Ettore Gelpi dimostra fin da giovanissimo un grande interesse per l’educazione permanente. A partire dal testo “Storia dell’educazione” (1967), egli propone alcune riflessioni su questo tema mettendolo in relazione prima di tutto con alcune esperienze educative antiche rivolte non a giovani ma a soggetti adulti, anche se in numero limitatissimo e appartenenti a ceti economicamente agiati, come ad esempio l’accademia platonica, i circoli di cultura dei califfi e dei principi arabi, le scuole degli umanisti. Nella ricostruzione storica operata da Ettore Gelpi, l’educazione degli adulti, nel significato più attuale di educazione rivolta a tutti gli adulti, inizia a svilupparsi all’inizio del XIX secolo contemporaneamente all’avvento della rivoluzione industriale che genera una nuova situazione socio-economica e nuovi bisogni: l’avvento delle macchina rende necessaria una formazione per i tecnici, presupponendo una formazione elementare. Nascono così e si sviluppano le prime istituzioni di educazione degli adulti, promosse prevalentemente da istituzioni religiose, organizzazioni politiche e sindacali della classe operaia e responsabili delle industrie. L’educazione degli adulti ha poi un periodo di forte sviluppo all’inizio del XX secolo, quando gli Stati più avanzati (Gran Bretagna, paesi scandinavi, Unione Sovietica, Stati Uniti d’America, Canada) si pongono il problema dell’istruzione obbligatoria, dell’analfabetismo dilagante e dell’alfabetizzazione della popolazione adulta e cercano di trovarvi rimedio. Dopo la seconda guerra mondiale l’educazione degli adulti trova terreno fertile anche nei paesi che, dopo secoli di dominazione, conquistano l’indipendenza: i governi devono far fronte, contemporaneamente e con mezzi limitati, alla drammatica situazione dell’istruzione elementare e dell’educazione degli adulti.
L’educazione degli adulti si differenzia molto dall’istruzione per i giovani in quanto diversi sono i problemi che riguardano l’adulto, sia individualmente che nel contesto sociale. È grande la responsabilità degli educatori che devono tenere in considerazione, come prima cosa, la psicologia dell’adulto, le motivazioni che lo portano a riprendere o cominciare per la prima volta un percorso di formazione e la situazione socio-economica da cui proviene. Molti dei principi pedagogici che sono significativi per l’educazione dei giovani possono essere molto importanti anche nell’educazione degli adulti: l’allievo apprende in maniera più proficua se è reso partecipe e se non è soltanto spettatore delle attività educative, il lavoro di gruppo è più stimolante del lavoro individuale, è bene dare importanza ai risultati raggiunti e servirsi di strumenti e metodi diversi (libri, conferenze, attività di gruppo, dibattiti, visite guidate, viaggi, filmati, ecc.)175.
174 Cfr. Griffin C., Ettore Gelpi. L’Educazione a tutto campo, “Scuola e città”, marzo 1988, pp. 136-143. 175 Cfr. ivi, pp. 485-490.
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Consapevole del fatto che, troppo spesso, l’educazione permanente e l’educazione degli adulti sono considerate una prerogativa delle società industrializzate, Ettore Gelpi sostiene continuamente, nei suoi scritti e nei suoi interventi formativi, che l’educazione permanente non è un nuovo modello educativo ideato nelle società occidentali e poi esportato nel resto del mondo:
«Il mio pensiero è che l’educazione permanente, fondamentalmente, appartiene alla storia dell’educazione di tutti i paesi, non è, dunque, una nuova idea. Si trova nella tradizione cinese, nel buddhismo indiano, si trova all’interno della filosofia greca e nello spirito del Rinascimento europeo. La rivoluzione vera consiste oggi nella domanda popolare di educazione permanente, non nell’idea in sé, e questa domanda è molto difficile da accogliere. Possiamo iniziare a rimuovere gli ostacoli a partire dall’idea che l’educazione permanente sia qualcosa che appartiene solo alle società sviluppate o altamente industrializzate, e incoraggiando nuovi approcci a questo concetto»176.
