• Non ci sono risultati.

167 l'offizio e l'operar, che da te hanno IV VI

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 171-173)

ed allo 'ndugio ed alle pene, c'hanno, IV XX 121

Rispose ancor con falsitá ed inganno: I III 097

Quando s'avvide Palla dello 'nganno I XI 130

usando meco falsitá ed inganno. I XVIII 036

e vinse Adamo a tradimento e inganno". II IV 021

Ghignando con un riso pien d'inganno, II XIII 025

molti di questi nascondon l'inganno, II XVI 041

ch'al matrimonio e fede fa lo 'nganno III XIV 167

che di piú posseder con froda e inganno. IV IV 162

che gli abbruciò l'estremitá del panno, I XI 128

tutta stracciata, ed era di quel panno, II XIII 023

e vestita era d'oro e non di panno. III VI 117

queste di Diana silvestre parranno. I IV 090

la vista, che han dentro, prenderanno; II XVI 045

perché non regge nelle selve un ranno, III III 140

Ed ella a me: - Quando risurgeranno II XVI 043

dite a color che vanno a saccomanno, II XVIII 107

del signorile scettro e primo scanno! II XI 093

Lí stava una regina in alto scanno III VI 115

Tornar io voglio al mio beato scanno: IV I 085

ma, com' Fabrizio nel povero scanno, IV IV 160

si debbe por a basso o sotto scanno, IV XII 062

cercando vo le ninfe, ov'elle stanno: I III 095

folgore lo vapor, molti ne stanno II V 146

In questo loco papi meco stanno, II IX 112

Ahi! quanti son che or a basso stanno, II XI 091

che come spere in questo mondo stanno. II XIII 027

che per centauri su nel mondo stanno, II XVIII 111

L'altre province sotto un capo stanno; III III 142

quassú venute sonno e quassú stanno, IV I 083

e per veder le dame che qui stanno; IV VI 028

su verso il ciel tra l'anime, che stanno IV XX 119

Dentro è la gran prigion di quel tiranno, II IV 019

e quale io sono, tutti torneranno II IX 110

e vidi l'altra corte, dove vanno, III VI 113

allo spirito e al corpo, e insieme vanno IV XVI 068

sí ch'ella e le sue ninfe vi verranno, I IV 088

-ano

il qual, quando è cacciato fuor dell'ano, I XIII 148

Ed ella a me: - È Iacopo d'Appiano. II XVI 097

a mostrar forte a non aprir l'arcano; IV XIX 045

e brutto e lacerato a brano a brano. III V 138

sí che sua barba e 'l capo parea cano. I XV 153

Poi nella quarta etá dal capo cano II X 079

degno è che, quando giunge al capo cano, III XIII 083

si mostra ardito il nobil capitano, IV VI 035

e 'l corpo opaco fa parer diafáno. - III IV 006

ognun lucente, chiaro e diafáno. IV XV 048

fui da Perugia, di santo Ercolano, II XIV 044

E forse lasserai erede estrano, III VII 085

mostrommi poi ed il mio Feliciano IV XV 044

o in rapina, o nell'arte di Gano. IV VIII 147

ch'è posto lí da Dio per guardiano, IV I 033

e mai, quando saetta, getta invano. I I 039

di quel che piú desia, e viengli invano, I II 173

e mille volte e piú la chiama' invano I IV 041

- diss'io, - ché uscirne m'affatico invano, II III 056

perché l'impresa non gli torni invano, II XIX 125

che dir potrai: - Ho conservato invano. - III VII 087

che la scienza s'affatica invano IV X 143

perché all'infermo si darebbe invano, IV XX 059

Da Leonina infino a Laterano III XIII 085

da un boschetto non molto lontano. I II 177

e passò a lato a me poco lontano. I VII 108

è alto tanto e posto sí lontano, I IX 152

Cupido lí non molto da lontano I X 127

Vidi Caròn non molto da lontano II VII 028

