Malinconia o anti-malinconia? Motivi del gotico e della geocritica in Unaccustomed Earth
4.6 La trilogia ‘Hema e Kaushik’: fiaba gotica o apocalissi ecocritica?
4.6.2 Trauma e fotografia: il riseppellimento della memoria diasporica.
La seconda parte del racconto è narrata da Kaushik e l’interlocuzione con Hema compare solo nella parte conclusiva. ‘Year’s End’ è ambientato durante le vacanze natalizie dell’ultimo anno di college a Swarthmore, dopo le nozze tra il padre di Kaushik e Chitra, una donna molto più giovane di Mrs. Choudhuri ormai deceduta. Chitra, vedova con due bambine, Piu e Rupa, risveglia in Kaushik la sofferenza per la morte della madre e il dolore dei
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nonni materni a Bombay: “like Persephone in the myth, temporarily filling up and brightening their rooms”, Mrs. Choudhuri era solita tornare dai suoi genitori, fluttuando tra Boston e Bombay107. Per Kaushik, la scomparsa della figura materna simboleggia lo spettro del trauma di una madrepatria per sempre smarrita, il cui ricordo genera un vortice di sensazioni. Kaushik eredita lo stato di “mild mourning”108 dei nonni materni che nel 1962 hanno perso la loro unica figlia la quale, dopo il matrimonio con Mr. Choudhuri, si trasferisce da Calcutta nel Massachusetts. Lahiri tinge il mitivo del homecoming con tonalità nostalgiche in cui il diasporic
imaginary si configura “in terms of negation”109. “They should have knwon it’s impossible to go back”110: con questa frase i genitori di Hema commentano il ritorno da Bombay dei Choudhuri nel 1981, un ritorno che per il loro unico figlio spalanca le porte ad un senso di continua ansia di (ri)collocamento.
La dimensione dialogica del racconto sembra suggerire una forma di testimonianza in sintonia con il genere della narrazione traumatica. Secondo Felman e Laub, la testimonianza è una narrazione frammentaria, “composed of bits and pieces of a memory that has been overwhelmed by occurrences that have not settled into understanding or remembrance”111, in cui è prevista la presenza di un ascoltatore empatico. L’art of trauma è una forma dialogica che fa da anestetico contro la frantumazione del soggetto che ha esperito il trauma: “survivors of trauma or children of survivors often become involved in an ongoing dialogue with the trauma, which leads them to engage, consciously or unconsciously, in artistic expression”112. Il trauma della migrazione, della madre(patria) perduta, ritorna in ‘Hema and Kaushik’ nella forma di frammenti, flashback, motivi ricorrenti (il freddo, la neve, il periodo natalizio, le immagini sepolcrali), che creano una condivisione empatica in cui tempo della ciclicità e del flusso oceanico, Aión, interrompe e frantuma la linearità cronologica, Chronos.
107 Ivi, p. 253. Il confronto tra il mito di Persefone e Mrs. Choudhuri richiama quello indirettamente tracciato tra
la figura mitologica e Ashima in The Namesake: cfr. capitolo 3, paragrafo 2.2, nota 204.
108 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 253.
109 V. MISHRA, The Literature of the Indian Diaspora: Theorizing the Diasporic Imaginary, cit., p. 16. 110 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 229.
111 S. FELMAN, D. LAUB, Testimony: Crises of Witnessing in Literature, Psychoanalysis, and History, cit., p. 5.
112 D. LAUB, D. PADDEL, ‘Art and Trauma’, The International Journal of Psychoanalysis, cit., p. 993. Cfr. capitolo 2,
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Rispetto a ‘Once in a Lifetime’, ‘Year’s End’ è incentrato sul momento in cui è cronologicamente situato, il Natale del 1985, e sul recente matrimonio tra Mr. Choudhuri e Chitra. Di ritorno a casa per trascorrere le vacanze natalizie, Kaushik conosce Chitra, Piu e Rupa, e l’episodio genera tensione e spaesamento in un luogo associato alla figura materna che Kaushik tiene in vita con la fotografia. La fotografia, infatti, “can provide special access to experiences that have remained unremembered, yet cannot be forgotten”113. Benché Kaushik non abbia portato con sé la sua fotocamera, “knowing that [he] would not want to document anything”114, sono proprio le vecchie fotografie di Mrs. Choudhuri a risvegliare il trauma latente che lo ossessiona.
