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Lavorare con il corpo e non solo con la mente: le attività dei CEMEA (Centri di Esercitazione

I CEMEA (Centri di Esercitazione ai Metodi dell’Educazione Attiva) nascono in Francia, a Parigi in particolare, negli anni ‘30, come istituzioni assistenziali per bambini poveri e bisognosi di cambiamento d’aria e buon nutrimento. Il loro impegno iniziale è quello di organizzare delle colonie di vacanza per questi bambini. La colonia vacanza promossa dai CEMEA (composta da gruppi di 20-30 ragazzi affidati ad un adulto) è impostata come una piccola esperienza di vita comunitaria e prevede un programma di attività abbastanza libero in cui il giovane possa fare esperienze dirette adatte a far crescere la consapevolezza del sé e della società, a esprimere nuovi bisogni e interessi. Assunto di base dell’organizzazione è che se ogni momento della vita incide sulla formazione dell’individuo, il tempo libero non è solo il tempo del non lavoro ma è il tempo in cui si possono esprimere liberamente i sogni, gli interessi e le energie e ciò porta ad una reale autorealizzazione dell’individuo. Parallelamente all’organizzazione delle colonie vacanza, occorre preparare degli educatori convinti dell’utilità di tale esperienza e, dunque, i CEMEA si occupano anche di studiare e applicare un metodo di formazione degli educatori del tempo libero. Nel 1937 viene costituito a Beaurecueil il primo Centre d’Entraînement aux Méthodes d’Éducation Active basato su alcune convinzioni comuni agli organizzatori:

- “l’essenza dell’educazione risiede nella natura dei rapporti che si stabiliscono tra adulto e fanciullo e tra gli adulti stessi;

91 Cfr. Estella A. M., La aportación de Ettore Gelpi, in Estella A. M., Utopia, Educación permanente y didactica, Coll. Parteluz, 1995, p. 47.

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- la necessità di far praticare agli adulti perché sen ricordino e ne imparino a conoscere il prezzo, le attività che dovranno più tardi offrire ai bambini e che, nello stesso tempo, costituiscono un mezzo di formazione personale, è reale e ineliminabile;

- il rispetto degli altri dovrà condurre a realizzare la trasformazione completa delle condizioni di vita materiale e morale nei soggiorni di vacanza;

- la vita collettiva non deve essere pesante, non deve costituire un limite all’interesse dell’individuo, affinché questi possa vivere la sua vita personale nel gruppo arricchendosi del contributo intellettuale, emotivo offerto dal gruppo stesso al proprio processo di sviluppo; - le strutture della vita collettiva devono perciò permettere un lavoro in collaborazione che salvaguardi la libertà e il gusto di indipendenza di ciascuno”92.

Fra il 1940 e il 1944, sotto occupazione nazista, i CEMEA sono praticamente immobilizzati e svolgono la loro attività con discrezione e quasi clandestinamente. Il 16 settembre 1944 si riunisce una Assemblea Generale costitutiva dei Centres d’entertrainement aux Methodes d’Education Active: i CEMEA superano l’impegno esclusivo della formazione dei quadri per la colonia di vacanza e la loro attività diventa parte integrante della vita nazionale. Dal 1945 al 1958 vivono un periodo di relativa autonomia e cercano di sviluppare un passaggio costante fra teorie ed esperienza. I CEMEA francesi arrivano quindi, in questo periodo, al loro massimo sviluppo e si trasformano in movimento di massa e internazionale.

Dal 1950 si diffondono in Italia, su base regionale, con il fine esplicito di promuovere costantemente l’autoformazione e l’autorealizzazione dell’uomo. L’Italia, nel secondo dopoguerra, vive un periodo di transizione e di grandi trasformazioni economiche, politiche e anche valoriali e questa è l’impostazione dei CEMEA:

«Il nostro fine è la promozione costante, continua, dell’autoformazione umana, dell’autorealizzazione dell’uomo nella società in cui vive e nel rispetto degli altri. Le idee che altri esprimono in senso individuale e sociale vengono da noi recepite e approfondite; condividiamo la necessità di una trasformazione sociale a misura d’uomo, che dia all’uomo giusto il posto giusto nell’organizzazione del lavoro e della società, ma la nostra azione deve essere un’azione responsabilmente educativa che parallelamente alla trasformazione delle strutture formi uomini nuovi, atti a utilizzare responsabilmente le nuove strutture. Uomini immaturi alla libertà responsabile utilizzerebbero queste nuove strutture a fini autoritari e con metodi ancora caratterizzati da brama di potere, guerra dell’uomo all’uomo.

