1. Esposizione del crocifisso nelle sedi pubbliche: il caso
Lautsi c. Italia
Anche nell’esperienza CEDU, si è avuto modo di affrontare la questione della affissione di un simbolo religioso nelle sedi pubbliche; in particolare, un caso che coinvolge direttamente l’ordinamento italiano, e portata all’attenzione degli organi di Strasburgo, riguarda la vicenda Lautsi151.
Dopo aver esperito senza successo i mezzi giurisdizionali interni152, la Sig.ra Lautsi ha adito, con ricorso n° 30814/06, la
Corte EDU ai sensi dell’art. 34 153 CEDU, invocando
principalmente una lesione dell’art. 9 della Convenzione, il quale tutela la libertà di pensiero, di coscienza e di religione154, e
151 Si rinvia al secondo capitolo per l’analisi delle fasi giurisprudenziali di fronte al giudice interno.
152 Art. 35 CEDU: “La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva”.
153 “La Corte può essere investita di un ricorso da parte di una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un gruppo di privati che sostenga d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnano a non ostacolare con alcuna misura l’esercizio effettivo di tale diritto”. 154 “Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione;
tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di
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dell’art. 2 del Protocollo addizionale n°1155
, il quale sancisce che “il diritto all'istruzione non può essere rifiutato a nessuno” e che “lo Stato, nell'esercizio delle funzioni che assume nel
campo dell'educazione e dell'insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”.
Nonostante molti commentatori hanno visto nel caso Lautsi una decisione sulla libertà religiosa e sul principio di laicità, in realtà questi rilevano solo indirettamente in quanto una lettura più attenta della sentenza porta ad affermare che la Corte abbia in primis valutato la tutela del diritto all’istruzione sancito dall’art. 2 del Protocollo n° 1: “la libertà religiosa e il
principio di laicità integrano il parametro dell’art. 2 cosicchè la libertà di educazione trova concreta tutela nella misura in cui è rispettata pienamente la libertà religiosa dei singoli; se non è rispettata la libertà religiosa non può essere rispettato il diritto di educazione”156.
Come ha ricordato la Grande Chambre nella sentenza del 18 marzo 2011, che ha concluso definitivamente la controversia in questione, “in materia di educazione e insegnamento, l’art. 2 del
Protocollo n° 1 è in linea di principio lex specialis rispetto all’art. 9 della CEDU quando, come nel caso di specie, è in gioco l’obbligo per gli Stati contraenti- posto dalla seconda
manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l’insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti”.
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Firmato a Parigi il 20 marzo 1952 e reso esecutivo in Italia con legge n° 848/1955.
156 Cfr., P. TANZARELLA, La decisione Lautsi c. Italia: due pesi due misure, in M. CARTABIA (a cura di), 10 casi sui diritti in Europa, Il Mulino, Bologna, 2011, pag. 84.
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frase dell’art. 2- di rispettare, nell’ambito dell’esercizio delle loro funzioni in questo campo, il diritto dei genitori di assicurare questo insegnamento conformemente alle loro convinzioni religiose e filosofiche”157
. Detto ciò, la Corte ha
esaminato i motivi del ricorso principalmante in relazione al secondo periodo dell’art. 2 del Protocollo, tenendo conto, tuttavia, dell’art. 9 CEDU il quale, oltre a garantire la libertà di religione, pone a carico degli Stati contraenti un dovere di neutralità ed imparzialità, di modo da garantire l’esercizio dei diversi culti e da contribuire ad assicurare la pace religiosa e la tolleranza in una società democratica.
La controversia è stata sottoposta alla Seconda Sezione della Corte, la quale ha emesso una prima sentenza, pubblicata il 3 novembre 2009, riconoscendo la lesione dei suddetti articoli; il governo italiano ha poi intrapreso ricorso in appello presso la Grande Chambre, la quale, con sentenza definitiva del 18 marzo 2011, ha ribaltato la sentenza di primo grado affermando il ruolo “passivo” del crocifisso. Di seguito sono analizzate le sopradette decisioni.
1.1 Art. 2 del Protocollo addizionale n°1 alla CEDU
La ricorrente Lautsi, oltre ad invocare la lesione dell’art.
9158 CEDU, ha ravvisato una violazione dell’art. 2 del Protocollo
n° 1, il quale sancisce il diritto dei genitori ad una educazione dei figli secondo le proprie convinzioni filosofiche e religiose159.
