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173 ma io 'l dirò, e non sarò bugiardo III VI

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 177-179)

hai conceduta, percuoti col dardo I I 134

e, mentre andava in su, mi gittò un dardo. I II 190

in man per mia difesa presi il dardo, I III 059

passargli al cor con l'infocato dardo; I VIII 032

sí crudelmente col tuo crudo dardo! I XIV 024

Non era lí mestier pregar che 'l dardo I XVI 025

che fe' di piombo ogni aurato dardo, IV XIX 014

Ahi, gran prodezze mostrarsi gagliardo I XIV 022

io l'assalisco, e quanto è piú gagliardo, II IX 086

- Or ti bisogna assai esser gagliardo III I 008

cotanto accrescerá il biscion lombardo II XIII 107

figliuol di Barnabò, del gran lombardo, II XVIII 092

nientemeno avea volto lupardo III VI 119

L'altro, ch'è qui, è Annichin Mongardo; II XVIII 094

Isidoro, Boezio e 'l buon Riccardo, IV XV 061

Imperatori o re non ho in riguardo; II IX 088

- Minerva mia, a cui sto i' a riguardo, III I 010

Ahi quanto piace a me quando la sguardo! I I 136

amendue seco, e Filena lo sguardo I II 188

Ed egli il riconobbe al primo sguardo I III 061

Lippea allora a me alzò lo sguardo I VIII 034

con que' sembianti moveano lo sguardo, I XVI 023

se non che 'l giglio roscio, c'ha lo sguardo II XIII 109

Mentr' i' a vederla ben drizzai lo sguardo, III VI 121

Dietro al mio cittadino avea lo sguardo, IV X 001

splendente ognun, che mi vincea lo sguardo. IV XV 063

Allor inverso il ciel alzai lo sguardo, IV XIX 016

tanto piú affligge quanto piú vien tardo. - I I 138

o ch'egli al suo venir non fosse tardo; I XVI 027

mando mie' morbi, ed a lor io vo tardo. II IX 090

a veder l'altre cose, e non sie tardo. - IV X 003

-are

perché sotto son dolci e sopra amare, I XV 165

Ben so che ogni cosa debbo amare II XIV 112

stando egli stupefatto ad ammirare: IV XVII 021

ed ora ognun è oscuro e tal appare IV XIII 170

quando la preda sua prende in su l'are. IV XIII 174

e lieto lieto cominciò a ballare II VI 081

Vidi un gigante giovine cantare, II VI 079

givan saltando sopra l'onde chiare, I XV 161

appena el credería; e, poi che chiare IV XVII 019

che va notando tra quell'acque chiare. IV XXII 060

Non die' nel mezzo, ov'ella credea dare; I V 127

ovver bisogno, ma sol dilettare. III XIII 108

dall'altro estremo sta il disperare, IV XVIII 008

cosí lei cominciai a domandare: III III 051

e, benché 'l sappia, io non lo posso fare. - II XIV 114

su ritto ed erto mi fece levare. III III 049

Io vidi poi color tutti levare IV XIII 172

Poiché mostrato m'ebbe tutto il mare I XV 163

e come piove, e che per l'alto mare IV XVII 017

ovver ch'egli è disceso fuor del mare, IV XIX 155

E fece l'acque ed adunolle in mare, IV XXII 058

mirabil sí, che, a volerla narrare, II VI 077

e l'erbe e i frutti, acciocché nutricare IV XXII 056

Cosí egli rispose al mio parlare; IV XV 076

sí come dice a noi 'l divin parlare. IV XVIII 012

Nel quale ancora questo può peccare, III XIII 106

Né l'un né l'altro si può perdonare IV XVIII 010

allor che meco io nol potea portare, IV XIX 159

e non ha forza a poterlo ritrare: II XIV 110

delle cose non viste e da sperare, IV XV 074

in tanta altura, ch'ella vide stare III III 047

in troppo prender pasto, in troppo stare III XIII 104

