Dalla diaspora alla transnation: isotopie nostalgiche tra realismo, postmoderno e off-modern
2.3 La postcolonial nostalgia della vita domestica tra fratture affettive e transizione identitaria.
3.3.1 Il doppelgänger nell’onomastica bengalese: dalla racial melancholia alla
transnation.
Secondo la tradizione bengalese a ogni individuo sono conferiti due nomi: il daknam, una sorta di nomignolo, e il bhalonam, il nome ufficiale. L’onomastica bengalese distingue il mondo degli affetti familiari dal dominio pubblico. Se il daknam appartiene alla sfera privata, “a reminder that life is not always so serious”151, il bhalanom “tends to represent dignified and enlightened qualities”152. Ashima, ad esempio, vuol dire “she who is limitless, without borders”153, mentre Ashoke è il nome di un imperatore e significa “he who transcends grief”154, resilienza che l’uomo mostra nella vicenda dell’incidente in treno a cui sopravvive nonostante il lieve zoppicamento al piede destro. Sia Ashima che Ahoke sono però chiamati in famiglia con il loro daknam, rispettivamente Monu e Mithu, nomi che veicolano affetto e senso di familiarità.
150 C. TAYLOR, Sources to the Self: The Making of Modern Identity, Cambridge, Cambridge University Press, 1989, p.
525.
151 J. LAHIRI, The Namesake, cit., p. 26. 152 Ibidem.
153 Ibidem.
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Il rapporto dialettico tra daknam e bhalanom tormenta Gogol. La lettera contenente il suo
bhalanom non giunge mai a destinazione, rimanendo sospesa nel traffico aereo tra Calcutta e il
New England. Il bhalanom, infatti, era stato scelto dalla nonna di Ashima, la quale, nel rispetto della tradizione bengalese, aveva spedito una missiva contenente due nomi, per un bambino e per una da bambina a seconda dell’esito del parto. La lettera, tuttavia, non arriverà mai nel New England e il ritardo costringe i genitori del nascituro a optare per il daknam Gogol155, in attesa che la missiva con il bhalanom prescelto dall’anziana donna giunga negli Stati Uniti. Il nome ‘Gogol’ è un’eredità complicata non solo per il ricordo della vicenda dolorosa di Ashoke. Il daknam che Ashoke sceglie per suo figlio è anche il simbolo di una tradizione letteraria ereditata dal nonno paterno, ex docente di Letteratura Europea all’Università di Calcutta. In tal senso, il nome veicola un legame etnico di appartenenza con l’India che è problematico e si fonda sull’assenza, dato che il nome ‘vero’ è qualcosa di immaginario, disperso nel traffico postale tra oriente e occidente, che potrebbe giungere da un giorno all’altro. Quando Gogol ha quindici anni, ed è ancora ignaro dell’incidente di Ashoke, ha già visitato l’India quattro volte e, sfogliando l’elenco telefonico di Calcutta, è sconvolto dal fatto che il suo cognome riempia ben sei pagine mentre in America sia associato soltanto alla sua famiglia. A conferma del peso coloniale che condiziona l’identità di Gogol Ganguli, Ashoke spiega a suo figlio che “Ganguli is a legacy of the British, an anglicized way of pronouncing his real surname, Gangopadhyay”156.
Il vuoto identitario di Gogol nasce dal desiderio di appartenere agli Stati Uniti e dalla graduale comprensione che il suo nome, invece, si muove verso mete che non hanno alcun legame con il nuovo continente. L’equivalenza nome-identità è un processo complesso che non funziona nonostante la iniziale fedeltà da parte di Gogol al proprio nome. In questo senso, l’eroe di The Namesake sembra ben rappresentare le “aerial routes in past time and
155 La scelta di Ashoke non è chiaramente casuale, poiché evoca un ricordo importante sul piano personale. La
reazione del neonato al suono del suo nome, però, sembra presagire lo smarrimento identitario che egli conoscerà da adulto: “the baby turns his head with an expression of extreme consternation and yawns” (Ivi, p. 28).