Aiutare la formazione dell’uomo nuovo, lo sviluppo globale delle sue energie psichiche, la conquista della consapevolezza che lo aiuti a dare un senso alla propria vita e alla propria morte, al proprio essere nel mondo, alla propria azione sociale è nei nostri voti, anche se questo intanto sembra rasentare l’utopia. Gli uomini maturi per una democrazia reale, per una partecipazione attiva e responsabile alla vita politica e sociale rifiuteranno l’autoritarismo come illusorie tentazioni del “lasciar fare” di una libertà incondizionata. Noi vogliamo, attraverso la preparazione di un nuovo tipo di educatore, affrettare la formazione degli uomini nuovi per la società nuova. Nulla cade dal cielo, né le trasformazioni sociali possono avvenire per opera del governo»93.

92 Libretti Baldeschi B., Il pensiero e l’azione dei CEMEA, CEMEA, Milano, 1996, p. 18. 93 Ivi, p. 10.

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Questione centrale dell’operato dei nascenti CEMEA italiani è trovare il modo per condurre ogni individuo alla piena realizzazione di se stesso, della sua personalità, cercando un giusto equilibrio tra aspirazioni individuali ed esigenze della società, di cui ognuno deve essere membro attivo e responsabile.

Strumento principe della loro attività è lo stage, cioè un corso di formazione residenziale della durata di circa dieci giorni durante il quale i partecipanti, superando i propri individualismi e trovandosi improvvisamente al di fuori delle abitudini quotidiane in un ambiente nuovo con persone sconosciute, formano una comunità di vita e di lavoro e svolgono numerose attività: lavori di gruppo, discussioni, partecipazione ai lavori quotidiani della casa dove si svolge lo stage, programmazione di nuove attività. Lo stage è guidato da un gruppo unito di istruttori che condividono le stesse regole di vita dei partecipanti e che, prima dell’inizio del soggiorno, predispongono le attività dei dieci giorni di permanenza dei partecipanti (accoglienza e sistemazione dei partecipanti, attività da svolgere, giochi e canti, ecc.) e il materiale necessario.

La Federazione Italiana dei CEMEA (Fit CEMEA) nasce nel 1974 con lo scopo di mettere in contatto tutte le sedi regionali. I CEMEA sono diffusi anche in altri 29 paesi: in Europa (Francia, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Polonia, Ungheria, Austria, Spagna, Belgio), in Africa (Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gabon, Madagascar), in America (Colombia, Argentina, Canada). Tutte le associazioni nazionali sono riunite in una Federazione Internazionale (Fi CEMEA) con sede a Bruxelles, che gode dello statuto B dell’UNESCO (dal 1964) e dello statuto consultivo presso il Consiglio d’Europa (dal 1972). Inoltre aderisce all’associazione europea Eurojeunesse 2000 e alla rete Eaicy (Associazione Europea per le istituzioni del tempo libero dei bambini e dei giovani).

I CEMEA operano tutt’oggi nel campo della formazione del personale impegnato nei diversi ambiti dell’attività educativa e della salute. Accanto ai tradizionali stage, essi organizzano e gestiscono centri diurni, soggiorni di vacanze, scambi internazionali, comunità alloggio, scuole dell’infanzia, laboratori extrascolastici, attività di strada (ludo bus, teatro, ecc.), centri ricreativi estivi per bambini. L’attuale decalogo di riferimento dei CEMEA italiani è il seguente:

- il principio del rispetto; - la crescita delle persone;

- le attività, ovvero, l’esperienza di senso; - la motivazione ad apprendere;

- la formazione integrata della persona;

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- un ambiente per la formazione; - la laicità;

- la relazione, la socievolezza e la convivenza; - l’educazione permanente e diffusa.

