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159 la qual convien che portin sempremai II X

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 163-167)

al grande imperator che sempremai III IX 053

io anderò cercando sempremai. - IV I 099

non vengan nelli lochi dove stai, I IV 134

perché tra questi lochi asperi stai? II V 018

e, poco andato, tanto mi stancai, II XIX 185

e se sei saggio e secreto il terrai. - I III 090

dinne se ancor al mondo tornerai, IV XIX 095

Ratto ch'io giunsi, Venere trovai, I XII 139

Miglia' di mostri piú oltre trovai, II VII 001

e vieppiú oltre una gente trovai, II X 152

ed a seder, come prima, el trovai. III II 024

andai tanto, insino ch'io trovai III X 017

se non che su nel ciel tu 'l trovarai, IV VII 164

dentro la Temperanza troverai, IV II 155

E se tu mi dirai dove tu vai, I III 088

per questa valle, per la qual tu vai, II IX 071

Insú andando, il viso mio voltai, III II 022

Inver' l'apostol poscia mi voltai, IV XVI 001

-aia

L'altr'Ira è dentro, e di fuor non abbaia, III X 055

sol perché l'ira di fuor non appaia. III X 057

E poscia tutta quella turba gaia IV XXII 085

e tra la turba pronta e garrizzaia III X 053

di ceraste n'avea mille migliaia. II XIX 066

ed ogni regno n'ha mille migliaia, IV XXII 083

avea maggior che nulla torre paia; II XIX 062

con splendore, che 'l sol par ch'ognun paia. IV XXII 087

e di scorpion la coda e la ventraia; II XIX 064

-aio

ch'io cominciai udire il trino abbaio III V 086

ma Cristo lui e 'l catarcion d'acciaio II IV 122

ratto ch'udí nominar il denaio. II XV 054

ora subiette all'arme ed al denaio. IV XIII 144

che 'l vecchio can nel freddo di gennaio, II XII 039

- O Fleias, - dissi io, - che a tanto guaio II XII 037

tanto egli par piú vero ed anco maio, III V 090

però apri a noi tosto, o portinaio, II XV 050

che mi spirò in faccia da primaio. II IV 126

e trovai Fleias ch'era qui il primaio II XII 035

Mamon, che tra coloro era il primaio, II XV 052

E come un gran rumor, che da primaio III V 088

mentre narrò dell'impeto primaio. IV IV 003

- Iustinian son io - disse il primaio, IV XIII 142

Quando in la grotta entrò 'l lucido raio, II IV 124

Io stava ad ascoltar come scolaio, IV IV 001

Allor vidi venir molti col vaio IV XIII 140

-ala

ovver Saturno, quivi move l'ala. I XV 087

Lí ripercosso, poscia all'ingiú cala I XV 085

se 'l mando a quella parte che 'ngiú cala; II XIII 069

cosí per le fissure e pori esala, I XV 083

Ma vegga ben ognun, anzi ch'e' sala, II XIII 067

tutta di me, ché spesso io son la scala II XIII 065

-alda

fie temperata, né fredda, né calda. IV II 057

tanto la notte col fresco risalda; IV II 055

alla sua notte, quanto il dí riscalda IV II 053

-alde

balestra le iattanze ardite e balde. III XIII 057

Cerere e Bacco fan le teste calde; III XIII 053

con motti lerci e con parol ribalde; III XIII 055

-aldo

Ma quel ch'è in voi consumato dal caldo, II VIII 037

la notte integramente lo risaldo; II VIII 035

non sempre è sí perfetto, né sí saldo. II VIII 039

-ale

per l'aer se n'andò, movendo l'ale, II X 041

Ché 'l desiderio sempre move l'ale III III 055

e verso il ben par ch'abbia fiacche l'ale. - III IX 117

Il pegaseo cavallo con doppie ale IV IX 067

Poi trasse Ursenna; e ferío altrettale, I V 085

tanto restituisci ed altrettale. IV XIII 054

In terra torna il corpo animale, II IX 052

come sfrenato e indomito animale. IV III 081

Non vedi il vizio che la virtú assale? II I 013

di molto duol, che l'uom nel mondo assale. II X 045

dicendo a me: - Perché 'l timor t'assale, III V 128

e rifren ciò che la ragione assale. IV IV 015

che non fa 'l caldo giovanil ch'assale. IV X 039

Oh lassi noi, ché l'acqua baptismale, II IV 085

e tutto quel che 'n voi non è brutale, II IX 050