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future time”157 della diaspora indiana, sospesa tra mondi e tempi che procedono in direzioni opposte. Inoltre, tanto il nome quanto il cognome di Gogol sembrano iscriversi nel perimetro della catacresi, che qui intendo come intervallo di mezzo, a metà strada tra errore e nuova opportunità. Come osserva Derrida, la catacresi ― sostantivo derivato dal greco katachràomai, ‘abusare’, composto di katà, ‘oltre’ e chrèstai ‘usare’ ― è un fenomeno linguistico che oscilla tra “l’iscrizione – violenta, forzata, abusiva – di un segno, l’imposizione di un segno a un senso che non aveva ancora un segno proprio nella lingua”158 e “l’estensione dirompente di un segno proprio ad un’idea, a un senso privo del loro significante”159. Mutuando il discorso di Derrida, Lecercle vede nella catacresi “a deliberate trope that crosses a frontier and a language at work”160. In quanto tale, il fenomeno catacretico trasforma l’errore in norma, mostrando che la relazione tra la lingua e il rimosso (remainder) è “driven to excess”161. In questa prospettiva, l’onomastica è una manifestazione del rapporto eccessivo tra lingua e remainder che sembra coincidere con quello che Lecercle chiama “a return to the origins”162. Lahiri, pertanto, gioca con le potenzialità della lingua, caricandola di remainders che riportano alle origini, come si evince dalla parziale omofonia del cognome Ganguli. Pur essendo una storpiatura anglicizzata di un nome indiano, Ganguli contiene nella radice il fiume sacro Ganga e il toponimo Bengala (o Bangla), oltre che alludere allo stesso Gogol. Il nome e il cognome, infatti, sono vicini a livello fonetico e, nonostante il riferimento allo scrittore ucraino, contengono chiare tracce residuali di contatto con la madrepatria.
Nel 1973, quando Gogol fa il suo ingresso nel mondo pubblico, iniziando la prima elementare, si oppone al tentativo dei genitori di adottare il bhalanom Nikhil. Stanco dell’attesa di una lettera “hovering somewhere between India and America”163, Ashoke opta per il nome Nikhil poiché “not only is it a perfectly respectable Bengali good name, meaning ‘he who is
157 S. MA, Diaspora Literature and Visual Culture: Asia in Flight, cit., p. 3.
158 J. DERRIDA, ‘La mitologia bianca. La metafora nel testo della metafisica’, in ID., Margini della filosofia,
(traduzione di M. Iofrida), Torino, Einaudi, 1997, [1972], p. 330.
159 Ibidem.
160 J. J. LECERCLE, The Violence of Language, cit., p. 60. 161 Ibidem.
162 Ivi, p. 61.
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entire, encompassing all’ but it also bears a satisfying resemblance to Nikolai, the first name of the Russian Gogol”164. Gogol, al contrario, non vuole adottare il nome di qualcuno con cui non si riconosce, rifiuta la tradizione bengalese del doppio nome, e costringe il padre a riempire il modulo di iscrizione con il nome Gogol.
Alla nascita della secondogenita Sonia, nel 1974, Ashoke e Ashima ricorrono alla scelta radicale di privarsi del daknam, in virtù delle varie peripezie esperite con Gogol. La bambina viene chiamata Sonali, “she who is golden”165, e daknam e bhalanom coincidono dato che a casa viene chiamata in vari modi: Sonu, Sona e infine Sonia, nome che “makes her citizen of the world. It’s a Russian link to her brother, it’s European, South American. Eventually it will be the name of the Indian prime minister’s Italian wife”166. La differenza tra Gogol e Sonia è emblematicamente veicolata dal diverso modo in cui i due neonati affrontano il rito indù dell’annaprasan. La cerimonia, che celebra l’iniziazione dei bambini al consumo di cibo solido, è un rito di passaggio in cui uno zio materno fa da mediatore. Il delicato compito, che nell’annaprasan di Gogol è affidato a un amico indiano dei Ganguli, è quello di nutrire il bambino con del riso, il simbolo bengalese della vita. Tuttavia, quella del riso è solo una parte del rito. Il finale, infatti, prevede un piatto con oggetti simbolici che hanno la funzione di predire il futuro del neonato. Il piatto che il neonato Gogol si ritrova davanti contiene una zolla del suolo di Cambridge, una biro e una banconota da dieci dollari. I tre oggetti simboleggiano tre possibili percorsi futuri: quelli di proprietario terriero, studioso, oppure uomo d’affari. Nonostante molti dei presenti esortino il bambino a prendere i soldi, suo padre vorrebbe che Gogol si avventasse sulla penna. Il neonato, invece, “frowns, and his lower lip trembles. Only then, forced at six months to confront his destiny, does he begin to cry”167. Le lacrime di Gogol sono l’immagine di una condizione ambigua e di difficile collocazione e