Per descrivere il rapporto tra Ettore Gelpi e i CEMEA, si utilizzano degli estratti delle testimonianze di Claudio Tosi, Stefano Vitale e Gianfranco Staccioli. Claudio Tosi, attualmente presidente dei CEMEA del Mezzogiorno, incontra Gelpi sia da giovane in quanto amico molto stretto di Cecrope Barilli (1913-1987), uno dei fondatori dei CEMEA in Italia, sia in età più matura quando la Fit CEMEA propone Gelpi come presidente della Fi CEMEA. Stefano Vitale che lavora dal 1979 nei CEMEA ed è attualmente attivo nella sede piemontese, incontra numerosissime volte Ettore Gelpi in occasione di convegni e seminari. Gianfranco Staccioli, scrittore e pedagogista, conosce Gelpi quando diventa presidente della Federazione Internazionale dei CEMEA (Fi CEMEA).

Il contatto con i CEMEA è fondamentale per la formazione di Ettore Gelpi che, nel dicembre 1956 partecipa a uno stage di formazione sull’animazione a Sermoneta (Lt), dove Cecrope Barilli tiene dei seminari, molti dei quali con l’aiuto del Movimento di Collaborazione Civica. Ettore qui entra in contatto con tematiche poco conosciute e stimolanti, come il tema della globalità della persona e delle sue possibilità espressive. Lui, giovane intellettuale, scopre che si può lavorare col corpo e non solo con la testa. Gelpi, questo insegnamento, lo fa suo e lo incarna poi per tutta la vita, cercando di trasmetterlo a tutti coloro con cui entra in contatto. Stefano Vitale ricorda il racconto che Ettore Gelpi faceva di questa sua prima esperienza formativa e del fascino della figura di Cecrope Barilli:

«[…] lui conosceva bene anche i CEMEA italiani, tutte le volte che lui si trovava in una situazione pubblica, lui citava sempre il suo incontro, il suo rapporto con Cecrope Barilli, che era stato uno dei fondatori del CEMEA italiano, allora presidente del CEMEA italiano. Gelpi raccontava che la prima volta che si trovò a uno stage dei CEMEA, credo fosse il 1950-1951, a Sermoneta, vicino a Latina, dove c’era questo castello che i CEMEA utilizzavano per fare gli

stage, se non ricordo male lui raccontava che era uno stage sui temi della cittadinanza attiva

della Costituzione, perché all’epoca Cecrope Barilli lavorava con dei comitati dell’educazione civica, perché negli anni ‘50 era importantissimo questo tema, e lui disse “mi sono trovato finalmente nella situazione in cui mi si chiedeva, a me che ero un intellettuale, invece, di fare altre cose, di giocare, di muovere il corpo, di fare delle danze, di costruire delle cose con le mani, di entrare in relazione con le persone attraverso altri aspetti della mia vita, del mio corpo, della mia personalità, che io, fino a quel momento, pensavo non servissero a niente, essendo io un intellettuale”, e invece ha capito subito che c’era un collegamento fortissimo tra queste due dimensioni, cioè la dimensione della vita pratica e nella dimensione della vita intellettuale, e lui diceva “questo io lo devo ai CEMEA, l’ho capito dai CEMEA, con i CEMEA, e l’ho capito con Cecrope Barilli”. Quindi, se vogliamo, il tipo di approccio di Gelpi verso l’educazione era un approccio che cercava di tenere insieme questi due aspetti: l’aspetto della pratica e l’aspetto della teoria. Potrà sembrare banale ma è molto deweyano, perché lui sicuramente in quegli anni sarà entrato in contatto con il nucleo fiorentino di Lamberto Borghi, che credo abbia avuto una grande influenza su di lui, perché poi ha rappresentato anche il tramite col CEMEA a livello

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intellettuale, perché Lamberto Borghi, a sua volta, è stato presidente dei CEMEA italiani per lunghi anni»94.

Il rapporto di Ettore con questi centri è forte e duraturo, tanto che nel 1997 viene eletto alla presidenza della Federazione Internazionale. I CEMEA vedono in lui il portatore di un pensiero di portata internazionale:

«Ettore è stato scelto per la sua competenza, oltre che nelle lingue, per il suo legame tra la dimensione del pensare, del “fare” - che può essere un “fare” di lavoro, un “fare” di impegno sociale, un “fare” politico, un “fare” artigianale - e la dimensione internazionale: non si può pensare ad una trasformazione, a un cambiamento a livello internazionale se non si parte dalle cose concrete, dal fatto che i giovani hanno o non hanno lavoro, che si devono spostare o non si devono spostare, dal fatto che la formazione deve essere in un certo modo, dal fatto che le istituzioni internazionali devono occuparsi dei giovani a tutti i livelli di età. Questa era un po’ la figura che appare, una figura capace, notevolmente capace anche nel gestire situazioni non semplici, come quelle di livello internazionale, perché chiaramente devi discutere, mediare, scegliere, scartare: ci vuole una competenza relazionale, cioè una capacità di affascinare per un verso ma di non travolgere, di fare in modo che le persone sentano la spinta che arriva e si riconoscano in questa spinta senza che siano negate le cose che loro stessi dicono e sostengono. Si tratta una capacità di interazione “gruppale”, una capacità di dinamica di gruppo»95.