al nobil uomo, e ciò ch'el fa brutale, IV IV 011

o tu nol vedi o dell'uom non ti cale. II I 015

sí che la sua non saglia e la tua cale. IV XII 087

convien che la vertú da bontá cale; IV XXI 006

e fe' il figliolo al padre disleale. II II 054

che fosse il colpo loro ognuno eguale. I V 087

e risal meno obliquo e piú eguale. I X 060

ognuna in nobiltá a me eguale. I XII 108

Tre cose debbi a chiunque tu se' eguale: IV XII 085

ché convien sempre che 'l ristor sia eguale IV XIII 050

E poi che giunto fu nel piano equale, I VI 124

desiderar a Dio esser equale, III III 053

Sappi che, dove il giorno è sempre equale IV II 052

conscrisse in lui questa legge eternale, IV XI 098

venite alla sentenzia eternale. - IV XVI 042

Vero è ch'io anco reggo in generale IV IV 013

Orazio è l'altro e poscia Giovenale; IV IX 065

al regno glorioso ed immortale. III II 009

che possa l'uomo rendere immortale. IV I 150

sfondò la terra e 'l gran Pluto infernale II II 050

Proserpina era reina infernale, II XVII 092

160

per ricompenso, non è liberale, IV XII 083

e l'avarizia resse il mondo male, I XII 104

non vedi tu che 'l mondo va sí male II I 011

Questo fu poi cagion di maggior male, II II 052

sanati arebbe noi da questo male! II IV 087

- Quella è la grave peste e 'l grave male II X 043

quant'egli ha di bontá e men di male. II XIV 069

la 'spone ad adulterio e ad ogni male. II XVII 096

pieni d'invidia, d'ira e d'ogni male. II XIX 108

nulla nuocerti può over far male. - III V 132

corron cogli appetiti inverso il male, III IX 113

- Tu forse ammiri che qui non fa male IV II 050

e posto in mezzo lui tra 'l bene e 'l male, IV III 077

poter discerner tra lo ben e 'l male. IV VIII 141

ognun conoscer può tra 'l bene e 'l male. IV XI 102

Ell'è che grida non far altru' il male, IV XIII 052

a far il bene ed a lassare il male. IV XIV 135

potresti divenir in tanto male. - IV XVII 054

la luce d'intelletto ovver mentale, IV VIII 137

d'ogni vertú e d'ogni atto morale IV XXI 002

in ciascun uomo è la parte mortale; II VIII 023

E, quando alcuno, ch'è in pecca' mortale, IV XX 049

Come vóltore, il caldo naturale II VIII 025

Questo splendore e luce naturale IV VIII 139

E questa fu la legge naturale; IV XI 100

Tenendo io 'l bello scudo per occhiale, II XIX 106

dannati pel peccato originale, II IV 083

ciascun al suo principio originale. - II IX 054

Fitto nel cielo sta il suo pedale; IV I 148

ché, non guardando chi, come, né quale, II XVII 094

ciò che produce il primo moto, il quale IV XVI 038

e 'l cervio corre e su lo monte sale; I VI 122

perché la state vieppiú alto sale I X 058

Al nobil mio reame poi si sale, I XII 106

quanto piú l'edifizio cresce o sale, II XIV 065

"Chi vuol montare insú, di qui si sale; II XVIII 157

perché conobbi che quanto piú sale, II XIX 104

poi verso il corno anche altrettanto sale. III II 007

Per questa piaggia, per la qual tu sale, III V 130

il sol, che 'nver' zenitto suso sale, IV II 054

aveva intra le penne, con che sale. IV IX 069

fuor del terrestre mondo, e chi sú sale IV XVII 050

diventa marmo o statua di sale: IV XVII 052

gira altrettanto a modo che le scale III II 005

ché, come sai, la parte sensuale, III IX 115

E diede a lui la parte sensuale, IV III 079

del mondo, del dimonio e sensuale; IV XIV 131

coll'arco dirizzando a lei lo strale; I V 083

che Lisna bella gli die' d'uno strale. I VI 126

poi rinasce del cibo, ma non tale, II VIII 027

giovar li pò al ben, ch'è temporale, IV XX 047

il gran Satán altiero e triunfale". II XVIII 159

chiamata di milizia triunfale, IV X 035

In questo, Cristo altèro e triunfale IV XVI 040

la quale aveva scritto su l'usciale II XVIII 155

ché poca fiamma accesa tanto vale, I X 056