164 Ibidem. 165 Ivi, p. 60.
166 Ibidem. Il riferimento è a Sonia Gandhi, nata Edvige Antonia Albina Maino, che sposò Rajiv Gandhi, figlio di
Indira, nel 1968. Rajiv fu primo ministro tra il 1984, succedendo a sua madre che fu assassinata in quello stesso anno, e il 1999, quando lo stesso Rajiv fu trucidato dalle Tigri Tamil, un’organizzazione che lottava per l’indipendenza dei Tamil nello Sri Lanka.
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Lahiri mette in evidenza lo scarto tra Gogol e Sonia proprio dal diverso modo in cui la bambina affronta il rito dell’annaprasan:
Unlike her compliant older brother, Sonia, seven months old, refuses all the food. She plays with the dirt they’ve dug up from the yard and threatens to put the dollar bill into her mouth. “This one,” one of the guests remarks, “this one is the true American.”168
Il capitolo 5 si apre con un importante cambiamento nella vita del protagonista di The
Namesake. All’età di diciotto anni, nel 1986, Gogol decide di ritagliarsi una nuova identità,
cambiando nome e scegliendo Nikhil. La rinascita è legata a due motivi principali. Da un lato, l’incapacità di comprendere le ragioni per cui i suoi genitori avessero scelto quel nome e il conseguente estraniamento che il nome implica. Una delle immagini più significative dello spaesamento di Gogol è la visita al cimitero protestante nel capitolo 3. Nel 1979, all’età di undici anni, Gogol si reca con la sua classe presso un cimitero dove agli studenti viene richiesto di sfregare le lapidi alla ricerca di defunti con il loro stesso nome. Gogol è consapevole che non troverà nessuno con un nome simile al proprio e che la religione indù non prevede la sepoltura sottoterra. Il bambino, tuttavia, si imbatte i nomi altrettanto insoliti: Abijah, Peregrine, Ezekiel, Uriah. Sono i nomi degli “ancient Puritan spirits”169, di immigrati che come Gogol si erano stanziati nel New England, a partire dal XVII secolo. Questi “very first immigrants of America, these bearers of unthinkable, obsolete names”170 sembrano risvegliare Gogol, inducendolo a riflettere sulla sua mancanza di radici in America. La necessità di un nome che sia sentito come proprio diventa chiara quando Gogol, all’età di quattordici anni, prima riceve in dono da suo padre il volume The Short Stories of Nicolaj Gogol e, successivamente il suo insegnante, Mr. Lawson, impartisce una lezione sullo scrittore ucraino, descritto come “a hypochondriac and a deeply paranoid, frustrated man, […] morbidly
168 Ivi, p. 63. Rispetto a Gogol, Sonia vive meglio il processo di assimilazione. Benché sia un personaggio
secondario, Sonia vive con maggiore fluidità la sua condizione di immigrata: prima trova impiego presso un’agenzia ambientalista e infine conosce Ben, editor del Globe, metà ebreo e metà cinese. La relativa facilità con cui la sorella di Gogol riesce ad assimilarsi nella cultura e nello stile di vita americano sono sintomatici di un percorso meno doloroso, perché privo di quel sentimento nostalgico che invece anima Gogol.
169 Ivi, cit., p. 71. 170 Ibidem.
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melancholic”, che né si sposò né ebbe figli. Il racconto della vita di Nikolaj Gogol’ suscita nell’eroe di Lahiri il desiderio di liberarsi dal peso di questa eredità, inducendolo a decidere di cambiare nome. Come in una palingenesi, Gogol, che a scuola apprende che gli immigrati europei venivano ribattezzati con un nuovo nome una volta giunti a Ellis Island, decide di optare per un nome meno invasivo. Inconsapevolmente, il giovane indo-americano compie un’operazione simile a quella dello scrittore Nikolaj Gogol’, il quale aveva semplificato il suo cognome, all’età di ventidue anni, da Gogol-Yanovsky a Gogol.
