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Il tropo della transplantation in una ‘nuova terra’ tra rizoma e anamorfosi.

Malinconia o anti-malinconia? Motivi del gotico e della geocritica in Unaccustomed Earth

4.3 Il tropo della transplantation in una ‘nuova terra’ tra rizoma e anamorfosi.

Il racconto eponimo che dà il titolo all’intera raccolta narra la storia di Ruma, americana di origine indiana. Appena trasferitasi a Seattle, uno dei pochi casi in cui Lahiri colloca l’ambientazione sulla costa occidentale americana, da un lato, Ruma sta metabolizzando la perdita della figura materna, dall’altro, lotta per radicarsi nel contesto urbano in cui si è trasferita da New York con il figlio Akash e il marito americano Adam, a causa del lavoro di quest’ultimo. In ‘Unaccustomed Earth’, la vulnerabilità non condiziona solo i personaggi che sembrano paralizzati tra appartenenza e mancanza, essa suggerisce anche una poetica del ricordo che volge lo sguardo costantemente verso il passato. Nel racconto, come altrove in Lahiri, la morte di un genitore sembra alludere alla perdita della memoria “in a land where immigrants have been able to realize their dreams as Americans and their dreams as Indians but are unable to manage their nostalgia: the ache and longing (algos) to return home (nostos)”41. La malinconia in Ruma è veicolata dalle immagini di sofferenza che la caratterizzano, come la

40 S. MOGLEN, ‘On Mourning Social Injury’, Psychoanalysis, Culture & Society, N. 10, 2005, p. 162.

41 M. N. CHAKRABORTY, ‘Leaving No Remains: Death among the Bengalis in Jhumpa Lahiri’s Fiction’, cit., p.

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combattuta decisione di lasciare il lavoro part-time per dedicarsi al piccolo Akash e l’ansia con cui sta portando avanti la seconda gravidanza. Benché i figli siano immagini di vita e futuro, Ruma contamina la loro positività con il ricordo della madre morta, un dolore acuito dall’attesa della visita di suo padre nella nuova casa di Seattle.

Lo spaesamento di Ruma è reso attraverso il malinconico ricordo della casa in cui è cresciuta da piccola. Rispetto a Ruma, il padre si configura come un soggetto global-nomad. Ormai in pensione, l’indiano trascorre la vita in viaggio per il mondo. Proiettato verso il futuro, l’uomo mostra un deciso senso di frattura con il passato, dato che ha deciso di vendere la casa in cui ha trascorsa una vita con moglie e figli, una scelta che, invece, spalanca il vuoto in Ruma: “the news had been shocking, wiping out her mother’s presence just as the surgeon had”42. La vulnerabilità della donna è veicolata sul piano linguistico dal rapporto conflittuale con il bengalese. La lingua materna è una traccia del passato ed è in relazione metonimica con la mamma defunta e la madrepatria perduta. Confondendo loss e lack, come sostiene Žižek, Ruma condensa nell’incerta padronanza del bengalese il suo animo malinconico: “Bengali had never been a language in which she felt like an adult. Her own Bengali was slipping from her”43. La donna ricorda che da bambina sua madre si sforzava di insegnarle il bengalese, un’operazione che lei sta tentando con Akash. Il conseguente vuoto linguistico di Ruma sembra evocare le parole di Kristeva sul legame tra malinconia e lingua materna44. Secondo la linguista bulgara, il malinconico ricorre a forme di incorporazione e, nel tentativo di ritornare alle origini, la lingua materna diventa uno strumento di ancoraggio. Ruma, dalla cui prospettiva è filtrata la narrazione in terza persona, è sospesa tra lo spettro dell’India da un lato, impersonificato dalla figura materna, e dalla ‘terra inconsueta’45 americana dall’altro, in cui sta cercando di radicare se stessa e i suoi figli.

42 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 6. 43 Ivi, p. 12.

