto cittadini dello Stato, per cui non è simbolo idoneo a trasmettere le tradizioni e i valori su cui si fonda la Repubblica: in definitiva, non può negarsi uno scopo di indottrinamento del crocifisso, poiché si sta discutendo di simboli e non di didattica”187.
Un altro argomento di critica riguarda una seconda connotazione della passitività del crocifisso: secondo la Corte, esso, non solo non sarebbe idoneo a esplicare una forma di inodottrinamento, ma sarebbe anche insuscettibile di ledere un diritto. Quest’ultima affermazione stride con la competenza esclusiva attribuita ai giudici amministrativi nel nostro ordinamento: questi “non hanno mai declinato la propria
competenza in materia, considerando la situazione giuridica come interesse legittimo; essi hanno riconosciuto nella presenza del crocifisso, prevista da una disposizione normativa ed attuata in un atto amministrativo (delle autorità scolastiche), la capacità di provocare una eventuale lesione di una posizione giuridica
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Cfr., M. BIGNAMI, Il crocifisso nelle aule scolastiche dopo Strasburgo: una questione ancora aperta, in www.aic.it, 2011, pag.7.
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per cui esso non può essere ricondotto a un mero simbolo passivo”188.