Il desiderio di svincolarsi dalle tradizioni bengalesi e affermare una identità propria si instaura sull’ambiguità postcoloniale. Secondo Homi Bhabha, la costruzione identitaria non è mai un processo monolitico. Essa, al contrario, si configura come “a demand that reaches outward to an external object”171, un processo di costante relazione con l’esterno. Gogol, che avverte nel suo nome la storia di qualcun’altro, lotta per liberarsi di questa eredità. Il suo tentativo si pone come atto riparatore: riconducendo il suo daknam nell’ambito degli affetti domestici, Gogol sfida la scelta che i suoi genitori avevano fatto, “correcting a mistake they’ve made”172, e si avvale di un diritto che la sua cittadinanza americana gli offre.
Secondo Bakirathi Mani, il nome Nikhil “functions as a catachresis, a useful (but ultimately false) analogy”173. Mani sostiene che, essendo privo di profondità storica, Nikhil è una analogia utile ma falsa, poiché l’eroe continua a esperire spaesamento anche dopo il cambio del nome: “at times, he feels as if he’s cast himself in a play, acting the part of twins, indistinguishable to the naked eye yet fundamentally different”174. Il vecchio nome è ancora presente, un’assenza che perseguita costantemente Gogol, come il fantasma del suo
doppelgänger. Sul piano fonetico, Akaky Akakiekivich presenta la stessa sovrapposizione tra
171 H. BHABHA, The Location of Culture, cit., p. 40. 172 J. LAHIRI, The Namesake, cit., p. 101.
173 M. BAKIRATHI, ‘Novel/Cinema/Photo: Intertextual Readings of The Namesake’, cit, p. 82. Il saggio, che
intreccia il romanzo di Lahiri con la pellicola di Mira Nair e con una mostra fotografica ispirata al film, riprende il concetto di catacresi teorizzato da Gayatri Spivak in A Critique of Postcolonial Reason. Secondo Spivak, la catacresi è “a space that the postcolonial does not want, but has no option, to inhabit”: G. SPIVAK, A Critique of Postcolonial
Reason: Towards a History of the Vanishing Present, Cambridge, Harvard University Press, 1999, p. 225. Intesa come
una figura retorica che designa situazioni nuove a livello linguistico, nel discorso postcoloniale la catacresi diviene la riappropriazione intenzionale di concetti e stili di vita occidentali.
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nome e cognome osservata in Gogol. Inoltre, Akakiekivich letteralmente significa ‘figlio di Akaky’, quasi a illustrare la presenza di una linea paterna infinita anche nell’alter-ego di Gogol e tale continuità sembra condurre all’anonimato, dato che in russo kak significa “uguale”. L’eroe di The Namesake, pertanto, è in relazione metonimica con il suo antenato russo, poiché entrambi condividono un senso di estraniamento che li rendi esterni rispetto ai contesti in cui vivono. Tuttavia, se Mani vede nel nuovo nome di Gogol una catacresi intesa come falsa analogia, perché modellata sull’accezione politica di Spivak, dal mio punto di vista la catacresi del nome Nikhil sembra più un atto volontario che, in linea con la definizione avanzata da Lecercle, nasconde delusione e nuove opportunità, “forgetting and invention”175.
Il nuovo nome, simbolicamente, apre la strada a novità professionali e personali: la laurea in architettura e le storie con Ruth e con Maxine. Tuttavia, è col nome Gogol che l’eroe viene immaginato dai genitori e il ruolo del doppio genera una scissione della personalità che, a mio avviso, può essere letta seconda la lente della racial melancholia, soprattutto dopo la rivelazione da parte di Ashoke della scelta del daknam Gogol176.
Come già accennato177, il concetto di racial melancholia è stato introdotto da Eng e Han per descrivere la “cleaving of the psyche”178 nei soggetti asiatico-americani che desiderano conformarsi ai modelli socio-culturali americani. Con la sua doppia personalità, Gogol/Nikhil è sia soggetto che oggetto di questo sentimento malinconico. Da un lato, egli è ossessionato da vari fantasmi (il suo doppio Nicolaj Gogol’, Akaky Akakievich, e l’incidente in treno di suo padre, che a sua volta rimanda alla passione per gli scrittori russi del nonno di Ashoke). In questa condizione, il nome Gogol identifica un soggetto malinconico associato a un senso di vuoto, che “is able to preserve it but only as a type of haunted, ghostly identification”179.
