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165 e palesare il male e farlo grande! III IV

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 169-171)

da quel, ch'egli era pria, si fe' piú grande III VI 128

ed un altro di vin, ch'era sí grande, III XII 095

Era la cima lata e tanto grande, IV I 142

nasceva un fiume, ch'era tanto grande, IV II 104

Magnanimitá è, che ha 'l cor sí grande, IV VI 106

il qual fortezza e vertú fe' sí grande, IV VII 107

con valoroso dire adorno e grande. IV IX 048

a lui mai Dio, e pel peccato grande IV XVIII 041

se caritá lo scalda e fállo grande, IV XXI 053

O palazzo di Dio, tanto se' grande, IV XXII 136

alle due cantatrici le grillande I I 167

del raggio a lor fa 'n capo tre grillande, IV VII 111

Il quinto, in cui risplendon le grillande, IV IX 046

che ritirò le tre lingue nefande, III IV 071

Non ch'a lui piaccian l'opere nefande, IV XXI 055

questo avoltore e tutto il giorno prande. II VIII 018

E 'l fuoco ov'è, che tanto incendio spande? I I 171

e li suo' rami in quella valle spande, I IV 103

niente meno ingiú la nube spande, I XIII 083

che sopra a quella patria piú si spande. I XVIII 114

In questo, in cui avarizia si spande, II XVII 031

non basta al grande iato, ch'egli spande. III VI 132

e giú inverso terra i rami spande, IV I 140

Tito Livio dico, il quale spande IV IX 044

ed a ben far ancor la man lor spande. IV XXI 057

e della venustá, che 'n lor si spande, IV XXII 134

Oh, detestanda bocca, a cui vivande III IV 073

Allor richiede aver maggior vivande, III VI 130

Intorno a questi eran tutte vivande, III XII 097

-andi

innanti che 'l mio carro piú su andi. - I XI 108

e de' Lanfranchi miei, mentre tu andi. - II XVII 153

io mi contento far ciò che comandi; I XI 106

risposi: - O dottor mio, da che 'l comandi, IV XVI 130

io ho rispetto ed a te che 'l domandi, I XI 104

Poi disse: - Or satisfa' a' miei domandi: II XVII 151

mentr'io son teco, perché non domandi? - IV XVI 128

e non la mosca, cosí gli uomin grandi II XVII 149

resurgeranno e quanto parvi o grandi. - IV XVI 132

-ando

sciancato, storto e dal ciel messo in bando: I XIV 032

dal qual per colpa fu l'uom messo in bando, IV I 040

e tra mille timori el pose in bando. IV V 084

Alquanti il sangue lor givan basciando; IV XVI 114

ché Dio, il qual è giusto, non è blando IV XVIII 028

encomincionno a dir cosí cantando. I IV 163

che questo regno tu vadi cercando; I XVIII 149

che s'inchinonno prima al suo comando, I IV 161

che sii, com'io, soggetta al suo comando. - I VII 141

ed io anche assentii per suo comando. I IX 072

sotto il suo freno e sotto il suo comando. I XIII 036

ché ogni priego tuo a me è comando? - I XVIII 153

di dea Palla Minerva, per comando II I 005

che dica questo inferno al suo comando. - II IV 006

l'unisce al corpo e dona al suo comando. II VI 027

non mai a patti, ma al suo comando, II VII 099

e sempre stetti presto al tuo comando. III XIV 021

ma perch'e' trapassò di Dio il comando. - IV I 042

Di me all'uomo fe' il primo comando; IV V 082

sinché si emenda e torna al suo comando. IV XVIII 030

non molto stetti, che, pel suo comando, IV XXII 167

Egli è che ciba me, lui contemplando: IV V 080

Infundendola Dio 'nsieme e creando, II VI 025

Però, mentr'io sto teco dimorando, I XIII 034

ch'è come un cane o bestia, divorando. III X 099

Ed io della cagion facea 'l domando I II 091

e quando a lei fui presso, io la domando: I III 135

almen ch'io t'ami; e questo sol domando, I VII 137

E disse: - O dea, tu facesti il domando I IX 070

o ninfa bella, volentier domando, I XIII 032

tu griderai a me: - Mercé domando. - I XIV 036

Che risponder dovea a tal domando I XVIII 151

Poscia tacette, ed io gli fei domando II V 100

giva ad ognuna, e poscia lacrimando I IX 068

Il dardo orato mio, il qual io mando, I XIV 034

cogli occhi intorno stupido mirando, II III 017

cercando il tempio, e lor corpi mirando IV XVI 110

sí vi disfá? e perché, navigando, II VII 095

Il terzo mostro ancor brutto e nefando, III X 097

la mente mia non vede, in lui pensando: II V 102

darme risposta insino allora quando I II 093

Forse sei ore avea aspettato, quando I III 133

Io prego il sacro Amor ch'io veggia il quando I VII 139

E come alcun che parla seco, quando II I 007

Dicea fra me: - Oh Dio! or come e quando II III 019

la domandai e dissi: - Dimmi quando II IV 004

che regge il mondo e sa il come e 'l quando II V 098

da Dio l'anima nostra, allora quando II VI 023

Rispose: - Quel Signor, che 'l come e 'l quando II VII 097

Io son colui che teco venni, quando III XIV 019

- Il corpo mio è questo: o Dio, oh! quando IV XVI 112

e 'l volto alzando al cielo, i' dico: - Oh quando IV XXII 171

e questo dicea meco ragionando: II I 009

ed avvilisce, obbrobri recitando III X 095

ed ei ghignò alquanto e poi saltando I III 131

quando dietro il lion va seguitando, I II 089

Dov'è Minerva, ch'andai seguitando? II III 021

dietro a mia scorta, ch'andai seguitando; II IV 002