Effettivamente, Ettore Gelpi, durante gli anni di presidenza della Fi CEMEA, conferisce alla Federazione la sua impronta lungimirante e internazionale:

«la capacità di portare anche la federazione internazionale a capire che per fare federazione, cioè per fare rete internazionale, bisognava avere una capacità d’impatto pubblico, politico, sociale, comunicativo, che non poteva ridursi semplicemente alla coltivazione interna di buone pratiche autoctone e autonome. L’impronta che lui aveva dato era quella di una Gestalt più vasta, cioè uno spazio, un orizzonte, una visione più ampia, che ridava anche dignità all’azione della federazione internazionale. Tutte le volte che c’era una riunione della federazione internazionale, anche solo una riunione del consiglio d’amministrazione, lui pretendeva che all’ordine del giorno fosse inscritto un argomento che permettesse ai presenti, che provenivano dalle diverse parti dell’Europa e non solo, di portare il proprio punto di vista partendo da quello che succedeva nel proprio paese, era come la rivista “Internazionale” che oggi è molto apprezzata. Alcuni temi, ad esempio, erano: la scuola pubblica, l’educazione ambientale, la questione dei tagli all’educazione, l’immigrazione, il revisionismo, proprio argomenti di questo tipo, all’epoca si parlava molto della globalizzazione, del G7, del G8, si discuteva dei movimenti no-global, dei movimenti educativi. Questo ti dava una dignità e ti faceva sentire che “siamo dentro al corso della storia”, ti faceva capire che non siamo solo dei tecnici dell’educazione e, dal punto di vista politico, non siamo solamente delle persone che fanno parte della federazione internazionale che devono preoccuparsi di come andare avanti, di quale finanziamento rastrellare, che sono cose legittime per far funzionare la nostra macchina, ma ci faceva pensare a “che progetti creiamo per...”, “che tipo di linea di pensiero ci diamo per...”, che è ancora un’altra cosa. Lui aveva questa visione prospettica ed è un’impronta che poi è rimasta perché nei quattro anni successivi alla sua morte, quando gli è subentrata Eliane de Prost, che oggi peraltro presidente del più importante comitato laico in Belgio, cioè l’associazione che raggruppa tutte le associazioni laiche e del Belgio e che è stata collaboratrice del ministero in Belgio negli anni passati, questa visione è stata mantenuta, proprio nel ricordo del taglio dato da Ettore Gelpi. Quindi una visione della federazione internazionale non semplicemente come una macchina burocratica ma come un soggetto politico e culturale»96.

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Estratto dall’intervista a Stefano Vitale.

95 Estratto dall’intervista a Gianfranco Staccioli. 96 Estratto dall’intervista a di Stefano Vitale.

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Sicuramente, l’approccio laico di Ettore Gelpi ben si combina con i principi dei CEMEA, ispirati all’educazione attiva, democratica e laica:

«Senz’altro Gelpi era un laico, assolutamente laico. In Italia noi diamo al termine “laico” un’accezione tarpata, spregiativa, descritta più per negazione. I CEMEA nascono in un paese laico, come la Francia, in cui il principio “libera Chiesa in libero Stato” è assolutamente alla base di tutto: la Repubblica Francese ha le sue istituzioni, la Chiesa, o meglio le Chiese, possono avere quello che desiderano perché i cittadini possono seguire laicamente la cultura religiosa che vogliono. Gelpi con la sua intelligenza “terrestre” non poteva non essere laico, non poteva limitare il suo essere terrestre a una verità specifica. Le religioni pensano e propugnano la verità del proprio racconto, uno sguardo ampio e multiculturale alle religioni non può non vedere una pluralità di racconti, ognuno dei quali dice di essere l’unico e il solo. In questo senso il laico non è quello che nega che ci sia un racconto, semplicemente vede dietro al racconto religioso, che si vorrebbe assoluto, la specificità culturale: il racconto religioso dei cattolici è il racconto che nasce dentro a una cultura e che determina quella cultura lì, ma a fianco ci sono altre culture che hanno i loro racconti, allora questa presunzione di assolutezza e di verità unica, in una mente come quella di Gelpi, non ci poteva stare. Questo poi è la laicità. Nei CEMEA questo poi si cerca di attuarlo, cioè quell’apertura mentale all’altro, quell’educazione democratica che ti permette di rispettare l’altro, proprio perché tu rendi neutro il tuo giudizio rispetto a quelle che altrimenti sarebbero delle scelte alternative. In questo senso, l’idea di educazione dei CEMEA è l’idea di un’educazione che si fonda sulla fiducia delle persone di poter incontrare le altre persone mettendo in gioco la propria idea del mondo, non mettendo in gioco l’idea del mondo degli altri: io ti incontro non se tu corrispondi ai miei criteri di giudizio ma io ti incontro e tengo sospesi, o rendo più duttili, i miei criteri di giudizio, quindi io ti incontro nonostante tu sia diverso e cresco con te proprio perché tu diverso sei. Quindi educazione attiva proprio perché è un’educazione che sa che l’uomo ha bisogno di mettere al mondo le sue idee, e quindi ha bisogno di fare, non è un’educazione ideologica, non è un’educazione metafisica, è un’educazione che dice “se per stare insieme dobbiamo scambiare elementi culturali, degli uni e degli altri, probabilmente allora è importante che sappiamo cantare canzoni in un’altra lingua, sappiamo esprimerci anche non verbalmente, se io ti incontro, tu parli un altro linguaggio, e io non considero che la lingua come unico terreno di incontro, io e te non ci potremo capire”. Allora, l’educazione attiva viene da questo riconoscimento, che l’uomo è un essere globale e che ad alcune delle nostre espressioni culturali più potenti perché più codificate e più trasmissibili, come la lingua, la parola, la scrittura, sono solo una delle cose che determinano l’uomo, che è determinato da tante altre cose che sono il piacere della vita, che si incontra nello stare al mondo, quindi bisogna agire nello stare al mondo e quindi il CEMEA non si toglie questo aspetto»97.

Sempre con riferimento alla laicità, sostiene Stefano Vitale:

«[…]lui era portatore di una visione laica dell’educazione, molto molto forte. Lui era un laico lucido, perché non faceva della laicità una bandiera discriminante. Ad esempio, tra un pensiero di destra e un pensiero di sinistra, la laicità non era il discrimine, ciò che discriminava un pensiero di destra da uno di sinistra era se stava dalla parte degli oppressori o degli oppressi; per cui la laicità era uno strumento di emancipazione, esprimeva una visione del mondo e delle cose, una visione delle relazioni politiche, umane, ma non era un’arma da esibire o da brandire contro qualcuno, certo era uno strumento di analisi. Per lui rimaneva prioritario il discorso dell’emancipazione dell’uomo e del processo di liberazione dell’uomo attraverso l’educazione, forze in questo lui era vicino ai movimenti del Sudamerica e della Spagna, delle teologie della liberazione, che avevano proprio elaborato questa teoria e secondo me lui era molto attento queste cose»98.

97 Estratto dall’intervista a Claudio Tosi. 98 Estratto dall’intervista a Stefano Vitale.

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La presenza di Ettore Gelpi, che si dedica assiduamente ad analizzare e studiare il mondo del lavoro e delle relazioni internazionali, non può non portare dei cambiamenti all’interno dei CEMEA, che storicamente si occupano prevalentemente di tempo libero:

«In un CEMEA che era tutto centrato sull’educazione, sul sociale, sulla cultura, lui portava invece con forza questa cultura del lavoro, cioè lui guardava a un mondo che non era solo il mondo del tempo libero, era il mondo del tempo tutto intero, tempo del lavoro e tempo libero. La sua competenza e i suoi ragionamenti rispetto al mondo del lavoro, quindi anche rispetto allo scontro di potere per avere ragione del mondo del lavoro, erano sicuramente le cose che lo rendevano speciale. […] Credo appunto che questa sia l’impronta che lui ha dato: in quel momento con Gelpi presidente noi abbiamo avuto veramente, nonostante lui fosse italiano e nonostante avesse lavorato sempre per le istituzioni europee, un internazionalismo di impianto