L’innovazione della formazione permanente contemporanea rispetto al passato sta dunque in quella che Gelpi chiama “domanda popolare di educazione permanente”, una domanda che proviene dal basso e che chiede con forza un allargamento dell’educazione a tutte le persone, al di là dello stato sociale e della zona del mondo in cui vivono. Questa domanda popolare fa in modo che l’educazione formale, spesso troppo conservatrice, non sia adatta né alle dinamiche culturali contemporanee né ai bisogni sociali in mutazione. Le rivoluzioni industriali e tecnologiche stanno stimolando la diffusione dell’educazione, contrastata tuttavia da ingiustizie sociali o livello nazionale ed internazionale. È dunque importante valutare se l’educazione sia un fattore di violazione o di rispetto individuale e nazionale dei diritti perché essa è, almeno in parte, responsabile delle crescenti disuguaglianze nel mondo.
L’educazione permanente è effettivamente presente in ogni luogo del mondo perché non inevitabilmente collegata all’istruzione così come normalmente la intendiamo. Molte popolazioni possono essere culturalmente preparate, anche se i loro membri non hanno frequentato percorsi di istruzione formalizzati:
«Il concetto e la pratica di educazione permanente appartengono alla storia del mondo dell’istruzione e non possono essere confinate solo alla cultura di un paese o a un periodo storico. La storia insegna che la formazione permanente ha preceduto la scuola e non l’inverso. Le società con tradizioni orali e la stragrande maggioranza della popolazione dei paesi in cui solo un élite è alfabetizzata, vengono educati senza aver frequentato la scuola. L’educazione senza scuola riguarda anche una parte significativa della popolazione mondiale. La formazione continua è un concetto, una politica, una pratica, un obiettivo, un metodo: è l’educazione formale o non-formale, l’auto-formazione e l’apprendimento istituzionale, l’educazione
176
Gelpi E., Lifelong education and international relations, in Wain K. (a cura di), Lifelong Education and
Participation, op. cit., p. 18.
Testo originale: My thinking is that lifelong education, fundamentally, belongs to the history of education of all
countries, it is not, therefore, a new idea. It lies in the Chinese tradition, in Indian Buddhism, it lies within Greek philosophy and within the spirit of the European Renaissance. The real revolution today lies in the popular demand for lifelong education, not in the idea itself, and this demand is very difficult to accomodate. We can begin removing the obstacles by eradicating this idea that lifelong education is just something that belongs to developed or highly industrialised societies, and by encouraging new approaches to the concept.
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residenziale e a distanza. L’educazione permanente è presente a tutte le età della vita e in luoghi molteplici, durante le ore di lavoro e durante il tempo di non lavoro»177.
Ettore Gelpi, nel 1985, redige la voce “Lifelong Education: Issues and Trends” (Educazione Permanente: Problemi e Tendenze) per la “International Encyclopedia of Education” (Enciclopedia Internazionale di Educazione). Dopo aver relativizzato il concetto di lifelong education spiegandone le sue molteplici accezioni e le sue possibili applicazioni nel corso della storia, Ettore Gelpi parla di “educazione per tutti” come una vera e propria rivoluzione copernicana all’interno del campo dell’educazione:
«L’inclusione della popolazione non ancora istruita nei programmi di educazione e l’espansione della fascia di età e dei luoghi scolastici riflettono il nuovo concetto di istruzione per tutti, dalla prima infanzia fino alla più tarda età, e in una vasta gamma di situazioni differenti, compresa l’educazione sul posto di lavoro, alla vita della comunità e per il tempo libero. La dilatazione del tempo a disposizione, dei luoghi dedicati all’educazione, e l’emergere di nuovi pubblici spesso suscita inquietudine in chi è al potere, in quanto loro non controllano questa espansione e questa emergenza. Da un lato vi è un rafforzamento della struttura educativa formale (spesso in risposta alla domanda pubblica) e, dall’altro, la repressione palese o nascosta di spontanee manifestazioni educative e culturali. Le contraddizioni tra la cultura viva e il contenuto della scuola sono alla radice di un aumento della domanda di formazione e della crisi negli istituti di istruzione, particolarmente nei paesi industrializzati. La rivoluzione copernicana dell’istruzione per tutti e da parte di tutti sconcerta i professionisti della formazione iniziale e continua, ma la domanda di formazione va forse in questa direzione. I giovani che ripetono un anno di scuola si annoiano e se ne vanno. Gli apprendisti, i futuri lavoratori della produzione, o i disoccupati rifiutano la formazione professionale. L’educazione degli adulti riesce spesso a disilludere per la seconda volta il pubblico che ricorda con amarezza la sua esperienza iniziale. Questi sono alcuni esempi del fallimento in materia di istruzione per promuovere la creatività, la ricerca, la produzione di autoeducazione individuale e collettiva. Tuttavia, esperimenti coraggiosi sono stati fatti e sono in corso in materia di istruzione formale e non formale per soddisfare le nuove esigenze educative e culturali. Questi esperimenti dimostrano che l’innovazione didattica e la creatività sono possibili nella culla, a scuola e all’università, così come nella normale vita quotidiana»178.