44 Cfr. capitolo 1, paragrafo 2, nota 40.

45 Unaccustomed Earth è stato tradotto in italiano con il titolo Una nuova terra: cfr. J. LAHIRI, Una nuova terra,

(traduzione di M. F. Oddera), Milano, Guanda, 2008. Unaccustomed, tuttavia, non equivale a ‘nuovo’. Secondo l’Oxford Dictionary of English, l’aggettivo designa qualcosa di “not usual, normal or familiar”.

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Non è un caso, infatti, che lo scontro tra questi due movimenti trovi una sua traduzione attraverso il motivo botanico, in linea con il titolo del racconto e dell’intera raccolta, che in Hawthorne è a sua volta centrale46. Essendo un giardiniere di talento e avvezzo a lavorare un “unfriendly soil”47, il papà di Ruma si offre di aiutare sua figlia, e suo nipote, ad affondare le radici nella terra ‘nuova’. L’uomo si prende cura del giardino della casa di Seattle, trasformandolo da un prato sterile a terreno con piante e fiori. Non solo l’indiano infonde vigore in un ambiente privo di vitalità, egli suscita anche un simile interesse in suo nipote Akash il quale, imitando il nonno, seppellisce sottoterra le costruzioni con cui sta giocando. Sul piano metaforico, l’uomo sta insegnando a suo nipote come gestire la vita e venire a patti con il senso di spaesamento. Il papà di Ruma, infatti, decide di piantare l’ortensia, il fiore preferito di sua moglie, una scelta che acuisce ulteriormente lo smarrimento di sua figlia. L’ortensia è simbolo di adattamento alle condizioni del suolo in cui viene piantata. Il colore dei suoi petali, infatti, varia dal rosa al viola a seconda dell’acidità del terreno. Il motivo botanico della transplantation, dunque, implica direzioni possibili e incerte, il cui esito non è sempre prevedibile. Come l’ortensia, Ruma vive il proprio senso di scissione, lasciando prevalere l’attaccamento malinconico verso il passato. Suo padre, al contrario, stanco di continui radicamenti, gode della libertà trasformativa che l’essere privo di vincoli, affettivi e territoriali, gli offre. L’uomo rifiuta la richiesta di Ruma di trasferirsi a Seattle, preferendo l’indipendenza e i continui viaggi per il mondo, soprattutto adesso che ha conosciuto Mrs. Bagchi, una vedova di origine indiana. Il suggerimento che l’indiano offre ad Akash, quello di scavare “[n]ot too deep”48, sembra alludere alle difficoltà che dall’innesto botanico, come dalla vita stessa, possono insorgere. L’innesto richiede cura e attenzione e senza questi accorgimenti il frutto rischia di marcire e morire. Allo stesso modo, l’invito dell’uomo a sua figlia di potare la pianta

46 Il paesaggio selvaggio in cui Hester Prynne e sua figlia Pearl si muovono in The Scarlet Letter è uno spazio

allegorico in cui l’eroina, erede della tradizione puritana, fugge dalle rigide regole della comunità locale. L’allegoria spaziale, in Hawthorne, come in Lahiri, si configura come luogo dell’altrove in cui il rapporto tra significato e significante si problematizza facendo emergere contenuti censurati, che Francesco Orlando ha chiamato “il ritorno del represso”: F. ORLANDO, Per una teoria freudiana della letteratura, Torino, Einaudi, 1992, p. 49.

47 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 16. 48 Ivi, p. 44.

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una volta fiorita, sembra insistere sulla necessità di liberarsi di quello che può ostacolare la crescita. L’uso del verbo prune back49 veicola il bisogno, da parte dell’uomo, di eliminare il superfluo, quello che non si desidera, la rimozione di desideri che Ruma al contrario tiene in vita e che l’ortensia fa simbolicamente riemergere. Il verbo, inoltre, contiene il sostantivo prune ‘prugna’, che assieme all’avverbio back sembra alludere al rischio di una nuova fruttificazione che, a livello simbolico, è una manifestazione di contenuti repressi, in linea con la teoria del

remainder di Lecercle. La manipolazione sintattica, che Lercercle identifica come pruning, è un

processo anamorfico di tipo linguistico che “includes the possibility of wild proliferation”50, eccesso che le scelte lessicali di Lahiri, come il motivo botanico dell’ortensia, manifestano.

