Stato come più vicino a una confessione religiosa che a un’altra, e soprattutto non le persone che sono più
4. Risvolti della sentenza Lautsi c Italia
La Grande Chambre non ha percorso un giudizio di legittimità della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche con riguardo alla neutralità dei luoghi pubblici e al più generale principio di laicità: essa ha riconosciuto la discrezionalità dello Stato nella scelta di affissione del crocifisso nelle aule scolastiche ed in quella del significato da attribuire a tale segno, mentre si è occupata di verificare, nel caso di specie, se la presenza del crocifisso si fosse tradotto in una forma di indottrinamento e, di conseguenza, in una eventuale lesione dell’art. 2 del Protocollo n° 1 e dell’art. 9 CEDU. L’oggetto dell’esame ha riguardato la maggiore visibilità attribuita a simboli di una religione rispetto ad altre e la tutela dell’identità storico-culturale di ogni Paese tra cui rientrano, senza dubbio, anche le tradizioni religiose: la Corte ha sì riconosciuto che “rendendo obbligatoria l’affissione dei crocifissi la normativa
italiana ha attribuito una visibilità particolare alla religione maggioritaria del paese e che pertanto la presenza di tale simbolo possa essere avvertita dai ricorrenti come una mancanza di rispetto dei propri convincimenti; tuttavia tale percezione soggettiva non è sufficiente per dimostrare una reale lesione dei loro diritti, perché la maggiore visibilità accordata alla religione cattolica non è sufficiente, da sola, a denotare un
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processo di indottrinamento”192. Le conclusioni della Corte affermano che il metro di giudizio per una eventuale lesione degli articoli in questione è la “concreta capacità offensiva del
simbolo o del comportamento religioso”, non più la neutralità
intesa come rimozione del fattore religoso dallo spazio pubblico per la realizzazione del più generale principio di laicità.
I giudici di Strasburgo hanno abbandonato la pretesa di affermare un’ unica possibile forma di laicità “alla francese”, riaffermando il criterio del margine di apprezzamento a favore degli Stati; tuttavia, la Corte ha condiviso, nella sentenza di appello, una laicità positiva, già affermata in alcuni ordinamenti tra cui l’Italia, per cui il dovere di imparzialità e di neutralità ha la finalità di garantire l’esercizio delle diverse religioni e credenze: da ciò emerge il ruolo attivo dello Stato nel salvaguardare la libertà religiosa, in regime di pluralismo confessionale e culturale193.
Riguardo agli effetti della sentenza nell’ordinamento italiano, non è la pronuncia della Grande Chambre a permettere all'Italia di mantenere i crocifissi appesi nelle aule scolastiche, così come la sentenza di 1° della Seconda Sezione della Corte EDU non aveva imposto all'Italia di rimuovere il simbolo dagli istituti scolastici: questo perché le norme della CEDU prescrivono che la Corte europea debba effettuare la sua valutazione non con riguardo alla normativa nazionale sotto il profilo della sua compatibilità con la Convenzione, ma con riguardo al solo caso oggetto del suo esame. Le sentenze della Corte concludono per
192 Cfr., L. P. VANONI, Il crocifisso e la neutralità: brevi considerazioni a margine della sentenza Lautsi and Others v. Italy, in www.forumcostituzionale.it,2011, pag. 1. 193
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la lesione o meno di una norma convenzionale nel caso concreto ed esplicano i loro effetti limitatamente alle parti del giudizio. Nonostante il nuovo art. 117, 1° comma Cost. dispone che “la
potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”,
per i giudici interni le decisioni EDU non sono direttamente vincolanti194.
La Corte costituzionale ha chiarito che le norme convenzionali “integrano il parametro costituzionale, ma rimangono pur
sempre ad un livello sub-costituzionale”195, per cui è necessario che esse siano conformi a Costituzione; detto ciò, “la sua
giurisprudenza resta circoscritta alla interpretazione della Convenzione, quale disciplina astratta vigente nell'ordinamento interno, attraverso l'utilizzazione delle norme convenzionali come strumenti integrativi dei parametri costituzionali, adatti ad interpretare la legislazione ordinaria da parte del giudice nazionale”196
.