177
Gelpi E., L’éducation permanente: principe révolutionnaire et pratiques conservatrices, “Adultità”, n. 2, ottobre 1995, p. 167.
Testo originale: Le concept et la pratique de l’éducation permanente appartiennent à l’histoire mondiale de
l’éducation et ne peuvent être circonscrits uniquement à la culture d’un pays ou à une période historique. L’histoire enseigne que l’éducation permanente a précédé l’école et non l’inverse. Les sociétés de tradition orale et la grande majorité de la population des pays où, seule, une élite est alphabétisée, sont éduquées sans avoir fréquentés l’école. L’éducation sans école intéresse aussi une partie significative de la population mondiale. L’education permanente est un concept, une politique, une pratique, un objectif, une méthode: c’est l’éducation formelle ou non formelle, l’autoformation et l’apprentissage institutionnel, l’éducation résidentielle et à distance. L’éducation permanente est présente à tous les âges del la vie et dans des lieux multiples, pendant le temps de travail et pendant le temps di non travail.
178 Gelpi E., Lifelong education: issues and trends, in Encyclopedia of Education, op. cit., p. 3075.
Testo originale: The inclusion of hitherto untaught populations in education programmes, and the expansion of
age range and of educational premises reflect the new concept of education for all from early childhood to extreme old age, and in a range of differents situations, including education in the work place , in community life, and for leisure time. The expansion of available time, of educational premises, and the emergence of new publics often disquiet those in power in so far as they do not control this expansion and this emergence. On the one hand there is a reinforcement of the formal educational structure (often in reponse to public demand) and on the other, the overt or hidden repression of spontaneous educational and cultural demonstrations. The contraddictions between living culture and the contents of schooling are at the root of increased educational demand, and of the crisis in educational institutions, particulary in industrialized countries. The Copernican revolution of education for all and by all disconcerts the professionals of initial and continuing education, but educational demand points perhaps in this direction. The young who repeat a year of school get bored and
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Rispetto al dibattito terminologico tra “educazione degli adulti” ed “educazione permanente” di cui si è parlato all’inizio del capitolo, Gelpi sostiene:
«Non è ancora certo se la nuova educazione globale sia l’educazione degli adulti o l’educazione permanente. Le due versioni esistono fianco a fianco. Da un lato vi è stata un’espansione dell’educazione degli adulti con la creazione e/o il rafforzamento delle strutture pubbliche di educazione degli adulti e con iniziative nei settori dell’industria, attraverso imprese, trattative sindacali, attività finalizzate alla formazione professionale e al tempo libero; d’altra parte, sono emersi nuovi criteri nella pianificazione e nella gestione delle politiche educative ispirate al concetto di educazione permanente, ad esempio il collegamento tra formazione iniziale e continua, l’aumento degli investimenti nel settore dell’istruzione non formale, il coordinamento tra istruzione formale e non formale, un rapporto più stretto tra istruzione e lavoro attraverso corsi sul luogo di lavoro, il lavoro produttivo a scuola, il servizio nazionale, l’utilizzo di educatori, l’auto-apprendimento assistito. Quando le strutture educative si aprono in luoghi nuovi, a tempi nuovi, e ad un pubblico nuovo sono spesso ostacolate dalla inerzia dell’apparato burocratico che dimostra di essere incapace di risolvere i problemi del personale e del mantenimento. Queste strutture educative hanno spesso trovato sostegno nei club e le società per i loro sforzi per ampliare l’accesso. Una pressione per l’espansione di solito proviene da gruppi di genitori, vicini di casa, lavoratori e giovani, e da artisti, ricercatori, scienziati, lavoratori creativi»179.