Alla fine del racconto Ruma scopre in modo fortuito l’esistenza di Mrs. Bagchi e capisce le ragioni di suo padre. Osservando l’ortensia, “that was to bloom pink or blue depending on the soil”51, Ruma, tuttavia, sembra perplessa. Nonostante il fiore sia stata trapiantato in onore di sua madre, essa ha bisogno di cure e di un terreno amico in cui crescere, esigenza che la protagonista avverte anche per sé stessa. La pianta, inoltre, non è soltanto un motivo di adattamento per il colore dei suoi fiori. Le radici si sviluppano tramite un sistema rizomatico che si estende sotto il suolo alla ricerca di sostanze nutrienti. Il tropo botanico, quindi, è esemplificativo dell’identità rizomatica che, nelle parole di Édouard Glissant, è marcata da deterritorializzazione e riterritorializzazione, in un continuo movimento orizzontale più che verticale. Il rizoma52, per Glissant, è sinonimo di movimento errante alla ricerca di una collocazione, nella consapevolezza della complessità che tale dinamismo implica. Rispetto alla struttura assiale e unitaria della radice, il rizoma si diffonde e si riproduce orizzontalmente, senza rispettare le strutture gerarchiche. La sua irradiazione incarna la teoria del tout-monde,

49 Ivi, p. 51.

50 J. J. LECERCLE, The Violence of Language, cit., p. 79. Lecercle analizza un pruning poem di George Herbert come

esempio di manipolazione sintattica in cui la proliferazione linguistica si avvale di derivazione e composizione.

51 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 59.

52 Glissant sviluppa il concetto dell’identità-rizoma in Poétique de la relation (1990), recuperando la metafora da Mille

plateaux (1980) di Deleuze e Guattari, secondo i quali il rizoma corrisponde a un modello semantico di

ramificazione e propagazione che si oppone a quello gerarchico e verticale dell’albero. I sei principi su cui Deleuze e Guattari fondano il rizoma sono: la connessione, l’eterogeneità, la molteplicità, la rottura asignificante, la decalcomania e la cartografia.

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nota come poétique de la relation, “selon laquelle toute identité s’étend dans un rapport à l’autre”53. Sebbene relativa al discorso francofono nei Caraibi, la poetica di Glissant mette in risalto il carattere polifonico o palinsestuale proprio della letteratura postcoloniale. Dietro il modello rizomatico, Lahiri raffigura il bisogno di connessione, solidarietà e relazione proprio non solo dei migranti, ma dell’uomo moderno che vive in un mondo di interrelazioni costanti. Il rizoma, pertanto, rende bene le idiosincrasie universali dei protagonisti di Lahiri, evocando il senso di eterogeneità che per Deleuze e Guattari caratterizza la cultura moderna: “essere rizomorfo vuol dire produrre steli e filamenti che sembrano radici, o meglio ancora si connettono con esse, penetrando nel tronco, a rischio di servirsene per nuovi strani usi”54.