In La camera chiara Barthes riflette sul rapporto tra fotografia, intesa come forma testuale, e il lavoro della memoria. L’analisi di Barthes si avvale di un’esperienza personale: le fotografie della mamma recentemente morta. Barthes si chiede se l’osservazione di una foto equivalga a riportare alla luce qualcosa che la memoria fatica a ricordare e giunge alla conclusione che le foto non hanno alcun pretesto di verità poiché si limitano a mostrare ciò che è stato: la loro finalità non è “restituire ciò che è abolito (dal tempo, dalla distanza), ma di attestare che ciò che vedo è effettivamente stato”115. Il rischio, osserva tuttavia Barthes, è che il prodotto fotografico sostituisca il ricordo cosciente della memoria. La fotografia archivia l’evento traumatico e lo congela in un legame malinconico che per Kaushik diventa elemento di incorporazione e bisogno di condivisione, in linea con le osservazioni di Michelle Balaev:
[…] traumatic experience is understood as a fixed and timeless photographic negative stored in an unlocatable place of the brains, but it maintains the ability to interrupt consciousness and maintains the ability to be transferred to non-traumatized individuals and groups.116
113 U. BAER, Spectral Evidence: The Photography of Trauma, Cambridge, The MIT Press, 2005, p. 7. 114 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 280.
115 R. BARTHES, La camera chiara, (traduzione di R. Guidieri), Torino, Einaudi, 2003, [1980], p. 83.
116 M. BALAEV, “Trends in Literary Trauma Theory”, Mosaic: a Journal for the Interdisciplinary Study of Literature, Vol.
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Kaushik sembra soffrire di incapacità discorsive e utilizza la fotografia come testo, veicolo comunicativo dal valore duplice. Da un lato, l’immagine fissa sul piano temporale il ricordo; dall’altro, la foto diventa un palinsesto su cui il lavoro della memoria trasforma continuamente il ricordo, “which demonstrates that memories of the traumatic experience are revised and actively rearranged according to the needs of the individual at a particular moment”117.
Kaushik scopre che Piu e Rupa hanno rinvenuto una scatola contenente le foto di sua madre e questo episodio costituisce il climax dell’intero romanzo breve. Come sua madre si muoveva alla ricerca dell’acqua, un ‘sentimento oceanico’ di rigenerazione, così Kaushik fugge a nord, lungo il confine con il Maine, in un paesaggio selvaggio contornato dal mare in tempesta, un luogo inospitale e perturbante, presagio di morte e dolore:
Now and again I saw the water, little islands and striped lighthouses and tiny spits of land. It was too cold to get out of the car, but occasionally I did, to look at the ocean or explore a bit of trail. It was like no other place I’d seen, nothing like the North Shore of Massachusetts. The sky was different without colour, taut and unforgiving, nearly black at times, cold enough I knew to kill me, violent enough to break me apart. The waves were immense, battering rocking beaches without sand. The further I went, the more desolate it became, more than any place I’d been, but for this very reason the landscape drew me, claimed me as nothing had in a long time.118
Spinto dalla rabbia e dal dolore, Kaushik abbandona la casa paterna alla vigilia del nuovo anno, portando con sé le foto di sua madre. Attraversando il Maine, verso il confine canadese, Kaushik incontra un paesaggio desolato, in cui il mare, come un’enorme massa fredda, sembra squarciare la sua stessa interiorità con il fragore delle onde. Lahiri descrive con minuzia il paesaggio, mettendo in parole non solo gli aspetti visivi, come i colori dell’acqua o la desolazione del territorio, ma anche i tratti sonori, come lo schianto delle onde dell’Atlantico sulle rocce. L’effetto sonoro sembra amplificare il senso di spaesamento di Kaushik in un clima gotico, caratterizzato da tonalità grigie e rigide che, seppure inospitali, attirano
117 Ivi, p. 163.
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comunque il protagonista. La vicinanza col mare induce Kaushik ad associare il luogo alla figura materna e, indirettamente, alla madrepatria smarrita. Il ragazzo pensa a quanto la madre avrebbe desiderato avere una casa in un luogo simile, certo del fatto che “she would persuaded my [his] father to buy one of the hundreds of homes […] overlooking the open sea”119.