Anche Paolo Federighi, nella sua intervista, parla della distinzione tra educazione degli adulti ed educazione permanente e conferma che il campo di lavoro di Gelpi è l’educazione permanente:
«Era complicato allora perché i campi si sovrapponevano e, all’interno dell’UNESCO, quando i campi si sovrappongono, generano conflitti. Mentre gli altri lavoravano principalmente sui sistemi, sulle politiche specifiche di educazione degli adulti, lui invece aveva scelto di lavorare sull’educazione permanente, sull’eredità di Paul Lengrand che già aveva dedicato a questo la seconda conferenza mondiale, quella di Montréal nel 1960. Ettore aveva secondo me, o almeno così lo interpreto, ripreso l’eredità della seconda conferenza mondiale e su quella aveva costruito una sua politica, un suo approccio, che però lui cercava prima di tutto di fondare dal punto di vista dell’accettazione, e il taglio che lui aveva dato era leave. Apprentices, future production workers, or the unemployed reject vocational training. Adult education often manages to disillusion for the second time the public which remembers bitterly its initial experience. These are some examples of the failure in education to promote creativity, research, production, of individual and collective self-education. However, courageous experiments have been and are taking place in formal and nonformal education to meet the new educational and cultural demands. These experiments show that educational innovation and creativity are possible in the cradle, in school, and at university, as in ordinary daily life.
179 Ivi, pp. 3075-3076.
Testo originale: It is not yet certain whether the new comprehensive education is to be adult and lifelong
education. the two versions exist side by side. On the one hand there has been an expansion of adult education by the creation and/or reinforcement of publics structures of adult education and by initiatives in industry, through firms, trade-union negotiations, profit-making activities aimed at vocational training and leisure; on the other hand, new criteria have emerged in the planning, implementation and administration of educational policies inspired by the concept of the lifelong education, such as liaison between initial and continuing education, increased investment in nonformal education, coordination between formal and nonformal education, a closer relationship between education and work through courses at the workplace, productive work in school, national service, the use of nonteaching educators, and assisted self-learning. When the educational structures are opened up in new places, at new times, and to new publics they are often hampered by the inertia of the bureaucratic apparatus which proves to be incapable of resolving the problems of personnel and maintenance. These educational structures have often found support in clubs and societies for their efforts to widen access. Pressure for expansion usually comes from groups of parents, neighbours, workers, and young people, and from artists, researchers, scientists, and creative workers.
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un taglio coerentemente trasversale, cioè non specifico sull’età adulta ma più legato alla concezione dell’insieme della formazione dell’uomo, dell’insieme delle politiche non solo dalla culla alla bara, ma che tagliano trasversalmente tutti gli ambiti della vita umana e anche - a lui soprattutto premeva questa dimensione, almeno nei suoi primi anni - l’insieme dei campi disciplinari. […] Le volte in cui organizzava degli incontri, quando era lui l’organizzatore, ci trovavamo insieme ad architetti, ingegneri, sociologi, studiosi del futuro e economisti, era questo il taglio che lui aveva dato e che poi probabilmente si può riscontrare anche nei documenti. […] Lui distingueva questo approccio olistico dall’educazione degli adulti che, nelle politiche dell’UNESCO, si occupava più specificatamente dell’età adulta, dei sistemi e delle politiche rivolti all’età adulta. […] Lui invece non prendeva in considerazione questa dimensione ma pensava più a una dimensione globale, strategica direi»180.
