sedi pubbliche”
3. Esposizione del crocifisso nelle scuole pubbliche
3.3 Il caso Lautsi di fronte al giudice amministrativo ed alla Corte costituzionale
3.3.1 Ordinanza n° 56/2004 del Tar Veneto
Il caso prende avvio dal ricorso n° 2007/02, promosso dalla Sig.ra Soile Lautsi per la rimozione dei crocifissi all’interno della scuola “Vittorino da Feltre” di Abano Terme frequentata dai figli, contro la deliberazione del consiglio
110 La giurisdizione in materia è esclusivamente attribuita al giudice amministrativo; la Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 luglio 2006, n° 15614, pubblicata in Foro it., 2006, I, pag. 2714 ss., ha stabilito la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulla motivazione per cui la richiesta di rimozione del crocifisso investe in via immediata il potere dell’amministrazione in ordine all‟organizzazione e alle modalità di prestazione del servizio scolastico.
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d’istituto la quale, invece, proponeva di lasciare esposti tali simboli; la ricorrente, insieme al marito, aveva chiesto alle autorità scolastiche di rimuovere il simbolo religioso perché contrario ai propri principi religiosi111.
La ricorrente, di origini finlandesi e di convinzioni agnostiche, lamentava una violazione, da parte del crocifisso e dei regolamenti che ne prevedono l’affissione, dell’imparzialità e della laicità dello Stato, quali principi supremi dell’ordinamento costituzionale, aventi priorità assoluta e carattere fondante, desumibile sia dall’art. 3 della Costituzione, che garantisce l’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini senza distinzione di razza, sesso e religione, sia dal successivo art. 19, il quale riconosce la piena libertà di professare la propria fede religiosa, includendovi anche la professione di ateismo o di agnosticismo (libertà religiosa negativa); la libertà religiosa è confermata anche dall’art. 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, resa esecutiva in Italia con l. 4 agosto 1955, n° 848, che riconosce la libertà di manifestare “la propria religione
o il proprio credo”. Inoltre, nella questione, rileverebbe anche
un altro diritto costituzionalmente rilevante, ossia il diritto dei
genitori di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni religiose e filosofiche, sancito dall’art. 2 del Protocollo
addizionale n° 1 della CEDU: tuttavia, la ricorrente, nel ricorso di fronte ai giudici nazionali, non ha fatto alcun riferimento ad una eventuale lesione di tale diritto112.
Il rammentato principio di laicità, per la ricorrente, avrebbe
111 Il consiglio d’istituto ha respinto la richiesta per 10 voti a favore del crocifisso contro i due a discapito del simbolo.
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La sig.ra Lautsi ha inserito tra le motivazioni la lesione di tale articolo nel successivo ricorso, n° 30814/06, presso la Corte di Strasburgo.
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precluso l’esposizione dei crocifissi e di altri simboli religiosi nelle aule scolastiche, disposta in violazione della “parità che
deve essere garantita a tutte le religioni e a tutte le credenze, anche a-religiose; l’impugnata deliberazione del consiglio della scuola “Vittorino da Feltre” costituirebbe aperta e palese violazione dei suesposti principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico”113.
Inoltre, la Sig.ra Lautsi sosteneva che la stessa deliberazione sarebbe illegittima anche per eccesso di potere sotto il profilo della sua contraddittorietà logica; si desume invero dal verbale della seduta, in cui il provvedimento fu assunto, che uno dei membri del consiglio di istituto aveva espresso l’auspicio per cui “tale problema possa incentivare una maggiore educazione
all’integrazione religiosa e al rispetto della libertà di idee e di pensiero per tutti”; ma, secondo la ricorrente, non si potrebbe
affermare ciò e nel contempo negarlo, “dicendo che nella scuola
debbono essere presenti i simboli religiosi appartenenti peraltro ad una sola determinata confessione religiosa”114.
Viceversa, l’Amministrazione dell’Istruzione, nel
costituirsi in giudizio, rilevava una prima eccezione di nullità del ricorso poiché esso era stato sottoscritto da un solo genitore, mentre l’art. 320 prescrive che la rappresentanza legale dei figli spetta congiuntamente ad entrambi che l’esposizione del crocifisso; questa prima eccezione è, tuttavia, infondata visto che tra gli atti di ordinaria amministrazione, i quali possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore, rientra l’esercizio di azione per la tutela di situazioni sostanziali che
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La citazione è tratta dal paragrafo 1.1 dell’ordinanza. 114
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non abbiano direttamente o indirettamente contenuto
patrimoniale, ovvero comunque una potenzialità lesiva per la sfera giuridica patrimoniale del minore.
Tra le ulteriori difese del Ministero dell’Istruzione, emerge che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è espressamente prescritta da due disposizioni, l’art. 118 del R.D. 30 aprile 1924, n° 965, recante disposizioni sull’ordinamento interno degli istituti di istruzione media, e dall’art. 119 del R.D. 26 aprile 1928 n. 1297 (e, in particolare, nella Tabella C allo stesso allegata), riferito agli istituti di istruzione elementare. Tali norme, sebbene risalenti a tempi lontani, sarebbero tuttora in vigore, come confermato dal parere 27 aprile 1988 n° 63, reso dalla II Sezione del Consiglio di Stato: e, sebbene l’art. 118 e 119 non siano espressamente richiamate nell’atto impugnato, fonderebbero la legittimità della presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, e dovrebbero dunque condurre alla reiezione del ricorso proposto.