In conclusione, la sentenza Lautsi c. Italia II non ha risolto la questione della legittimità costituzionale della esposizione del crocifisso con riguardo al principio di laicità, ma si è limitata a
194 Corte Cass., sent. 8 agosto 2002, n° 11987, in Riv.Dir. Int., n. 4, 2002, pag. 1104 ss.: “ancorché debba riconoscersi alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo valore di precedente, di cui non si può non tenere conto, ciò però che deve escludersi è l’asserito vincolo diretto che dalla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo deriverebbe per il giudice italiano. Diversamente dalle sentenze della Corte di giustizia europea di Lussemburgo, (...), per le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo non sussistono, nel quadro delle fonti, analoghi meccanismi normativi che ne prevedano la diretta vincolatività per il giudice italiano”.
195 Sentenze n° 348 e 349 del 2007.
196 Cfr., A. LEONI, L'“Affaire Lautsi c. Italie”: la vicenda giudiziaria dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, in www.statoechiese.it,2011, pagg. 3-4.
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constatare l’eventuale violazione dell’art. 2 del Protocollo e dell’art. 9 CEDU nel caso della scuola di Abano Terme. In questa prospettiva, il dibattito sulla presenza dei simboli religiosi e della neutralità dei luoghi pubblici nel contesto dei principi costituzionali rimane aperto, in attesa di un intervento legislativo; per alcuni in dottrina “sarebbe un’occasione
sprecata quella di non approfittare dell’esito europeo per puntualizzare la questione attraverso un serio dibattito parlamentare che dia alla luce una normativa che sostituisca i due decreti regi197 di epoca fascista; non solo, l’intervento sarebbe addirittura urgente in considerazione del fatto che la decisione della Grande Chambre lascia perplessi riguardo al valore passivo del crocifisso ed alla sua appartenenza al patrimonio storico e culturale italiano”198. In base a tale premessa, sostenere la connotazione passiva del simbolo religioso in questione parrebbe essere irrispettoso nei confronti degli stessi cattolici poiché ne verrebbe svilito il suo originario significato; non solo, ma sembrerebbe non del tutto pacifico che il crocifisso appartenga alla tradizione identitaria italiana: infatti, “tra le diverse correnti storiografiche, una in particolare pone
l’accento sul fatto che l’unificazione italiana sia stata fatta proprio in nome di una netta separazione tra Stato e Chiesa e che il crocifisso sia stato reintrodotto obbligatoriamente durante l’epoca fascista con la cosiddetta fase di riconfessionalizzazione dell’ordinamento” 199. In più, l’intervento del legislatore è auspicabile da alcuni autori (tra i quali J.H.H. Weiler) che, pur
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R.D. n° 965/1924 e R.D. n° 1297/1928.
198 Cfr., P. TANZARELLA, La decisione Lautsi c. Italia: due pesi due misure, in M. CARTABIA (a cura di), 10 casi sui diritti in Europa, Il Mulino, Bologna, 2011, pag. 93.
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ammettendo che il simbolo religioso può, in alcuni contesti come la scuola, richiamare la storia e la cultura di un Paese, evidenziano tuttavia come “non costituisce una buona soluzione
la tesi, per così dire, della “de-quotazione” (o “ri-quotazione”) del valore del simbolo, da religioso tout court a culturale: non solo si tratta di un risultato di carattere del tutto elusivo del problema più generale; si tratta, anche, di un risultato del tutto confliggente con la tutela di quella libertà religiosa (positiva o attiva) che le costituzioni continentali vogliono proteggere e che molte persone intendono parimenti esercitare anche nel “diritto” di avere il “proprio” simbolo”200.
200 Cfr., J.H.H. WEILER, Il crocefisso a Strasburgo: una decisione «imbarazzante, in Quaderni costituzionali (n.1/2010), pag. 150.
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