vien da quel verbo, che sta per substare. IV XV 078

Pel freddo pentimento e pel tardare IV XIX 157

prese la mira per voler poi trare, I V 125

ma non però che la fêsse voltare. I V 129

-argo

fulcita d'occhi assai vieppiú che Argo I XII 080

Con tutti gli occhi il regno lungo e largo I XII 082

ché quivi non può 'l viso aver letargo. I XII 084

-ari

Quest'altra aduna e tien con modi avari. III VII 150

Ma ora li maggiori han fatto chiari III XV 010

del prodigo è, c'ha suoi atti contrari III VII 146

alcuni effetti a suoi sensi contrari, IV XIV 150

e nulla vale a rispetto ai denari. II XV 075

Egli non cura robba, né denari; III VII 148

Se promettesse alcun tutti i denari IV XIV 148

Mamon rispose: - Chiunque vuol, impari, II XV 073

che l'Innocenza pura non impari III XV 008

loda ch'ell'abbia, attendi e fa' ch'impari IV XIV 146

e son dell'arme, d'arti e di scolari II XV 071

che piú che i mastri sanno gli scolari. III XV 012

-ario

nel crudel tempio, formato al contrario II XVII 026

sí come apparve in Pietro, suo vicario. II XVII 030

ché in quel di Cristo il pover volontario II XVII 028

-arlo

e fui di Roma, e 'l mio figliol fu Carlo, IV XIX 125

dechiara a me, se tu sai dechiararlo. IV XIX 129

e può a scoglio ed a porto drizzarlo, II VIII 162

di ciascun senso umano, e può guidarlo II VIII 158

né papa a lui porría giammai levarlo; IV XVIII 162

Dunque l'arbitrio, del qual io ti parlo, II VIII 160

Il ben participato, di cui parlo, IV XVIII 160

- Dacché concesso m'è che io ti parlo IV XIX 127

commise a lui, e può participarlo IV XVIII 158

-arme

- Satiro mio - diss'io, - se puoi aitarme, I III 103

a me, che sai che ho provato l'arme I III 101

174

Perché spero da te la possa e l'arme II II 160

tener credenza e ch'io possa fidarme. I III 105

se dietro a te ti degni di guidarme. - II II 162

Quando deliberasti, o dea, lassarme, I IX 055

se io le lascio e altrove puoi menarme. - I IX 057

sí diventai, che dissi per scusarme: II II 158

-arne

del maladetto cifo abbeverarne; II XV 113

e draghi farsi dall'umana carne. II XV 117

E, come noi mangiammo l'altrui carne III VI 046

e che ognun rivestirá sua carne, IV XV 137

da invidiosi can fa divorarne. - III VI 048

allora egli verrá a giudicarne IV XV 139

col corpo che fu offerto a liberarne; IV XV 141

san nelli membri, e cosí fa rifarne III VI 044

Io vidi molti poscia trasmutarne II XV 115

-arno

si facea il fiume vie maggior che l'Arno. III XI 039

Pensando, ancor m'impallido e descarno, III XI 037

e nullo colpo lor mai fere indarno, III XI 035

-aro

che quelli quattro a Dio accompagnâro. IV VII 174

e cominciò a dir con pianto amaro: I IX 107

ond'ella mise un gran suspiro amaro. I XI 129

sarebbe lungo: io gusto ora l'amaro, I XIII 029

- O fanciulletti, a cui ritorna amaro II IV 040

tanto da lui partir mi fu amaro; II V 065

che gusta il dolce, e pargli che sia amaro II X 062

mostrando il dolce e celando l'amaro, II XI 128

mescolato era il dolce con l'amaro, II XIII 050

anco su vi s'attrista ed ègli amaro, III IX 086

che son sí dolci, che vince ogni amaro, IV II 006

- Da c'hai passato il cammin cosí amaro IV VI 043

ch'eran nel limbo; e con martirio amaro IV XVII 149

con Spene e Caritá, che ogni amaro IV XIX 047