Ettore Gelpi vede le domande concrete di educazione permanente come segue:
- il coinvolgimento della rappresentanza più ampia possibile di persone nella gestione dei sistemi educativi con accesso aperto a tutte le informazioni necessarie al fine di svolgere efficacemente le diverse attività; l’educazione più vasta possibile dell’intera popolazione con l’opportunità di acquisire informazioni sui compiti più complessi delle società contemporanee nei riguardi della produzione, della vita sociale e culturale;
- la realizzazione di riforme educative incentrate sulle nuove relazioni fra il sistema sociale, il sistema produttivo e i movimenti sociali e culturali;
- la sperimentazione e lo sviluppo di strutture educative capaci di soddisfare la domanda sia di pubblici particolari sia dell’intera popolazione, tali da costruire un punto di incontro fra educazione formale e non formale, educazione istituzionale e apprendimento autogestito; - l’uso dello spazio, per esempio, nelle istituzioni educative, nei luoghi di lavoro, nella vita sociale quotidiana e nel tempo libero per incoraggiare l’apprendimento autogestito individuale e collettivo e la creazione di nuove conoscenze e comprensione;
- l’associazione di lavoratori creativi in differenti aspetti dell’attività educativa, nel perfezionamento dei metodi e contenuti educativi e nella loro diffusione per mezzo dell’insegnamento e dei mass media: soprattutto per quegli adulti che non hanno ricevuto alcuna forma di istruzione scolastica, i mezzi di comunicazione di massa quali la radio, la televisione, il cinema, che permettono la realizzazione, a basso costo, di alcuni programmi educativi.
- l’educazione iniziale e continua dei formatori in collegamento con le attività creative, produttive e di ricerca;
- la definizione di metodi e contenuti tesi alla realizzazione individuale e collettiva; piena espressione intellettuale, manuale, sensoriale, estetica, linguistica; equilibrio psicologico personale e interpersonale; identificazione con la cultura viva e creativa;
- la determinazione di schemi per la valutazione (soprattutto educativa) dell’acquisizione del
180 Estratto dall’intervista a Paolo Federighi.
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sapere, con maggiore attenzione allo sviluppo degli individui e delle società anziché della mera coerenza interna delle istituzioni educative181.
Ettore Gelpi risente molto del pensiero del suo predecessore all’UNESCO, Paul Lengrand, di cui citiamo un testo poco conosciuto ma molto suggestivo del 1975 (“L’homme de la réponse et l’homme de la question”182), in cui egli contrappone l’“uomo della risposta”, e quindi della certezza, all’“uomo della domanda”, dell’incertezza, della poesia, della dialettica, della meraviglia. Domanda e risposta sono, secondo Lengrand, la traduzione e l’espressione di due istinti vitali che, in ogni uomo, sono in competizione: l’istinto della sicurezza, collegato alla fragilità dell’uomo, e l’istinto del rischio, collegato al suo desiderio di sapere, di conoscere, di fare nuove esperienze, di lottare per il prestigio, l’onore e la dignità. L’educazione tradizionale è diretta a soddisfare il bisogno di sicurezza: non c’è spazio per lo stupore perché la funzione educatrice è assicurata dai poteri (familiare, spirituale, politico e amministrativo) che hanno come unico obiettivo quello di conformare l’uomo ad aspettative e valori precostituiti183. L’educazione permanente invece, se non è intesa come puro allungamento degli anni di studio, risponde al bisogno di scoprire dell’uomo e va, almeno in parte, contro l’educazione tradizionale:
«L’educazione permanente volta le spalle a questa tradizione [legata al desiderio di sicurezza]. Lungi da ciò che Illich e i suoi compagni vogliono far credere per far trionfare facilmente dei fantasmi, questa non è una continuazione o il prolungamento della scolarità. Questa non è la proiezione della scuola sulla e nella vita. La scuola è indubbiamente una parte necessaria e inevitabile della vita per ciascuno. Ma quest’istituzione, il cui spirito e funzionamento sono diventati desueti, riceverà un significato ed un contenuto interamente diversi appena si troverà inserita, al suo posto, in un processo globale di formazione, di estensione e approfondimento della personalità. Questo processo, che accompagna la vita - e, in qualche misura, si identifica con la vita - non ha un altro termine che lo stadio finale dell’esistenza. Si tratta di uno strumento di conquista, in parte spontaneo, in parte metodico, dove il fine e il metodo si confondono: l’educazione per la vita, e la vita per l’educazione.»184.
Se si assume questa prospettiva, non si può che rifiutare la funzione “addomesticatrice”