Fundamento è che quanto alcun ben vale, II XIV 067

e questo nulla mente apprender vale. - III III 057

ché la prudenza, in quel ch'è duca, vale IV X 037

a quello, per cui prega, giova e vale; IV XX 051

E tanto ogni vertú appo Dio vale, IV XXI 004

- disse a me Enoc - è l'arbore vitale, IV I 146

-ali

di penne tanto adorne avea duo ali, I I 041

L'Amor, movendo poi le splendide ali, I VIII 037

Dietro alle spalle sue avea sei ali II XIX 019

Mentr'io movea alla 'nsú del desio l'ali, III I 088

Di pipistrello avean le lor brutte ali, III X 037

e tu a salire qui m'hai dato l'ali. IV XX 153

da una che dicea: - Vo' che giú cali. - III I 090

imperatori, re e cardinali; II IX 113

se nel suo vizio molti non fa eguali. II V 084

perché all'estremo tutti quanti equali II IX 115

le sue fattezze rispondean sí equali II XIX 017

delle cose celesti ed eternali, IV XVIII 071

sí come a motor primi e generali, III VIII 116

conobbi le tre Furie infernali, III X 035

e perché son cresciuti tanto i mali, II V 082

e tarda e dolce agl'infelici mali. II IX 117

da che son seme di cotanti mali? III VIII 120

per gran delitti e scelerosi mali, IV VIII 044

mentre è in fortuna tra cotanti mali. - IV XVIII 075

Risposi: - O sacra dea, tra tanti mali IV XX 151

Ma questi, ch'ebbon le vertú morali, IV VIII 046

colli qua' fere a dèi ed a mortali. I I 045

a lei tutte l'etadi e da' mortali II V 080

con viste acerbe, crudeli e mortali. III X 039

Questa è l'áncora data alli mortali IV XVIII 073

acciò che, quando torni tra' mortali, IV XX 149

non però perdon li ben naturali. IV VIII 048

e con gli occhi mirommi, con li quali I VIII 035

e disse: - Vieni e sempre alla 'nsú sali, III I 086

Nella faretra al fianco avea gli strali I I 043

menacciando anco con suoi duri strali. I VIII 039

che Cupido e Cilleno non l'han tali. II XIX 021

Ora mi di': se li ben temporali III VIII 118

-alla

Come che gente alcuna volta balla I VI 142

e poi si scorna se l'effetto falla; I VI 144

ed io, piangendo, dissi: - O dolce Palla, IV I 089

d'un fiero dardo gli passò la spalla, I VI 140

Dietro alli passi tuoi ed alla spalla IV I 091

161

-alle

ed io pur oltre per lo duro calle, I III 030

menava lieto me per duro calle: I XV 008

continuando per l'aspero calle, II XVII 167

del gran superbo, col qual chiude il calle, III I 074

dietro agli uccelli e dietro alle farfalle. II IV 036

Di fiori e di viol vermiglie e gialle I VIII 136

che su per le viol vermiglie e gialle II IV 034

E giá Atalante dietro le sue spalle I III 028

e poi sul prato mi posai le spalle. I VIII 138

di color d'oro avea sparsi alle spalle. I XV 012

lasciando il van timor dietro alle spalle, II XIII 003

che m'avea posto in bocca e sulle spalle. II XVII 171

Per questo a terra giú diede le spalle III I 076

cercando tutti i balzi ed ogni valle I III 026

la chiara luna, che per quella valle I VIII 134

quando vidi una ninfa in una valle, I XV 010

tal era quivi; e per mezzo la valle II IV 032

Per l'aspero cammin di quella valle II XIII 001

Quando noi fummo in una lunga valle, II XVII 169

che tremar fece tutta quella valle. III I 078

-alli

- Fa', fa' che tosto le ginocchia avvalli IV XXII 019

con melodie soavi e dolci balli. II XIX 033

pel iubilo soave e tanti balli IV XXII 017

vidi color che dietro son cavalli, II XVII 173

erano quei che son viri e cavalli, II XIX 029

Condutti avea giá Febo li cavalli III IV 001

e lor vermiglie ven parean coralli, IV XV 017

La carne e l'ossa chiar piú che cristalli, IV XV 019

avvolti di serpenti verdi e gialli. II XVII 175

Su per li prati ancor vermigli e gialli II XIX 031

e giá mostrava i crin vermigli e gialli, III IV 003

pien di iacinti e di topazi gialli. IV XV 021

va', come a suo signor vanno i vassalli. - IV XXII 021