Venir ver' noi non molto da lontano II XI 007

Da quel giardino er'io poco lontano, IV I 031

nomati son da presso e da lontano. - IV VII 123

venirmi al volto alquanto da lontano, IV XIV 017

è l'alta tuba dotta di Lucano IV IX 047

vidi ch'avea un arco ornato in mano, I I 037

E lagrimando ingavicchiai la mano, I II 175

a quelle frasche stesi sú la mano I IV 043

Lippea coll'arco bello, ch'avea in mano, I VII 106

il qual io mi percossi con la mano, I IX 156

d'una saetta d'oro, ch'avea in mano. I X 129

lo scudo cristallin gli vidi in mano, I XI 023

E tre saette avea nella sua mano; I XIV 016

Nettuno a noi col suo tridente in mano I XV 151

Io dicea meco: - O ninfa, alla cui mano I XVII 073

Allor dea Palla stese a me la mano II III 058

bello e membruto e col leuto in mano, II VI 080

che conducea con un gran remo in mano. II VII 030

e pone all'avarizia allor la mano. II X 081

Per la piatá ingavicchiai la mano, II XIV 046

o presente o denar nella sua mano. - II XV 048

chi ordinava e chi facea con mano. II XIX 129

quando Palla mi die' lo scudo in mano, III IV 004

Ed era senza piedi e senza mano III V 136

se l'Avarizia sí ti tien la mano, III VII 083

Ognun di loro avea la spada in mano; III XI 007

Benignamente a me porse la mano; IV III 034

cosí fec'ella con la spada in mano, IV VI 037

Il terzo, ardito, con la spada in mano IV VII 121

quand'egli stesso vi vuol tener mano; IV X 147

spontaneamente porse quella mano, IV XIX 041

significante ogni regno mundano. IV XIV 021

ed al ciel tirerá 'l regno mundano. - IV XVII 096

e dacché sol per un onor mundano IV XIX 043

e seguitaila insin all'oceáno I XV 149

168

alla pastura sotto l'Oceáno III IV 002

principalmente vien dall'Oceáno, IV II 125

- Altro signor ne viene, Octaviano, IV XVII 092

allora ella gridò: - Oimè! fa' piano. - I IV 045

cursono a far la caccia per lo piano I VII 104

Letto ch'io ebbi quel tra me pian piano, I IX 154

tanto ch'io la trovai nell'altro piano, I X 125

ch'egli facea tremar tutto quel piano. I XIV 018

che avíe fatta, e giunsi su nel piano, I XVII 071

mi trasse su, tirandomi pian piano. II III 060

e coglier fiori su pel lordo piano; II VI 082

e, giunti al monte, poi scendeano al piano, II XI 005

ché siam discesi nel maligno piano II XV 044

mostra nel volto e par soave e piano, II XVI 095

Elli facean le torri nel gran piano, II XIX 127

quanto una gente, ch'io vidi in un piano, III XI 005

e dicono che gli uomin di quel piano III XIII 087

e tra le melodie di quel piano IV I 029

e poscia scende e corre giuso al piano. IV II 129

- a lei risposi riverente e piano, - IV III 032

sí che vermiglio fe' tutto quel piano; IV IX 051

La statua grande vidi in un gran piano, IV XIV 019

Egli si lagna che 'l sangue romano IV IX 049

la qual, se fusse data a chi è sano, IV XX 061

qual fauno t'ha scontrata o qual silvano? I XVII 075

ei conquistò; ed ora l'ha 'l soldano, IV VII 119

fosse il suo aspetto: tanto era sovrano; I I 035

Ed era sí scolpito e sí sovrano, I XI 025

reggere debbia ed essere il sovrano, II V 128

ma egli sopra tutti è il piú sovrano. II XVI 099

che d'ogni amenitá era sovrano, IV III 036

perché da lui è ogni senso strano, II V 132

E dal ver, forse, questo non è strano; III XIV 070

- Pensa del cibo dentro al corpo umano, I XIII 146

maggior sei volte e piú d'un corpo umano. II XI 009