175 J. J. LECERCLE, The Violence of Language, cit., p. 60.
176 La rivelazione avviene al termine del capitolo 5. Gogol, che studia architettura a New York, è di ritorno a
Cambridge per il Thanksgiving Day. Il treno su cui viaggia arriva in ritardo a causa di un suicidio sui binari. Ashoke, che attende il figlio e non è a conoscenza della causa del ritardo, vive con ansia il rientro di Gogol, rievocando le immagini della sua tragedia in treno. Quando Ashoke confessa la ragione di quel nome, il giovane Gogol rimane spiazzato, percependo per la prima volta la vulnerabilità in uomo apparentemente forte come suo padre.
177 Cfr. capitolo 1, paragrafo 4.
178 D. L. ENG, S. HAN, ‘A Dialogue on Racial Melancholia’, cit., p. 675. 179 Ivi, p. 672.
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Nikhil, invece, è il nome dell’oggetto di quel sentimento malinconico che caratterizza gli Stati Uniti dopo l’Hart-Celler Act del 1965, “as a haunting specter to democratic ideals of inclusion that cannot quite ‘get over’ the histories of these legislated proscriptions of loss”180. Gogol/Nikhil è ormai consapevole della sua marginalità, di essere vittima di quell’ideale americano che vede come irraggiungibile e da cui si sente escluso. Durante un seminario su romanzi indiani in lingua inglese, l’eroe comprende che la sua condizione è speculare a quella dei protagonisti dei testi citati:
Teleologically speaking, ABCD are unable to answer the question “Where are you from?” the sociologist on the panel declares. Gogol has never heard the term ABCD. He eventually gathers that it stands for “American-born confused deshi.” In other words, him. He learns that the C could also stand for “conflicted.” He knows that deshi, a generic word for “countryman,” means “Indian,” knows that his parents and all their friends always refer to India simply as desh. But Gogol never thinks of India as desh. He thinks of it as Americans do, as India.181
L’estratto mostra la natura metanarrativa del romanzo, mettendo in evidenza la ricezione della letteratura indo-americana in ambito statunitense. L’incapacità di identificarsi con il soggetto ABCD è indicativa di una scissione della personalità e del rapporto “confuso” e “conflittuale” che Gogol/Nikhil ha con il suo vuoto etnico. Come tutti i personaggi di Lahiri, Gogol/Nikhil cerca la comprensione del sé fuori dal perimetro familiare di provenienza. Le sue esperienze sentimentali avvengono con ragazze americane e bianche, contro la volontà dei genitori che vorrebbero che il giovane frequentasse indiane. Sia Ruth, il cui nome ironicamente rimanda alla parola root, che Maxine, sono esempi di quella cultura WASP che il l’eroe rincorre. Nel percorso di raggiungimento di un’identità bianca, Gogol/Nikhil sembra essere rootless e ruthless al tempo stesso: non solo egli proviene dalla dimensione dell’anonimato e dell’omonimia senza radici fisse, ma sembra anche seguire un percorso arduo, che non offre alcuna forma di commiserazione verso quell’identità di cui è alla disperata ricerca.
180 Ivi, p. 674.
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L’imitazione che Gogol si sforza di compiere, come ci ricorda Bhabha, contempla già il possibile fallimento poiché “the discourse of mimicry is constructed around an ambivalence; in order to be effective, mimicry must continually produce its slippage, its excess, its difference”182. Estendendo le considerazioni di Bhabha alla condizione della model minority sud- asiatica in America, e ai tentativi di imitazione degli standard dei bianchi, emerge come l’imitazione sia un sintomo della racial melancholia in quanto
[…] mimicry distances Asian Americans from the mimetic ideals of the nation. Through the mobilization and exploitation of the model minority stereotype, mimicry for Asian Americans is always a partial success as well as a partial failure to assimilate into regimes of whiteness.183
In particolare, la scena del ventisettesimo compleanno, narrata nel capitolo 6, che Gogol trascorre con Maxine e i suoi genitori Gerald e Lydia, mette in risalto la bipolarità del personaggio. Gogol/Nikhil sembra aver realizzato il suo sogno: egli si sente parte della famiglia Ratliff che, rispetto ai Ganguli, offre possibilità materiali, spunti di conversazione e interessi culturali condivisi. Durante l’estate del 1995, Gogol celebra per la prima volta il compleanno lontano da Ashima e Ashoke, nella casa di villeggiatura dei Ratliff, nel paradiso naturale del New Hampshire. Qui, in uno stato di “willing exile from his life”184, Gogol/Nikhil