157 La citazione è tratta del paragrafo 59 della sentenza del 18 marzo 2011. 158 Si rinvia al capitolo primo per un esame dettagliato del suddetto articolo. 159
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo sancisce tale diritto all’art. 26, il quale dichiara il diritto prioritario dei genitori nella scelta del genere di
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Da tale articolo, discendono due libertà funzionali tra loro: da una parte, “il diritto dei genitori di completare l’educazione dei
figli secondo un progetto che sia coerente con la loro visione di vita e ciò nel rispetto della libertà del figlio, dall’altra il diritto ad istituire scuole ed istituti di formazione che possano soddisfare tale diritto della famiglia”160
. Da un punto di vista
sostanziale, il diritto dei genitori è prioritario rispetto a quello di istituire scuole; tuttavia, quest’ultimo è funzionale al diritto dei genitori, in quanto, senza la creazione di alternative all’educazione pubblica statale, il primo non potrebbe essere soddisfatto. In questo modo, la famiglia può avere un ruolo di partecipazione nella scuola poiché, ove ci sono regole condivise tra famiglia e scuola, ci può essere reciproca fiducia.
Ciò richiede una integrazione fra famiglia e scuola, possibile grazie all’intervento statale, che vada a vantaggio degli alunni quali destinatari ultimi del progetto formativo.
Riguardo alla eventuale lesione di quest’ultimo articolo, in precedenza erano già state sollevate alcune controversie di fronte agli organi di Strasburgo: nella sentenza Kjeldsen, Busk
Madsen and Petersen c. Danimarca161 si legge che “ l’art. 2 del
Protocollo n°1 non impedisce agli Stati di impartire, con l’insegnamento o con l’istruzione, informazioni di tipo religioso o filosofico…sembra difficile per molte materie insegnate non avere implicazioni filosofiche o religiose; tuttavia gli Stati, nell’adempimento delle funzioni assunte, devono fare in modo educazione da impartire ai propri figli.
160 Cfr., A. BETTETINI, Il diritto dei genitori di assicurare ai figli un’educazione conforme anche alle proprie convinzioni religiose, in P. GIANNITI (a cura di), La CEDU e il ruolo delle Corti, Zanichelli, Bologna, 2015, pag. 1055.
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che le informazioni e le conoscenze siano impartite in modo oggettivo, critico e pluralistico, e non devono perseguire un obiettivo di indottrinamento che possa essere non conforme alle convinzioni dei genitori”.
Inoltre, la Corte si è soffermata anche sul concetto di “convinzioni” dei genitori: con la sentenza Campbell and
Cosans c. Regno Unito162, è stato chiarito che tali convinzioni,
per ricevere la tutela dell’ art. 2 del Protocollo in questione, devono essere caratterizzate da “cogency, seriousness, cohesion
and importance” e devono consistere non in semplici idee ma in beliefs.
Di recente, la sentenza Folgero e altri c. Norvegia163, riguardo
ad alcuni genitori che avevano contestato la sostituzione del corso di insegnamento della religione luterana con un corso di cristianesimo, religione e filosofia a causa della impossibilità di ottenere l’esonero per i propri figli dall’intero insegnamento, ha statuito per la violazione dell’art. 2 non da parte dell’insegnamento in sé “ma dal meccanismo di esonero troppo
complicato che non avrebbe permesso l’attuazione del pluralismo scolastico”164
.
162 Corte EDU, decisione del 25 febbraio 1982. 163 Corte EDU, decisione del 29 giugno 2007. 164
Cfr., P. GIUGLIANO, Libertà e crocifisso: la fine di un equivoco, in www.federalismi.it,2012, pag. 7.
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2. Sentenza di 1° della Seconda Sezione della CEDU
Tornando al caso di specie, tra le ragioni sostenute dalla ricorrente, oltre al valore esclusivamente religioso del crocifisso, era ripresa la tesi della presunta illegittimità dei regolamenti n° 965/1924 e n° 1297/1928 (contrariamente a quanto sancito dalla sentenza n° 1110/2005 con cui il TAR Veneto aveva concluso per la perdurante vigenza delle suddette disposizioni regolamentari), che prevedono la obbligatoria165 affissione del crocifisso nelle aule scolastiche: tali regolamenti erano considerati dalla ricorrente un retaggio storico, poiché basati sulla concenzione confessionale dello Stato, oggi non più sostenibile alla luce del principio di laicità. Inoltre, la ricorrente ravvisava un privilegio a favore del Cattolicesimo attraverso l’esposizione del crocifisso, dando la sensazione agli allievi delle scuole pubbliche, e nel caso di specie ai figli della ricorrente, che lo Stato aderisca ad una determinata religione; alcontrario, nello Stato di diritto “