però 'l caldo raddoppia ed è piú amaro. IV XX 129

insieme in compagnia a lui n'andâro, IV VII 170

Altramente il superbo ovver l'avaro II X 064

ove pena sostien chiunque fu avaro. III VIII 003

cosí su ad alto e giuso due cantâro II XIII 052

- Elia e Enoc insieme alto cantâro, IV II 002

se a voi piace, a noi anco sia caro. I V 060

dove se' ora, o mio amico caro? I IX 109

e che io l'abbracciassi mostrò caro. I XVI 093

il non aver baptismo tanto caro, II IV 042

Quivi lassai il mio amico caro, II V 067

Or pensa quanto Dio ha l'uomo caro, IV XVII 151

star dentro al purgatoro a me fia caro. IV XIX 051

dicendo: - Acciò che ben si mostri chiaro I V 058

Mentre salea, io vidi un foco chiaro, I XI 127

Se la dea assente, io prego, fammi chiaro: I XIII 031

nell'aer suso in uno splendor chiaro, I XVI 089

onde l'un polo e l'altro vede chiaro. II II 072

che 'l mondo il fece infetto, ch'era chiaro. II V 069

col viso negro quanto il primo chiaro. II XI 132

Un gran torrente, poi, polito e chiaro III VIII 001

degno è che io t'insegni e faccia chiaro. IV VI 045

ed entrôn dentro in quello splendor chiaro. IV VII 172

Però, mostrando il viso allegro e chiaro, IV XIX 049

ché 'l foco lí è piú attivo e chiaro, IV XX 127

E sua superba sede collocâro II II 070

ché, quando un loco a sé prende un contraro, I XV 067

Poi venne un altro, che tutto contraro II XI 130

un d'allegrezza e l'altro del contraro. II XIII 054

inverso il vizio, alla virtú contraro. III IX 090

tanto valor nell'arme dimostrâro, IV VI 041

perché io so poco e domandando imparo. I XIII 033

le ninfe di Iunon l'altre invitâro I V 056

Satan e i suoi questo mondo pigliâro: II II 068

l'animo buono e di vertú preclaro. II X 066

Alla lor prece l'arbore preclaro IV II 004

va per la via e move il passo raro, I XI 125

diventa quel vapor sottile e raro, I XV 065

da che contra il partir non ho riparo! - I IX 111

Non fe' all'Amor la ninfa piú riparo, I XVI 091

e, per aver all'angoscia riparo, III IX 088

a sua perdizion fêsse riparo. - IV XVII 153

sentii maggior l'incendio; e per riparo IV XX 125

vedendo noi, insieme si ristâro II IV 038

e quanto posson tengon loco varo. I XV 069

-arri

I filistei riposono in sui carri IV XIII 121

e tanto mal che di lor non si narri. IV XIII 123

lo imbruttano ora, e Dionisi e Varri IV XIII 119

-arro

Nettuno poi ne pose sul suo carro I XV 157

delle quali al presente non ne narro, I XV 155

facean, mirando noi, al plaustro sbarro. I XV 159

-arse

ed ei non possa o speri d'aiutarse, III X 135

cosí lucente in cielo un carro apparse. I XI 015

cosí di quella polve un altro apparse II VI 094

Grande come gigante prima apparse; II X 019

e' fuor nel viso sí com'uomo apparse. II XIX 162

e tra quei pochi di costui apparse IV VII 149

e la via lattea, che pel caldo s'arse, I XI 011

arde se stessa e poi delle penne arse II VI 092

i gran palagi e il Capitolio arse, IV XIII 126

come il vil verme volle assomigliarse III III 080

a quel che volle a te assomigliarse IV IV 113

dentro in quel fiume nel sangue a bagnarse. III XI 048

sotto la rota ancora a consumarse. II VI 096

giovine e vecchia poi la vidi farse. II X 021

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Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 177-179)