-allo

l'Affrica subiugata ed Anniballo, IV VII 101

vidi io Lippea che guidava il ballo I VIII 020

Chiron, che inseme è uomo e cavallo, II XVIII 040

e desmontò de su del suo cavallo, IV III 157

L'altro è che 'l gran francioso da cavallo IV VII 103

e forse piú che non fu quel cavallo, IV XIV 023

li quai son tutti di rosso corallo, I IV 104

E tutto il fusto è come un chiar cristallo, I IV 106

Per mezzo del mio scudo del cristallo II XVI 079

ch'io porto nel mio scudo de cristallo, II XVIII 038

ch'avea le mura tutte di cristallo. IV XI 054

L'arco suo dur, che mai ferisce in fallo, I VIII 022

vedrá il Gorgon: or t'è venuto in fallo II XVI 077

né arme indosso, mai non tranno in fallo, III XV 092

verraimi dietro; e fa' che mai in fallo IV XI 050

dal torque, che gli tolse, argenteo e giallo. IV VII 105

E di fin oro aveva il capo giallo, IV XIV 025

a venti braccia forse d'intervallo I VIII 024

Un sesto miglio forse d'intervallo IV XI 052

come si crede, del piú fin metallo. I IV 108

ché uopo non avea d'altro metallo. IV III 159

di puro argento senza altro metallo. IV XIV 027

veder nol curo; ed ella il perché sallo. - II XVI 081

Ed un gridò: - Io son Sardanapallo III XV 094

non vissi come re, ma come stallo, III XV 096

e féla far a ciascun suo vassallo. II XVIII 042

con gran benignitá al suo vassallo, IV III 155

-alse

ed in altre figur bugiarde e false, I II 008

Chiunque con fatti e con parole false II III 103

contro lui mosse mille lingue false. III VI 033

Nettunno freddo in mar tra l'acque salse I II 010

intrammo un monte, e tanto la dea salse, II III 101

quivi ha lo scotto con amare salse; II III 105

ché, quando per virtú in gloria salse, III VI 031

che l'Oceáno estinguer non gli valse. I II 012

e che, s'egli non fosse, dir non valse, III VI 029

-alsi

E fauni ancora stan tra quelli balsi I III 049

e satir detti son malvagi e falsi, I III 047

l'altro è bovino, e vanno nudi e scalsi. I III 051

-alta

Io vidi una di quelle andar sú alta II XIX 130

E poscia: - Flecte ramos, arbor alta. IV II 001

tal ch'io dicea fra me: - Giá 'l cielo assalta; - II XIX 132

come chi in coro la sua voce esalta. IV II 003

e chi portava sassi e chi la malta, II XIX 128

-alto

egli averá, cadendo su da alto. II XIII 147

Quando giunsi nel monte suso ad alto, II XVIII 001

- disse a me Paulo; - e, perché 'l foco in alto IV XVII 065

ove i centauri stanno a far l'assalto. II XVIII 003

degli incendi suoi facendo assalto. - IV XVII 069

Ioanni dell'Agnello fará il salto, II XIII 143

E proverá quant'è duro lo smalto II XIII 145

però non arde questo adorno smalto IV XVII 067

-alza

- Come se' tanto ardita, o rea e falza, I XI 134

Guarda la faccia sua quant'ella è falza II XIII 013

col rider suo e spesso alcun inalza II XIII 011

qual è quella superbia, che t'innalza? I XI 138

Nata nel mare giú tra l'acqua salza, I XI 136

quando da alto alcuno in terra sbalza. - II XIII 015

-alzo

io vidi lui, che stava su in un balzo I X 019

sempre salendo, giunsi su in un balzo, III XII 044

giá tante volte m'hai chiamato falzo. I X 021

162

mi die' nel volto; e, mentre l'occhio innalzo, I X 017

ovver vessiche, quando il viso innalzo. III XII 048

-ama

che mai non s'empie e che, mangiando, affama. IV IV 051

il giovinetto qui venuto ell'ama I VIII 160

aspetti tu alcun, che forse t'ama? - I XIII 009

che, perché la bellezza troppo s'ama, I XVII 080

E questo è il folle amore, il qual tant'ama, III XIV 055

ché, benché dica con parol ch'ell'ama, IV XV 098

che sol per lui di rimaner ha brama? - I VIII 162

ed anche dissi a lui ch'io avea brama II VI 098

e dimmi il nome tuo come si chiama. I XIII 007

vuol che lo 'ntenda e timoroso chiama, I XVII 084