- chiamava io forte, dietro seguitando; - III XIV 017

Cogli occhi lacrimosi e sospirando, IV XXII 169

se non si pente; e chi pecca sperando, IV XVIII 026

166

-ane

stava Cerbero giá rabbioso cane II III 140

e piú crudeli che rabbioso cane; II XIII 140

allor tacette quel rabbioso cane III V 102

si fên crudeli e diventôn di cane, III X 026

alfine uscimmo in contrade lontane, II III 144

Di coltei sanguinosi armôn le mane; III X 028

Minerva avea il mele ed avea il pane; III V 100

soffiavan gracilando come rane. III X 030

che come d'ombra nulla ne rimane! I XII 018

tanto in alcun, che niente rimane, II XII 113

Dall'altra rota, che di lí rimane, II XIII 142

Per una intrammo di quelle gran tane, II III 142

quando latrava, parean tre gran tane, III V 098

ché le paure e l'allegrezze umane II XII 115

O ben dell'aspre selve, o cose vane, I XII 016

che porta l'uomo a vostre cose vane. II XII 117

mutando il fasto e le sembianze vane. II XIII 144

rispetto a quelle, ti parran villane, I XII 014

-ango

e l'atto consumato è 'l brutto fango, III XV 158

ed io qui questo in sempiterno piango. - III XV 160

-angue

c'ha nella lingua il malizioso angue. II XIII 120

per che Colonna ed altri ancor ne langue; II XIII 118

c'ha presa la milizia su nel sangue II XIII 116

-ani

mordaci e grandi piú che cani alani. III VI 006

ché mai non lo lasciai morder dai cani, I VI 044

sol per veder se il seguitan li cani, I VII 125

E poi vidi venir ben mille cani, III VI 004

Per questo i tuoi figliol sí come cani III XI 055

per emendar li crudeli cristiani. IV XIII 132

che mi strappavan le gambe e le mani. I VII 129

drizzando a Dio il core e le sue mani, IV VII 152

e sia lasciato in mezzo a questi piani. I VI 048

e fangli festa in questi grati piani. IV VII 156

sonno egli qui? e gli antichi romani? II IV 140

Per questo greci, dardani e romani IV VII 154

ché chiunque fuggí a quelli de' romani, IV XIII 128

vidi quegli uomin guasti rifar sani III VI 002

fauni vidi e satiri e silvani, I IV 116

Io manderò miei fauni e miei silvani, I VI 046

come giá dissi, han lochi piú soprani. II IV 144

e di quegli alpi sí scogliosi e strani. I IV 120

E poi fuggía tra quelli boschi strani, I VII 127

e i cittadini fai diventar strani. III XI 057

Io ho toccati questi esempli strani IV XIII 130

Dietro son bestie ed hanno visi umani; I IV 118

Ella rispose: - In questi prati vani II IV 142

dietro a due nomi strani e falsi e vani? III XI 053

-anna

se lassa ciò in che Marta s'affanna, IV V 050

quanto a cercar alcun piú vi s'affanna, IV VIII 020

e se con Michelina e con sant'Anna IV V 052

che chi in lei fida, sta in baston di canna. II XIII 135

quando la fama il peccator condanna, IV IV 125

Se li non battizzati egli condanna, IV VIII 022

Ma la Fortuna, che ridendo inganna, II XIII 133

per questo non gl'iniuria e non gl'inganna; IV VIII 024

regina sta magnifica Ioanna II XIII 131

colla dolcezza insieme della manna. IV IV 129

ove si gusta la celeste manna; IV V 054

Per questo tu ponesti, o santo Osanna, IV IV 127

-anni

ma dietro al folle amor con molti affanni, II I 056

il tempo manca e crescono gli affanni, III IX 056

ch'ebbe la madre in te, e degli affanni, IV XII 104

ninfa, che non parea di quindici anni? I XVI 084

la qual vien men per correre degli anni, II I 060

L'aquila, quando è giunta agli antichi anni, IV XII 106

il tempo corre in sua ruina e danni. III IX 060

Chi creso arebbe che cotanti inganni I XVI 082

Or ch'io mi so' avveduto de' suo' inganni II I 058

e tanto incrudelir di quell'inganni, III XII 020

sciuccava gli occhi a sé con li suoi panni, I XVI 080

E, mentre Negligenza tra li panni III IX 058

nascondon lor vendetta sotto a' panni. III XII 024

Per questo posto son tra li tiranni, III XII 022

nutrita è, insin che rinnovella i vanni. IV XII 108

-anno

del sospirar, che fe' con tanto affanno, I XI 132

E se saper tu vuoi il mio affanno, I XVIII 034

nel gran supplicio dell'eterno affanno. - II V 150

come minori e di piú lieve affanno, II XI 089

Dite a Ioanni Aguto il nostro affanno, II XVIII 109

e dell'altrui sudore e dell'affanno III XIV 169

per piú avere e non prende l'affanno, IV IV 158

passando i vizi insú con grande affanno, IV VI 026

Se sol del mal lo spirto avesse affanno, IV XVI 070

ricordando l'arsura e 'l loro affanno. IV XX 123

al qual non potrest'ir per grave aflanno. I III 099

per la sua madre, come fa ogni anno, I IV 086

Ma nell'ultimo dí dell'ultim'anno II V 148

è pena privativa e sol di danno, II IV 017

onde è tenuta a soddisfar il danno III XIV 171

del benefizio, né di quei che 'l dánno; IV XII 066

perché io solo del peccar n'ho 'l danno? IV XVI 072

del rio Cupido lamentar mi fanno: I XVIII 032

piú che nell'idra in te capi si fanno, III III 144

Tre a' benefattor, che ben ne fanno: IV XII 064

costor inverso il ciel ti guidaranno. - IV I 087

167

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 169-171)