in terra vidi guasto un corpo umano, III V 134

spargendo i membri in terra e 'l sangue umano. III XI 009

in forma femminile ardir umano. IV VI 039

quand'ella non al fin del corso umano, IV VIII 143

Benché in alcun sia l'intelletto umano IV X 145

ché unirá 'l celeste coll'umano. IV XVII 094

in tutti i membri del suo corpo umano. IV XX 063

di quelli fiori come garzon vano. II VI 084

reputa i giochi e l'amor esser vano, II X 077

ma e' sparío sí come un corpo vano. II XIV 048

Risposto fu: - Il vostro passo è vano: II XV 046

nasce Amor cieco, fanciullesco e vano; III XIV 072

Perch'è spognoso e perché dentro è vano, IV II 127

cioè in diletti, ovver nell'amor vano, IV VIII 145

li martiri sepolti in Vaticano, IV XV 046

per preghi della madre, dio Vulcano. I XI 027

se si scontrasse in acceso vulcano. I XIII 150

e con tempesta apparve il gran Vulcano I XIV 014

E, bench'egli dal ghiaccio e da Vulcano II V 130

di quella che fu data a dio Vulcano, III XIV 068

-anta (*)

che ciò che si promette o mercatanta, IV XIII 062

la rea radice d'ogni mala pianta. II II 033

quando la vile e testé nata pianta II IV 063

* E, per disfar cotanto infetta pianta, III XIV 109

Presa ch'ebbe la terra tutta quanta, II II 031

Egli creò e di iustizia santa, II IV 059

* sola nel mondo la progenie santa. III XIV 111

e qual, se quella è guasta o troppo schianta. IV XIII 066

l'Inganno e Froda e la Malizia tanta, II II 029

ma di questa eccellenza e grazia tanta, II IV 061

e che la mercanzia sia quella e tanta, IV XIII 064

* quando Dio vide che malizia tanto III XIV 107

-ante

ed era d'acqua chiara e sí abbondante, I I 101

ch'era tutta di fino adamante. IV VI 018

- Ecco la nostra dea - dissono alquante, - I XVI 014

a qual ti piace piú esser amante? - I VII 081

dietro alla 'manza va il misero amante, III XV 131

perché ammirava il superbo arrogante, III I 005

per la via ch'ell'er'ita, andai su avante, I III 025

e poi che funno a lei venute avante, I IV 126

s'ingegna sempre di salire avante, I XII 047

Ben mille ninfe allor venneno avante, I XVI 016

quando la dea a me su venne avante: III I 007

E, quando fummo andati alquanto avante, IV II 145

Mollizia è, nemica del costante, III IX 062

Ma questo con pochi altri fu costante, IV VII 148

Con piú di mille ninfe a lei davante I V 052

ond'io andai dicendo a lei davante: I VIII 066

quant'era piú appresso a quel davante, II VII 014

Io dissi a lei, quand'io gli fui davante: II XI 010

sí come un'ombra che fugge davante. III XV 135

Allor Sibilla gli disse davante: IV XVII 091

ch'avea le torri di duro diamante. IV II 147

la fede ferma piú che diamante; IV VII 150

A te saettarei, che vien dinante, II XVIII 028

di sí gran torre col capo dinante? II XIX 138

duo nelle tempie e duo ne avea dinante. IV VIII 105

e dalle dèe sí poco er'io distante, I VII 077

dal fonte, a mio parere, era distante, I VIII 062

E ogni muro dall'altro è piú distante I XII 049

e vidi il mostro opposito e distante III VII 131

ch'appena portería un elefante. II XI 012

Sí come manca il cuor all'elefante, III X 013

quando il popol roman (tanto era errante) IV XVII 089

vedendo un fiume spumoso e fumante, III X 011

che trovammo giacere un gran gigante II VIII 004

169

Nel documento Le rime del Quadriregio di Federico Frezzi. (pagine 171-173)