Il collegio, con l’ordinanza n° 56/2004115
, ha riconosciuto che “le disposizioni richiamate dall’Amministrazione resistente
costituiscono, per tali, pertinente ed adeguato fondamento giuridico positivo del provvedimento gravato, seppure limitatamente ad un particolare simbolo religioso, il crocifisso, che è, peraltro, l’unico cui il ricorso si riferisce esplicitamente e, con ragionevole certezza, quello cui si vuole riferire il provvedimento impugnato”; le previsioni dell’ art. 118 del R.D.
n° 965/1924 e dall’art. 119 del R.D. 26 aprile 1928 n. 1297 non appaiono contrastare con i Patti Lateranensi del ’29 e con
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l’Accordo di revisione del 1984, reso esecutivo dalla legge n°121/1985, in quanto essi non disciplinano la materia dell’affissione del crocifisso116
.
Inoltre, le norme regolamentari risultano vigenti anche alle stregua del d.lgs. n° 297/1994, il cui art. 676117 stabilisce che “le
norme non inserite restano ferme ad eccezione delle disposizioni contrarie od incompatibili con il testo unico stesso, che sono abrogate”; non solo, gli artt. 118 e 119 rappresentano
specificazione degli artt. 159 e 190 del T.U. del 1994, in quanto quest’ultimi dispongono che spetta ai Comuni provvedere alle spese necessarie per l’acquisto del materiale didattico e degli arredi scolastici. Perciò il Tar ha rilevato che gli artt. 118 e 119 concorrono alla specificazione del contenuto della locuzione “arredi” citata dagli artt.159 e 190: così le disposizioni 159 e 190 includono tra gli arredamenti il crocifisso.
Riconosciuta la vigenza delle disposizioni regolamentari in quanto non contrastanti con le fonti successive, esse
fonderebbero la legittimità dell’atto impugnato e
dell’esposizione del crocifisso; tuttavia, a detta della Corte, sorge un ulteriore problema, ossia quello della legittimità costituzionale dei regolamenti in questione.
Il Tar ha dubitato sulla compatibilità con il principio di laicità delle norme dell’ordinamento generale le quali prescrivono, come detto, l’esposizione di un simbolo venerato dal cristianesimo nelle aule scolastiche, (così come lo sarebbe ogni
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Non può operare l’abrogazione ex art. 15 delle Preleggi visto il silenzio degli atti pattizi in materia di esposizione del crocifisso.
117 Esso costituirebbe una norma primaria alla cui stregua è conservata la vigenza dei regolamenti degli anni ’20 e,di conseguenza , dell’obbligo di esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
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altra disposizione che stabilisse la presenza di simboli di altre fedi): ciò, per il giudice, non pare pienamente conciliabile con la posizione di equidistanza ed imparzialità tra le diverse confessioni che lo Stato deve comunque mantenere, tanto più che la previsione si riferisce agli spazi destinati all’istruzione pubblica, cui tutti possono e devono accedere per ricevere l’istruzione obbligatoria (art. 34 Cost.), e che lo Stato assume tra
i suoi compiti fondamentali, garantendo la libertà
d’insegnamento (art. 33 Cost.).
A detta del TAR, “diversamente da quanto avviene per
l’insegnamento della religione, che liberamente gli studenti ed i loro genitori possono o meno accogliere, la presenza del crocifisso viene obbligatoriamente imposta agli studenti, a coloro che esercitano la potestà sui medesimi e, inoltre, agli stessi insegnanti: e la norma che prescrive tale obbligo sembra così delineare una disciplina di favore per la religione cristiana, rispetto alle altre confessioni, attribuendole una posizione di privilegio che, secondo i rammentati principi costituzionali, non può trovare giustificazione neppure nella sua indubbia maggiore diffusione, ciò che può semmai giustificare nelle singole scuole, secondo specifiche valutazioni, il rispetto di tradizioni religiose – come quelle legate al Natale o alla Pasqua – ma non la generalizzata presenza del crocifisso”118
.
Il Tribunale amministrativo ha concluso che la questione non appare manifestamente infondata; con la ordinanza n° 56/2004 ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con il principio di laicità dello Stato, quale risultante dagli artt. 2,
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3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, degli artt. 159 e 190119 del d. lgs. 16 aprile 1994, n° 297, come specificati rispettivamente dall’art. 119 del R.D. 26 aprile 1928, n° 1297 (Tabella C) e dall’art. 118 del R.D. 30 aprile 1924, n° 965, nella parte in cui includono il crocifisso tra gli arredi delle aule scolastiche, e dell’art. 676 del d. lgs. 16 aprile 1994, n° 297, nella parte in cui conferma la vigenza delle disposizioni di cui all’art. 119 del RD. 26 aprile 1928, n° 1297 (Tabella C) ed all’art. 118 del r.d. 30 aprile 1924, n° 965120.