Rispose: - Il nome mio come si chiama II VI 100

piacer concupiscibile si chiama, III XIV 053

la moderata Parcitá si chiama: IV IV 047

or, perché Veritá ella si chiama, IV XIII 056

Però, se cristiano alcun si chiama IV XV 100

dicendo: - Or non sapete ch'una dama I VIII 158

di qual reame se'? O dolce dama, I XIII 005

Cosí andai chiamando quella dama, I XVII 082

Dopo il ristoro, questa quinta dama IV XIII 058

quell'operar, che, morto, vive in fama. II VI 102

Ella lega la lupa sempre grama IV IV 049

e poi si secca in lui la verde rama. III XIV 057

guarda se 'l frutto porta in su la rama. IV XV 102

questa è la sua materia e la sua trama. IV XIII 060

-ame

e te faran beato, se tu l'ame. I XII 012

con quali e' fa che fortemente s'ame, II I 054

E, benché Dio ne dica ch'ognun l'ame, II XIV 136

Bolliva piú assai che 'l Bollicame, II XV 013

la sete a questi e loro ardenti brame. III VIII 042

- Dacché di me sapere hai sí gran brame, IV III 073

da che ferventemente tu mi chiame, I I 059

Il nostro dir, benché da lungi chiame, I V 007

ch'a lui non lascia ir, benché vi chiame. II XIV 138

il suo vocabol convien che si chiame. II XV 015

sí bello ed obbedito pur ch'e' chiame, II XIX 036

Benché 'l poeta Copia mi chiame, III VIII 040

- Se tu l'aiuto pria da Dio non chiame, IV XIV 004

ch'è pien di ninfe d'amorose dame. I I 063

ella fa festa e con le belle dame I V 005

io ti farò amar dalle mie dame, I XII 010

e fe' ballar per festa le sue dame: I XV 167

Ma, perché allor Cupido di tre dame II I 052

andavan donzellette e belle dame II XIX 032

vestito come donna tra le dame, III XV 097

del mio uffizio e poi dell'otto dame. IV III 075

mi disse la primaia di sue dame, IV XIV 002

facean che 'l tristo, in cui entrò la fame. III XII 105

e Perugia condutta a trista fame, IV VII 062

Lí stavan genti dolorose e grame, III XII 103

se gran virtú non rompe il gran legame, II XIV 134

or posto son tra 'l fango e tra 'l letame. III XV 099

ardente piú che non è il fuso rame, II XV 011

Sappi che in oriente è un reame I I 061

del monte Olimpo, dov'è il tuo reame. - I V 009

meco venendo all'alto mio reame, I XII 008

Allor Venus andò al suo reame. I XV 169

egli mi manda a cercar un reame, II I 050

"Voi, che salite al secondo reame, II X 001

Quand'io stava a mirar tanto reame II XIX 034

e contemplando vai questo reame, III VIII 038

che mai fûnno in giardino ovver reame III XII 101

lussurioso, che nel gran reame III XV 095

che m'insegnassi questo tuo reame IV III 071

Recasti tutto il mondo ad un reame; IV VII 064

alle Vertudi del quinto reame. - IV XIV 006

che sempre aperto tiene il suo serrame. II X 003

e chiuse a Ian del tempio ogni serrame. IV VII 066

-ami

O cupidigia, che tanto t'affami IV II 013

che conosci suoi doni e che tu l'ami IV XII 113

tanto apri piú la bocca e piú ne brami, IV II 015

devoto orando, e genuflesso el chiami, IV XII 117

che porgono alla 'ngiú que' santi rami, IV II 011

E questo amor produce molti rami: IV XII 115

-amma

quanto rispetto a mille è una dramma. II XIV 129

col dardo acceso di sacrata fiamma, I XIII 162

la prima è di Cupido la gran fiamma, II XIV 125

- cantavan molti dentro della fiamma, - IV XIX 062

tu proverai che piú 'l mio foco infiamma I XIII 158

per quello amor, che te di lui infiamma. IV XIX 066

Ei l'ha provato, e sallo la mia mamma. - I XIII 160

poi de coniunti, figli, padre e mamma, II XIV 127

Soccorri tosto, o dolce nostra mamma, IV XIX 064

-amo

in tutti quelli che nascon d'Adamo, II IV 080

e son dinanzi nepoti di Adamo, II XVII 174

quand'egli ingannò Eva e poscia Adamo IV I 127

col pomo dolce, ov'era il mortal amo. IV I 129

la dea Minerva allor mi trasse il camo, II XVII 170

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 163-167)