Il riferimento a Deleuze e Gauttari mi induce a riflettere su altre due questioni che ‘Unaccustomed Earth’ e l’epigrafe della raccolta implicano. Il superamento della barriera tra la responsabilità dei padri e il futuro dei figli è una delle conseguenze di un modello orizzontale che, opponendosi a qualsiasi gerarchia, scardina il sistema al fine di “servirsene per nuovi strani usi”55. La dialettica intergenerazionale accentua lo scarto, favorendo l’emergere di un sentimento malinconico nelle seconde generazioni. Come un rizoma fatto di linee di segmentarietà e stratificazione, il malinconico confonde i confini spazio-temporali e il suo sguardo mescola realtà e desiderio. La prospettiva del racconto di Lahiri è di tipo anamorfico, un meccanismo che è finalizzato a riempire il vuoto identitario attorno a cui Ruma gravita. Secondo Žižek, lo sguardo anamorfico “designates an object whose very material reality is distorted in such a way that a gaze is inscribed into its objective features”56. Rendendo opaco il confine tra fantasia e realtà, l’anamorfosi presenta una sostituzione distorta della realtà, poiché “[t]he Real is thus the disavowed X on account of which our vision of reality is anamorphically distorted”57. Secondo il filosofo sloveno, l’anamorfosi, infatti, rappresenta il vero dilemma del malinconico. A causa dello sguardo distorto, il soggetto malinconico

53 É. GLISSANT, Poétique de la relation, cit., p. 23.

54 G. DELEUZE, F. GUATTARI, Mille piani. Capitalismo e schizofrenia, cit., p. 49. 55 Ibidem.

56 S. ŽIŽEK, ‘Melancholy and the Act’, cit., p. 659.

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confonde qualcosa che è stato perduto, nel caso di Ruma la figura materna, con qualcosa che non è mai esistito, ossia il senso di patria che Ruma non ha mai conosciuto poiché nata in America. Come precisa Žižek, il malinconico uccide una seconda volta l’oggetto, dato che egli tratta come perduto qualcosa che non è mai stato posseduto. Ruma, in questo caso, sublima il suo trauma, legato alla morte della madre, attraverso il senso di vuoto che mantiene in vita il ricordo. In realtà, quello che Ruma, in quanto soggetto malinconico, ha smarrito non è l’oggetto, ma il desiderio di esso. L’oggetto anamorfico è un elemento sostitutivo della realtà, un elemento che cerca di riempire il vuoto creando una scissione tra l’oggetto e il desiderio di esso. Il malinconico, proprio perché non ha mai posseduto l’oggetto che piange, non è mai soddisfatto. Ruma, pertanto, vive il suo dissidio interiore proiettando dietro la morte della madre una serie di ansie e preoccupazioni che la ancorano a un passato irreale. La lingua, il giardino, i ricordi dell’infanzia non sono vissuti per quello che concretamente suggeriscono. Essi sono palinsesti su cui Ruma articola un vuoto identitario che non trova collocazione. L’ortensia, in particolare, funziona come oggetto anamorfico che deforma la prospettiva: essa è come un simulacro che rimanda alla madre e alla morte. Rispetto all’ortensia, che ha una capacità di adattamento, Lahiri dipinge la protagonista del racconto come un soggetto vulnerabile alla ricerca di relazioni e connessioni che sembrano essere ostacolate sin dal principio. La letteratura, dunque, non ci parla della realtà così come essa è, ma della tensione tra i desideri degli esseri umani e il mondo in cui essi vivono. Essa illumina gli scarti e le fratture, facendosi “la sede immaginaria di un ritorno del represso”58. Questo approccio nei confronti del testo letterario mette in evidenza lo spostamento di centralità dell’individuo, la scomparsa del soggetto, come lo stesso Lacan suggerisce. La narrazione paradossalmente porta alla luce ciò che è nascosto e il suo paradosso giace nel fatto che dietro i desideri di tipo individuale la scrittura celebra, al contrario, la demistificazione degli stessi.

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Inoltre, come affermato in precedenza, il racconto, data la sua centralità, esemplifica i due temi centrali della raccolta. Oltre alla dimensione spaziale, ‘Unaccustomed Earth’ mette in risalto la questione generazionale, aspetto che caratterizza anche gli altri racconti. La dinamica del filial gothic è un tema sotterraneo che aumenta la distanza tra Ruma e suo padre. Tuttavia, la frattura intergenerazionale è molto più forte nei personaggi femminili di ‘Hell-Heaven’, ‘Only Goodness’ e ‘Nobody’s Business’, racconti che presenterò nel prossimo paragrafo.