L’oceano sconfinato e il ricordo delle origini provocano in Kaushik una scissione della personalità, un’altalena di sensazioni contradditorie tra piacere e sofferenza. Il motivo equoreo sembra alludere al ‘sentimento oceanico’ freudiano, “senso dell’eternità […] di qualcosa di illimitato, di sconfinato”120. In questo luogo disabitato, la solitudine diventa momento epifanico in cui Kaushik non ha paura di venire a contatto con la parte più intima di se stesso e decide di seppellire simbolicamente sua madre. Il ragazzo, infatti, sotterra le foto di Mrs. Choudhuri in una fossa scavata sotto la “hardened ground”121 della scogliera della baia di Fundy, nota per l’estrema ampiezza delle sue maree. In un posto liminale, al confine tra Stati Uniti e Canada, in cui flussi di popoli europei si sono storicamente succedute a partire dal XVII secolo, Kaushik ripone il ricordo di sua madre, accanto allo stesso oceano in cui le ceneri di Mrs. Choudhuri erano state sparse. Il luogo è impervio e il mare selvaggio, con le sue onde “crashing apart against the rocks”122. L’allitterazione della “r”, già presente nella citazione precedente (“colour”, “unforgiving”, “break me apart”, “battering” e “rocking”), veicola la liquidità e l’impeto della forza del mare. Paradossalmente, esso ha un effetto tranquillizzante su Kaushik che proprio in quell’istante evoca il suo interlocutore, Hema, ricordando come la casa in cui aveva vissuto in quel mese del 1981 fosse stato l’ultimo posto avvertito come ‘casa’:
I remembered a day after a snowstorm, when something I’d said caused you, like Rupa and Piu, to cry. I had hated every day I spent under your parents’ roof, but now I thought back to that time with nostalgia. Though we didn’t belong there, it was the last place that had felt like a home.123
119 Ivi, p. 290.
120 S. FREUD, ‘Il disagio della civiltà’, cit, p. 557. 121 J. LAHIRI, Unaccustomed Earth, cit., p. 292. 122 Ibidem.
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“Year’s End” termina a poche ora di distanza dal nuovo anno e, nonostante il momento sia temporalmente proiettato verso il futuro, il racconto evoca nella sua conclusione scene del passato, in un’atmosfera gotica, caratterizzato da neve, freddo e inospitabilità. Il racconto perde il suo carattere monologico, riassumendo la forma del dialogo quando il segreto (le foto di Mrs. Choudhuri) viene sepolto sottoterra e Kaushik interpella il suo interlocutore immaginario, Hema, ricordando il natale trascorso assieme nel 1981. In tal senso, l’abbandono del codice lirico e riflessivo rappresenta l’occasione di una rinascita che si attiva attraverso la necessità di stabilire connessioni e relazioni con un interlocutore esterno.
La ripetizione retrospettiva di alcuni motivi, come quelli ambientali e metereologici, è una caratteristica della trauma fiction, in cui i momenti non sono mai isolati, ma costituiscono il preludio di rivelazioni successive: la frantumazione delle barriere temporali è un ulteriore elemento della narrativa di ispirazione gotica, “a reminder that time is out of joint, precariousness and frailty being liable to befall the characters at any moment”124. La presenza del passato è come una coazione a ripetere che incalza i personaggi, mentre le immagini di sotterramento e scoperta presentano al lettore, oltre che agli interlocutori stessi del dialogo, la rivelazione dei segreti. Inoltre, il contesto gotico è intensificato dalla figura di Mrs. Choudhuri, prima un personaggio reale, poi un fantasma che continua a ossessionare Kaushik il quale, osservando la folta chioma di Chitra, prova disgusto per il ricordo della parrucca che sua madre era stata costretta a indossare a causa del cancro. Ancora in vita, la madre di Kaushik è infatti raffigurata come uno spettro, corrosa dalle sostanze chimiche delle terapie.
La sovrapposizione tra il gotico e il ritorno del passato è un tratto tipico delle narrazioni traumatiche: “in its disturbed and disrupted temporality, trauma, for Freud, is inextricable from the ghostly or the spectral; it represents the haunting of the individual by an image or event and testifies to the profoundly unresolved nature of the past”125. In linea con le osservazioni di Whitehead, in “Year’s End” l’asse temporale rappresenta il prisma tramite cui
124 J. GANTEAU, The Ethics and Aesthetics of Vulnerability in Contemporary British Fiction, London, Routledge, 2015, p.
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le categorie del trauma e del gotico si intrecciano. La comparsa continua del fantasma di Mrs. Choudhuri infrange la linearità cronologica sulla scia della Nachträglichkeit freudiana e il passato sfugge al controllo della memoria, muovendosi verso il futuro. La rappresentazione letteraria del trauma, mediata dallo mezzo metanarrativo della fotografia che attesta il ricordo di ciò che è stato, si apre alle interferenze tra presente e passato, in cui il primo è modificato dalle rovine e dagli spettri del secondo, come vedremo nell’analisi della terza e ultima parte del racconto, ‘Going Ashore’, in gran parte ambientata nella città delle rovine e dell’eternità, Roma.